Telemedicine R-evolution: ‘Stop alla tecnologia per pochi eletti, necessario garantire assistenza a tutti i pazienti a livello nazionale’

Telemedicine R-evolution

24 novembre 2020 – In Italia, in epoca Covid, è emerso il grave ritardo nella riforma dei servizi territoriali mostrandola necessità indifferibile di spostare il fulcro dell’assistenza dei malati cronici dall’ospedale al territorio, necessità che si acuisce in alcune Regioni rispetto ad altre. È arrivato il momento di vedere la telemedicina come investimento per il Sistema Sanitario e non un costo e del suo potenziale impatto sulla società e sulla salute. Per fare in modo che l’adozione della telemedicina nella presa in carico del paziente cronico, e nello specifico della persona con diabete, non sia più appannaggio di pochi eletti, ma una realtà concreta per tutti i pazienti che ne possono trarre beneficio, è nato il progetto Telemedicine R-evolution, avviato lo scorso luglio, voluto da Roche Diabetes Care e realizzato in collaborazione con Mondosanità, di cui si è fatto il punto nel Webinar ‘TELEMEDICINE R-EVOLUTION – TELEMEDICINA E GESTIONE DEL PAZIENTE CRONICO NELL’ERA COVID-19: COME È EVOLUTA LA SITUAZIONE IN QUESTI 6 MESI E COSA CI ATTENDE’.

“Il Servizio Sanitario Nazionale dall’inizio dell’emergenza sanitaria da COVID-19 ha cercato di mettere in atto strategie nuove per riuscire a contenere non solo i danni derivati direttamente dal nuovo coronavirus. Il SSN è chiamato anche al massimo impegno per evitare il più possibile che le misure contenimento del contagio, limitando l’accesso di persona ad alcune prestazioni sanitarie, abbiamo effetti negativi sulla tempestività della diagnosi e sull’andamento della terapia di malattie croniche, oncologiche, malattie rare e disabilità. Sappiamo che i ritardi di erogazione delle necessarie attività sanitarie sono in grado potenzialmente di causare  gravi conseguenze sulla salute delle persone. Quindi, Il Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali  dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato due Rapporti ISS COVID-19 sulla Telemedicina, di cui uno iniziale con indicazioni per rendere rapidamente operativi servizi domiciliari in Telemedicina per l’assistenza primaria ( https://tinyurl.com/yb62nocz  ) e uno più recente dedicato alle modalità per ottimizzare l’uso della Telemedicina in Pediatria (Telepediatria https://tinyurl.com/y6ef8qwj ). Altri Rapporti ISS COVID-19 dello stesso Centro Nazionale sono in fase di elaborazione. In questa serie di pubblicazioni viene posta  particolare attenzione alle concrete possibilità assistenziali disponibili in Telemedicina, mostrando quanto sia fondamentale utilizzarle correttamente per garantire il più possibile la continuità di cura nel periodo di emergenza, ma anche successivamente. Le prestazioni e i servizi in Telemedicina non possono però essere improvvisati e vanno forniti prioritariamente attraverso quelle tecnologie digitali e  di telecomunicazione computer assistite che siano in grado di offrire le migliori opportunità operative rispetto all’uso delle tecnologie precedenti. Inoltre, affinché i sistemi di Telemedicina funzionino nella pratica quotidiana è fondamentale realizzarli sulla base delle reali necessità individuali dei pazienti e sulle caratteristiche dell’area geografica interessata. Occorre utilizzare in modo coerente su tutto il territorio nazionale modelli e pratiche scientificamente validati, in modo coordinato”, ha dichiarato Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità.

Come è stato evidenziato dal periodo di pandemia da Coronavirus, la stretta collaborazione tra Pubblico e Privato è fondamentale per costruire un Servizio Sanitario Nazionale che sia orientato a garantire universalismo, uguaglianza  ed equità per almeno altri 40 anni, in cui la telemedicina rappresenta uno strumento per innovare in medicina e garantire qualità di assistenza a tutti i cittadini.

“I pazienti fragili e i malati cronici come le persone con diabete e rispettivi caregivers, convivono quotidianamente con una  condizione estremamente complessa, sono milioni le persone in Italia che oggi sono fortemente a rischio e chiedono di essere aiutate, anche nella gestione in sicurezza e a distanza, laddove possibile. Per questo abbiamo deciso da una parte di avviare questa attività di sensibilizzazione e dall’altra di investire in innovazione digitale e nello sviluppo di servizi e soluzioni che possano migliorare la qualità di cura, nonché allungare le aspettative di vita dei pazienti.” ha spiegato Rodrigo Diaz de Vivar, Amministratore Delegato di Roche Diabetes Care Italy S.p.A.

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Malattie croniche: Teleconsulto, telemedicina e tele-monitoraggio, le best practice delle Regioni al tempo del Covid-19

Malattie croniche

23 novembre 2020 – La gestione delle malattie croniche si è rilevata in questo periodo di pandemia molto complessa, dal momento che per i pazienti è richiesta una forte integrazione tra lo specialista ed il medico di medicina generale e deve essere prevista anche la componente socio-assistenziale. Nel periodo pandemico, teleconsulto, gestione della terapia, telemedicina e tele-monitoraggio sono stati utilizzati non solo per il percorso sanitario del paziente cronico ma anche per il paziente COVID 19. Con l’obiettivo di confrontare le best practice messe in atto da Regione Lombardia, Veneto e Friuli Venezia Giulia per rispondere ai bisogni dei pazienti in periodo di pandemia COVID 19, Motore Sanità ha organizzato il webinar ‘VIVERE LA CRONICITÀ AL TEMPO DEL COVID: IL PERCORSO  DEL PAZIENTE’, realizzato grazie al contributo incondizionato di PFIZER. 

“La gestione dei percorsi diagnostici terapeutici dei pazienti affetti da patologie croniche autoimmuni è sempre difficile, lo è maggiormente in corso di emergenza sanitaria. L’accesso alle cure non risulta, in questo momento, essere garantito per tutti i pazienti sia per quel che riguarda la visita specialistica, la diagnostica ma anche e soprattutto la terapia. Molte Regioni hanno attivato la telemedicina come strumento utile nella gestione di questi pazienti e in molte Regioni si sono attivate modalità alternative nella distribuzione del farmaco, a volte con il supporto delle aziende farmaceutiche stesse. Le buone pratiche, attivate in questo periodo pandemico, possono andare a sistema, con l’obiettivo di facilitare la presa in carico dei nostri assistiti”, ha spiegato Gabriella Levato, MMG Milano

“Il paziente cronico, qualunque esso sia, in tempo di COVID è stato davvero abbandonato, con una fortissima ripercussione sulla sua qualità di vita. Mi riferisco sia alla questione della continuità assistenziale, ma anche alla questione dei lavoratori fragili, ma non dimentichiamoci dei caregiver (genitori di bambini affetti da patologie croniche), nessuno ha pensato nei mesi in cui il COVID era quasi assente di programmare un piano che potesse tutelarci. È evidente che se nella prima era COVID avevamo la speranza dell’arrivo dell’estate e che si potesse improntare un piano di gestione per la cronicità nel breve tempo, invece no rieccoci con le chiusure ambulatoriali, i lavoratori fragili allo sbando e i caregiver che rischiano di perdere il proprio posto di lavoro per tutelare e prendersi carico dei propri figli. La telemedicina che ANMAR propone e che vede alcune realtà a cui è stata proposta (SMART SHARE) è una telemedicina improntata sull’interoperabilità tra le piattaforme già esistenti nelle regioni, questo perché? Perché l’interoperabilità funge da unione tra specialisti-MMG-sistema sanitario e paziente per davvero prendersi carico di chi vive con una cronicità senza abbandonarlo. Contatto tra MMG e specialista è fondamentale, soprattutto ora che l’unico interlocutore è il MMG perché i nostri reumatologi sono costretti in reparti COVID ad occuparsi dell’emergenza che sembra non finire mai”, ha detto Silvia Tonolo, Presidente ANMAR Onlus Associazione Nazionale Malati Reumatici

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MIGLIORA LA SITUAZIONE COVID IN ITALIA MA LA MORTALITA’ RESTA ALTA

MIGLIORA LA SITUAZIONE COVID

Dopo l’ultimo DPCM varato dal Governo Conte che ha suddiviso le restrizioni delle Regioni in base a dei “colori” iniziano a calare il numero di ricoveri, anche in terapia intensiva e il numero di morti. Anche il tasso di contagiosità, il famigerato indice RT, indica una diminuzione ma l’allerta resta massima.

Infatti secondo gli ultimi bollettini diramati dalla protezione civile nelle ultime 24 ore i nuovi casi sono stati 36176, il giorno prima erano stati 34283) ma con quasi 16mila tamponi in più rispetto al giorno precedente.

La percentuale dei positivi al test quindi cala dal 14,6 al 14,4. Nonostante questi questi dati incoraggianti l’Italia resta ancora maglia nera per quanto riguarda la mortalità. Infatti secondo la classifica redatta dalla Johns Hopkins University di Baltimore il nostro paese è medaglia di bronzo per il più alto tasso di letalità per Covid. Infatti in Italia l’indice è del 3,8%, superato nel mondo solo dal Messico (9.8%) e Iran (5%).

Una netta differenza con i principali europei con la Spagna che registra una mortalità del 2,2%, la Francia del 2% e la Germania dell’1.6%.

Gli esperti ancora non sono riusciti a capire la motivazione di questa netta differenza che è attribuibile probabilmente ad una lunga serie di fattori, ma sono sicuramente dei dati che devono far riflettere i decisori e gli specialisti su come si sta affrontando oggi il Covid in Italia.

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IL VACCINO ANTI COVID UNA POSSIBILE ARMA CONTRO PANDEMIE FUTURE

IL VACCINO ANTI COVID

L’attuale pandemia da Covid non è stata la prima e non sarà l’ultima delle pandemie globali del pianeta, ma grazie ai vaccini che stanno venendo sviluppati potremmo disporre di un’arma in più nel futuro in caso la SARS-CoV-2 mutasse.

Questa possibilità è stata evidenziata nel corso dai test sui vaccini in stadio più avanzato perché se confermato il successo delle sperimentazioni di Pfizer-BioNTech e Moderna (più tutte le altre a seguire) implica che, potenzialmente, disporremo di una nuova potente arma contro future pandemie.

Questo è possibile grazie al meccanismo alla base del funzionamento di questi vaccini che a differenza dei vaccini del passato si basa su una rivoluzionaria tecnologia ad RNA messaggero.

Questa nuova classe di vaccini infatti sono composti di una sequenza di mRNA in grado di codificare una proteina specifica (antigene).

Grazie a questo sistema è possibile per gli esperti inserire una sequenza genetica di un antigene agente-specifico nel copro umano attraverso un veicolo, ruolo che può essere svolto da goccioline lipidiche o vettori di tipo adenovirus umani o animale.

Quindi è possibile creare in poco tempo dei vaccini in grado di produrre l’antigene necessario per combattere la malattia.

Prima però di ipotizzare cure per ipotetici nuovi saltai all’uomo o possibili mutazioni dovute al tempo è necessario prima che questi vaccini vengano approvati e quindi considerati affidabili nella lotta al SARS-CoV-2.

Non dovrebbe volerci però ancora molto tempo visto che il vaccino in sviluppo da Pfizer e BioNTech ha già completato i test di fase 3 su 43500 volontario, con un risultato di efficacia al 95% nel prevenire la comparsa dei sintomi e della malattia, risultato confermato anche nelle fasce di popolazione più anziane.

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LA CURVA DEI CONTAGI CALA, MA NEI REPARTI LA SITUAZIONE RESTA CRITICA

LA CURVA DEI CONTAGI CALA

Con la curva dei contagi in calo e l’indice RT che indica negli ultimi giorni un lieve miglioramento i più ottimisti pensano alle vicine feste natalizie e a delle possibili aperture.

La verità nelle corsie degli ospedali però non è così rassicurante. Infatti con i posti letto vicini all’esaurimento a lanciare l’allarma sono i medici ospedalieri che sottolineano una emergenza per  quanto riguarda i posti letto nei reparti ospedalieri internistici.

Confrontando infatti tra quelli disponibili nel 2018 e quelli attivati nel 2020 emerge un quadro drammatico.

Anaao-Assomed ha deciso di raccogliere e pubblicare i dati sulla saturazione di questi posti letto, mostrando una situazione di collasso in gran parte delle regioni italiane: Il Piemonte è saturo al 191% della sua capacità, la Valle d’Aosta invece al 229%, la Lombardia al 129%, la Liguria al 118%, il Lazio al 91%, la Campania all’87%, nella Provincia autonoma Bolzano il 129%,, nella Provincia autonoma di Trento l’82%, in Abruzzo il 77%, in Sicilia il 73%, in Puglia il 71%, in Emilia Romagna il 66%, in Toscana il 66%, in Veneto il 64%, in Umbria il 60%, in Calabria il 54%, in Basilicata il 52%, nelle Marche il 49% e in Sardegna il 44%.

In tutto le Regioni in allarme sono 19, ma ben presto la situazione potrebbe peggiorare anche per le altre. Gli ospedali di gran parte d’Italia sono prossimi al collasso a causa della carenza di personale sanitario e del gran numero di pazienti Covid.

A soffrire maggiormente per la carenza dei posti letto sono i reparti internistici, ovvero Pneumologia, Medicina interna e Malattie infettive. E non è tutto, perché Anaao-Assomed, il più grande sindacato dei medici ospedalieri, anche rileva differenze sostanziali di efficienza del servizio sanitario tra le diverse regioni.

Una parte aveva già, nel 2018, una carente disponibilità di posti letto internistici, in rapporto alla popolazione. E la pandemia non può che aver acuito le gravi carenze del passato.

Alcune regioni, nonostante i posti letto falcidiati da piani di rientro per i deficit di bilancio sono state capaci di aumentare la loro potenza di risposta alla pandemia, a discapito probabilmente delle attività di altre branche specialistiche, che si sono viste depauperare i letti e hanno dovuto dunque fermare tutte le attività programmate, con gravi ripercussioni sulla salute pubblica.

Una situazione disastrosa che può portare gravissimi ritardi nella diagnosi e nella cura di tutte le malattie no-covid causando così una mortalità anche più alta della pandemia stessa.

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COVID: VANNOZZI, GIÀ UN ANNO FA +30% POLMONITI ANOMALE

COVID VANNOZZI

Dichiarazione di David Vannozzi sul Covid al webinar Motore Sanità

”Se solo fosse stato possibile incrociare i dati a disposizione delle Regioni, probabilmente già nei mesi di settembre/ottobre 2019  avremmo potuto rilevare un incremento del 30% di polmoniti “anomale”. Questo significava far partire con cinque mesi di anticipo il contrasto al Covid e trovarci oggi in una situazione probabilmente diversa e migliore”: lo ha detto David Vannozzi, direttore generale di Cineca, nel suo intervento al webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19” organizzato da Motore Sanità, con riferimento al ruolo e ai compiti che il consorzio Cineca è in grado di svolgere con il supercomputer europeo.

  “Con il progetto Exscalate4Covid abbiamo la concreta opportunità dimettere a fattore comune la conoscenza sviluppata nel mondo nell’opera di contrasto alla pandemia. Questa modalità cerchiamo di portarla su altri aspetti. Quanto dicevo sui dati a disposizione delle singole Regioni ma da nessuno mai incrociati è un esempio di quello che Cineca può fare, non solo contro il Covid-19. Ci sono dati di natura sanitaria o riguardanti i comportamenti dei cittadini, le loro abitudini sanitarie in fatto di medicina preventiva che sono stati resi inaccessibili, fino all’esplosione della pandemia. Oggi che quei dati, in forma chiaramente anonimizzata, sono disponibili possiamo ricavare informazioni utilissime su prevenzione e previsioni e cura della malattia. La sfida, come si può ben capire, è di natura tecnologico-giuridica. Al ministero della Salutec vengono trattate circa 25 milioni di cartelle cliniche, ogni cittadino genera circa 10 trattamenti terapeutici nel corso dell’anno, il che significa disporre di 250 milioni di dati, moltiplicati per cinque anni fanno 1 miliardo 250 milioni.

Come trattarli per ricavarne un quadro esauriente in termini di spesa e di trattamento ottimale delle patologie, di prevenzione e di profilassi?

A queste domande Cineca è in grado di dare le risposte grazie al supercomputer. Per dire: nel giro di un mese siamo riusciti, grazie al super-calcolo, a individuare 59 molecole potenzialmente in grado di contrastare il virus.

SISTEMA DI CURE AL TEMPO DEL COVID E NEL FUTURO, IL PUNTO DEL’ISS

SISTEMA DI CURE

Bertinato, ISS “L’assistenza territoriale deve guardare ai migliori modelli integrati sulle cure assistite  anche con l’ausilio della teleassistenza”.

Durante il webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19”, organizzato da Motore Sanità il 20 Novembre, è intervenuto Luigi Bertinato, Segreteria Scientifica della Presidenza, Istituto Superiore di Sanità (ISS) facendo il punto sulla situazione attuale del sistema delle cure territoriali per il covid-19 e su come dovrà trasformarsi la sanità italiana dopo l’attuale pandemia.

“Le cure territoriali – afferma Bertinato – cambieranno certamente i loro modelli, alla fine della pandemia. Si dovrà tener conto del dibattito in corso sullo smart hospital e sul virtual hospital, ospedali cioè già in grado di fornire servizi da remoto a migliaia di pazienti in ospedali partner o a domicilio del paziente. Queste strutture sono prive di posti letto e pazienti ricoverati, ma sono in grado di fornire assistenza sanitaria h24, 7 giorni su 7. Però per riuscire a trasformare gli ospedali in smart-hospital sarà necessario anche un cambiamento radicale nel sistema di cure territoriali “Non sarà possibile – sottolinea l’esperto dell’ISS – attuare queste nuove forme di ospedale sugli attuali modelli di sanità territoriali italiani, stante il fatto che le dimissioni precoci o l’alternativa ai ricoveri impatteranno in misura importante sull’assistenza al di fuori dell’ospedale, sia quella domiciliare che nelle strutture sanitarie e socio-sanitarie cosiddette intermedie e nelle RSA. Il cambiamento atteso non riguarderà solo i luoghi di cura ma anche la casa del paziente grazie al grande sviluppo della domotica”.

Ritornando alla situazione attuale, le RSA sono ancora un punto centrale del sistema territoriale che andrebbe rinforzato in particolare nella cultura del controllo delle infezioni. “L’ISS – sottolinea Bertinato – ha monitorato a fondo le RSA nella prima ondata dell’epidemia, evidenziandone delle criticità informative, a cui sono seguiti numerosi webinar di formazione per il personale sanitario e per gli OSS, a cui sono stati trasmessi appositi rapporti tecnici comprensivi di checklist per l’assistenza agli ospiti in sicurezza e video-tutorial”. L’ISS ha curato la pubblicazione di ulteriori rapporti tecnici, per il personale socio-sanitario, di aggiornamento epidemiologico e preventivo nel contesto della sorveglianza dell’epidemia di Covid-19.

Quali gli strumenti necessari per il sistema di cure territoriali?

“Le USCA si sono dimostrate – spiega Bertinato – uno strumento fondamentale per la presa in carico dei pazienti Covid. Un altro strumento fondamentale è il tele-monitoraggio, infatti le strutture sanitarie che avevano accesso al tele-monitoraggio hanno reagito meglio alla presa in carico dei loro pazienti”

Il territorio in soccorso della salute mentale degli italiani

“La pandemia ed il lockdown – aggiunge l’esperto – hanno influito negativamente sulla salute mentale degli italiani, aggravando non solo chi già viveva situazioni di fragilità ma ha influito negativamente anche a chi non soffriva di problematiche del genere. Il territorio sta svolgendo un ruolo fondamentale attraverso l’istituzione di linee telefoniche dedicate che a distanza riescono a dare conforto e supporto ai pazienti e ai cittadini fragili”

Quali le prospettive future per il territorio post-Covid?

“L’intero sistema di prevenzione e promozione della salute del territorio – conclude Bertinato – dovrà sostenere e controllare l’implementazione delle misure di prevenzione nei luoghi di lavoro, nelle scuole, nei trasporti e negli altri luoghi pubblici. Sarà però necessario un coordinamento fra il livello centrale e i livelli regionali, e il corretto scambio dei dati, coinvolgendo tutti gli attori del sistema, compresi i Medici di Medicina Generale e i Pediatri di Libera Scelta e le comunità locali per individuare le loro esigenze e potenzialità nell’ambito di un nuovo paradigma di presa in carico ospedale-territorio sia reale che virtuale”.

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GALLERA: “IL 90% DEI PAZIENTI TRATTATI IN MANIERA DOMICILIARE, IL TEMA DELLE CURE TERRITORIALI È QUINDI CENTRALE NELLA LOTTA ALLA PANDEMIA”

Gallera

La seconda ondata di COVID-19 ha messo sotto fortissima pressione le terapie intensive e sub-intensive di tutta Italia. Le cure dei pazienti positivi però si svolge in gran parte sul territorio, per fare chiarezza sulla situazione attuale dal punto di vista territoriale Motore Sanità ha organizzato il webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19”. Durante il panel in cui esperti clinici e della governance si sono confrontati sui punti di forza e di debolezza dei SSR è intervenuto Giulio Gallera, Assessore Welfare Regione Lombardia che ha fatto il punto della situazione nella sua Regione, una delle aree più colpite dalla pandemia.

“Questa seconda ondata ha colpito l’intera nazione – dichiara Gallera – diffondendosi in maniera omogenea su tutto il territorio”. “In Lombardia memori delle azioni intraprese durante la prima ondata – prosegue l’Assessore – abbiamo applicato delle ordinanze precedendo anche il governo nazionale riuscendo a ridurre la diffusione del contagio. Oggi, grazie alle azioni intraprese notiamo che l’RT è sceso intorno ad 1, questo evidentemente non comporta ancora una riduzione della pressione sugli ospedali e sulle terapie intensive. Il Covid – sottolinea Gallera – ha messo in luce la debolezza su alcune scelte politiche che nel tempo hanno valutato la sanità come un costo incidendo soprattutto sulla medicina territoriale”.

Una sanità territoriale che si sta dimostrando co-protagonista nel trattamento dei pazienti con Covid. “Il 90% dei pazienti viene gestito in maniera domiciliare – afferma Gallera – quindi il tema dell’assistenza sul territorio è centrale. Negli anni non ci sono stati investimenti atti a valorizzare la figura dell’MMG, anche i corsi di formazione messi a disposizione hanno raggiunto un numero ridotto di medici rispetto a quanto necessario”.

Secondo l’assessore quindi la soluzione al Covid non si può trovare soltanto aumentando i posti letto ma “La soluzione – spiega Gallera – si può trovare anche supportando gli MMG e dotandoli degli strumenti adatti mettendoli quindi nelle condizioni di lavorare al meglio ed essere così protagonisti proattivi della sanità territoriale del trattamento del paziente Covid”.

Attualmente in Lombardia per migliorare l’assistenza territoriale durante la pandemia sono state istituite le USCA ma è una soluzione che, secondo l’assessore, non può bastare per il miglioramento strutturale del sistema. “In Lombardia – prosegue Gallera – sono stati destinati 442 medici alle USCA, ma non si può in maniera strutturale pensare di trovare una risposta che non comprenda i medici di medicina generale. Per il futuro è quindi necessario creare una struttura normativa ed economica per gli MMG molto più forte di quella attuale – conclude Gallera – ed è possibile farlo”

TERAPIA DOMICILIARE: QUALI LE MIGLIORI

TERAPIA DOMICILIARE

Nella giornata di ieri si è svolto il webinar “Terapia e presa in carico domiciliare del paziente affetto da Covid-19”. Durante l’evento organizzato da Motore Sanità è stato fatto il punto della situazione delle cure domiciliari in Italia mettendo in luce punti di forza e criticità. Non si può parlare di cure domiciliare senza però parlare di terapie, attualmente non esiste un protocollo nazionale ed ogni Regione agisce come meglio crede, ma quali sono le best practices?

“Per quanto riguarda le terapie – dichiara Antonio Cascio, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo – raccomando di utilizzare il paracetamolo o l’acido acetilsalicilico qualora la temperatura superi i 38/38 e mezzo e a  maggior ragione se si manifestano anche dolori articolari e muscolari. Bisogna stare attenti a non esagerare, al massimo si  possono utilizzare 3 grammi di paracetamolo nelle 24 ore. Questo è raccomandato in qualsiasi fase della malattia”

“Per quanto riguarda gli antibiotici – continua il professor Cascio – io sono contrario al loro utilizzo come profilassi o da cominciare all’inizio della malattia non appena viene diagnosticata l’infezione da SARS-COV-2. Gli antibiotici dovranno essere utilizzati durante il decorso della malattia qualora il medico abbia contezza che c’è una sovra infezione batterica e questo potrà avvenire perché, ad esempio i globuli bianchi sono aumentati in maniera spropositata. In corso della malattia, tante volte, vediamo pazienti in cui i globuli bianchi aumentano; dobbiamo tenere conto però che i pazienti che fanno il cortisone presentano un valore non attendibile, perché il cortisone fa aumentare i globuli bianchi. Quindi non dobbiamo pensare che un paziente Covid, che ha i globuli bianchi aumentati abbia necessariamente un’infezione opportunistica solo perché i globuli bianchi sono aumentati; i globuli bianchi sono aumentati perché sta facendo terapia cortisonica. È molto importante nel paziente ospedalizzato valutare il valore della procalcitonina. Per i pazienti a domicilio non è necessario fare la terapia antibiotica a meno che il medico si rende conto che c’è una sovra infezione batterica oppure perché il paziente ha un’altra infezione. Per quanto riguarda il cortisone, non deve essere dato all’inizio della malattia perché durante le prime fasi della malattia, potrebbe favorire la replicazione del virus stesso. Il cortisone deve essere riservato quando la patologia assume una certa gravità. L’eparina è giusto darla se il paziente ha segni di polmonite”. Infine il professor Cascio consiglia: “Bisogna cercare di non stare a letto ma di muoversi il più possibile; se si è stanchi, bisogna stare seduti e non a letto; mangiare leggero, idratarsi per bene ed eventualmente andare a dormire in posizione prona”ha concluso Cascio. 

“Grazie ad un’ordinanza del 3 aprile 2020 – dichiara Barbara Rebesco, Direttore SC Politiche del Farmaco A.Li.Sa.  Regione Liguria – la Liguria ha creato un gruppo multidisciplinare per delineare le linee guida regionali per il trattamento farmacologico del paziente covid. In questi mesi siamo arrivati alla quinta versione di questo protocollo. Per decidere quali farmaci utilizzare ci siamo mossi all’interno di una cornice basata sulle indicazioni AIFA. Noi distinguiamo i pazienti a seconda della gravità del quadro patologico indicando che per i pazienti asintomatici non devono essere utilizzati farmaci; per i pazienti che hanno sintomatologia lieve (con febbre non superiore a 38°) l’indicazione è di utilizzare una terapia sintomatica a base di antiinfiammatori come paracetamolo o ibuprofene o Acido acetilsalicilico; per i pazienti con sintomi moderati come febbre persistente oltre i 38,5°, tosse e dispnea da sforzo l’indicazione è di associare alla terapia sintomatica detta prima con l’eparina a scopo profilattico. Per quanto riguarda gli antibiotici siamo d’accordo con l’idea che non possono essere utilizzati a scopo profilattico per il trattamento di un’infiammazione virale ma va utilizzato nel caso ci sia un sospetto sovrapposizione batterica ed infime per quanto riguarda i cortisonici l’indicazione per il loro utilizzato è non nelle prime fasi della patologia ma quando il paziente ha bisogno di una supplementazione di ossigeno”.

“Il protocollo per la cura domiciliare – afferma Matteo Bassetti, Direttore dell’Unità Operativa Clinica Malattie Infettive Ospedale Policlinico San Martino – deve essere il più semplice possibile. Fino ed oggi sono stati dati troppi farmaci ai pazienti a casa,  questo è frutto del fatto che manca una linea nazionale e quindi ognuno ha agito come ha voluto. Era stato per altro ampiamente raccomandato di fare un protocollo nazionale ma a livello centrale sono molto in ritardo. Deve essere chiaro che ai pazienti  asintomatici non va dato nessun farmaco – sottolinea Bassetti – mentre i lievemente sintomatici possono essere trattati con  l’aspirina o il paracetamolo, naturalmente con dosi maggiori rispetto al trattamento di una semplice febbre”. Nella presa in carico domiciliare del paziente Covid la Liguria è tra le più avanzate in Italia. “Quello che è stato fatto in Liguria è unico, c’è un approccio domiciliare fast-track direttamente con il reparto di malattie infettive quando la situazione si aggrava. Una collaborazione quindi  tra infettivologo e MMG per le cure domiciliari. Questo processo è iniziato da una settimana e abbiamo complessivamente 220 pazienti già trattati con questo sistema, e anche se non c’è ancora certezza c’è la percezione di una minore pressione sui pronto soccorso”.

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NASCE OSSERVATORIO DI MOTORE SANITÀ: LA BANCA DEL SAPERE SCIENTIFICO

OSSERVATORIO DI MOTORE SANITÀ

Claudio Zanon, direttore: “La pandemia da Covid-19 ci ha permesso di raccogliere una mole incredibile di dati, la mettiamo a disposizione per concorrere a migliorare il Sistema Sanitario”

L’emergenza Covid-19 ha messo in rete per mesi professionisti di diverse estrazioni, istituzioni, associazioni, mondo scientifico. Il tutto ha prodotto una mole incredibile di dati che non solo tracciano il percorso fino ad ora intrapreso, ma che se ben utilizzati possono diventare una vera e propria “banca del sapere”. La difficoltà, come spesso accade, è quella di non poterne fruire in modo rapido e etico. Ci ha pensato Motore Sanità che dall’inizio della pandemia ha messo in campo Officina di Motore Sanità, una realtà che ha prodotto tramite incontri, seminari, approfondimenti, un vero e proprio tesoro delle buone pratiche. 

Dati e percorsi che oggi mette a disposizione di quanti ne abbiano necessità, istituzioni, professionisti, associazioni o media tramite il neonato Osservatorio. Sono dati e percorsi a livello nazionale, declinati anche a livello regionale, il Direttore dell’Osservatorio di Motore Sanità è il dottor Claudio Zanon, direttore Scientifico di Motore Sanità. “Dall’inizio della pandemia attraverso le attività che abbiamo messo in campo quotidianamente abbiamo raccolto una mole davvero impressionante di dati anche inediti legati al Covid-19, ma anche a tutte quelle patologie che in tempo di pandemia non devono assolutamente essere dimenticate – spiega il dottor Zanon – Ci siamo accorti che uno dei problemi maggiori che abbiamo è quello che i pazienti arrivano in ospedale troppo tardi, abbiamo infatti il terzo indice di mortalità a livello mondiale. Questo significa che esiste un problema di medicina territoriale. Se ne parla molto, ma poi non si prendono le dovute misure”.

Zanon punta l’indice sulla programmazione e sulla mancanza di infermieri. “Il Governo ha stanziato 10 milioni di euro per gli infermieri del territorio che vuol dire ad esempio che in Piemonte ne arriveranno 750 mila con i quali si potranno assumere non più di 25 infermieri.

Pochi, insufficienti. Una goccia nel bisogno che è di ben altra portata – spiega il direttore – Seconda questione è proprio l’organizzazione ospedaliera che ha visto un deficit di programmazione anche per quanto riguarda il personale. Dobbiamo tenere conto che se in un ospedale arrivano 1500 respiratori, servono almeno 4mila infermieri in più per permettere di metterli in funzione. Infermieri preparati oltretutto. Questa è la giusta programmazione: pensare a tutta la catena della sanità, non solo alla dotazione tecnologica”. E non poteva mancare un accenno al vaccino per il covid-19 che dovrebbe arrivare dopo le festività. “Entro il 23 novembre le regioni devono  mandare al commissario Arcuri il loro piano vaccino. – spiega Zanon – Avremo 3,4 milioni di dosi, utili per 1,7 milioni di persone. Serve attivare da subito il personale, la logistica, il trasporto, la conservazione dei vaccini, migliorare la rete di cure territoriali. Ma se ne parliamo e non facciamo una programmazione accurata ora, come faremo a fare una buona campagna di vaccinazione domani?”

Il ruolo dell’Osservatorio sarà anche questo, quello cioè di mettere in rete tutte le esperienze e le buone pratiche, i dati, gli studi affinché possano diventare patrimonio comune. “Se vogliamo unificare un sistema per non lasciare indietro nessuno è bene che si parta dalla conoscenza ed è proprio questo il servizio alla comunità che Osservatorio vuole offrire”.

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