Malattie croniche: Teleconsulto, telemedicina e tele-monitoraggio, le best practice delle Regioni al tempo del Covid-19

Malattie croniche

23 novembre 2020 – La gestione delle malattie croniche si è rilevata in questo periodo di pandemia molto complessa, dal momento che per i pazienti è richiesta una forte integrazione tra lo specialista ed il medico di medicina generale e deve essere prevista anche la componente socio-assistenziale. Nel periodo pandemico, teleconsulto, gestione della terapia, telemedicina e tele-monitoraggio sono stati utilizzati non solo per il percorso sanitario del paziente cronico ma anche per il paziente COVID 19. Con l’obiettivo di confrontare le best practice messe in atto da Regione Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia per rispondere ai bisogni dei pazienti in periodo di pandemia COVID 19, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘VIVERE LA CRONICITÀ AL TEMPO DEL COVID: IL PERCORSO  DEL PAZIENTE’, realizzato grazie al contributo incondizionato di PFIZER. 

“La gestione dei percorsi diagnostici terapeutici dei pazienti affetti da patologie croniche autoimmuni è sempre difficile, lo è maggiormente in corso di emergenza sanitaria. L’accesso alle cure non risulta, in questo momento, essere garantito per tutti i pazienti sia per quel che riguarda la visita specialistica, la diagnostica ma anche e soprattutto la terapia. Molte Regioni hanno attivato la telemedicina come strumento utile nella gestione di questi pazienti e in molte Regioni si sono attivate modalità alternative nella distribuzione del farmaco, a volte con il supporto delle aziende farmaceutiche stesse. Le buone pratiche, attivate in questo periodo pandemico, possono andare a sistema, con l’obiettivo di facilitare la presa in carico dei nostri assistiti”, ha spiegato Gabriella Levato, MMG Milano

“Il paziente cronico, qualunque esso sia, in tempo di COVID è stato davvero abbandonato, con una fortissima ripercussione sulla sua qualità di vita. Mi riferisco sia alla questione della continuità assistenziale, ma anche alla questione dei lavoratori fragili, ma non dimentichiamoci dei caregiver (genitori di bambini affetti da patologie croniche), nessuno ha pensato nei mesi in cui il COVID era quasi assente di programmare un piano che potesse tutelarci. È evidente che se nella prima era COVID avevamo la speranza dell’arrivo dell’estate e che si potesse improntare un piano di gestione per la cronicità nel breve tempo, invece no rieccoci con le chiusure ambulatoriali, i lavoratori fragili allo sbando e i caregiver che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro per tutelare e prendersi carico dei propri figli. La telemedicina che ANMAR propone e che vede alcune realtà a cui è stata proposta (SMART SHARE) è una telemedicina improntata sull’interoperabilità tra le piattaforme già esistenti nelle regioni, questo perché? Perché l’interoperabilità funge da unione tra specialisti-MMG-sistema sanitario e paziente per davvero prendersi carico di chi vive con una cronicità senza abbandonarlo. Contatto tra MMG e specialista è fondamentale, soprattutto ora che l’unico interlocutore è il MMG perché i nostri reumatologi sono costretti in reparti COVID ad occuparsi dell’emergenza che sembra non finire mai”, ha detto Silvia Tonolo, Presidente ANMAR Onlus Associazione Nazionale Malati Reumatici

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Malattie croniche: “Riorganizzare l’assistenza regionale, contenendo e razionalizzando la spesa sanitaria”

Malattie croniche

Firenze 8 ottobre 2020 – Fibrillazione atriale, BPCO e diabete, tra le malattie croniche a maggior diffusione, costano 700 miliardi di euro l’anno in Europa e in Italia affliggono 24 milioni di persone. Con lo scopo di rendere omogeneo l’accesso alle cure da parte dei cittadini, garantendo gli stessi livelli essenziali di assistenza, armonizzando a livello nazionale tutte le attività, compatibilmente con la disponibilità delle risorse economiche, umane e strutturali, arriva in Toscana il ‘ROADSHOW CRONICITÀ: GLI SCENARI POST COVID-19’, serie di appuntamenti regionali, realizzati da MOTORE SANITÀ, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim, che vedono il coinvolgimento dei massimi esperti del modo sanitario regionale, insieme ad istituzioni e associazioni di pazienti.

Parallelamente al verificare lo stato di attuazione del Piano Nazionale Cronicità da parte del Ministero della Salute, che ha attivato un monitoraggio per mappare il livello di stratificazione della popolazione, di integrazione tra assistenza ospedaliera e territoriale, di adozione e attuazione dei percorsi diagnostico-terapeutici, l’innovazione organizzativa dovrebbe essere responsabilità di ogni Regione e dovrebbe essere realizzata attraverso condivisi e monitorati PDTA

 Nella maggior parte dei pazienti, la BPCO si associa a importanti malattie croniche concomitanti, che ne aumentano la morbidità e mortalità. In tutto il mondo, il fattore di rischio più comune per la BPCO è il fumo di tabacco. Anche i non fumatori possono sviluppare la BPCO. La BPCO è il risultato di una complessa interazione di esposizione cumulativa a lungo termine a gas nocivi e particelle, combinata con una varietà di fattori dell’ospite tra cui il profilo genetico, l’iperreattività delle vie aeree ed il minor sviluppo del polmone durante l’infanzia. Di recente assume particolare importanza in quanto è un fattore di rischio per una prognosi peggiore dell’infezione da COVID-19: infezione alla quale infatti sono particolarmente esposti i pazienti affetti da BPCO”, ha spiegato Walter Castellani, Responsabile Dipartimento Fisiopatologia Respiratoria Ospedale Piero Pelagi Firenze

  La gestione delle malattie croniche durante l’epidemia coronavirus è sicuramente più problematica se si rimane legati ai vecchi schemi. Se invece si comincia a pensare in maniera diversa, in modo sistemico con una rete in cui ogni nodo è attivo, la sfida si può essere affrontata. Non si deve pensare più a territorio ed ospedale in maniera separata ma con ponti strutturati permanenti che possono dare sostanza al concetto dell’ “ospedale senza muri”. Un esempio è il trattamento della fibrillazione atriale cronica. Il MMG, una volta individuato il paziente, deve essere in grado di inviarlo in maniera” just in time” ad un centro cardiologico che imposta la terapia anticoagulante con i DOAC e che poi lo riaffida al MMG per il follow up. Quello che conta è trovare dei metodi semplici ed efficaci per la comunicazione come la telemedicina e il teleconsulto”, ha raccontato Giancarlo Landini, Direttore Dipartimento Medico e Specialistiche Mediche Azienda USL Toscana Centro

 Il diabete sta diventando sempre più frequente: ormai, colpisce oltre il 7% delle persone in Toscana, con una tendenza ulteriore all’aumento. Le nostre capacità di curare efficacemente il diabete, riducendo l’impatto sulla qualità della vita e il rischio di complicanze, è molto migliorato nel corso degli ultimi anni, grazie ad una tumultuosa innovazione, sia nel settore dei farmaci che in quello delle tecnologie. Questa stessa innovazione, però, genera potenziali problemi: da un lato, l’innovazione può provocare un aumento di spesa che, nei grandi numeri, può diventare insostenibile. D’altro canto, la rapidità dell’innovazione rende più complessa la gestione della patologia, costringendo i clinici ad un processo di aggiornamento che talora supera le possibilità dei non specialisti. Questo quadro generale deve indurci a riprogettare in maniera estesa, i percorsi assistenziali, le modalità di acquisizione e distribuzione dei farmaci e dei dispositivi e i processi di formazione e aggiornamento del personale sanitario. I percorsi assistenziali devono essere disegnati con il coinvolgimento, in tutte le fasi della malattia, di medici di medicina generale, diabetologi e altri operatori sanitari, modulando le prestazioni sulle esigenze del singolo paziente. I farmaci e i dispositivi devono essere gestiti in maniera tale da contenere più possibile i costi di acquisto e di distribuzione, garantendo al tempo stesso che le persone con il diabete possano avvalersi, ove appropriato, anche delle tecnologie più innovative. Infine, la formazione e l’aggiornamento dei medici e degli operatori sanitari devono essere ridisegnate, nel quadro di una più fattiva collaborazione tra le Università e le varie componenti del Servizio Sanitario regionale, con investimenti adeguati”, ha detto Edoardo Mannucci, Direttore Diabetologia AOU Careggi Firenze

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Autostrada Diabete: “Dall’innovazione tecnologica, necessari nuovi modelli di assistenza”

Diabete

Roma, 11 settembre 2020 – In tema di gestione della cronicità, il Diabete rappresenta sicuramente un caso paradigmatico in cui, si rende necessario ammodernare il sistema assistenziale, migliorando l’efficienza dei percorsi di collegamento ospedale/territorio, rivedendo e monitorando la corretta aderenza alle cure indicate.

Questo il tema del webinar nazionale organizzato da Motore Sanità a conclusione di un percorso di 7 incontri a livello regionale realizzati con il contributo incondizionato di Lilly e Omnidermal e che ha visto la partecipazione di istituzioni, clinici e associazioni di pazienti provenienti da tutta Italia, così da poter stilare un documento che raccolga i punti salienti dell’intero Progetto.

Secondo i dati EFPIA solamente le complicanze dovute alla scarsa aderenza alla terapia rappresentano un costo pari al 14% del totale della spesa sanitaria dei Governi Europei, circa 125 miliardi di euro all’anno. Il rapporto dell’Osservatorio dei medicinali, in Italia, evidenzia una percentuale di aderenza per i farmaci antidiabetici del 63% (OSMed 2015) e questo comporta: il raddoppio nel numero di ricoveri ospedalieri e dei costi del trattamento per il SSN, un aumento ogni anno di circa 6 giorni di assenza dal lavoro ed infine un aumento del 30% della mortalità per tutte le cause (dati SID).

Tra i fattori che impattano sull’aderenza terapeutica, un ruolo importante potrebbero avere le differenze regionali nella efficienza dei servizi di presa in carico delle persone con diabete e nell’accesso all’innovazione. In questi ultimi 10 anni, infatti, le numerose innovazioni su farmaci ed apparecchiature, hanno fornito strumenti in grado di cambiare l’evoluzione della malattia, restituendo alle persone con diabete una qualità di vita decisamente superiore. Ma tutto ciò potrà arrivare a tutte le persone con diabete solamente se l’innovazione avrà un accesso uniforme ed una collocazione appropriata e sostenibile.

“La pandemia di Covid -19 ha messo alle corde il nostro SSN, evidenziando soprattutto le carenze e la disomogeneità di un sistema di cure integrate ospedale-territorio, indispensabile per la cura delle patologie Croniche, come appunto il diabete. In Italia sono quasi 4 milioni i pazienti affetti da diabete, una patologia endocrina complessa, che richiede un costante e continuo monitoraggio dei pazienti, e che richiede costanti aggiustamenti della terapia farmacologica.

La situazione creata dalla pandemia ha accelerato di necessità alcune modalità di digitalizzazione della medicina, che hanno permesso ai medici, purtroppo solo in alcune situazioni e non per tutti i pazienti, di seguirli nel loro percorso terapeutico senza esporli al contagio del Covid. Ora, fuori spero per sempre da questa emergenza, penso sia venuto il momento di mettere a sistema, in tutte le regioni, PDTA integrati che sfruttino queste procedure telematiche, valutando certamente i costi, ma soprattutto i vantaggi che le nuove tecnologie possono rappresentare per i pazienti e per il SSN”, ha detto Rossana Boldi, Vicepresidente XII Commissione (Affari Sociali) Camera dei deputati

“125 mila ogni anno in Italia muoiono a causa o anche a causa del diabete. Le vite potrebbero essere allungate con una misura molto semplice. Coinvolgere sempre il team diabetologico nella cura visto che avere almeno una visita al centro ogni anno riduce la mortalità del 20%. Per ottenere questo serve un investimento sulle cure specialistiche della malattia mettendo la cura del diabete fra le priorità del SSN”, ha dichiarato Enzo Bonora, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Verona – Direttore, UOC Endocrinologia, Diabetologia, Malattie del Metabolismo, AOUI Verona

Le malattie croniche non trasmissibili (Malattie Cardiovascolari, Malattie Neurodegenerative, Neoplasie, Broncopatie Croniche Ostruttive e, ovviamente, Diabete Mellito) erano ritenute fino a pochi mesi fa la principale minaccia alla “tenuta” delle strutture sanitarie dei paesi sviluppati. Ora una malattia acuta ed altamente trasmissibile ha messo in ginocchio non solo le strutture sanitarie, ma l’intera macro-struttura economica dei nostri paesi toccando anche direttamente la vita di tutta la popolazione.

Ma lo tsunami della pandemia non solo non ha, ovviamente, cancellato le ingenti problematiche delle malattie croniche, ma le ha pesantemente aggravate. Se prendiamo specificamente l’esempio della malattia diabetica, già in epoca pre-pandemia la crescente prevalenza della malattia aveva messo a nudo la impellente esigenza di “inventare” e sperimentare nuove forme di presa in   carico e   di   assistenza.

Questa   esigenza   è   divenuta   ora   necessità imprescindibile e ad essa ci stiamo faticosamente ma rapidamente adeguando. È ora quindi di rompere gli indugi ed abbattere completamente le barriere tra la medicina generale e la medicina specialistica, realizzando nei fatti e nella pratica (e non solo nelle parole), attraverso la piena ed intelligente utilizzazione di tutti i mezzi tecnologici ed informatici disponibili, quella Gestione Integrata che è l’unica risposta possibile alle necessità contingenti. Tra i pilastri di questa Gestione Integrata va annoverato anche un sapiente uso della telemedicina, “ritagliato” sulle necessità e sulle attitudini della persona con diabete.

Con il virus stiamo imparando a convivere, e forse, purtroppo, dovremo convivere per diverso tempo. È imperativo ridurre gli spostamenti ed aumentare le distanze: ma facendo viaggiare i dati e non i pazienti stiamo riuscendo a restare ‘vicini’ (come impone la cura di una malattia come il diabete) senza sacrificare la sicurezza”, ha spiegato Agostino Consoli, Professore Ordinario Endocrinologia Dipartimento di Medicina e Scienze dell’Invecchiamento Università Chieti-Pescara

“È necessaria una piena ripartenza dell’assistenza sanitaria per le persone che vivono con cronicità, anche se la diabetologia non ha di fatto interrotto la continuità assistenziale, ma è riuscita, con risposte diverse nel territorio nazionale, a garantire una presenza e quindi un flusso di assistenza che è continuato, seppur rallentato. In questi mesi c’è stato un forte ricorso della telemedicina e quindi all’uso di teleconsulti. Questa sarà un’opzione che dovremo continuare a utilizzare ed implementare, ma non può essere l’unica opzione, perché ci siamo accorti come questo tipo di assistenza ponga delle difficoltà e abbia dei limiti, come il rischio dell’inerzia terapeutica. Non dimentichiamoci che la telemedicina è parte di un percorso ben più ampio che deve prevedere la ripresa delle visite erogate anche in presenza. Importante per il percorso di cura del diabete sono poi i nuovi farmaci. Si tratta di farmaci che hanno mostrato sicurezza, ma anche la capacità di cambiare la storia del diabete di tipo 2. Sono farmaci che fino ad oggi sono stati prescritti con piani terapeutici che solo lo specialista poteva erogare e questo è un tema che deve essere velocemente affrontato. Non possiamo chiedere a pazienti fragili di frequentare i luoghi di cura, ove il rischio di contagio è elevato, solo per atti amministrativi quali il rinnovo o rilascio del piano terapeutico”, ha spiegato Paolo Di Bartolo, Presidente AMD