Recovery Plan: le Associazioni dei pazienti a confronto per una migliore gestione dei fondi, a tutela della salute di tutti e per azzerare le disuguaglianze fra le Regioni

malattie neuro degenerative

19 luglio 2021 – Associazioni di pazienti a confronto, per una nuova medicina del territorio, in grado di azzerare le disuguaglianze fra le Regioni. Occasione di incontro il webinar ‘MEDICINA DEL TERRITORIO E RECOVERY PLAN: UN’OPPORTUNITÁ DI CAMBIAMENTO’, promosso da Motore Sanità, che ha visto la partecipazione di importanti relatori, i quali non hanno mancato di far sentire la loro voce offrendo spunti di riflessione importanti, in vista dei circa 10miliardi del Recovery Plan previsti dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR).

“Non ho idea se questi miliardi messi a disposizione siano sufficienti o meno, non ho elementi di competenza in questo senso, so però che occorre passare dall’annunciazione delle cose da fare al farle realmente, perché il tempo non è tantissimo”, ha sentenziato Marcello Grussu, Coordinamento Diabete Italia e Presidente Aniad. E ancora: Tra le malattie cosiddette non trasmissibili, il diabete è sicuramente la malattia maggiormente diffusa nel mondo. Da noi in Italia ne soffrono oltre 3milioni e mezzo di persone, con un grosso impatto sull’organizzazione sanitaria, sociale e sui costi. Persone che, quando è iniziata la pandemia, hanno avuto una serie di problemi che si sono scontrati con tutte le carenze dei nostri 21 sistemi sanitari regionali e nazionali. Carenze già esistenti, che il Covid ha soltanto accentuato. In questi giorni il gruppo di lavoro dell’Agenzia Nazionale per i Servizi Sanitari Regionali (AGENAS) sta portando avanti un documento importante. I punti sono: migliore e maggiore assistenza domiciliare, realizzazione di strutture e di Case di comunità, riorganizzazione degli ospedali di comunità, sviluppo della telemedicina. Speriamo che queste intenzioni possano rispondere alle necessità degli oltre 23milioni di persone che soffrono di qualche cronicità in questo Paese. Tra gli obiettivi anche ridurre l’accesso inappropriato dei ricoveri negli ospedali e nei pronto soccorsi, favorendo un’assistenza all’interno di un contesto più congeniale, che è l’ambito domestico, piuttosto che quello di residenza. Più raggiungeremo tutti questi obiettivi, maggiori saranno le chance di superare criticità e disuguaglianze che ci contraddistinguono. Non possiamo non tenere conto dei ritardi che esistono tra i territori, come ad esempio la scarsa viabilità di certe Regioni.

Parla di disuguaglianze fra Regioni anche Andrea Vianello, Presidente A.L.I.Ce. Italia ODV: “Dati alla mano, sono 150mila gli italiani che ogni anno hanno un ictus. Una patologia importante, che in alcuni presenta danni importanti da gestire: da qui la nostra richiesta che parte dei soldi del Recovery plan vengano destinati a rafforzare le stroke unit, non distribuite uniformemente in ugual misura in tutte le regioni. Importantissime, dal momento che il tempo è l’alleato fondamentale per la gestione dell’ictus”. 

Il vero esercizio non è tanto quello di costruire della Case di comunità o degli ospedali di comunità, o delle reti di prossimità, ma un welfare comunitario, in cui lavoriamo su nuove formule e modelli di cultura, di consapevolezza e di responsabilità. Diamo una centralità reale alle Associazioni e ai cittadini, ha chiosato Paolo Bandiera, Direttore Affari Generali AISM.

Altri temi importanti, infine, sono stati portati alla luce da Anna Lisa Mandorino, Segretario Generale Cittadinanzattiva: “Quello che manca nel PNRR sono tre cose, secondo noi: tutto il capitolo della prevenzione, tutto il capitolo di misure ad hoc per gli altri determinanti di salute (rischi ambientali, climatici, sociali collegati alle questioni sanitarie) e, infine, un investimento significativo sul personale, a fronte del fatto che sappiamo che nel 2027 ci sarà il 16% di medici di medicina generale in meno e che il modello degli ospedali di comunità si basa su un potenziamento forte della figura degli infermieri, su cui però i numeri non ci fanno ben sperare nel medio termine.

Malattie rare: “I bisogni irrisolti dei pazienti e le criticità nei percorsi di presa in carico, necessario che i SSR migliorino i propri modelli di cura”

Aderenza e appropriatezza terapeutica

19 luglio 2021 – Una malattia si definisce rara quando la sua prevalenza non supera i 5 casi su 10.000 persone, se ne conoscono e se ne diagnosticano tra le 7.000 e le 8.000, interessando quindi milioni di persone. I dati del registro nazionale malattie rare dell’Istituto Superiore di Sanità, stimano in Italia 20 casi di malattie rare ogni 10.000 abitanti: il 20% delle patologie riguarda pazienti in età pediatrica. Per i pazienti in età adulta, invece, le più frequenti sono le malattie del sistema nervoso e degli organi di senso (29%) e quelle del sangue e degli organi ematopoietici (18%). [Fonte: ISS 2015] Ma ancora oggi, ad esempio, gli screening neonatali ed il ritardo diagnostico fanno in modo che i SSR debbano migliorare i propri modelli assistenziali. Con lo scopo di condividere a livello regionale i bisogni irrisolti dei pazienti e le criticità nei percorsi di presa in carico per poter valutare quale programmazione debba essere fatta, Motore Sanità ha organizzato il Webinar ‘MALATTIE RARE. FOCUS CAMPANIA/PUGLIA/SICILIA’, terzo di 6 appuntamenti, realizzato grazie al contributo incondizionato di Alexion, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Biogen e Takeda. 

“Dirigo l’UOSC Nefrologia ed Emodialisi dell’AORN Cardarelli di Napoli, il Pronto Soccorso più grande del Meridione, punto di riferimento per Napoli e provincia per tante patologie ed anche per le malattie rare. Il nostro reparto è impegnato in prima linea per la Sindrome Emolitico Uremica Atipica, nella tempestiva diagnosi e nella terapia con Eculizumab, in collaborazione con i reparti dell’Urgenza con cui è stato istituito di recente un PDTA.  È attivo un ambulatorio in regime di Day Hospital per il follow up clinico e terapeutico post dimissione dei pazienti affetti, e per la somministrazione della terapia di mantenimento. Al momento, grazie all’esperienza maturata sul campo e alle competenze acquisite, la UOSC di che dirigo rappresenta un centro Hub and Spoke per la SEUa di riferimento per gli ospedali periferici”, ha dichiarato Olga Credendino, Direttore Struttura Complessa Nefrologia ed Emodialisi Azienda Ospedaliera di Rilievo Nazionale Antonio Cardarelli, Napoli

“Le malattie rare, caratterizzate da quadri clinici con interessamento multi-organo e/o deficit funzionali multipli, necessitano di una assistenza multispecialistica e multidisciplinare (medica, psicologica, sociale etc.) integrata (strutture universitarie e/o ospedaliere di riferimento e strutture sanitarie e sociali territoriali). Le principali criticità si possono racchiudere in 4 punti principali: ritardata diagnosi con conseguente ritardata presa in carico del paziente, elevata complessità assistenziale, difficoltà nel passaggio ospedale-territorio e quindi nella continuità assistenziale. Per migliorare la qualità dell’assistenza sono indispensabili formazione non solo per gli operatori sanitari, ma anche per gli studenti della Scuola di Medicina, campagne di informazione, stesura di PDTA eseguita anche in collaborazione con i pazienti, secondo criteri basati su evidenze scientifiche, appropriatezza ed efficacia, essenzialità e sicurezza”, ha spiegato Maria Piccione, Coordinatore Centro di Riferimento Regionale per le Malattie Genetiche e Cromosomiche Rare, Regione Siciliana

 

La Regione Campania in prima linea nella lotta alle infezioni ospedaliere e all’antibiotico-resistenza L’ospedale Cardarelli di Napoli – 100mila ricoveri all’anno – ha mostrato una effettiva riduzione delle infezioni ospedaliere (- 1,02%)

Trapianto

19 luglio 2021 – L’antibiotico resistenza è una delle battaglie probabilmente più grandi del nostro prossimo futuro. A lanciare l’allarme è l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), per la quale nel 2050 le infezioni resistenti saranno la prima causa di morte: si parla di 10milioni di morti all’anno. Il che significa, a livello economico per l’Italia, un aumento dei costi sanitari di 11miliardi di euro. 

“Per un periodo la Campania è stata un po’ in ritardo su questo fronte, ma adesso abbiamo un referente regionale che, a livello nazionale, sta proponendo un impegno molto importante e fattivo: la sfida non è solo sul piano della ricerca, ma anche la necessità di avere risorse adeguate, ha commentato Antonio Postiglione, Direttore Generale per la Tutela della Salute e il Coordinamento del Sistema Sanitario Regionale, nel corso del webinar ‘FOCUS CAMPANIA. DAL “CUTTING EDGE” DELLA RICERCA IN ANTIBIOTICO TERAPIA AL BISOGNO DI NUOVI ANTIBIOTICI, DALLA VALUTAZIONE DEL VALORE AL PLACE IN THERAPY APPROPRIATO’, organizzato da Motore Sanità.

Tutto deve essere fatto in maniera sinergica: la Regione Campania ha dei tavoli appropriati fatti da infettivologi, farmacisti e altre branche specialistiche, oltre ai microbiologi, e questo è molto importante, visto che si parla di antimicrobico resistenza. Se non si lavora in team multidisciplinare, tutto questo non può avere valore aggiunto, ha puntualizzato a sua volta Ugo Trama, Responsabile Farmaceutica e Protesica della Regione Campania.

Un tema, quello della multidisciplinarietà, sottolineato anche da Alessandro Perrella, Infettivologo AORN Cardarelli: Per quanto le infezioni siano appannaggio degli infettivologi, la lotta all’antimicrobico resistenza coinvolge più specialisti (igienisti, internisti, infermieri) e dunque va affrontato in team. Per quanto riguarda invece gli scenari futuri, Perrella ha portato una sua preziosa testimonianza, nel tavolo di confronto che ha visto coinvolti importanti relatori di spicco: “Personalmente ho portato avanti un approccio un po’ particolare, basato sulle mie esperienze, ovvero valutare attraverso il meccanismo di prevedibilità dell’andamento delle infezioni dell’assistenza e dell’insorgenza dell’antimicrobico resistenza, per poi andare ad effettuare delle “chirurgiche” nuove valutazioni in quegli ambienti dove si verificano delle infezioni dell’assistenza, in maggiore misura rispetto ad altri ambienti. L’analisi che alcuni riconoscono, che è stata applicata anche per la gestione del Covid, è molto semplice ed è bastata su un algoritmo che altro non fa che dire qual è l’andamento dell’insorgenza delle infezioni antimicrobiche o delle infezioni correlate all’assistenza, rispetto a quelli che sono gli andamenti che si sono verificati negli ultimi anni. Noi questo strumento lo abbiamo utilizzato nel piano 2017 e 2018 e la relazione che il Cardarelli ha presentato a livello regionale sull’andamento delle resistenze e delle infezioni ospedaliere, ha mostrato una riduzione dell’1,02% delle infezioni ospedaliere. Per quanto possa sembrare una percentuale bassa, in realtà in un ospedale che fa circa 100mila ricoveri l’anno è rilevante.

Un lavoro quotidiano, sottolineato anche da Maria Giovanna De Cristofaro, Direttore UOC Rianimazione DEA AORN Cardarelli: “Il Cardarelli è al centro dell’emergenza della Regione Campania. Da anni mi sto interessando di infezioni in terapia intensiva e, come dico sempre, non è vero che in rianimazione i pazienti muoiono con l’infezione: in molti casi i pazienti muoiono per l’infezione. Noi abbiamo focalizzato l’attenzione nella rianimazione sulla prevenzione, ma non tutte le infezioni possono essere prevenute. Quindi dobbiamo vedere cosa fare per bloccare l’antimicrobico resistenza: si tratta di ragionare quotidianamente sul paziente, ognuno dei quali con problematiche e gradi di fragilità diversi”.

Un tema questo, ampiamente dimostrato dai dati della comunità scientifica: da tempo le pubblicazioni evidenziano come solo il 30-50% delle infezioni sia prevedibile attraverso buone pratiche preventive. La sfida che ci attende per il prossimo futuro è importante e c’è ancora molto da fare su questo fronte. Ma la Campania non sta certo a guardare, anzi. È in prima linea nella lotta e nella ricerca.

“Presa in carico completa, collaborazione ospedale, medici di famiglia e pediatri di libera scelta e condivisione dati clinici, solo così sarà possibile rinnovare la medicina del territorio”

Blockchain e AI

16 luglio 2021 – I fondi del Recovery Plan destinati al nostro Paese dalla UE nel progetto Next Generation UE saranno circa 10 miliardi e saranno usati per l’implementazione della medicina territoriale. Home care, case di comunità, ospedali di comunità e centrali di coordinamento sono i capisaldi della medicina territoriale che ha come obiettivi, presa in carico completa e trasversalità vera tra ospedale e territorio. Alla base del progetto è previsto un nuovo rapporto tra medicina di famiglia ed i pediatri di libera scelta, la connessione tra tutti gli attori di sistema per la condivisione dei dati clinici, è diventato elemento cruciale per la riuscita del nuovo progetto organizzativo.  Per fare il punto su questi temi, Motore Sanità ha organizzato il Webinar ‘MEDICINA DEL TERRITORIO E RECOVERY PLAN: UN’OPPORTUNITÁ DI CAMBIAMENTO’. 

“L’emergenza Covid ha messo in luce criticità del nostro servizio sanitario, a livello nazionale e regionale, che da anni erano sotto gli occhi di tutti e che adesso ci auguriamo siano affrontate in maniera strutturale. Nell’ambito dell’assistenza territoriale, ad esempio, è urgente affrontare la carenza di medici ed infermieri, così come porre rimedio alle differenti capacità delle regioni di garantire l’assistenza domiciliare integrata e posti nelle RSA. Al Nord, un over 65 ha il triplo delle possibilità di essere ospitato in una residenza sanitaria assistenziale rispetto a un cittadino del Sud, e ha a disposizione circa il quintuplo di assistenza domiciliare, in termini di ore e di servizi. Il PNRR può essere una prima risposta a patto che il tema dell’assistenza territoriale sia affrontato non in termini di ‘spazi’ e ‘strutture’ quanto di reti e competenze. L’ottica vincente sarebbe quella di pianificare e semplificare il percorso seguito dal cittadino, a partire dalla prevenzione e dai suoi bisogni di salute”, ha dichiarato Anna Lisa Mandorino, Segretario Generale Cittadinanzattiva

“Il tema trattato è tanto complesso quanto importante, perché si parla di una grande occasione: quella di risolvere i molti problemi sul tappeto della sanità nazionale. In linea generale, sono criticità già presenti da tempo, ma rese anco più evidenti durante la pandemia, prima fra tutte, la mancanza di soluzioni efficaci nella gestione della cronicità che rappresenta la maggior parte della spesa sanitaria nazionale. L’auspicio è quello di avviare riforme che superino il concetto di sistema a comparti stagni e che siano invece ispirate ad una visione globale dell’assistenza, pertanto, verso un coordinamento di reti interprofessionali (farmacisti, medici, specialisti, infermieri) che si interfaccino nei diversi livelli di assistenza: ospedale-territorio. Gli strumenti indispensabili di questa gestione trasversale della cronicità sono prima di tutto il FSE e il Dossier Farmaceutico. Solo attraverso la loro consultazione da parte di tutti gli operatori sanitari può rendersi concreta la consapevolezza del percorso del paziente; per quanto riguarda le farmacie, la conoscenza del completo quadro terapeutico del paziente e di come questo cambi nel tempo, con la conoscenza delle relative informazioni di aderenza e farmacovigilanza. Faccio un altro esempio. Le farmacie possono essere efficacemente proattive nell’ambito dei PDTA, con azioni di prevenzione primaria e secondaria nonché di monitoraggio permanente. In altre parole, bisogna che venga valorizzata l’assistenza di prossimità e, in questo, che si gestisca l’ipotesi delle Case della Salute come centri intermedi tra ospedale e territorio, non togliendo competenze al territorio, ma affidando loro funzioni inerenti la specialistica e la diagnostica con il fine ultimo di decongestionare i centri ospedalieri, senza penalizzare il rapporto fiduciario tra cittadino e il proprio MMG e la propria farmacista.”, ha spiegato Giovanni Petrosillo, Presidente Federfarma-Sunifar

Come arginare le infezioni correlate all’assistenza? “Programmazione, risorse adeguate e personale dedicato”

Innovazione del SSN

16 luglio 2021 – Quando si parla di antimicrobicoresistenza, i programmi di prevenzione sono indispensabili per limitare il fenomeno, così come la ricerca di nuove terapie per arginare il fenomeno. Le tempistiche di realizzazione, approvazione, accesso e disponibilità per un nuovo antibiotico sono un percorso ad ostacoli e vi è la tendenza ad utilizzare i nuovi antibiotici soltanto dopo altre terapie impiegate da anni e di cui si conoscono gli effetti collaterali. Anche in tema di sostenibilità si potrebbero evitare i costi (diretti sanitari e indiretti) legati sia a ritardi di accesso alle nuove terapie che a scelte inappropriate di utilizzo. Per approfondire il tema, Motore Sanità, in collaborazione con Maris, ha coinvolto i massimi esperti in Regione Campania nel Webinar ‘FOCUS CAMPANIA. DAL “CUTTING EDGE” DELLA RICERCA IN ANTIBIOTICO TERAPIA AL BISOGNO DI NUOVI ANTIBIOTICI, DALLA VALUTAZIONE DEL VALORE AL PLACE IN THERAPY APPROPRIATO’, realizzato grazie al contributo incondizionato di MENARINI ed IT-MeD. 

“L’antimicrobicoresistenza rappresenta un problema spinoso in Sanità. Un nemico insidioso alla cui base vi sono molteplici fattori legati non solo al cattivo uso degli antibiotici ma anche all’approccio che si ha nella gestione dei soggetti ospedalizzati. Il circolo vizioso nel quale siamo ormai entrati da un paio di decadi almeno ha comportato il ripetersi di fenomeni quali precoce insorgenza di resistenze a nuovi antibiotici immessi in commercio con conseguente riduzione di pipeline di antibiotici. Pertanto, un uso appropriato e guidato da specialisti del settore rappresenta una strategia mandatoria nella gestione non solo dell’AMR ma anche delle Infection Control. La pandemia da COVID-19 ha mostrato chiaramente in alcuni setting come un approccio basato su strategie di appropriata gestione in ambiente ospedaliero, possano ridurre insorgenza di infezione. Oggi dobbiamo ragionare, anche sulla scorta di questa pandemica esperienza, su come approcciare in modo consapevole, disciplinato e organizzato all’uso non solo dei nuovi antibiotici ma anche della gestione dei soggetti infetti”, ha dichiarato Alessandro Perrella, Infettivologo AORN Cardarelli

“La Regione Campania vanta il triste primato, per la maggior parte dei batteri, di ceppi resistenti agli antibiotici nel nostro Paese. A questa situazione hanno certamente contribuito l’abuso ed il cattivo uso degli antibiotici sia in ambito comunitario che ospedaliero. Per superare il problema occorrono, tra l’altro, programmi di Antimicrobial Stewardship diffusi a tutti gli ospedali, anche e soprattutto nei nosocomi dove non vi è la figura dell’infettivologo, nonché a livello territoriale. Ciò vuol dire utilizzare gli antibiotici di cui disponiamo in maniera appropriata. In particolare, per quanto concerne i nuovi farmaci, va stabilito e condiviso il loro corretto place-in-therapy, in modo da salvaguardare il loro utilizzo, rendendoli, allo stesso tempo, disponibili e utilizzabili nel giusto setting di pazienti. Nella mia personale esperienza come Direttore della UOC di Malattie Infettive alla Federico II, mi rendo conto che sono utilissimi programmi di Stewardship nei reparti internistici e chirurgici, nonché in terapia intensiva. Occorrono regole chiare fin dall’inizio con i colleghi, con cui impostare un dialogo costruttivo e volto al miglioramento degli outcome di cura. È fondamentale, in questo senso, creare protocolli di trattamento condivisi e validati ed anche monitorare il loro rispetto con audit periodici”, ha spiegato Ivan Gentile, Direttore UOC Malattie Infettive AOU Federico II

Farmaci equivalenti: in Puglia i dati sulla quota di compartecipazione a carico del cittadino sono positivi Un buon risultato, che può essere ancora migliorato grazie all’alleanza tra medici di medicina generale, specialisti e farmacisti

Farmaci equivalenti

15 luglio 2021 – L’interazione tra farmacista e paziente sull’utilizzo dei farmaci equivalenti è sempre più stretta. Non solo. Il contributo del farmacista concorre alla scelta del farmaco equivalente, in misura maggiore rispetto a quello del medico di medicina generale. È il risultato di uno studio presentato nel corso del webinar ‘FOCUS PUGLIA: FARMACI EQUIVALENTI MOTORE DI SOSTENIBILITÀ PER IL SSN’, organizzato da Motore Sanità

“La farmacia è pronta a collaborare con le altre figure professionali e le istituzioni, per trovare la maniera per rendere ancora più efficace quello che quotidianamente viene svolto nell’ambito dei nostri esercizi e delle nostre attività”, ha commentato prontamente Francesco Fullone, Presidente Federfarma Regione Puglia.

Quello che si rende necessario, secondo il parere del Dottor Fullone e di altri importanti relatori intervenuti al webinar, è una forma di comunicazione nuova e più incisiva, indispensabile per superare quelli che sono stati inizialmente del gap comunicativi (farmaco generico che rimandava a una genericità percepita come un valore minore, mentre invece numerosi studi hanno dimostrato, ormai da tempo, che gli equivalenti hanno la stessa composizione qualitativa e quantitativa in termini di sostanze attive di un medicinale di riferimento).
Non si tratta però solo di un problema di comunicazione: alla base della scarsa pervasività della prescrizione del farmaco equivalente, c’è un fenomeno culturale sia a livello del nostro Paese, sia a livello delle nostre Regioni, in maniera particolare
. Non si spiegherebbe altrimenti quel gap tra reddito medio e spesa sostenuta per preferire farmaci branded, piuttosto che equivalenti.

“Sappiamo che la Puglia è partita con affanno in questi anni, ma per quanto riguarda la spesa regionale, si portano dati positivi sulla quota di compartecipazione a carico del cittadino”, precisa Francesco Colasuonno, Responsabile Servizio Politiche del Farmaco, Regione Puglia. “Nei mesi gennaio-marzo 2021 è stata di 32milioni di euro, rispetto ai 34milioni dello stesso periodo del 2020. Nell’anno in corso abbiamo quindi un meno 3milioni di euro e questo significa che siamo all’8,4% rispetto alla media nazionale che è del 10,2%”. 

Ecco perché è necessaria un’alleanza delle varie figure professionali, soprattutto ragionando in ottica di un futuro neanche troppo lontano, come ribadisce Florenzo Iannone, Professore Ordinario Reumatologia Università di Bari, Coordinatore Comitato Scientifico GISEA: “Nel 2040 ci saranno 19milioni di anziani e questo significa investimenti maggiori. Ci rendiamo tutti conto che il sistema non è sostenibile per trattare al meglio i nostri pazienti. Medici, specialisti e farmacisti, in effetti ho notato che si parlano poco. Dobbiamo capire che non dobbiamo trattare il paziente con il farmaco a più basso costo, ma semmai con il farmaco a costo migliore”. 

Questo per ricordare, ancora una volta, che anche se i farmaci equivalenti (altrimenti detti a brevetto scaduto) sono molto più economici – da un minimo dal 20 a oltre il 50% – la loro qualità non è inferiore. Solo, vengono meno i costi della ricerca e delle varie fasi di scoperta, sperimentazione, registrazione e sintesi di un nuovo principio attivo. 

Malattie reumatiche: “Multidisciplinarietà tra i diversi specialisti per una corretta presa in carico a garanzia di una vita migliore”

CAR-T al tempo della pandemia

15 luglio 2021 – Regione Lombardia è un’eccellenza a livello Nazionale per la reumatologia. Nonostante questo, le Associazioni di pazienti, clinici e medicina territoriale chiedono una riorganizzazione dei percorsi assistenziali che consenta, viste le molte opportunità terapeutiche, rapida diagnosi e presa in carico, garanzia di accesso alle cure uniforme prima che le malattie reumatiche autoimmuni portino il paziente a situazioni di invalidità. La pandemia ha evidenziato molte criticità su cui confrontarsi: liste d’attesa, cure di prossimità, collaborazione tra specialista e MMG, condivisione dati e uniforme/rapido accesso all’innovazione. Con lo scopo di approfondire questi argomenti insieme ai principali attori di sistema a livello regionale, Motore Sanità ha organizzato il Webinar ‘LA RIFORMA SANITARIA LOMBARDA: FOCUS SULLE MALATTIE REUMATOLOGICHE AUTOIMMUNI’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e IT-MeD. 

“Le persone che vivono con queste malattie, ancora poco conosciute e multidisciplinari, hanno necessità di essere valutate da diversi specialisti. La complessità di questo tipo di patologie richiede collaborazione tra specialisti che possano prendere in carico il paziente con una rete ben organizzata. Chiediamo alle istituzioni che diano ai reumatologi la possibilità di organizzarsi in sinergia con i diversi specialisti interessati al tipo di complessità che queste malattie comportano, per dare la possibilità alle persone di sentirsi ‘prese in carico’. Vorrei ricordare la necessità di collaborazione dei medici con infermieri, terapisti occupazionali, fisioterapisti e psicologi preparati adeguatamente alle particolari problematiche. La nostra qualità di vita ne trarrebbe un gran beneficio”, ha spiegato Maria Grazia Pisu, Presidente Associazione Lombarda Malati Reumatici ALOMAR ODV

“Le malattie reumatiche autoimmuni, infatti, non soltanto colpiscono i giovani ma volte purtroppo anche bambini. In qualità di reumatologo pediatra sono sempre coinvolto nell’assistenza e nella cura di questi giovani malati. La cronicità di queste patologie rende ulteriormente difficile la gestione di tali pazienti, avendo a che fare non solo con dei bambini o ragazzi ma anche con le loro famiglie. Questo implica una serie di problematiche, legate non solamente a fattori medici ma anche sociali, quali la frequenza della scuola e la perdita del lavoro dei genitori. In Lombardia sono pochi i centri di reumatologia pediatrica, stiamo cercando di lavorare in gruppo almeno a Milano, e siamo in attesa di poter formalizzare questa collaborazione. Infine, il rapporto continuo con in pediatri di famiglia è fondamentale; Iniziative educazionali sono in corso ma tanto lavoro è ancora necessario per poter offrire ai piccoli pazienti la migliore assistenza possibile”, ha detto Rolando Cimaz, Direttore UOC Reumatologia Clinica Pediatrica della ASST-PINI-CTO Milano

“Per quanto riguarda la realtà bresciana, la necessità di creare una rete che possa collegare la Reumatologia ospedaliera con gli ambulatori sul territorio, peraltro molto scarsi e insufficienti a svolgere un’attività di primo livello, e con il MMG è ormai da considerare una priorità. Attualmente il maggior carico delle prestazioni ambulatoriali ricade sull’ospedale con conseguenze negative in termini economici e di programmazione. Nella situazione data, con il solo contributo del personale ospedaliero, non è credibile poter gestire le liste d’attesa, ridurre i tempi per il primo accesso e poter effettuare diagnosi precoci allo scopo di cogliere la finestra di opportunità terapeutica. Le innovazioni tecnologiche, qualora adottate e utilizzate in situazioni clinicamente adeguate, potranno essere strumento utile per perseguire taluni obiettivi. Da considerare però che tali strumenti non consentiranno di ridurre il tempo dedicato alle visite, che risulta essere uguale o addirittura maggiore per le visite in remoto”, ha spiegato Franco Franceschini, Direttore UOC Reumatologia e Immunologia Clinica ASST Spedali Civili Brescia

Farmaco equivalente: “Dopo anni, pur garantendo sostenibilità al SSN e risparmio ai cittadini, il loro uso in Italia è ancora a macchia di leopardo”

13 luglio 2021 – I farmaci equivalenti avendo stesso principio attivo, concentrazione, forma farmaceutica, via di somministrazione e indicazioni di un farmaco di marca non più coperto da brevetto (originator), sono dal punto di vista terapeutico, equivalenti al prodotto di marca ma molto più economici, con risparmi che vanno da un minimo del 20% ad oltre il 50%. Questo è fondamentale per mantenere sostenibile il SSN, consentendo da un lato di liberare risorse indispensabili a garantire una sempre maggiore disponibilità di farmaci innovativi, dall’altro, al cittadino di risparmiare di propria tasca all’atto dell’acquisto dei medicinali. Ma l’uso del farmaco equivalente in Italia è ancora basso rispetto ai medicinali di marca, per fare il punto sulla situazione in Italia e sul perché di queste differenze Motore Sanità ha organizzato il Webinar FOCUS PUGLIA: FARMACI EQUIVALENTI MOTORE DI SOSTENIBILITÀ PER IL SSN, realizzato grazie al contributo incondizionato di TEVA.

“La scelta e l’utilizzo del farmaco equivalente è una decisione che coinvolge almeno tre figure: il medico prescrittore, il farmacista ed il paziente. Ad oggi, poco si sa del grado di soddisfazione del paziente nei confronti dell’uso del farmaco equivalente. In realtà, l’introduzione dei farmaci equivalenti è stata percepita come una scelta finalizzata al “risparmio” non solo in termini economici ma anche di qualità, sicurezza ed efficacia del medicinale. Invece il significato di “Generic medicinal product” va ben al di là del mero concetto di risparmio e rappresenta in tutti i Paesi del mondo un modello in grado di garantire la presenza sul mercato di validi strumenti terapeutici e contestualmente la possibilità di liberare risorse economiche da investire in nuove strategie sanitarie. I farmaci equivalenti hanno contribuito in molti Paesi Europei, come il Regno Unito e la Germania in maniera sostanziale, a riequilibrare la spesa sanitaria per la farmaceutica senza intaccare la qualità del sistema di cura. Anche in Italia, sia pur con ritardo, il farmaco equivalente è oramai una realtà consolidata, nonostante rappresenti una quota di mercato ancora molto bassa rispetto al totale della spesa per farmaci. L’utilizzo del farmaco equivalente nella realtà italiana ha sempre sofferto di una sorta di “pregiudizio” che, di volta in volta, ha valutato la concentrazione del principio attivo, l’uso degli eccipienti, la reale efficacia. A causa di queste considerazioni, l’utilizzo del farmaco equivalente, che in termini di costo/efficacia può rendere di sicuro un “buon servizio” all’economia della salute pubblica, in Italia è cresciuto con grande lentezza e tutt’oggi mantiene sacche di scetticismo che ne limitano ampiamente l’impiego. Le cause del sottoutilizzo dei medicinali equivalenti in Italia non sono del tutto chiare, ma potrebbero essere imputabili a diversi fattori. In passato è stata dimostrata una maggiore ritrosia da parte dei pazienti ad assumere medicinali equivalenti a causa di dubbi e pregiudizi. In questo contesto, l’influenza degli operatori sanitari sembra però avere un importante ruolo nelle scelte dei pazienti relativamente alla loro propensione ad utilizzare medicinali equivalenti”, ha detto Ignazio Grattagliano, Presidente SIMG Puglia

“Secondo i dati dell’Istituto Superiore di sanità (ISS) relativi al 2019, la spesa farmaceutica pro capite è stata in totale pari a 384,43 euro. I farmaci cardiovascolari rappresentano la classe a maggiore spesa e consumo. Tra i farmaci a maggior prescrizione, gli oncologici rappresentano il 15,9% della spesa del SSN, seguiti dagli antipertensivi e dagli immunosoppressori e immunomodulatori. In questo scenario i farmaci equivalenti rappresentano il 30,6% dei consumi ed il 20,3% della spesa. Si comprende pertanto che incrementare l’uso di un farmaco equivalente, che ha un costo inferiore del 20% rispetto al prodotto originario (brand), costituisce un notevole vantaggio sia per il SSN che per il cittadino. Infatti, il risparmio che ne deriva può essere investito in nuovi farmaci innovativi per patologie rare o croniche in un più ampio scenario di razionalizzazione della spesa che, a parità di qualità, sicurezza ed efficacia, consente di ampliare anche la platea di pazienti che possono accedere ai farmaci. Le società scientifiche devono implementare la formazione degli operatori sanitari all’uso del farmaco equivalente, soprattutto sottolineando la medesima efficacia e sicurezza del prodotto “generico” rispetto al prodotto “originale”, in modo da favorirne una maggiore diffusione e contribuire al contenimento ed alla razionalizzazione dei costi legati all’uso dei farmaci”, ha dichiarato Franco Mastroianni, Presidente Regionale FADOI Puglia

“Le proposte su cui lavorare sono quelle di continuare verso un’informazione corretta, che possa trasmettere una conoscenza, sia da un punto di vista scientifico ma soprattutto anche in termini di vantaggio economico e sostenibilità, una formazione adeguata e diffusa per medici e farmacisti, campagne istituzionali di sensibilizzazione. Infine, siamo arrivati al punto in cui potrebbe essere determinante una attuazione di politiche sanitarie e di welfare regionali che possano incentivare la prescrizione e la dispensazione di farmaci equivalenti, in modo tale da poter ridurre significativamente quella che è la compartecipazione dei cittadini in un momento storico dove il Paese soffre una crisi economica rilevante”, ha spiegato Alberto Giovanzana, Associate Director Government & Regional Affairs Teva Italia

Malattie rare: l’Abruzzo chiede un fondo ad hoc per i farmaci orfani per la cura delle malattie rare, una rete interregionale, percorsi chiari e definiti per i pazienti e la formazione dei medici di famiglia

Innovazione del SSN

Un fondo ad hoc per i farmaci orfani per la cura delle malattie rare, una rete interregionale, percorsi chiari e definiti per i pazienti e formazione del medico di medicina generale per una migliore presa in carico. È attorno a queste necessità che l’Abruzzo sta lavorando per affrontare il tema delle malattie rare, per garantire il miglior percorso di presa in carico e cura del paziente affetto da malattia rara.
Sul tema, affrontato durante il webinar organizzato da Motore Sanità dal titolo MALATTIE RARE. FOCUS ABRUZZO, c’è grande attenzione nelle regioni dell’Italia centrale.

Presso l’UOC della Pediatria di Pescara è presente un Centro di coordinamento regionale concepito al centro di un sistema che vuole essere “facilitatore” tra i medici specialisti dei presidi regionali, i pediatri e i medici di famiglia, i distretti delle Asl e le farmacie ospedaliere e le associazioni dei pazienti. Sempre qui è attivo lo sportello delle malattie rare. Per quanto riguarda il programma di screening neonatale viene svolto su tutti i neonati abruzzesi entro 48-72 ore dalla nascita per 42 malattie metaboliche. Nel Registro regionale malattie rare al 31 dicembre 2020 risultato 2.767 pazienti di cui 541 pediatrici.

<<Il problema grosso delle malattie rare è la diagnosi, quindi credo che sia fondamentale per noi clinici fare un progetto di diffusione di informazione e di condivisione delle informazioni. L’informazione, la cultura, la conoscenza e la condivisione delle informazioni sono l’unico modo per portare avanti una vittoria su queste patologie che sono sempre tante, rare ma molto complicate>> ha spiegato Prassede Salutari, Dipartimento Oncologico Ematologico UOC Ematologia Clinica ASL Pescara presso cui è stato preparato il Pdta per le microangiopatie trombotiche.

<<Le problematiche del paziente con ipertensione polmonare arrivano quando è stata fatta diagnosi di malattia rara. Si domanda “chi mi prende in carico? quanto costa il farmaco? Farmaco equivalente oppure no?” E gli ausili sono disponibili?”. Ogni regione fa da sé ma bisogna andare oltre al concetto di regionalismo quando si parla di malattie rare, perché queste malattie devono essere affrontate con un approccio di tipo nazionalistico>> ha spiegato Vittorio Vivenzio, Vicepresidente AMIP.

A fare diagnosi di malattia rara sono soprattutto gli specialisti, 8 casi su 10, mentre il medico di medicina generale ipotizza una malattia rara solamente nel 4,2% dei casi, nel caso dei pediatri è molti di più, il 17%. Anche quando la diagnosi viene effettuata da un centro di riferimento spesso capita che sia il paziente stesso che funge da raccordo con il proprio medico, che riporta i contenuti delle comunicazioni e pone domande su prognosi e prospettive terapeutiche ai quali i medici non sanno rispondere per una non adeguata formazione.

<<La diagnosi rappresenta ancora un problema per le malattie rare ed è su questo che bisogna lavorare attraverso l’informazione e la condivisione delle informazioni. Le aree da sviluppare ancora sono quella della raccolta epidemiologica, fondamentale per valutare gli interventi di sanità pubblica, e della correlazione delle reti di screening e di diagnosi>> ha concluso Paolo Salerno, Centro Nazionale Malattie Rare, Istituto Superiore di Sanità.

Come arginare le infezioni correlate all’assistenza? “Programmazione, risorse adeguate e personale dedicato”

9 luglio 2021 – Quando si parla di AMR, i programmi di prevenzione sono indispensabili per limitare il fenomeno, così come la ricerca di nuove terapie per arginare il fenomeno. Le tempistiche di realizzazione, approvazione, accesso e disponibilità per un nuovo antibiotico sono un percorso ad ostacoli e vi è la tendenza ad utilizzare i nuovi antibiotici soltanto dopo altre terapie impiegate da anni e di cui si conoscono gli effetti collaterali. Anche in tema di sostenibilità si potrebbero evitare i costi (diretti sanitari e indiretti) legati sia a ritardi di accesso alle nuove terapie che a scelte inappropriate di utilizzo. Per approfondire il tema, Motore Sanità, in collaborazione con Maris, ha coinvolto i massimi esperti in Regione Puglia nel Webinar “DAL “CUTTING EDGE” DELLA RICERCA IN ANTIBIOTICO TERAPIA AL BISOGNO DI NUOVI ANTIBIOTICI, DALLA VALUTAZIONE DEL VALORE AL PLACE IN THERAPY APPROPRIATO”, realizzato grazie al contributo incondizionato di MENARINI ed IT-MeD. 

“Secondo il recente rapporto nazionale sull’uso degli antibiotici in Italia, redatto dall’AIFA, l’Italia è purtroppo ai primi posti in Europa sia per la diffusione dell’antibiotico-resistenza sia per il consumo degli antibiotici. Inoltre, l’Italia detiene insieme alla Grecia, il primato per diffusione di germi resistenti. Una delle ragioni di tali problematiche è legato ad un uso non sempre appropriato degli antibiotici, sia in termini di dosaggi che di durata di terapia. Il tema dell’appropriatezza deve coinvolgere il personale sanitario, le strutture sanitarie e le società scientifiche al fine di implementare la formazione specifica in questo ambito. Anche durante la pandemia da SARS-CoV 2 si è assistito ad un enorme consumo di antibiotici, spesso totalmente ingiustificato, soprattutto in setting di cure domiciliari. La valorizzazione delle nuove molecole, oggi presenti sul mercato, dovrebbe prevedere un uso ragionato e non razionato, al fine di evitare la pratica diffusa dell’utilizzo dei nuovi antibiotici in seconda battuta e cioè solo dopo aver provato vecchie e consolidate molecole risultate inefficaci. La sostenibilità delle prescrizioni passa dunque per un uso appropriato e ragionato, integrando l’interesse primario del paziente che dovrebbe ricevere il miglior trattamento disponibile ed un attento monitoraggio delle prescrizioni, degli effetti collaterali e delle eventuali resistenze. Un focus particolare andrebbe rivolto alle classi di età più estreme; infatti, ha assunto antibiotici il 54,2% dei maschi e il 51,6% delle femmine nei primi quattro anni di vita e il 62,8% degli uomini e il 57% delle donne dei soggetti con più di 85 anni. Infine, si deve sottolineare che almeno il 30-40 % delle infezioni potrebbe essere evitato con l’implementazione delle misure di buona pratica clinica, di prevenzione e con la formazione continua e costante di tutte le figure coinvolte nelle cure nei vari setting assistenziali”, ha spiegato Franco Mastroianni, Presidente FADOI Puglia

“Si stima che solo nel 2018 circa 700.000 morti a livello mondiale potrebbero essere attribuite All’AMR e che questo numero possa salire a 10 milioni nei prossimi 35 anni. La situazione dell’AMR nelle regioni e negli ospedali italiani rappresenta una reale minaccia per la salute pubblica; infatti, gli enterobatteri resistenti ai carbapenemi e l’Acinetobacter baumannii hanno raggiunto livelli di iper-endemia e, insieme allo Stafilococco aureo resistente alla meticillina, fanno dell’Italia uno dei Paesi in Europa con il più alto tasso di resistenza agli antibiotici. Oramai, in Terapia Intensiva, sono tanti i pazienti che non muoiono a causa della patologia che li ha portati lì, ma per infezioni da germi resistenti agli antibiotici. E tale problema si è ulteriormente accentuato con il COVID-19, laddove molti pazienti hanno sviluppato tali tipi di infezione e sono morti non tanto per il COVID, ma con il COVID. Sulla base di queste osservazioni, gli esperti dell’ECDC (European Center for Diseases Prevention and Control) raccomandano una serie di azioni, partendo dal considerare l’AMR come una “rilevante minaccia per la salute pubblica del Paese”, che prevedono fra l’altro l’approvazione e implementazione di un Piano d’azione nazionale; stima dei costi e disponibilità, sia a livello nazionale che regionale, di budget appropriati; istituzione di un Team dedicato all’AMR all’interno del Ministero della Salute e nomina di specialisti AMR regionali; costruzione di un sistema di incentivi, miglioramento della raccolta centralizzata dei dati di sorveglianza, aumento del numero di professionisti ospedalieri specializzati nella prevenzione e controllo delle infezioni e delle risorse per la formazione; pubblicazione di linee guida nazionali sull’uso degli antibiotici, verifica dell’adeguatezza degli antibiotici erogati dalle farmacie, organizzazione di una campagna nazionale di sensibilizzazione sull’uso degli antibiotici”, ha dichiarato Nicola Brienza, Direttore Anestesia e Rianimazione 1 Policlinico di Bari

“Come Malattie Infettive Universitaria del Policlinico siamo attenti al tema che rappresenta una priorità nella nostra azione clinica e di  ricerca. L’Italia rappresenta la maglia nera in Europa per morti  imputabili ad Antibiotico resistenza e questo deve far riflettere su quanto deve essere prioritario per tutti un’azione coordinata, precisa, non incerta ed efficace su questo tema. All’interno della nostra UOC stiamo inoltre sviluppando percorsi formativi su antibiotico terapia affinché anche i giovani medici siano molto ben formati su questi temi e possano offrire sin da subito ai pazienti, che sono la nostra bussola, un livello di assistenza sanitaria di competenza, qualità ed efficacia”, ha detto Francesco Di Gennaro, Professore AOU Policlinico Consorziale di Bari