ONCOLOGIA e ONCOEMATOLOGIA: “Collaborazione e comunicazione per garantire innovazione e sostenibilità al servizio del paziente”

ONCOLOGIA e ONCOEMATOLOGIA

15 dicembre 2020 – L’attuale pandemia Covid-19 ha fatto comprendere come il sistema salute negli ultimi anni sia stato continuamente depauperato di mezzi e risorse, volendo mantenere il paziente al centro del sistema, tutto deve essere volto per garantirgli un beneficio in termini di salute e di vita. Tra le innumerevoli innovazioni terapeutiche in oncologia e oncoematologia si è arrivati alla scoperta del BCMA e della sua azione nello sviluppo del mieloma multiplo, svolta decisiva nel trattamento dei pazienti refrattari: l’antigene di maturazione delle cellule B, infatti, si è rivelato bersaglio ideale per l’immunoterapia target del mieloma multiplo. Ma le speranze nell’innovazione devono conciliarsi con la sostenibilità dei sistemi sanitari che in tutto il mondo vedono diminuire gli investimenti nella salute. Per fare il punto sullo stato dell’arte in Regione Veneto, Motore Sanità ha organizzato il terzo di tre webinar dal titolo “FOCUS VENETO: GOVERNANCE DELL’INNOVAZIONE IN ONCOLOGIA E ONCOEMATOLOGIA”, che ha visto confrontarsi pazienti, clinici, industria e istituzioni, realizzato grazie al contributo incondizionato di GLAXOSMITHKLINE e DAIICHI SANKYO.

“Le nuove terapie con bersagli molecolari, l’immunoterapia e le terapie geniche, viste oggi nell’ampio contesto dell’ematologia cosiddetta di precisione, hanno radicalmente cambiato le prospettive e la qualità della vita dei pazienti affetti da patologie oncoematologiche. La possibilità di utilizzare terapie diversificate, personalizzate per ogni singolo paziente, crea la necessità di competenze ultra specialistiche e rende di conseguenza prioritario il ruolo delle Reti. Vieppiù in tempi di COVID, in cui la mobilità è limitata e in assenza di opportunità congressuali di aggiornamento, chi può avvalersi delle reti risulta facilitato; i networks sono fondamentali per sopperire alle carenze che la situazione impone. Il problema oggi è il coinvolgimento del territorio, e questo si esplica attraverso l’applicazione dei PDTA, ma non solo. Far partecipe il territorio, infatti, non implica soltanto coinvolgere i centri di cura più piccoli e periferici con i protocolli terapeutici più innovativi ma significa anche raggiungere la Cittadinanza per una adeguata informazione. Sempre tornando al tema COVID non deve verificarsi quanto, ad esempio, purtroppo accade con il fenomeno del negazionismo, frutto essenzialmente di una ignoranza figlia di una scarsa informazione. Per questo le Reti, in quanto strumenti per coordinare l’innovazione, sono ora e lo saranno maggiormente nel futuro un valore aggiunto imprescindibile”, ha detto Gianpietro Semenzato, Coordinatore Tecnico Scientifico Rete Ematologica Veneta (REV) – Professore Ordinario di Ematologia dell’Università̀ di Padova

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CAR-T al tempo della pandemia COVID-19: “La best practice della Regione Emilia-Romagna a supporto del paziente”

CAR-T al tempo della pandemia

15 dicembre 2020 – L’innovazione portata dalle terapie CAR-T rappresenta uno dei traguardi medici più importanti del nuovo secolo nella battaglia contro i tumori. Per l’evoluzione futura sarà richiesto tempo, approfondimenti ed osservazioni, così come nuovi protocolli di ricerca e molto altro. Nell’attuale situazione Covid-19, però, servono immediatamente nuovi modelli organizzativi rapidamente applicabili, facendo tesoro delle buone pratiche messe in atto dalle singole Regioni durante le prime esperienze di utilizzo. Per condividere soluzioni da adottare per risolvere i problemi organizzativi, amministrativi e clinici legati alla pandemia, Motore Sanità ha organizzato, in Emilia-Romagna, il Webinar ‘BEST PRACTICE ORGANIZZATIVE IN TEMPO DI COVID: IL PERCORSO DEL PAZIENTE SOTTOPOSTO A CAR-T’, realizzato grazie al contributo incondizionato di GILEAD e Kite.

“Il 7 agosto 2019 l’Agenzia Italiana del Farmaco ha dato il via libera alla rimborsabilità della prima terapia a base di cellule CAR-T (Chimeric Antigen Receptor T-cell) disponibile in Italia. Nel documento ufficiale di AIFA la nuova terapia, denominata Kymriah (tisagenlecleucel), è definita prescritta secondo le indicazioni approvate da EMA e utilizzata presso i centri specialistici identificati e selezionati dalle Regioni, per pazienti adulti con linfoma diffuso a grandi cellule B (DLBCL) resistenti alle altre terapie o nei quali la malattia sia ricomparsa dopo una risposta ai trattamenti standard e per pazienti fino a 25 anni di età con leucemia linfoblastica acuta (LLA) a cellule B. In ottobre 2019 l’Emilia-Romagna ha pubblicato ufficialmente la delibera che formalizza le decisioni assunte dalla Commissione Regionale Farmaci (DETERMINAZIONE Num. 18521 del 14/10/2019 BOLOGNA) e che attribuisce al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi la gestione della Terapia CAR-T, centro specialistico citato anche nei documenti di AIFA. Le decisioni assunte a livello Nazionale e Regionale sull’uso del farmaco prevedono che siano scelti Centri Specialistici Regionali adeguati ai criteri minimi stabiliti dall’Agenzia Italiana del Farmaco, su parere della commissione consultiva tecnico-scientifica, affiancati alle autorizzazioni previste per legge (certificazione del centro nazionale trapianti in accordo con le direttive EU; – accreditamento JACIE per trapianto allogenico comprendente unità clinica, unità di raccolta ed unità di processazione; – disponibilità di un’unità di terapia intensiva e rianimazione; – presenza di un team multidisciplinare adeguato alla gestione clinica del paziente e delle possibili complicanze (G.U. n.188 del 12-08-2019)). La Regione Emilia Romagna con la Commissione Regionale Farmaci di alto profilo, con la collaborazione con la Commissione Tecnico Scientifica di AIFA, di cui fa parte la Coordinatrice della CRF regionale, dr.ssa Marata Anna Maria, garantisce una verifica di attuazione e valutazione continua della gestione adeguata e aggiornata disponibile ad impegno su eventuali modifiche”, ha spiegato Valentina Solfrini, Direzione Generale Cura della Persona, Salute e Welfare, Servizio Assistenza Territoriale, Area Farmaci e Dispositivi Medici, Regione Emilia-Romagna

“La terapia CAR T rappresenta il nuovo fronte di trattamento per pazienti con leucemia linfoblastica acuta o linfoma non rispondere agli usuali trattamenti. Oltre ad una innovativa terapia salva vita rappresenta una sfida organizzativa e l’attuale pandemia COVID ne ha praticamente bloccato l’applicazione. È assolutamente importante ripartire  esaminando i vari stop del percorso diagnostico terapeutico per poter trattare pazienti che altrimenti non avrebbero altre possibilità di sopravvivenza ricordando che oltre ad i pazienti affetti da coronavirus l’impegno è quello di continuare a trattare le altre patologie altrettanto complesse e talora mortali”, ha detto Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio di Motore Sanità

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L’innovazione tecnologica in sanità non aspetta. «E’ urgente per migliore la valorizzazione di farmaci e devices e la gestione del territorio»

innovazione tecnologica

14 Dicembre 2020 – Secondo l’analisi annuale sulla competenza digitale dei Paesi europei condotta dalla Commissione Europea, nel 2020 l’Italia si colloca al venticinquesimo posto su totali 28. La Commissione giudica gli italiani “immaturi, impreparati e incompetenti digitalmente”. L’aspetto più positivo e che queste incompetenze sono diffuse in modo equo tra tutte le categorie professionali compresa quella dei medici. L’innovazione tecnologica in sanità non aspetta. La pandemia ha dimostrato come essere tecnologicamente avanzati possa essere la chiave di volta per un sistema sanitario nazionale in grado di affrontare le sfide attuali, come l’emergenza sanitaria e del futuro. Tra queste sfide anche la valorizzazione dei farmaci e dei devices che ancora incontra difficoltà di ottenere un valore coerente sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale. Nella seconda puntata del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, gli addetti ai lavori si appellano alla valorizzazione in un’ottica di investimento piuttosto che di costo.

La trasformazione digitale è un aspetto di cultura e di organizzazione, non di tecnologia. La tecnologia è semplicemente ciò che abilità questo cambiamento. Ne è convinto Giuseppe Recchia, Vice Presidente Fondazione Smith Kline di Verona. Siamo un paese arretrato, non utilizziamo la tecnologia che altri Paesi utilizzano da sempre e qualcuno ha anche messo in relazione l’indice di letalità per Covid in Italia con la disponibilità di tecnologie digitali usate in altri paesi. Non c’è nessun motivo per cui non si trasformi tecnologicamente anche l’area della salute e la sanità. Dobbiamo ricordare che l’attore protagonista non è il medico, è il paziente e il suo telefono. Purtroppo l’Italia è un paese che ha un sistema operativo del ’92 e che cerca di usare programmi applicativi del 2021. Spero che dei 40 miliardi dedicati alla digitalizzazione una gran parte sia dedicata alla digitalizzazione in sanità e che non si debba trovare all’interno dei 9 miliardi, perché altrimenti rimarremo un Paese con un sistema operativo ormai ampiamente obsoleto. Fino a quando non entriamo in modo molto più deciso nel mondo della medicina digitare avremo dei problemi sempre maggiori”.

La nuova normativa che regolerà l’introduzione dei medical devices in Europa e che entrerà in vigore posticipatamente rispetto alle aspettative a causa della pandemia, quindi a maggio 2021, risponde alla domanda di valore da attribuire ai medical devices, perché fa maggiore chiarezza nei confronti di quelli tecnologicamente avanzati, quelli che fanno uso esclusivamente di software e non soltanto di dispositivi tradizionale, fino ad arrivare in parte alle terapie digitali. “La nuova normativa richiede un approccio ancora più sistematico e rigoroso rispetto alla vecchia direttiva, richiedendo una maggiore evidenza scientifica portata a supporto dell’impiego e dell’utilizzo dei devices medici – spiega Eugenio Santoro, Responsabile Laboratorio di Informatica Medica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS Milano -. L’obiettivo è creare valore in termini di salute delle persone, aumentare la sicurezza di questi strumenti e soprattutto aumentarne la loro la loro efficacia. Questo ha fatto sì che molte aziende che producono questi strumenti devono adeguarsi per creare valore e fare sperimentazione clinica. Da qui l’importanza della partnership fra fornitori e comunità scientifica che deve essere vista come un incentivo ad aumentare una partnership che fino ad oggi è stata molto limitata, a creare occasioni di ricerca e sinergie che fino ad ora non ci sono state e offrire maggiori garanzie che questi strumenti siano innanzitutto sicuri e successivamente che siano che siano efficaci”.  

Il valore dei farmaci in oncologia si misura in termini di sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti. L’immunoterapia, per esempio, ha determinato un 20-30% di lungo sopravviventi anche in patologie molto difficili in cui non c’erano queste aspettative di vita (tumore del polmone, melanoma). Abbiamo dato anni di vita grazie alle terapie innovative e lo dimostrano anche i 3.600.000 lungo sopravviventi che i dati epidemiologici ci dimostrano annualmente in ambito oncologico italiano – spiega Rossana Berardi, Direttore Clinica Oncologica UNIVPM-AOU Ospedali Riuniti di Ancona -. Nuovi farmaci possono essere un’opportunità se si differenziano, per esempio, per profilo di tossicità e tollerabilità. In questo senso le società internazionali stanno da anni sottolineando quanto sia importante avere dei parametri standardizzati per valutare l’entità del beneficio e altri strumenti quali la tossicità, la qualità della vita, e guardare anche alla sostenibilità del sistema. Forse il Covid ci ha insegnato che dobbiamo muoverci verso un cambio di mentalità. Cambiare mentalità significa fare riferimento all’appropriatezza, come strumento per pianificare e ottimizzare i processi terapeutici, e all’organizzazione a rete”.

L’introduzione di sistemi digitali per migliorare le capacità diagnostiche o per migliorare l’aderenza dei pazienti ad assumere nuove terapie potrebbe essere estremamente importante se rimborsataAldo Pietro Maggioni, Direttore Centro studi ANMCO -. Forse sarebbe il caso di creare un nuovo silos di costi per le terapie digitali o in generale per l’uso di Digital Health o di Digital therapeutic specificamente, probabilmente è proprio il caso di continuare a fare queste riflessioni per arrivare veramente ad un rimborso per percorso per patologia e non per le singole voci. So che è difficile e complesso e che ne parliamo da tanti anni, ma fino ad oggi mi pare che non ci siano fatto molto in questo senso”.

Il Covid ha dimostrato che nuove tecnologie all’avanguardia possono essere uno strumento di monitoraggio strategico per contenere la pandemia e pe risollevare il territorio, che ancora fatica ad essere supportata dalle nuove tecnologie. Quella dei medici di medicina generale rappresenta una professione raramente e sporadicamente ben organizzata, con attrezzature, personale di studio, tecnologie sanitarie spesso inesistenti, risorse economiche inadeguate, una quantità di compiti, mansioni e prospettive di lavoro che hanno bisogno di anni per essere integrati adeguatamente in uno schema e in strutture professionale pensate a ribasso” spiega Claudio Cricelli, Presidente Nazionale SIMG.

Quello che manca al medico di medicina generale per poter rispondere ai bisogni dei propri assistiti pazienti è un’organizzazione dove anche la specialistica e la diagnostica sono tenute presenti – spiega Gabriella Levato, medico di medicina generale di Milano –. Si parla di microteam ma possiamo anche pensare a formule più evolute dove ci sono gli infermieri, il medico di medicina generale, lo specialista e chi fa diagnostica, perché diventa difficile con un carico di assistiti anche occuparsi di altro, compresa la formazione. E a proposito di questo, prima del Covid i corsi di formazione medicinale in Lombardia sono stati indirizzati per creare all’interno di ogni percorso formativo anche un’esperienza di tipo ecografico o di altro tipo, ma la pandemia ha fermato tutto”.

Regione Lombardia ha predisposto Micro-bio, una rete che interconnette “machine-to-machine” tutti i Lis dei laboratorio di analisi pubblici, oggi circa 25 e a cui questi inviano giornalmente gli esami di microbiologia svolti sugli assistiti in Lombardia sia in regime di ricovero sia in regime ambulatoriale. “Un esempio di applicazione riguarda la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza negli ospedali attraverso l’invio di segnalazioni  complete da tutte le microbiologia accreditate in Lombardia – spiega Simone Schiatti, Responsabile Governo Farmaceutica, protesica e dispositivi ARIA Spa Lombardia –. La rilevazione delle antibiotico resistenze favorisce l’utilizzo delle informazioni a supporto dell’appropriatezza prescrittiva dei medici di medicina generale i quali possono acquisire i dati di resistenza antibiotica dei propri cittadini dal sistema micro-bio ed essere supportati alla corretta prescrizione degli antibiotici più efficaci. E’ noto che alcune infezioni antibiotico-resistenti possono rimanere addormentate e manifestarsi dopo un mese di incubazione in un assistito. Queste occorrenze costituiscono eventi gravi che minano sia la salute dei cittadini sia la disponibilità delle sale operatorie e reparti che possono essere nel tempo compromesse con diffusione dell’infezione e conseguenti costi sociali ed economici.”.

Bisogna essere efficaci e al passo con i tempi perché questa grande innovazione che si è avuta in questi ultimi  anni è ormai alle porte e potrebbe vederci impreparati – spiega Ugo Trama, Direttore Politica del Farmaco e Dispositivi, Regione Campania -. Se non c’è una cabina di regia nazionale che riveda anche l’interlocuzione tra le varie regioni, rischiamo di non rendere disponibili questi grandi progressi che si sono fatti. Penso ad una cabina di regia nazionale forte quando si parla di innovazione perché l’innovazione non è alla portata di tutti, non tutte le  regioni possono avere l’expertise per poterla gestire ed è giusto che si sia una condivisione nazionale per rendere in maniera pratica e applicativa quello che arriverà, affinché vengano affrontati in maniera equa le terapie a livello nazionale”.

La tecnologia deve avere una governance precisa – conclude Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio  Motore Sanità – ma ricordiamoci sempre che formazione vuol dire competenza, ma la competenza non può essere la giustificazione per non continuare a fare formazione e la formazione non può essere la giustificazione per non  cercare la migliore competenza”.

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L’innovazione tecnologica in sanità non aspetta

innovazione tecnologica

«E’ urgente per migliore la valorizzazione di farmaci e devices e la gestione del territorio»

14 Dicembre 2020 – Secondo l’analisi annuale sulla competenza digitale dei Paesi europei condotta dalla Commissione Europea, nel 2020 l’Italia si colloca al venticinquesimo posto su totali 28. La Commissione giudica gli italiani “immaturi, impreparati e incompetenti digitalmente”. L’aspetto più positivo e che queste incompetenze sono diffuse in modo equo tra tutte le categorie professionali compresa quella dei medici. L’innovazione tecnologica in sanità non aspetta. La pandemia ha dimostrato come essere tecnologicamente avanzati possa essere la chiave di volta per un sistema sanitario nazionale in grado di affrontare le sfide attuali, come l’emergenza sanitaria e del futuro.

Tra queste sfide anche la valorizzazione dei farmaci e dei devices che ancora incontra difficoltà di ottenere un valore coerente sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale.

Nella seconda puntata del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, gli addetti ai lavori si appellano alla valorizzazione in un’ottica di investimento piuttosto che di costo.

La trasformazione digitale è un aspetto di cultura e di organizzazione, non di tecnologia. La tecnologia è semplicemente ciò che abilità questo cambiamento. Ne è convinto Giuseppe Recchia, Vice Presidente Fondazione Smith Kline di Verona.

Siamo un paese arretrato, non utilizziamo la tecnologia che altri Paesi utilizzano da sempre e qualcuno ha anche messo in relazione l’indice di letalità per Covid in Italia con la disponibilità di tecnologie digitali usate in altri paesi. Non c’è nessun motivo per cui non si trasformi tecnologicamente anche l’area della salute e la sanità. Dobbiamo ricordare che l’attore protagonista non è il medico, è il paziente e il suo telefono. Purtroppo l’Italia è un paese che ha un sistema operativo del ’92 e che cerca di usare programmi applicativi del 2021. Spero che dei 40 miliardi dedicati alla digitalizzazione una gran parte sia dedicata alla digitalizzazione in sanità e che non si debba trovare all’interno dei 9 miliardi, perché altrimenti rimarremo un Paese con un sistema operativo ormai ampiamente obsoleto. Fino a quando non entriamo in modo molto più deciso nel mondo della medicina digitare avremo dei problemi sempre maggiori”.

La nuova normativa che regolerà l’introduzione dei medical devices in Europa e che entrerà in vigore posticipatamente rispetto alle aspettative a causa della pandemia, quindi a maggio 2021, risponde alla domanda di valore da attribuire ai medical devices, perché fa maggiore chiarezza nei confronti di quelli tecnologicamente avanzati, quelli che fanno uso esclusivamente di software e non soltanto di dispositivi tradizionale, fino ad arrivare in parte alle terapie digitali.

“La nuova normativa richiede un approccio ancora più sistematico e rigoroso rispetto alla vecchia direttiva, richiedendo una maggiore evidenza scientifica portata a supporto dell’impiego e dell’utilizzo dei devices medici – spiega Eugenio Santoro, Responsabile Laboratorio di Informatica Medica, Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri IRCCS Milano -. L’obiettivo è creare valore in termini di salute delle persone, aumentare la sicurezza di questi strumenti e soprattutto aumentarne la loro la loro efficacia. Questo ha fatto sì che molte aziende che producono questi strumenti devono adeguarsi per creare valore e fare sperimentazione clinica. Da qui l’importanza della partnership fra fornitori e comunità scientifica che deve essere vista come un incentivo ad aumentare una partnership che fino ad oggi è stata molto limitata, a creare occasioni di ricerca e sinergie che fino ad ora non ci sono state e offrire maggiori garanzie che questi strumenti siano innanzitutto sicuri e successivamente che siano che siano efficaci”.  

Il valore dei farmaci in oncologia si misura in termini di sopravvivenza e qualità di vita dei pazienti.

L’immunoterapia, per esempio, ha determinato un 20-30% di lungo sopravviventi anche in patologie molto difficili in cui non c’erano queste aspettative di vita (tumore del polmone, melanoma).

Abbiamo dato anni di vita grazie alle terapie innovative e lo dimostrano anche i 3.600.000 lungo sopravviventi che i dati epidemiologici ci dimostrano annualmente in ambito oncologico italiano – spiega Rossana Berardi, Direttore Clinica Oncologica UNIVPM-AOU Ospedali Riuniti di Ancona -. Nuovi farmaci possono essere un’opportunità se si differenziano, per esempio, per profilo di tossicità e tollerabilità. In questo senso le società internazionali stanno da anni sottolineando quanto sia importante avere dei parametri standardizzati per valutare l’entità del beneficio e altri strumenti quali la tossicità, la qualità della vita, e guardare anche alla sostenibilità del sistema. Forse il Covid ci ha insegnato che dobbiamo muoverci verso un cambio di mentalità. Cambiare mentalità significa fare riferimento all’appropriatezza, come strumento per pianificare e ottimizzare i processi terapeutici, e all’organizzazione a rete”.

L’introduzione di sistemi digitali per migliorare le capacità diagnostiche o per migliorare l’aderenza dei pazienti  ad assumere nuove terapie potrebbe essere estremamente importante se rimborsataAldo Pietro Maggioni, Direttore Centro studi ANMCO -. Forse sarebbe il caso di creare un nuovo silos di costi per le terapie digitali o in generale per l’uso di Digital Health o di Digital therapeutic specificamente, probabilmente è proprio il caso di continuare a fare queste riflessioni per arrivare veramente ad un rimborso per percorso per patologia e non per le singole voci. So che è difficile e complesso e che ne parliamo da tanti anni, ma fino ad oggi mi pare che non ci siano fatto molto in questo senso”.

Il Covid ha dimostrato che nuove tecnologie all’avanguardia possono essere uno strumento di monitoraggio strategico per contenere la pandemia e per risollevare il territorio, che ancora fatica ad essere supportata dalle nuove tecnologie.

Quella dei medici di medicina generale rappresenta una professione raramente e sporadicamente ben organizzata, con attrezzature, personale di studio, tecnologie sanitarie spesso inesistenti, risorse economiche inadeguate, una quantità di compiti, mansioni e prospettive di lavoro che hanno bisogno di anni per essere integrati adeguatamente in uno schema e in strutture professionale pensate a ribasso” spiega Claudio Cricelli, Presidente Nazionale SIMG.

Quello che manca al medico di medicina generale per poter rispondere ai bisogni dei propri assistiti pazienti è un’organizzazione dove anche la specialistica e la diagnostica sono tenute presenti – spiega Gabriella Levato, medico di medicina generale di Milano –. Si parla di microteam ma possiamo anche pensare a formule più evolute dove ci sono gli infermieri, il medico di medicina generale, lo specialista e chi fa diagnostica, perché diventa difficile con un carico di assistiti anche occuparsi di altro, compresa la formazione. E a proposito di questo, prima del Covid i corsi di formazione medicinale in Lombardia sono stati indirizzati per creare all’interno di ogni percorso formativo anche un’esperienza di tipo ecografico o di altro tipo, ma la pandemia ha fermato tutto”.

Regione Lombardia ha predisposto Micro-bio, una rete che interconnette “machine-to-machine” tutti i Lis dei laboratorio di analisi pubblici, oggi circa 25 e a cui questi inviano giornalmente gli esami di microbiologia svolti sugli assistiti in Lombardia sia in regime di ricovero sia in regime ambulatoriale. “Un esempio di applicazione riguarda la sorveglianza delle infezioni correlate all’assistenza negli ospedali attraverso l’invio di segnalazioni complete da tutte le microbiologia accreditate in Lombardia – spiega Simone Schiatti, Responsabile Governo Farmaceutica, protesica e dispositivi ARIA Spa Lombardia –. La rilevazione delle antibiotico resistenze favorisce l’utilizzo delle informazioni a supporto dell’appropriatezza prescrittiva dei medici di medicina generale i quali possono acquisire i dati di resistenza antibiotica dei propri cittadini dal sistema micro-bio ed essere supportati alla corretta prescrizione degli antibiotici più efficaci. E’ noto che alcune infezioni antibiotico-resistenti possono rimanere addormentate e manifestarsi dopo un mese di incubazione in un assistito. Queste occorrenze costituiscono eventi gravi che minano sia la salute dei cittadini sia la disponibilità delle sale operatorie e reparti che possono essere nel tempo compromesse con diffusione dell’infezione e conseguenti costi sociali ed economici.”.

Bisogna essere efficaci e al passo con i tempi perché questa grande innovazione che si è avuta in questi ultimi  anni è ormai alle porte e potrebbe vederci impreparati – spiega Ugo Trama, Direttore Politica del Farmaco e Dispositivi, Regione Campania -. Se non c’è una cabina di regia nazionale che riveda anche l’interlocuzione tra le varie regioni, rischiamo di non rendere disponibili questi grandi progressi che si sono fatti. Penso ad una cabina di regia nazionale forte quando si parla di innovazione perché l’innovazione non è alla portata di tutti, non tutte le regioni possono avere l’expertise per poterla gestire ed è giusto che si sia una condivisione nazionale per rendere in maniera pratica e applicativa quello che arriverà, affinché vengano affrontati in maniera equa le terapie a livello nazionale”.

La tecnologia deve avere una governance precisa – conclude Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità – ma ricordiamoci sempre che formazione vuol dire competenza, ma la competenza non può essere la giustificazione per non continuare a fare formazione e la formazione non può essere la giustificazione per non cercare la migliore competenza”.

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Pronta la campagna vaccinale contro il Covid, ma per alcuni vaccini si attende ancora l’autorizzazione di EMA

Pronta la campagna vaccinale

12 Dicembre 2020 – L’Italia sta organizzando la campagna vaccinale contro il coronavirus e il fattore tempo è quello sul quale le aziende farmaceutiche stanno combattendo per assicurare in tempi rapidi la distribuzione di vaccini che siano efficaci. Molto dipende dai risultati dei trial e dalla conseguente autorizzazione delle agenzie regolatorie. Al momento l’approvazione dall’Agenzia europea per i medicinali (EMA) è prevista per il 29 dicembre per i vaccini di Pfizer in partnership con BioNTech e per l’11 gennaio per quelli di Moderna, per il vaccino di AstraZeneca l’autorizzazione potrebbe arrivare all’inizio dell’anno. Questo comporta problematiche per la campagna vaccinale italiana.  Questo il focus sulla quale hanno dibattuto gli esperti durante il webinar “I vaccini come risposta alla pandemia Covid-19, organizzato da Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD.

Cominciamo ad avere a disposizione dei vaccini che appaiono essere efficaci e anche sicuri, l’efficacia stimata varia dal 90 al 95%, alcuni hanno livelli di efficacia relativamente più basse ma naturalmente devono essere ulteriormente valutati e studiati per potere ottenere valori più elevati – spiega Gianni Rezza, Direttore generale della Prevenzione sanitaria del Ministero della Salute -. Abbiamo una disponibilità di vaccini che dipenderà molto dai tempi di autorizzazione delle agenzie regolatorie e di capacità di produzione. Inoltre abbiamo la necessità di considerare delle scale di priorità per la locazione dei vaccini proprio perché il numero di dosi di vaccino aumenterà nel corso del tempo e l’aumento delle dosi sarà molto rapido perché, probabilmente, si renderanno disponibili sempre più vaccini diversi. Solo allora potremmo cominciare a valutare il target di popolazione a seconda de l vaccino specifico che andremo a considerare. La strategia vaccinale è ben definita ma abbiamo bisogno di una certa flessibilità perché potrebbe in parte variare a seconda della necessità di adattarla alle esigenze che possono scaturire dal corso dell’epidemia”.

Sulle tempistiche e il numero di dosi è necessaria una informazione prudente e corretta.

Prevediamo che quando i primi vaccini si rederanno disponibili contiamo che in Europa continentale si rendono disponibili le prime dosi di almeno un vaccino entro la prima metà di gennaio, dipendentemente dalla decisione dell’EMA – prosegue il direttore Rezza -. Quando sarà disponibile il primo vaccino sarà disponibile solo un numero limitato di dosi, e su questo è necessario essere precisi, programmare molto puntualmente la campagna vaccinale e definire le popolazione target che deve essere vaccinata”.

Verranno privilegiate due categorie: gli operatori sanitari e le persone anziane, a partire da quelle istituzionalizzate.

I primi perché sono le persone altamente esposte che devono continuare a mantenere in atto la capacità di risposta da parte del sistema sanitario – prosegue Gianni RezzaDopodiché si prenderanno in esame altre categorie di popolazione come ad esempio alcuni lavoratori essenziali, fino ad arrivare a vaccinare un ampia quota di popolazione. L’obiettivo massimo sarebbe è quello di rendere i nostri ospedali e le residenze sanitarie assistite e residenze assistite delle strutture Covid free e per fare questo c’è bisogno di un’alta adesione alla campagna vaccinale”.

Il Ministero della Salute ha disegnato una campagna “vaccinale protettiva”.

“Possiamo adattarla a seconda di ciò che accade nel corso dell’epidemia che, purtroppo, durerà almeno alcuni mesi quindi dovremmo al tempo stesso mantenere dei comportamenti prudenti anche durante la campagna vaccinale. Sappiamo che per ora il vaccino migliore che abbiamo avuto è stato il distanziamento sociale, la quarantene e tutte le azioni di lockdown che abbiamo intrapreso fin dall’inizio di questa pandemia. In questo momento stiamo organizzando la campagna vaccinale e gli obiettivi sono quella di utilizzare un vaccino che sia sicuro ed efficace, ridurre la trasmissione del virus, la comorbilità e la mortalità correlata alla malattia da Covid, aiutare a minimizzare i problemi che si creano a livello sociale ed economico, la capacità del sistema a mantenere la sua risposta rispetto all’emergenza e assicurare l’equità nell’erogazione dei vaccini”.

Il vaccino di AstraZeneca è in attesa di ricevere l’autorizzazione da parte di EMA.

Se l’EMA dà la sua autorizzazione per i primi giorni di gennaio, da quel giorno, in 24 ore, saremo pronti a  fornire il vaccino – spiega Onofrio Palombella. Con il Commissario Domenico Arcuri abbiamo stimato che dalla seconda metà di gennaio potremmo fornire il primo quantitativo di vaccino e le 40 milioni di dosi che sono attribuite all’Italia, in base al contratto fatto con la Commissione Europea, verranno distribuite mensilmente arrivando al completamento della distribuzione questa estate. In questa fase di emergenza in cui il tempo è una variabile assolutamente dipendente ovviamente si è privilegiata la disponibilità immediata, quindi avremo delle fiale multi-dose già diluite e pronte all’uso. Si tratta di fiale da 10 somministrazioni l’una e gestibili da 2-8 gradi, esattamente come il vaccino dell’influenza. Le fiale per tutta Europa verranno preparate in Italia e poi attraverso la catena di distribuzione della DHL distribuite al l’Hub di Pratica di Mare e da lì verranno distribuiti in quota parte alle Regioni”.

Il vaccino ci preserverà in futuro, ma il tempo ipotizzabile per averlo non sarà prima di un anno-un anno e mezzo.

Per questo dobbiamo pensare al presente, la pandemia è in corso – è il monito di Giovanni Leoni, vicempresidente FnomCeO –. Oggi siamo al secondo posto in Europa per numero di morti per 100.000 abitanti. Siamo molto preoccupati in previsione di una terza ondata che arriverà tra gennaio e febbraio, quindi il grande problema ora è la responsabilizzazione per non dare un ulteriore carico di lavoro agli ospedali, soprattutto nelle terapie intensive e nelle sub-intensive. Spero che dalla carenza di rifornimento delle dosi vaccinali contro l’influenza registrata sul territorio nazionale si tragga un’idea sulla complessità che sarà in futuro la distribuzione della filiera e la trasmissione del vaccino, perché sull’organizzazione della distribuzione e della rendicontazione  di quello che è stato effettuato si gioca la credibilità del sistema sanitario, che deve tenere conto degli operatori pubblici e di tutti gli operatori privati o convenzionati che hanno un impatto sociale e un rapporto di fiducia con il paziente. Siamo di fronte ad una nuova procedura di distribuzione territoriale mondiale che non è mai avvenuta in tempi recenti. Nel piano vaccinale del Ministero della Salute abbiamo visto un’articolazione dei 7 vaccini principali nell’arco di cinque trimestri con la chiusura col primo trimestre del 2012 per un totale di un 1.400 mila operatori sanitari. Ci dovranno essere più punti vaccinali, la collaborazione dei medici di medicina generale e il possibile reclutamento di altri medici per quanto riguarda le vaccinazioni”.

Le Regioni si stanno programmando per garantire che il piano vaccinale anti-Covid sia efficace.

L’organizzazione prevede delle azioni puntuali che riguardano il trattamento dei vaccini, i punti di diluizione e i tempi di erogazione – spiega Walter Locatelli, Commissario straordinario di Alisa di Regione Liguria -. La prima  fase, che prevede la somministrazione dei primi 2 milioni di vaccini, per la regione Liguria sono circa 70mila,  vedrà il personale sanitario dislocato nei vari punti di erogazione negli ospedali e nelle Rsa. Nel concreto stiamo già operando in quanto sono attivi gruppi di lavori interaziendali La seconda fase riguarda la corretta informazione e sarà molto importante, laddove la popolazione più fragile avrà difficoltà ad arrivare in zona, coinvolgere la medicina territoriale. Come sistema regionale farà la differenza poter mettere a disposizione un’organizzazione la più competente possibile, poter discutere e dibattere eventuali dubbi e superarli, accompagnati sempre da una  chiara competenza al fine di cercare le risposte per ogni situazione”.

Intenzioni di essere parte integrante della filiera vaccinale arrivano dal territorio attraverso la proposta di progetti.

Crediamo che sotto la supervisione di un medico possiamo vaccinare anche in farmacia per risolvere un problema  che sarà veramente grosso da gestire: contro l’influenza, pensando di vaccinare tutta la popolazione, 75milioni di persone, per due dosi, fare 130 milioni di somministrazioni nell’arco di pochi mesi sarà certamente un problema da gestire con efficacia” spiega  Giovanni Petrosillo, presidente Federfarma Sunifar.

“Riusciamo a vaccinare in media dai 500 ai 700 pazienti tutti gli anni per l’influenza – aggiunge il dottor Mauro  Ruggeri, responsabile della sede nazionale Società italiana di medicina generale e delle cure primarie (SIMG) -, quindi se volessimo intervenire sui nostri pazienti, e siamo in 43mila medici sul territorio, potremmo essere in grado, in un arco temporale abbastanza ristretto, di poter fare la vaccinazione almeno al 70% dei nostri assisti”.

Di fronte a questo scenario, molte altre domande attendono ancora una risposta:  gli eventuali  effetti collaterali, la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione.

Qualsiasi vaccinazione ha effetti collaterali di varia misura, tra i quali anche le reazioni allergiche ma sono estremamente rare – spiega Mauro Pistello, professore di Microbiologia clinica, Dipartimento di Ricerca  Traslazionale dell’Università di Pisa -: da reazioni molto semplici, come il prurito nella zona di inoculo, all’orticaria  diffusa, alle reazioni sistemiche. La frequenza delle reazioni allergiche gravi, fra le quali le più severe includono  lo shock anafilattico, sono estremamente rare. Se un soggetto sa di essere a rischio di poter sviluppare una reazione allergica, probabilmente dovrà essere vaccinato in un contesto in cui possa essere presa in considerazione l’ipotesi del trattamento della reazione allergica”.

“Dobbiamo mantenere l’aspetto di sfiducia verso i nostri assistiti – prosegue il dottor Ruggeri – attraverso una comunicazione corretta. Abbiamo una esperienza sufficiente per poter attivare anche un counseling vaccinale rivolto ai nostri assisti”.

Siamo di fronte a una pandemia globale e la vedo dura la non obbligatorietà del vaccino – afferma Leoni – in particolare per quel che riguarda chi svolge un lavoro sociale a contatto con il pubblico. Abbiamo la necessità  di avere vaccinati tutti i soggetti sanitari che hanno stretto rapporto con il paziente e ci metto dentro anche gli odontoiatriche che sono quasi 50 mila e lavoro da 45 centimetri dalla bocca del paziente”.

Se un obbligo vaccinale ci deve essere che sia un obbligo che arrivi da una legge emanata in conformità alla Costituzione e all’iter previsto dalla nostra Costituzione, approvata dal Parlamento – spiega l’avvocato Elena  Lomazzi dello studio legale A&A – perché se così non fosse il rischio è che ci si trovi di fronte ad un  provvedimento molto debole, non costituzionale e questo andrebbe ovviamente a creare incertezza ancora più incertezza in un periodo in cui purtroppo i punti interrogativi sono molti”.

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Vaccini come risposta al COVID19: “Dalla fase 3 all’approvazione, dalle certezze ai dubbi, parola agli esperti”

Vaccini come risposta

11 dicembre 2020Numerosi vaccini hanno raggiunto la fase 3 di sperimentazione e stanno per essere valutati dalle autorità competenti come possibili armi terapeutiche per sconfiggere l’infezione da Coronavirus. Oltre ad i vaccini con virus attenuati sono in corso di definizione i vaccini mRNA (materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine), con una metodica innovativa che parrebbe accelerare i tempi di produzione e distribuzione. La sicurezza dei vaccini, certificata dagli enti regolatori internazionali, è comprovata così come la loro efficacia (in quasi tutti supera il 90% della popolazione vaccinata) ma nonostante le assicurazioni riportate dalle pubblicazioni scientifiche, la discussione su programmazione, conservazione, obbligatorietà sono in corso con ripercussioni sul mondo scientifico e sociale. Per far luce sulla vaccinazione anti SARS COV 2, Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD, ha organizzato il webinar “I VACCINI COME RISPOSTA ALLA PANDEMIA COVID-19” con la partecipazione dei massimi esperti italiani del comparto salute sul tema vaccini.

“La vaccinazione è l’unica vera strategia per fermare la pandemia! Vacciniamo al più presto gli anziani e tutte le categorie a rischio di forme severe. Il primo obbiettivo dovrà essere ridurre la mortalità, ma anche proteggere le persone che svolgono servizi essenziali nel nostro Paese come i medici. Successivamente si dovrà pensare la resto della popolazione auspicando il raggiungimento dell’immunità di gregge che in base alle caratteristiche di questa malattia comporterebbe l’immunizzazione del 60% della popolazione suscettibile. Fin quando non sarà raggiunta l’immunità di gregge mascherina e distanziamento sociale dovranno essere mantenuti. Sono assolutamente ottimista sulla bontà dei vaccini che prestissimo saranno disponibili in Italia. Saranno studi futuri a stabilire la durata della protezione e la necessità di eventuali dosi di richiamo negli anni successivi. I tre vaccini che hanno concluso la fase 3 di sperimentazione clinica e sono in fase di approvazione rapida sono: quello prodotto da Astrazeneca-Oxford (59.500 soggetti arruolati in Fase 2-3) basato sull’utilizzo di un adenovirus della scimmia modificato e contenente le proteine dello spike e che si conserva a 2-8 gradi centigradi, quello prodotto dalla Pfizer-Biontech (45.000 soggetti arruolati in Fase 2-3) che sfrutta la tecnologia dell’Rna messaggero le cui fiale devono essere conservate a -80 gradi centigradi, visto che la molecola di mRna si degrada facilmente e quello prodotto da ModeRna (30.700 soggetti arruolati in Fase 2-3) anche esso basato sul metodo dell’Rna messaggero, ma stabilizzato in maniera tale che possa essere conservato a -20 gradi centigradi per sei mesi e tra 2 e 8 gradi per 1 mese. Abreve potrebbe arrivare un quarto, ovvero quello di Janssen (Johnson&Johnson) che si basa anch’esso su un adenovirus geneticamente modificato e disinnescato utilizzato come vettore anche se si tratta di una variante umana del virus del raffreddore (il Type 26-Ad26)”, ha detto Antonio Cascio Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

“I vaccini rappresentano forse la più grande scoperta della medicina, insieme agli antibiotici e a qualche altro farmaco straordinario – farmaci “anziani” ma che han cambiato la storia – come il cortisone, la morfina, l’insulina, solo per fare qualche esempio. Certo, l’innovazione farmaceutica ci ha portato, in epoca più recente, farmaci che, anch’essi, han cambiato la storia di molte malattie: parliamo dei farmaci contro HIV e HCV, ma anche dei nuovi farmaci oncologici. Anche oggi, con la pandemia da Sars COV 2 che sta devastando il mondo, i vaccini arrivano come l’arma risolutiva. Certo, lo sviluppo di un vaccino contro il COVID in tempi così brevi (ce ne sono oltre 100 in sperimentazione e alcuni lì li per essere approvati, seppur con procedure condizionate) rappresenta un altro incredibile successo della ricerca. E non bisogna avere paura, sono il frutto degli avanzamenti straordinari della biologia, dei quali molti cittadini non erano al corrente. E anche il frutto di un rinnovato patto tra ricerca pubblica e ricerca privata, che finalmente è diventato una cosa concreta. Ma i vaccini anti-COVID non saranno l’arma finale, se non riusciremo a renderli disponibili al mondo intero. È un’epidemia globale. Nessuno pensi di risolverla solo a casa propria”, ha spiegato Stefano Vella, Adjunct Professor Global Health, Catholic University of Rome

I vaccini contro il Coronavirus arriveranno nei primi mesi del 2021. Mentre il Governo sta mettendo a punto un piano nazionale per la vaccinazione anti COVID, lo stesso dovranno fare le Regioni ma mentre logistica, priorità e scelta del vaccino sono in parte delineate, molte altre domande attendono ancora una risposta, non ultima la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione, l’uso della sierologia nei pazienti che si sono già ammalati di COVID ed il ruolo delle vaccinazioni complementari quali l’anti influenzale e l’anti pneumococcico”, ha dichiarato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità

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Esperti a confronto: “E’ ormai indispensabile definire esattamente l’esatto significato di ‘valore’ di un farmaco e dei devices”

Esperti a confronto

11 dicembre 2020 – Nel 2019 sono stati autorizzati a livello europeo 51 medicinali e per il 2020 è atteso il parere da parte dell’EMA per altri nuovi 76. Il concetto di valore di un farmaco o un device si identifica su quanto possa essere il suo prezzo, mentre occorrerebbe valutare un farmaco in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il suo impatto sulle cure e sull’organizzazione assistenziale. Per discutere la tematica, si è tenuta l’Academy “Il valore del farmaco e dei devices”, una 2 giorni di approfondimenti con esperti, organizzata da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e TEVA.

“Valore è un termine molto usato ormai sia nel settore dei dispositivi medici sia in quello dei farmaci sia in quello più generale dell’assistenza sanitaria. Tutti ne parlano ma non è ancora chiaro come possa essere definito esattamente e quale sia il suo esatto significato. Proprio per questo motivo è sempre più importante definire cosa significhi “valore” di una prestazione, di un farmaco o di un dispositivo, in quanto i cosiddetti “payer” – pagatori sanitari pubblici e privati – in tutto il mondo, per rispondere ai sempre più  veloci processi di innovazione hanno sempre più necessità di allontanarsi dai tradizionali meccanismi di pagamenti e definirne invece di nuovi e maggiormente adatti ai livelli di innovazione e di costo a cui devono essere applicati. Identificare il “valore” di una tecnologia sanitaria è un esercizio che compete sia ai sistemi sanitari pubblici e privati che dovrebbero fornire cure più efficienti ed efficaci piuttosto che le aziende le aziende produttrici di tecnologie che devono avere chiaro il motivo per cui i loro prodotti creano valore per l’individuo, per il sistema e per la società. Identificare il valore per tutti questi differenti stakeholder del sistema, che dovrebbero avere finalità comuni (il bene dei pazienti) ma anche obiettivi diversi (organizzazioni profit o non profit) si sta sempre più identificando in un ripensamento di una serie di processi che generano innovazione tecnologica. Dal momento in cui questa viene immaginata, al momento in cui questa viene realizzata e testata e infine al momento in cui questa viene poi valutata dagli utilizzatori. La presenza di un bisogno di salute, la capacità di questa tecnologia di rispondere in maniera coerente e appropriata a questo bisogno, la solidità delle evidenze scientifiche già disponibili o in via di definizione, che supportano il valore delle tecnologie dovrebbero essere gli elementi su cui basare il nuovo concetto di Value Based Medicine”, ha detto Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS 

“Relativamente ai farmaci, ed in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di PREZZO e troppo poco in termini di VALORE. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema paese.  Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2. Hanno in genere un PREZZO superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati ad usare nella prima decade di questo secolo. Però, continuando nell’esempio, non hanno bisogno di essere titolati sulla scorta dei valori glicemici, quindi abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile “unburden” della persona con diabete rispetto alla necessità  di controlli assidui. Ma ancora, abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica oltre a mettere a rischio la vita del paziente può costare al “sistema” tra pronto intervento, accesso in Pronto Soccorso ed eventuale ricovero oltre 5,000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio” sia in termine di sofferenza che in termini di costi ospedalieri mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette ed aboliamo i “silos” ideologici ed amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”, ha spiegato Agostino Consoli, Presidente Eletto SID

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Il valore del farmaco e dei devices. Le nuove tecnologie per una riforma del Servizio sanitario nazionale

il valore del farmaco

11 Dicembre 2020 – Il bisogno di salute è in continua crescita e le patologie croniche hanno bisogno di essere affrontate con un approccio nuovo. Rifondare il Servizio sanitario nazionale è una occasione unica e lo sta dimostrando la stessa pandemia da Covid-19 che ha mostrato le falle di un sistema sanitario nazionale che, proprio per affrontare le nuove esigenze degli ammalati ed essere al passo con i Sistemi sanitari dei Paesi del mondo, deve guardare ad altri scenari. Guardare dunque a nuove opportunità di “rinascita” significa affrontare temi nodali (dal potenziamento del territorio alla ripartizione della spesa in  silos) e guardare alle nuove tecnologie come ad un volano per questa nuova riforma. L’impiego della Health Technology Assessment è un punto nodale per fare questo, ma implica tutta una serie di processi organizzativi, gestionali ed economici sulla quale devono essere coinvolti tutti gli attori del sistema salute. Velocizzare l’introduzione delle nuove tecnologie permetterebbe di valorizzare di più farmaci e devices, ma per fare questo occorre che il Sistema sanitario inizi a pensare a questo processo in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il valore nel suo impatto sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale. Questo complesso scenario, emerso in occasione del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, ha aperto tre questioni: il tema della medicina territoriale, il ruolo strategico della Health Technology Assessment e il processo di Horizon Scanning.

La pandemia ha mostrato le lacune del sistema sanitario pubblico italiano. Il sistema si è retto meglio dove c’era una sanità territoriale più legata agli ospedali. Il tema vero è dare sostanza a termini molto spesso utilizzati ed enfatizzati – spiega Pier Luigi Bartoletti, Vice Presidente OMCeO Roma. Prendiamo la presa in carico del paziente che sotto intende un sistema di responsabilità. Se l’ospedale per intensità di cure è l’ospedale del futuro, a questa definizione teorica non si è mai chiarito il fatto che un ospedale per intensità di cure funziona solo se esiste un territorio che fa la sua parte. E per territorio si intende una serie di servizi che ad oggi spesso non hanno una integrazione delle loro funzioni e, soprattutto, la fase di passaggio più critica nel sistema attuale italiano sono i passaggi della presa in carico”.

In Senato il tema di medicina territoriale e risposta al Covid sono in fase di audizioni. Secondo Elisa Pirro, componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica Bisogna rafforzare la medicina territoriale e seguire più attentamente i pazienti a casa e farli arrivare meno possibile negli ospedali solo quando non ci siano alternative. Questo lo stiamo dicendo da tempo, da ben prima di marzo, perché abbiamo visto che laddove funzionano meglio i servizi territoriali c’è anche una tenuta migliore del sistema ospedaliero”.

Sul sistema di ripartizione della spesa in silos “Anche nell’ultima audizione in Parlamento il Ministro Speranza ha ribadito che è un sistema ormai vecchio, obsoleto, da superare, e si sta lavorando per questo – prosegue Pirro -. Bisogna guardare al complesso della gestione del paziente e al costo a lungo termine delle terapie che vengono effettuate oggi rispetto a terapie innovative”. Ma per raggiungere questo bisogna convincere anche le Regioni. “La pandemia ha manifestato sotto gli occhi di tutti quanti limiti abbia avere 21 Sistemi sanitari regionali differenti che applicano con velocità diverse le norme che impartisce lo Stato”.

Secondo Maria Rizzotti, Componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) Senato della Repubblica Dovremmo guardare alla medicina territoriale quale gestore-responsabile di una parte dell’innovazione secondo il principio di continuità terapeutica ospedale-territorio. Continuo a presentare emendamenti da anni sulla legge di bilancio perché ci possa essere una compensazione dei tetti di spesa tra la medicina territoriale e la medicina ospedaliera”.

Oggi siamo di fronte ad un’occasione storica, quella di rifondare completamente il servizio sanitario nazionale. “E’ possibile farlo passando dal concetto di innovazione tecnologica con il suo significato di applicazione della tecnologia in quanto tale e con il suo contesto organizzativo, professionale, di competenze culturali, di logistica, che sono in grado di valorizzare appieno questa innovazione –  spiega Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS -. Da qui il concetto di valore da attribuire ad un farmaco e ad un device, che cambia in base ai diversi stakeholder del sistema, ha diverse prospettive con diversi metodi di valutazione. L’HTA più innovativa rappresenta uno strumento e una piattaforma dove parlare in maniera oggettiva su dati scientifici cercando di mettere d’accordo tutte le diverse prospettive”.

Gli strumenti ci sono ma sono necessarie strategie condivise e di lungo periodo. “Questo è un momento vantaggioso per rifondare il SSN e per rifondare un nuovo sistema di Welfare effettuando delle corrette valutazioni per quanto riguarda i farmaci e i dispositivi medici, due tecnologie differenti che impattano in maniera diversa e che richiedono HTA diverse per essere valorizzare” spiega Francesco S. Mennini, Research Director Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi  “Tor Vergata”, Roma – Presidente SIHTA. “L’aspetto fondamentale è quindi la necessità di valorizzare l’innovazione: per il farmaco è stato fatto (il metodo Grade), per il dispositivo non ce l’abbiamo. Credo che bisogna determinare un cambio di passo. Un nuovo rinascimento del nostro sistema sanitario passa anche per un rigore metodologico e quindi il ricorso anche alle competenze. Se però non ci rivolgiamo alle competenze sarà sempre più difficile effettuare una corretta valorizzazione delle bugie anche in un’ottica di HTA”.

La digitalizzazione in sanità – aggiunge Maria Rizzotti – oltre che uno sveltimento di qualsiasi processo sanitario, comporta anche un grosso risparmio per il Sistema sanitario che potrebbe poi indirizzare i risparmi allocando queste risorse, per esempio sui farmaci innovativi, ma sarebbe anche una crescita del Pil del 2% per l’indotto che genererebbe. La digitalizzazione implica la formazione di chi utilizzerà le nuove tecnologie: se manca la formazione anche le tecnologie più all’avanguardia non servono a nulla. Infine, per quanto riguarda il valore del farmaco è fondamentale un tavolo di confronto costante con le istituzioni e le aziende farmaceutiche. Ha un ruolo strategico la partnership tra pubblico e privato soprattutto per quello che riguarda la ricerca”.

Nell’ambito della valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment – HTA) si distingue il processo di Horizon Scanning, che mira all’individuazione, in maniera prospettica e previsionale, delle tecnologie sanitarie in fase di sviluppo iniziale che potrebbero avere un impatto rilevante sui pazienti, sulla sanità pubblica o sui sistemi sanitari. L’attività di Horizon scanning può avere una funzione strategica nell’orientare le scelte decisionali se pienamente integrate nei processi decisionali e supportate da un’adeguata metodologia nelle varie fasi dell’attività” – spiega Michele Marangi, Dirigente Ufficio Attività di Analisi e Previsione AIFA -. “L’efficacia delle informazioni generate a supporto dei processi decisionali dipende anche dalle modalità di utilizzo da parte dei decisori delle informazioni acquisite. Stiamo cercando di lavorare su questo aspetto con l’obiettivo di rispondere sempre meglio ai bisogno di salute della popolazione. Promuovere il dialogo con tutti gli stakeholder ai vari livelli (internazionale, nazionale, regionale, locale) coinvolti nel processo di Horizon Scanning per acquisire più informazioni possibili e migliorare l’accuratezza delle analisi”. 

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Il sistema integrato di Biosorveglianza basato sui dati. Gli esperti: “Governarli fin dall’inizio e puntualmente avrebbe facilitato le Regioni nel controllo della pandemia”

Biosorveglianza

4 Dicembre 2020 – Il sistema integrato di Biosorveglianza è un esempio virtuoso che spiega come è possibile arginare l’emergenza Covid-19 utilizzando i dati. In Veneto e in Lombardia ci riescono grazie a Eng-DE4Bios, il sistema di biosorveglianza data-driven e cloud-native, che raccoglie dati da fonti diverse, li integra e li armonizza per mostrare uno stato aggiornato in tempo reale dell’evoluzione dell’epidemia. Basata su Digital Enabler, la soluzione consente di mappare e geolocalizzare i soggetti contagiati e rilevare la presenza di cluster che richiedono elevata attenzione. Partner dell’Academy Tech di Motore Sanità Tech, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

In questo modo si determina la densità del fenomeno in un territorio o in un perimetro ristretto definito, supportando le autorità sanitarie nelle decisioni più opportune circa l’applicazione di norme restrittive sulla mobilità delle persone e accesso alle aree critiche – spiega Arianna Cocchiglia, Healthcare Innovation and Partnership Director di  Engineering -. Permette inoltre di effettuare un’analisi predittiva dell’evoluzione del contagio, individuando le zone dove è più probabile che il virus si espanda, così da organizzare per tempo i presidi sanitari”.

I cinque parametri presi in considerazione per la predizione da Eng-DE4Bios – percentuale di tamponi positivi, indice di trasmissione del virus, occupazione delle terapie intensive, guariti e deceduti, unitamente al monitoraggio dell’evoluzione degli stati clinici dei casi confermati, hanno un ruolo importante. “Sono  parametri fondamentali di rischio su cui tenere monitorate le curve epidemiologiche – prosegue Arianna Cocchiglia -. Sono i parametri che poi pesano sul sistema organizzativo sanitario. Gli attuali indicatori richiesti per l’attribuzione dei colori delle Regioni sono molto complessi e sono tanti e sicuramente aver avuto la  capacità fin dall’inizio di governarli, avrebbe facilitato tutte le Regioni nella gestione della seconda ondata della pandemia”.

Una piattaforma come questa può essere riutilizzata. “Ce lo auguriamo assolutamente – auspica Arianna Cocchiglia -. E’ nata da un’esigenza contingente, ma in realtà era già un paio di anni che ci stavano studiando per monitorare le infezioni ospedaliere e i batteri antibiotico-resistenti. Di fronte a tutti questi scenari, è fondamentale avere degli strumenti efficaci, a livello di sistemi di prevenzione e di sanità pubblica, per il controllo di tutte queste epidemie. La pandemia stessa ci ha insegnato che sistemi di prevenzione e la sanità pubblica devono avere degli strumenti per governare i numeri in tempo reale. Fino ad oggi ci sono stati  10 anni di investimenti a livello nazionale e locale sulla digitalizzazione dei processi ospedalieri e sulla capacità di avere interoperabili le informazioni a livello ospedaliero, ora è giunto il momento di investire per la prevenzione e la sanità pubblica”.

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L’esperienza cinese dell’Internet Hospital di Pechino. Best practice a Motore Sanità

Internet Hospital

4 Dicembre 2020 – Durante la Presentazione di Academy Tech di Motore Sanità Tech, Wang Tianbing, Vicedirettore dell’Ospedale Popolare dell’Università di Pechino, DG dell’Ospedale del Distretto di Tongzhou e Vicedirettore del Centro di Ricerca del Ministero dell’Istruzione per il Sistema Ospedaliero Digitale ha condiviso l’esperienza cinese nella costruzione di un Internet Hospital con l’Italia. Tanti i temi trattati, dalle misure e le norme necessarie per il rispetto della sicurezza della rete e del paziente, al funzionamento vero e proprio di un Ospedale Digitale, dalla Consultazione online al follow up, dalla consegna a domicilio dei medicinali alla valutazione finale della prestazione da parte del paziente. Nella sessione di domande e risposte, il Prof. Wang ha specificato i problemi riscontrati durante la costruzione dell’Internet Hospital di Pechino, come la necessità di un riconoscimento del medico e di un confronto faccia a faccia da parte del paziente, lo scetticismo nell’accettare una nuova modalità di consulto medico da parte della popolazione, la mancanza iniziale di apparecchiature tecnologiche valide e di leggi che possano stabilire le responsabilità e le modalità di pagamento delle prestazioni. Al problema dell’accettazione, dice Wang, abbiamo risposto da una parte cercando di coinvolgere in primis solo alcuni reparti e di procedere per fasi (inizialmente solo consultazione, poi trattamenti) e dall’altra parte cercando di far accettare il nuovo sistema alla fascia della popolazione con un alto livello di formazione, con una conoscenza già solida delle nuove tecnologie. Per il problema della tecnologia e delle leggi, continua, siamo molto migliorati, perché la Cina ha fatto grandi passi in avanti in poco tempo, anche se tali problemi non sono ad oggi completamente risolti. Infine, conclude, lo sviluppo dell’Internet Hospital ha conosciuto una rapida crescita a partire dallo scorso anno, con l’inizio della pandemia da Coronavirus, quando la popolazione ha iniziato a capire che si aveva bisogno di un nuovo sistema di diagnosi e trattamento che evitasse il più possibile l’ingresso in ospedale.

Partner dell’iniziativa, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l.

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