Vaccini come risposta al COVID19: “Dalla fase 3 all’approvazione, dalle certezze ai dubbi, parola agli esperti”

Vaccini come risposta

11 dicembre 2020Numerosi vaccini hanno raggiunto la fase 3 di sperimentazione e stanno per essere valutati dalle autorità competenti come possibili armi terapeutiche per sconfiggere l’infezione da Coronavirus. Oltre ad i vaccini con virus attenuati sono in corso di definizione i vaccini mRNA (materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine), con una metodica innovativa che parrebbe accelerare i tempi di produzione e distribuzione. La sicurezza dei vaccini, certificata dagli enti regolatori internazionali, è comprovata così come la loro efficacia (in quasi tutti supera il 90% della popolazione vaccinata) ma nonostante le assicurazioni riportate dalle pubblicazioni scientifiche, la discussione su programmazione, conservazione, obbligatorietà sono in corso con ripercussioni sul mondo scientifico e sociale. Per far luce sulla vaccinazione anti SARS COV 2, Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD, ha organizzato il webinar “I VACCINI COME RISPOSTA ALLA PANDEMIA COVID-19” con la partecipazione dei massimi esperti italiani del comparto salute sul tema vaccini.

“La vaccinazione è l’unica vera strategia per fermare la pandemia! Vacciniamo al più presto gli anziani e tutte le categorie a rischio di forme severe. Il primo obbiettivo dovrà essere ridurre la mortalità, ma anche proteggere le persone che svolgono servizi essenziali nel nostro Paese come i medici. Successivamente si dovrà pensare la resto della popolazione auspicando il raggiungimento dell’immunità di gregge che in base alle caratteristiche di questa malattia comporterebbe l’immunizzazione del 60% della popolazione suscettibile. Fin quando non sarà raggiunta l’immunità di gregge mascherina e distanziamento sociale dovranno essere mantenuti. Sono assolutamente ottimista sulla bontà dei vaccini che prestissimo saranno disponibili in Italia. Saranno studi futuri a stabilire la durata della protezione e la necessità di eventuali dosi di richiamo negli anni successivi. I tre vaccini che hanno concluso la fase 3 di sperimentazione clinica e sono in fase di approvazione rapida sono: quello prodotto da Astrazeneca-Oxford (59.500 soggetti arruolati in Fase 2-3) basato sull’utilizzo di un adenovirus della scimmia modificato e contenente le proteine dello spike e che si conserva a 2-8 gradi centigradi, quello prodotto dalla Pfizer-Biontech (45.000 soggetti arruolati in Fase 2-3) che sfrutta la tecnologia dell’Rna messaggero le cui fiale devono essere conservate a -80 gradi centigradi, visto che la molecola di mRna si degrada facilmente e quello prodotto da ModeRna (30.700 soggetti arruolati in Fase 2-3) anche esso basato sul metodo dell’Rna messaggero, ma stabilizzato in maniera tale che possa essere conservato a -20 gradi centigradi per sei mesi e tra 2 e 8 gradi per 1 mese. Abreve potrebbe arrivare un quarto, ovvero quello di Janssen (Johnson&Johnson) che si basa anch’esso su un adenovirus geneticamente modificato e disinnescato utilizzato come vettore anche se si tratta di una variante umana del virus del raffreddore (il Type 26-Ad26)”, ha detto Antonio Cascio Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

“I vaccini rappresentano forse la più grande scoperta della medicina, insieme agli antibiotici e a qualche altro farmaco straordinario – farmaci “anziani” ma che han cambiato la storia – come il cortisone, la morfina, l’insulina, solo per fare qualche esempio. Certo, l’innovazione farmaceutica ci ha portato, in epoca più recente, farmaci che, anch’essi, han cambiato la storia di molte malattie: parliamo dei farmaci contro HIV e HCV, ma anche dei nuovi farmaci oncologici. Anche oggi, con la pandemia da Sars COV 2 che sta devastando il mondo, i vaccini arrivano come l’arma risolutiva. Certo, lo sviluppo di un vaccino contro il COVID in tempi così brevi (ce ne sono oltre 100 in sperimentazione e alcuni lì li per essere approvati, seppur con procedure condizionate) rappresenta un altro incredibile successo della ricerca. E non bisogna avere paura, sono il frutto degli avanzamenti straordinari della biologia, dei quali molti cittadini non erano al corrente. E anche il frutto di un rinnovato patto tra ricerca pubblica e ricerca privata, che finalmente è diventato una cosa concreta. Ma i vaccini anti-COVID non saranno l’arma finale, se non riusciremo a renderli disponibili al mondo intero. È un’epidemia globale. Nessuno pensi di risolverla solo a casa propria”, ha spiegato Stefano Vella, Adjunct Professor Global Health, Catholic University of Rome

I vaccini contro il Coronavirus arriveranno nei primi mesi del 2021. Mentre il Governo sta mettendo a punto un piano nazionale per la vaccinazione anti COVID, lo stesso dovranno fare le Regioni ma mentre logistica, priorità e scelta del vaccino sono in parte delineate, molte altre domande attendono ancora una risposta, non ultima la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione, l’uso della sierologia nei pazienti che si sono già ammalati di COVID ed il ruolo delle vaccinazioni complementari quali l’anti influenzale e l’anti pneumococcico”, ha dichiarato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità

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Esperti a confronto: “E’ ormai indispensabile definire esattamente l’esatto significato di ‘valore’ di un farmaco e dei devices”

Esperti a confronto

11 dicembre 2020 – Nel 2019 sono stati autorizzati a livello europeo 51 medicinali e per il 2020 è atteso il parere da parte dell’EMA per altri nuovi 76. Il concetto di valore di un farmaco o un device si identifica su quanto possa essere il suo prezzo, mentre occorrerebbe valutare un farmaco in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il suo impatto sulle cure e sull’organizzazione assistenziale. Per discutere la tematica, si è tenuta l’Academy “Il valore del farmaco e dei devices”, una 2 giorni di approfondimenti con esperti, organizzata da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e TEVA.

“Valore è un termine molto usato ormai sia nel settore dei dispositivi medici sia in quello dei farmaci sia in quello più generale dell’assistenza sanitaria. Tutti ne parlano ma non è ancora chiaro come possa essere definito esattamente e quale sia il suo esatto significato. Proprio per questo motivo è sempre più importante definire cosa significhi “valore” di una prestazione, di un farmaco o di un dispositivo, in quanto i cosiddetti “payer” – pagatori sanitari pubblici e privati – in tutto il mondo, per rispondere ai sempre più  veloci processi di innovazione hanno sempre più necessità di allontanarsi dai tradizionali meccanismi di pagamenti e definirne invece di nuovi e maggiormente adatti ai livelli di innovazione e di costo a cui devono essere applicati. Identificare il “valore” di una tecnologia sanitaria è un esercizio che compete sia ai sistemi sanitari pubblici e privati che dovrebbero fornire cure più efficienti ed efficaci piuttosto che le aziende le aziende produttrici di tecnologie che devono avere chiaro il motivo per cui i loro prodotti creano valore per l’individuo, per il sistema e per la società. Identificare il valore per tutti questi differenti stakeholder del sistema, che dovrebbero avere finalità comuni (il bene dei pazienti) ma anche obiettivi diversi (organizzazioni profit o non profit) si sta sempre più identificando in un ripensamento di una serie di processi che generano innovazione tecnologica. Dal momento in cui questa viene immaginata, al momento in cui questa viene realizzata e testata e infine al momento in cui questa viene poi valutata dagli utilizzatori. La presenza di un bisogno di salute, la capacità di questa tecnologia di rispondere in maniera coerente e appropriata a questo bisogno, la solidità delle evidenze scientifiche già disponibili o in via di definizione, che supportano il valore delle tecnologie dovrebbero essere gli elementi su cui basare il nuovo concetto di Value Based Medicine”, ha detto Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS 

“Relativamente ai farmaci, ed in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di PREZZO e troppo poco in termini di VALORE. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema paese.  Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2. Hanno in genere un PREZZO superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati ad usare nella prima decade di questo secolo. Però, continuando nell’esempio, non hanno bisogno di essere titolati sulla scorta dei valori glicemici, quindi abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile “unburden” della persona con diabete rispetto alla necessità  di controlli assidui. Ma ancora, abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica oltre a mettere a rischio la vita del paziente può costare al “sistema” tra pronto intervento, accesso in Pronto Soccorso ed eventuale ricovero oltre 5,000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio” sia in termine di sofferenza che in termini di costi ospedalieri mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette ed aboliamo i “silos” ideologici ed amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”, ha spiegato Agostino Consoli, Presidente Eletto SID

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Il valore del farmaco e dei devices. Le nuove tecnologie per una riforma del Servizio sanitario nazionale

il valore del farmaco

11 Dicembre 2020 – Il bisogno di salute è in continua crescita e le patologie croniche hanno bisogno di essere affrontate con un approccio nuovo. Rifondare il Servizio sanitario nazionale è una occasione unica e lo sta dimostrando la stessa pandemia da Covid-19 che ha mostrato le falle di un sistema sanitario nazionale che, proprio per affrontare le nuove esigenze degli ammalati ed essere al passo con i Sistemi sanitari dei Paesi del mondo, deve guardare ad altri scenari. Guardare dunque a nuove opportunità di “rinascita” significa affrontare temi nodali (dal potenziamento del territorio alla ripartizione della spesa in  silos) e guardare alle nuove tecnologie come ad un volano per questa nuova riforma. L’impiego della Health Technology Assessment è un punto nodale per fare questo, ma implica tutta una serie di processi organizzativi, gestionali ed economici sulla quale devono essere coinvolti tutti gli attori del sistema salute. Velocizzare l’introduzione delle nuove tecnologie permetterebbe di valorizzare di più farmaci e devices, ma per fare questo occorre che il Sistema sanitario inizi a pensare a questo processo in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il valore nel suo impatto sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale. Questo complesso scenario, emerso in occasione del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, ha aperto tre questioni: il tema della medicina territoriale, il ruolo strategico della Health Technology Assessment e il processo di Horizon Scanning.

La pandemia ha mostrato le lacune del sistema sanitario pubblico italiano. Il sistema si è retto meglio dove c’era una sanità territoriale più legata agli ospedali. Il tema vero è dare sostanza a termini molto spesso utilizzati ed enfatizzati – spiega Pier Luigi Bartoletti, Vice Presidente OMCeO Roma. Prendiamo la presa in carico del paziente che sotto intende un sistema di responsabilità. Se l’ospedale per intensità di cure è l’ospedale del futuro, a questa definizione teorica non si è mai chiarito il fatto che un ospedale per intensità di cure funziona solo se esiste un territorio che fa la sua parte. E per territorio si intende una serie di servizi che ad oggi spesso non hanno una integrazione delle loro funzioni e, soprattutto, la fase di passaggio più critica nel sistema attuale italiano sono i passaggi della presa in carico”.

In Senato il tema di medicina territoriale e risposta al Covid sono in fase di audizioni. Secondo Elisa Pirro, componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica Bisogna rafforzare la medicina territoriale e seguire più attentamente i pazienti a casa e farli arrivare meno possibile negli ospedali solo quando non ci siano alternative. Questo lo stiamo dicendo da tempo, da ben prima di marzo, perché abbiamo visto che laddove funzionano meglio i servizi territoriali c’è anche una tenuta migliore del sistema ospedaliero”.

Sul sistema di ripartizione della spesa in silos “Anche nell’ultima audizione in Parlamento il Ministro Speranza ha ribadito che è un sistema ormai vecchio, obsoleto, da superare, e si sta lavorando per questo – prosegue Pirro -. Bisogna guardare al complesso della gestione del paziente e al costo a lungo termine delle terapie che vengono effettuate oggi rispetto a terapie innovative”. Ma per raggiungere questo bisogna convincere anche le Regioni. “La pandemia ha manifestato sotto gli occhi di tutti quanti limiti abbia avere 21 Sistemi sanitari regionali differenti che applicano con velocità diverse le norme che impartisce lo Stato”.

Secondo Maria Rizzotti, Componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) Senato della Repubblica Dovremmo guardare alla medicina territoriale quale gestore-responsabile di una parte dell’innovazione secondo il principio di continuità terapeutica ospedale-territorio. Continuo a presentare emendamenti da anni sulla legge di bilancio perché ci possa essere una compensazione dei tetti di spesa tra la medicina territoriale e la medicina ospedaliera”.

Oggi siamo di fronte ad un’occasione storica, quella di rifondare completamente il servizio sanitario nazionale. “E’ possibile farlo passando dal concetto di innovazione tecnologica con il suo significato di applicazione della tecnologia in quanto tale e con il suo contesto organizzativo, professionale, di competenze culturali, di logistica, che sono in grado di valorizzare appieno questa innovazione –  spiega Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS -. Da qui il concetto di valore da attribuire ad un farmaco e ad un device, che cambia in base ai diversi stakeholder del sistema, ha diverse prospettive con diversi metodi di valutazione. L’HTA più innovativa rappresenta uno strumento e una piattaforma dove parlare in maniera oggettiva su dati scientifici cercando di mettere d’accordo tutte le diverse prospettive”.

Gli strumenti ci sono ma sono necessarie strategie condivise e di lungo periodo. “Questo è un momento vantaggioso per rifondare il SSN e per rifondare un nuovo sistema di Welfare effettuando delle corrette valutazioni per quanto riguarda i farmaci e i dispositivi medici, due tecnologie differenti che impattano in maniera diversa e che richiedono HTA diverse per essere valorizzare” spiega Francesco S. Mennini, Research Director Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi  “Tor Vergata”, Roma – Presidente SIHTA. “L’aspetto fondamentale è quindi la necessità di valorizzare l’innovazione: per il farmaco è stato fatto (il metodo Grade), per il dispositivo non ce l’abbiamo. Credo che bisogna determinare un cambio di passo. Un nuovo rinascimento del nostro sistema sanitario passa anche per un rigore metodologico e quindi il ricorso anche alle competenze. Se però non ci rivolgiamo alle competenze sarà sempre più difficile effettuare una corretta valorizzazione delle bugie anche in un’ottica di HTA”.

La digitalizzazione in sanità – aggiunge Maria Rizzotti – oltre che uno sveltimento di qualsiasi processo sanitario, comporta anche un grosso risparmio per il Sistema sanitario che potrebbe poi indirizzare i risparmi allocando queste risorse, per esempio sui farmaci innovativi, ma sarebbe anche una crescita del Pil del 2% per l’indotto che genererebbe. La digitalizzazione implica la formazione di chi utilizzerà le nuove tecnologie: se manca la formazione anche le tecnologie più all’avanguardia non servono a nulla. Infine, per quanto riguarda il valore del farmaco è fondamentale un tavolo di confronto costante con le istituzioni e le aziende farmaceutiche. Ha un ruolo strategico la partnership tra pubblico e privato soprattutto per quello che riguarda la ricerca”.

Nell’ambito della valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment – HTA) si distingue il processo di Horizon Scanning, che mira all’individuazione, in maniera prospettica e previsionale, delle tecnologie sanitarie in fase di sviluppo iniziale che potrebbero avere un impatto rilevante sui pazienti, sulla sanità pubblica o sui sistemi sanitari. L’attività di Horizon scanning può avere una funzione strategica nell’orientare le scelte decisionali se pienamente integrate nei processi decisionali e supportate da un’adeguata metodologia nelle varie fasi dell’attività” – spiega Michele Marangi, Dirigente Ufficio Attività di Analisi e Previsione AIFA -. “L’efficacia delle informazioni generate a supporto dei processi decisionali dipende anche dalle modalità di utilizzo da parte dei decisori delle informazioni acquisite. Stiamo cercando di lavorare su questo aspetto con l’obiettivo di rispondere sempre meglio ai bisogno di salute della popolazione. Promuovere il dialogo con tutti gli stakeholder ai vari livelli (internazionale, nazionale, regionale, locale) coinvolti nel processo di Horizon Scanning per acquisire più informazioni possibili e migliorare l’accuratezza delle analisi”. 

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Il sistema integrato di Biosorveglianza basato sui dati. Gli esperti: “Governarli fin dall’inizio e puntualmente avrebbe facilitato le Regioni nel controllo della pandemia”

Biosorveglianza

4 Dicembre 2020 – Il sistema integrato di Biosorveglianza è un esempio virtuoso che spiega come è possibile arginare l’emergenza Covid-19 utilizzando i dati. In Veneto e in Lombardia ci riescono grazie a Eng-DE4Bios, il sistema di biosorveglianza data-driven e cloud-native, che raccoglie dati da fonti diverse, li integra e li armonizza per mostrare uno stato aggiornato in tempo reale dell’evoluzione dell’epidemia. Basata su Digital Enabler, la soluzione consente di mappare e geolocalizzare i soggetti contagiati e rilevare la presenza di cluster che richiedono elevata attenzione. Partner dell’Academy Tech di Motore Sanità Tech, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

In questo modo si determina la densità del fenomeno in un territorio o in un perimetro ristretto definito, supportando le autorità sanitarie nelle decisioni più opportune circa l’applicazione di norme restrittive sulla mobilità delle persone e accesso alle aree critiche – spiega Arianna Cocchiglia, Healthcare Innovation and Partnership Director di  Engineering -. Permette inoltre di effettuare un’analisi predittiva dell’evoluzione del contagio, individuando le zone dove è più probabile che il virus si espanda, così da organizzare per tempo i presidi sanitari”.

I cinque parametri presi in considerazione per la predizione da Eng-DE4Bios – percentuale di tamponi positivi, indice di trasmissione del virus, occupazione delle terapie intensive, guariti e deceduti, unitamente al monitoraggio dell’evoluzione degli stati clinici dei casi confermati, hanno un ruolo importante. “Sono  parametri fondamentali di rischio su cui tenere monitorate le curve epidemiologiche – prosegue Arianna Cocchiglia -. Sono i parametri che poi pesano sul sistema organizzativo sanitario. Gli attuali indicatori richiesti per l’attribuzione dei colori delle Regioni sono molto complessi e sono tanti e sicuramente aver avuto la  capacità fin dall’inizio di governarli, avrebbe facilitato tutte le Regioni nella gestione della seconda ondata della pandemia”.

Una piattaforma come questa può essere riutilizzata. “Ce lo auguriamo assolutamente – auspica Arianna Cocchiglia -. E’ nata da un’esigenza contingente, ma in realtà era già un paio di anni che ci stavano studiando per monitorare le infezioni ospedaliere e i batteri antibiotico-resistenti. Di fronte a tutti questi scenari, è fondamentale avere degli strumenti efficaci, a livello di sistemi di prevenzione e di sanità pubblica, per il controllo di tutte queste epidemie. La pandemia stessa ci ha insegnato che sistemi di prevenzione e la sanità pubblica devono avere degli strumenti per governare i numeri in tempo reale. Fino ad oggi ci sono stati  10 anni di investimenti a livello nazionale e locale sulla digitalizzazione dei processi ospedalieri e sulla capacità di avere interoperabili le informazioni a livello ospedaliero, ora è giunto il momento di investire per la prevenzione e la sanità pubblica”.

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L’esperienza cinese dell’Internet Hospital di Pechino. Best practice a Motore Sanità

Internet Hospital

4 Dicembre 2020 – Durante la Presentazione di Academy Tech di Motore Sanità Tech, Wang Tianbing, Vicedirettore dell’Ospedale Popolare dell’Università di Pechino, DG dell’Ospedale del Distretto di Tongzhou e Vicedirettore del Centro di Ricerca del Ministero dell’Istruzione per il Sistema Ospedaliero Digitale ha condiviso l’esperienza cinese nella costruzione di un Internet Hospital con l’Italia. Tanti i temi trattati, dalle misure e le norme necessarie per il rispetto della sicurezza della rete e del paziente, al funzionamento vero e proprio di un Ospedale Digitale, dalla Consultazione online al follow up, dalla consegna a domicilio dei medicinali alla valutazione finale della prestazione da parte del paziente. Nella sessione di domande e risposte, il Prof. Wang ha specificato i problemi riscontrati durante la costruzione dell’Internet Hospital di Pechino, come la necessità di un riconoscimento del medico e di un confronto faccia a faccia da parte del paziente, lo scetticismo nell’accettare una nuova modalità di consulto medico da parte della popolazione, la mancanza iniziale di apparecchiature tecnologiche valide e di leggi che possano stabilire le responsabilità e le modalità di pagamento delle prestazioni. Al problema dell’accettazione, dice Wang, abbiamo risposto da una parte cercando di coinvolgere in primis solo alcuni reparti e di procedere per fasi (inizialmente solo consultazione, poi trattamenti) e dall’altra parte cercando di far accettare il nuovo sistema alla fascia della popolazione con un alto livello di formazione, con una conoscenza già solida delle nuove tecnologie. Per il problema della tecnologia e delle leggi, continua, siamo molto migliorati, perché la Cina ha fatto grandi passi in avanti in poco tempo, anche se tali problemi non sono ad oggi completamente risolti. Infine, conclude, lo sviluppo dell’Internet Hospital ha conosciuto una rapida crescita a partire dallo scorso anno, con l’inizio della pandemia da Coronavirus, quando la popolazione ha iniziato a capire che si aveva bisogno di un nuovo sistema di diagnosi e trattamento che evitasse il più possibile l’ingresso in ospedale.

Partner dell’iniziativa, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l.

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ACADEMY MOTORE SANITÀ TECH: #Niente sarà come prima!

ACADEMY MOTORE

Dall’Internet Hospital della Cina ad una nuova visione di domiciliarità assistita

4 Dicembre 2020 – L’emergenza Covid ha fatto emergere i problemi antichi e i problemi moderni e ha messo in evidenza che ormai è superata la dicotomia ospedale e territorio. Andiamo incontro a modelli organizzativi molto complessi a fronte delle nuove tecnologie. Partner dell’Academy Tech di Motore Sanità Tech, trasmessa sulla pagina Facebook di Motore Sanità e sul sito www.motoresanita.it, sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

“Bisogna cambiare gli approcci e governare il monitoraggio in modo adeguato. La speranza è che un sistema di monitoraggio accurato e il mantenimento della popolazione in salute possano portare non soltanto a contenere i costi dell’assistenza sanitaria ma anche un miglioramento della qualità della vita delle persone” spiega Giulio Fornero, Direzione Scientifica Motore Sanità.

“L’assistenza sanitaria deve essere centrata sulle persone. La domiciliarità è la scelta più auspicata dalle persone, quella più desiderata ed è anche la più economica per il sistema. Deve pertanto essere assunta come scelta prioritaria per riorientare il sistema: dare preminenza alla domiciliarità rispetto alle altre risposte a carattere residenziale. Le persone che si possono curare a casa nel rispetto della scelta della persona assistita e dei caregiver, si devono curare a casa con le soluzioni organizzative più idonee rispetto alla loro necessità specifiche rendendo altrettanto esigibile il diritto alle cure domiciliari come quello oggi garantito per le cure ospedaliere”. L’Internet hospital è un modello organizzativo tecnologico all’avanguardia ed è stato presentato da Wang Tianbing, Vicedirettore dell’Ospedale Popolare dell’Università di Pechino, Vicedirettore del Centro di Ricerca del Ministero dell’Istruzione per il Sistema Ospedaliero Digitale.

“Durante il processo di costruzione abbiamo incontrato dei problemi. La medicina occidentale è basata su una comunicazione faccia a faccia ma questo non è possibile con questa piattaforma, la nostra soluzione è scegliere e distribuire i nostri servizi nei reparti e condividere il processo in diverse fasi. Inoltre, la rete internet si blocca spesso e per questo è difficile fare diagnosi di trattamento online ma stiamo cercando di portare rimedio a questo problema. Infine, rimane ancora il problema della legislatura. Per esempio di chi è la responsabilità sei i medici sbagliano una diagnosi?”.

Questo modello mette in evidenza che esiste ancora un problema di equità delle cure per i cittadini cinesi, che devono andare sempre a Pechino, perciò viaggiare molto, per ottenere visite e ricevere consulti. “Al momento – prosegue Wang Tianbing – a questo follow-up a distanza possono accedere solo chi fruisce di tecnologie avanzate, ma dall’anno scorso abbiamo fatto molte prove a fronte delle grandi richieste. La nostra intenzione è aprire l’Internet hospital nelle zone abitative meno sviluppate e garantire l’assistenza a tutti i cittadini”.

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Nasce l’Academy tech di Motore Sanità per informare e formare gli operatori sanitari dei potenti mezzi tech a loro disposizione

Nasce l'Academy tech

4 Dicembre 2020 – Da molto tempo Motore Sanità aveva l’intenzione di portare avanti un’iniziativa in cui le tecnologie innovative dell’ICT fossero l’oggetto di un corso di alta formazione per tutti gli operatori sanitari: manager, medici, infermieri e personale socio sanitario. Dopo una serie di webinar che si sono tenuti nei  mesi scorsi Motore Sanità ha raccolto l’esigenza del mondo socio sanitario di creare un ponte tra il mondo  delle tecnologie e i protagonisti che si occupano di sanità.

Un format di questo genere mancava fino ad ora, tuttavia è fondamentale per divulgare la forza di questi  strumenti ed in particolare per spiegare/insegnare agli ‘operatori sanitari’ come si possano sfruttare le innovazioni per il bene del sistema sanitario, per il loro lavoro e nell’interesse dei pazienti, oltre che far conoscere anche le Aziende che propongono le diverse soluzioni e capire dove si stia orientando la ricerca e sviluppo dell’innovazione. Questo mercato anche a seguito della pandemia è in trasformazione continua ed è letteralmente ‘esploso’. Partner dell’iniziativa sono stati AlmavivA, CINECA, Engineering ed OPT S.r.l. – Consulenza di direzione.

“La pandemia ha messo in luce la centralità delle tecnologie digitali nella gestione degli eventi di tale portata: una sfida per la quale la sanità pubblica non era pronta, e soprattutto, una lezione che non possiamo ignorare. Le nuove piattaforme digitali “ad ecosistema” dovranno abilitare una data governance completamente integrata e sempre più real-time dei fenomeni sanitari e non solo, ossia, divenire strumenti concreti per la tutela della salute e di tutte le attività sociali” – ha detto Arianna Cocchiglia, Healthcare Innovation and Partnership Director, Engineering

La leva digitale consente oggi una delega decisionale sempre più forte. Blockchain, AI e IoT fra gli ecosistemi tecnologici sono i principali attori di questa accelerazione, anche in ambito Sanità. La complessità di questi ambienti richiede una competenza tecnologica profonda, solida esperienza e nuova sensibilità. Tecnologie da orchestrare e condurre con efficacia e sicurezza alla soluzione di problemi, tenendo conto di normative, valori etici e cultura del contesto. Ogni giorno affrontiamo le esigenze del mercato mettendo in campo questa esperienza e competenza, senza fermarci a quanto già sappiamo fare, confrontandoci costantemente con nuove sfide” – ha sottolineato Alessandro Mantelli, CTO soluzioni innovative di Almaviva

“La gestione del paziente secondo appropriati modelli di governance deve prevedere una presa in carico  multidisciplinare, una chiara identificazione dei setting assistenziali coinvolti e la formalizzazione di percorsi standardizzati verificabili nella loro efficacia attraverso indicatori e sistemi di monitoraggio dedicati. La nostra offerta di strumenti di Health Governance Intelligence, di cui e-NutraCare è un esempio, vuole concretamente fornire al Sistema Salute degli strumenti intuitivi, sostenibili e proattivi sposando il principio del “misurare per migliorare” – queste le parole di Camilla Taglietti, Consulenza di Direzione – OPT

Oggi, a consuntivo, registriamo che c’era un’anomalia sugli accessi ai pronto soccorso e sulle segnalazioni sulle polmoniti in Italia, quantificabile in circa il 30% di casi in più rispetto agli anni precedenti. Se avessimo avuto  questi dati all’inizio del Covid, sarebbe stato agevole costruire le mappe delle fragilità e mettere in campo azioni di prevenzione. – ha dichiarato il Direttore Generale di Cineca David Vannozzi – Poter raccogliere dati, integrarli, utilizzarli, in modo anonimo, per attività di sorveglianza e di prevenzione è un passaggio decisivo in emergenza. In  questo, probabilmente servirebbe un soggetto, che, in collaborazione stretta con le Regioni, abbia una visione complessiva. Nel protocollo che stiamo per firmare con il Ministero della Salute un punto centrale è proprio la possibilità di raccogliere dati di diverso formato e origine, anonimizzarli e integrarli, per realizzare una piattaforma tecnologica a supporto di tutto il SSN“.

“La tecnologia è parte fondamentale del futuro SSN alla fine di questa drammatica pandemia. L’implementazione  delle esperienze di telemedicina, ora tariffate ed in parte normate da linee guida nazionali, vanno messe a s istema uniformandone l’uso nelle varie Regioni. L’intelligenza artificiale a supporto della diagnostica, le app ed i dispositivi medici per potenziare l’home care e la medicina territoriale sono altri strumenti ad utilizzo futuro per un reale rapporto proficuo tra ospedale e territorio. La sanità digitale deve diventare realtà recuperando il gap verso gli altri paesi ad alta  produzione assistenziale e di salute. Motore Sanità Tech ambisce ad un ruolo centrale per riunire in uno sforzo comune tutti gli attori del sistema per gli obiettivi di cui sopra ed altri ancora”, ha detto Claudio Zanon, Direttore scientifico MOTORE SANITÀ

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Diabete: Call to action

Diabete

Abbiamo scritto l’impossibile ma realizzato poco …. occorre ora trasformare tutto in operatività”. Questo il monito condiviso da tutto il panel presente per celebrare la Giornata Mondiale del diabete 2020. Un piano efficace e pieno di contenuti concreti è stato strutturato già nel 2012: era il “Piano Nazionale sulla malattia diabetica” costruito sulle indicazioni della commissione Nazionale diabete. Il compito delle regioni era quello di recepirlo traducendolo in documenti regionali ma soprattutto di applicarlo. Ma questa fase realizzativa che dura da 8 anni, non è ancora arrivata a conclusione nella maggior parte delle regioni, in alcune probabilmente parzialmente iniziata.

Forse è ora di smettere di deliberare, scrivere progetti/piani/recepimenti che sembrano quasi diventare un alibi per dire “ho fatto”. Forse è il momento di realizzare ed investire nella salute delle persone malate di diabete, lavoriamo tutti insieme su questo.

Diabete

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Call to action in 8 punti

  1. Riorganizzare il sistema assistenziale sul diabete, riconosciuta da tutti come l’epidemia planetaria del XXI secolo, attraverso investimenti in risorse umane, in modelli organizzativi, tecnologia, formazione. Questo dovrà avvenire FINALMENTE utilizzando i fondi Europei disponibili (Recovery fund, Mes e fondi progettuali specifici) e quelli aggiuntivi Nazionali che andranno gestiti con estrema attenzione, evitando sprechi ed inutili duplicazioni, ma secondo una linea strategica unica condivisa a livello nazionale. Mettiamo a frutto le risorse perché non accada un nuovo Covid-19 con un territorio non preparato ed una pressione ospedaliera insostenibile. Ad esempio iniziamo subito a concretizzare quanto stabilito con l’accordo raggiunto lo scorso anno sulla strumentazione di primo livello per la diagnostica territoriale (fondi già stanziati attraverso un decreto attuativo per il 2019 in finanziaria pari a 235 Mln€, purtroppo non ancora allocati).
  2. Nella gestione del diabete occorre differenziare i percorsi di cura: serve un percorso agevolato per i giovani con servizi differenziati, con infermieri dedicati. Già di per sé la malattia cronica è difficile da accettare in età pediatrica o evolutiva, quindi anche psicologicamente differenziare percorsi e servizi rispetto a quelli creati per i pazienti adulti/anziani è molto importante. Per il diabete di tipo 1 in età pediatrica occorre ancora stimolare le famiglie, i genitori, gli insegnanti, ad essere attenti nel raccogliere i primi banali sintomi (molta sete e urinazione abbondante) che consentono una diagnosi rapida. Il pericolo di un ritardo diagnostico che porti alla chetoacidosi diabetica, non solo pericolosa ma in alcuni casi mortale, è sempre in agguato.
  3. Creare a livello Nazionale un Osservatorio Permanente con funzioni di cabina di regia che funga da monitoraggio nazionale sulla realizzazione pratica dei piani socio-assistenziali per il diabete. Il tavolo deve avere una forte presenza di rappresentanti dei pazienti. L’Osservatorio permanente deve anche porre all’attenzione in tempo reale i problemi assistenziali nella gestione della malattia diabete, rilevati nelle varie realtà territoriali e proporre rapide e costruttive soluzioni. Dovrà anche dare visibilità ed ampia diffusione alle buone pratiche adottate nelle realtà regionali/locali, così da poterle replicare facilmente in tutti i territori.
  4. Facilitare l’accesso all’innovazione Tecnologica di valore (farmaci e dispositivi) che viene ancora valutata, in maniera assolutamente penalizzante, per silos di spesa, perdendo completamente di vista il reale impatto che questa può avere sull’intero percorso di cura: riducendo i costi di ricovero, di accesso al pronto soccorso, prevenendo le tante complicanze di malattia, consentendo un monitoraggio glicemico facilitato, permettendo un onere organizzativo ridotto, liberando spazi utili per le liste d’attesa. Un evento semplice come la ipoglicemia con i suoi sintomi può cambiare la vita delle persone malate e delle famiglie. Sono stati forti i racconti dei genitori, che non riescono a dormire la notte per la paura che i bimbi abbiano una crisi e dei bimbi che dormono con le manine chiuse per la paura che mamma e papà, durante la notte, vadano a pungerli per misurare la glicemia; o dei figli preoccupati che il genitore anziano che vive da solo, possa cadere in casa da solo e rischiare la vita per una crisi ipoglicemica. L’innovazione consente attraverso apparecchi semplici che monitorano la glicemia a distanza e con allarmi che rilevano le variazioni pericolose di questa, di prevenire questi eventi e gestirli a distanza in tutta tranquillità e senza rischi. Ugualmente esistono nuove terapie che riducono quasi completamente il rischio di ipoglicemia e gli eventi pericolosi ad essa correlati. Occorre chiedersi quale sia il valore di queste tecnologie nella vita dei cittadini malati di diabete prima di prendere decisioni su come allocare le risorse. Ma l’applicazione di queste tecnologie è un processo lento ed in molti casi ritardato dall’obiettivo di una minor spesa motivata da ragionamenti quanto mai errati di potenziale risparmio che al contrario induce, oltre che maggiori rischi clinici per i pazienti, aumento di costi.
  5. Covid-19 ha accelerato l’utilizzo di nuove tecnologie per la connessione tra i vari attori di sistema. L’utilizzo della telemedicina deve essere rapidamente implementato all’interno dei modelli organizzativi per la gestione del malato di diabete, seguendo modalità ed esempi di chi ha già sperimentato punti di forza ed aree critiche. Dovrà essere condiviso su quali attività applicarla essendo ben chiaro che non sostituirà la normale attività in pressenza ma sarà un utile supporto di questa. La sua applicazione deve essere subito estesa in tutto il territorio Nazionale secondo regole condivise e semplici, approvate in Conferenza stato regioni. A questa dovrà essere affiancata una intensa attività di formazione su tutti gli operatori: medici, caregiver, farmacisti ed a cascata sui pazienti. Le regioni dovranno avere linee guida semplici per poter effettuare la formazione. Dovranno essere stabilite delle tariffe di rimborso delle prestazioni a livello nazionale e dovrà essere monitorata attentamente l’applicazione e l’utilizzo appropriato di queste. L’applicazione uniforme dei servizi di telemedicina nel territorio Nazionale, deve essere monitorata dall’Osservatorio Permanente.
  6. L’Aderenza alle terapie è una battaglia difficile, ad oggi parzialmente persa, che richiede l’impegno di tutti: una indagine su oltre 5.000 farmacie con 16.500 malati monitorati ha evidenziato che 2 su 3 malati di diabete, non sono per nulla aderenti. Obiettivo deve essere informare i pazienti sulle gravissime conseguenze che la mancata aderenza può avere sulla loro salute. La riduzione di aspettativa di vita nella persona con diabete non in CONTROLLO GLICEMICO (aspetto fortemente collegato alla aderenza terapeutica) è di 7-8 anni. Anche in epoca Covid-19 alcuni lavori hanno dimostrato che i diabetici controllati rispetto a quelli non controllati, quando ricoverati, muoiono meno e hanno sintomi meno gravi.
  7. Sburocratizzare e semplificare il sistema assistenziale: un es° fra tutti la eliminazione immediata dei piani terapeutici sui farmaci cosiddetti innovativi per il diabete, molti dei quali oramai prossimi alla genericazione. La trascrizione di questi, da rinnovare periodicamente per pazienti spesso in terapia da anni, rappresenta un inutile impegno per i pazienti ed i familiari (logistica, trasferimenti, perdita di produttività, etc), una perdita di tempo utile per il medico curante sottratto al controllo clinico, in un momento in cui la carenza di personale e di tempo, crea già congestione sulle liste d’attesa nei centri specialistici e negli ambulatori territoriali. Ridare ruolo attivo alla medicina territoriale sulla gestione dei farmaci innovativi (ancora come già scritto, molti in scadenza brevettuale) per i quali oggi non ha accesso alla prescrizione. Se si pensa di riportare il territorio ad essere centrale nella gestione delle cronicità diabete, come è possibile non fornirlo degli strumenti di cura indicati dalle evidenze scientifiche e dalle linee guida Internazionali e Nazionali, oramai da anni? Senza questa condizione la presa in carico con le cure adeguate, sul territorio non potrà mai essere efficace e tempestiva.
  8. Linee di indirizzo Nazionali per un percorso diagnostico terapeutico assistenziale (PDTA) sul diabete condiviso ed uniforme per tutta Italia che, seppure declinato secondo le varie realtà regionali, dia a tutti i cittadini le stesse possibilità di diagnosi e cure. Che chiarisca in maniera inequivocabile ruoli e responsabilità, compiti e competenze dei vari attori della filiera: dai tecnici della programmazione regionale, ai Clinici ospedalieri, agli specialisti territoriali, ai medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, agli infermieri, al personale dei distretti sanitari, ai farmacisti, ai nuovi team USCA. La creazione di figure infermieristiche dedicate sul territorio deve essere messa a sistema subito. Il mondo della Scuola deve essere coinvolto nelle attività di supporto alla malattia dopo previa adeguata formazione (tra queste critica ma fondamentale, perché salvavita, la possibilità di individuare un referente scolastico formato per la gestione delle problematiche legate alla malattia ed alle sue difficoltà socio-assistenziali o necessità gestionali, un es° fra tutti l’utilizzo del glucagone in caso di ipoglicemia grave).

 

Molte di queste cose erano già scritte nel Piano Nazionale sulla malattia diabetica, ma molte altre sono state dettate dai cambiamenti di scenario avvenuti, non ultimo quello creato dalla recente pandemia che ha messo in luce la fragilità della presa in carico territoriale. Ma in tutto questo percorso di cambiamento è assolutamente indispensabile uscire dalla autoreferenzialità e dal corporativismo delle diverse categorie professionali, comprendendo che il diabete è una epidemia che si può vincere solo con lo sviluppo della conoscenza dei problemi legati alla malattia e con l’impegno di tutti i cittadini malati e non. Oggi ci affanniamo a combattere una pandemia ponendo il problema in termini di epidemiologia e sicurezza infettiva, con una visione parziale ed incompleta del vero problema sociale che emerge: Covid-19 infatti è una malattia che danneggia ed uccide quasi sempre persone affette da malattie croniche, dovute a fenomeni meglio controllabili ed in alcuni casi eliminabili, se solo si rinnovassero le politiche pubbliche su economia, salute, ambiente, istruzione. Se non avremo compreso questo e se non provvederemo ad intervenire OGGI su queste condizioni in cui il virus diventa più pericoloso, nessuna misura sarà efficace. Nemmeno un vaccino, perché oggi è Covid ma domani sarà altro. Alle Istituzioni il compito di collaborare con le Associazioni di malati di diabete, trovando insieme soluzioni sostenibili e monitorando la realizzazione dei piani da tempo scritti.

 

Sintesi curata dalla direzione scientifica di Motore Sanità per Diabete Italia

#L’ictus non resta a casa!

L'ictus

Azzerate le prescrizioni dei nuovi anticoagulanti e accesso in ospedale più difficile per i pazienti durante la prima ondata.

L’appello dei medici: «Identificare le persone a rischio e mettere in atto programmi specifici che semplifichino l’accesso alle cure». 

Nuove strategie: realizzare piattaforme digitali di condivisione dati tra gli stakeholder del settore e “pacchetti di screening” per i pazienti a maggior rischio

27 novembre 2020. La malattia vascolare è stata messa in un angolo durante la pandemia da Covid-19 e i pazienti hanno avuto meno possibilità di accedere ai centri di cura con una conseguente diminuzione degli accessi in ospedale. Un dato che misura quanto l’emergenza sanitaria abbia profondamente sconvolto il percorso di cura e di assistenza per i pazienti colpiti da ictus cerebrale è che nella prima ondata è stata azzerata la prescrizione di alcuni farmaci e dei nuovi anticoagulanti ed è stato più difficolto per questi pazienti andare in ospedale dove il timore del contagio ha avuto un forte impatto sulla decisione del paziente a chiedere aiuto. Questo è il quadro emerso durante il webinar ‘Strategie sanitarie di prevenzione dell’ictus: come ottimizzare la prevenzione per una popolazione più sana’, organizzato da Motore Sanità in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co, e realizzato grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer.

Ogni anno in Italia si registrano almeno 100.000 nuovi ricoveri dovuti all’ictus cerebrale, circa un terzo delle persone colpite  non sopravvive a un anno dall’evento, mentre un altro terzo sopravvive con una significativa invalidità: il numero di persone che attualmente vive in Italia con gli esiti invalidanti di un ictus ha raggiunto la cifra record di quasi un milione (Rapporto 2018 Ictus). Una ricerca basata su un sondaggio di 250 stakeholders europei che includono associazioni dei pazienti colpiti da ictus, politici e sanitari coinvolti nella prevenzione, condotta dalla World Stroke Organization e dell’Osservatorio Ictus Italia, ha messo in evidenza che esiste una maggiore sensibilizzazione verso il tema della prevenzione in paesi come Olanda e Inghilterra mentre in Italia esiste un grosso gap tra l’implementazione delle linee guida per la prevenzione dell’ictus e ciò che in realtà viene fatto.

“Sulla prevenzione dell’ictus, le istituzioni possono incidere con un lavoro su quattro ambiti – ha spiegato Valeria Caso, Dirigente Medico presso la S.C. di Medicina Interna e Vascolare-Stroke Unit, Membro del Direttivo della World Stroke Organization e  dell’Osservatorio Ictus Italia: sensibilizzazione sui fattori di rischio dello stroke e la loro possibile gestione per informare  correttamente la popolazione. Ad esempio, la fibrillazione atriale, a cui diversi studi riconducono circa il 25% dei casi di ictus, ancora troppo frequentemente viene diagnosticata solo all’insorgere dell’evento cardiovascolare maggiore. Poi: potenziamento delle figure professionali del mondo sanitario; promuovere l’implementazione delle linee guida cliniche per la prevenzione dell’ictus, aumentando la comunicazione sulle best practices, evidenziando gli interventi chiave come la gestione della pressione sanguigna e altre azioni preventive e assicurando l’accesso alle terapie. Sono convinta che finché non esiste un accesso equo alla terapia non si può implementare in maniera corretta la terapia prescritta. E, infine, sostegno per le tecnologie digitali, garantendo la disponibilità e l’accesso per operatori sanitari e pazienti, da un lato con maggiori investimenti e dall’altro con modalità di utilizzo definite”.

L’emergenza Covid-19 come ha reso difficoltoso l’accesso alle cure ai pazienti, ha anche fornito la possibilità di guardare a nuove opportunità. “L’ictus non rimane a casa, il paziente deve venire in ospedale ed essere trattato – si appella Graziano Onder, Direttore Dipartimento malattie cardiovascolari, Istituto Superiore di Sanità -. Un dato allarmante è stato registrato nei mesi di marzo, aprile e maggio e cioè che le prescrizioni di alcuni farmaci e dei nuovi anticoagulanti si sono azzerati. Inoltre l’accesso in ospedale a pazienti con malattie diverse dal Covid-19 è stato molto ridotto e decine di migliaia di visite ambulatoriali per malattie croniche sono state cancellate. Se veramente vogliano trarre un insegnamento da questa fase epidemica dobbiamo essere bravi a identificare le persone a rischio e mettere in atto dei programmi specifici che semplificano l’accesso alle cure, un esempio potrebbe essere l’impiego delle tele-visite”. “Gli smartphone, anche già in tempi pre Covid, sono venuti incontro ai pazienti – conclude Caso -. Credo che sia importante andare verso una cura più territoriale”.

“Abbiamo la necessità assoluta di governare l’emergenza ma non dimentichiamo le emergenze passate – ha dichiarato l’Onorevole Nicola Provenza, Componente Commissione XII (Affari Sociali) Camera dei Deputati –. Dobbiamo non soltanto intervenire sulla prevenzione, potenziandola, e intervenire con efficacia e prontezza per un riequilibrio tra ospedale e territorio. Non dobbiamo scordare che da febbrai a ottobre 18 milioni di prestazioni sono saltate”.

Quali altri strategie? Concordi le associazioni e federazioni di pazienti (FEDER-A.I.P.A. OdV, Federazione Associazioni Italiane Pazienti Anticoagulati, Federazione A.L.I.Ce. Italia ODV – Associazione per la Lotta all’Ictus Cerebrale) a istituire tavoli di lavoro e piattaforme digitali per rilevare, sondare i dati e confrontarli tra i stakeholder del settore al fine di elaborare le migliori strategie per rendere migliore la vita del paziente con ictus e migliorare le cure, e a costituire “pacchetti di screening per la prevenzione dell’ictus” rivolti a pazienti a maggior rischio, in una logica di educazione alla salute e alla prevenzione appunto.

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Carcinoma mammario metastatico: “L’importanza della diagnostica di accompagnamento per una diagnosi precoce a disposizione delle pazienti per il successo della terapia”

Carcinoma mammario metastatico

27 novembre 2020 – Il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente tra le donne ed è potenzialmente mortale se non è individuata e curata per tempo. Se il tumore viene identificato in fase molto precoce la sopravvivenza a 5 anni nelle donne trattate è pari al 98%. Nel cancro metastatico purtroppo la sopravvivenza è molto minore, dipende dalle caratteristiche della paziente, dall’aggressività della patologia, dalle opzioni terapeutiche a disposizione e dallo stadio in cui la malattia viene diagnosticata. Ma nel caso del Carcinoma Mammario Triplo-Negativo, che ha un peso epidemiologico del 15-20% tra le neoplasie della mammella e che, in fase avanzata o metastatica, conta circa 1.500 pazienti in Italia, si aprono importanti prospettive di cura grazie alla immunoterapia anti-PD-L1 di Atezolizumab, anticorpo monoclonale studiato per legarsi alla proteina PD-L1 espressa sulle cellule tumorali e sulle cellule immunitarie infiltranti il tumore, in grado di riattivare l’azione dei linfociti T. Per il successo di questa terapia è fondamentale valutare nelle pazienti l’espressione del PD-L1 (Programmed Death Ligand 1) attraverso l’utilizzo di un test di accompagnamento per il cui uso mancano linee guida nazionali che consentano un rapido e appropriato accesso alle pazienti con queste precise caratteristiche cliniche. Con l’obiettivo di discutere su come velocizzare, modernizzare e implementare i progressi della diagnostica MOTORE SANITA’ ha organizzato il webinar ‘Immunoterapia ed efficienza organizzativa: un nuovo modello di governance nel trattamento dei tumori della mammella’, progetto sponsorizzato da Roche.

“Il focus è sulle pazienti portatrici di carcinoma della mammella noto come “triplo negativo”. Poiché questo tumore non esprime i classici bersagli terapeutici per specifica terapia ormonale o molecolare, fino ad ora l’unico trattamento appropriato e rimborsabile è stata la chemioterapia. Basandosi sui dati ottenuti dallo studio registrativo IMpassion130, l’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), con Determina del 14 luglio 2020, e successiva Determina della Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana (n. 188 del 28-7-2020) hanno dato il via libera alla rimborsabilità per un farmaco immunoterapico (atezolizumab) associato a chemioterapia (nab-paclitaxel) in prima linea per la terapia di pazienti affette da carcinoma mammario triplo negativo non resecabile localmente avanzato o metastatico, i cui tumori presentano un’espressione di PD-L1 ≥1%. La scheda AIFA prevede che per l’eleggibilità al trattamento con atezolizumab i tumori siano testati con saggio immunoistochimico Ventana PD-L1 SP142, lo stesso usato nello studio registrativo. Il test, marcato CE-IVD, richiede specifiche modalità di lettura dei risultati e personale formato a tale scopo. Paradossalmente, al momento, la rimborsabilità del “compagno diagnostico”, ossia di PD-L1 SP142, non è prevista nei Livelli Essenziali di Assistenza. Questo sottintende che un’analisi a priori della governance è fondamentale così come la necessità di coinvolgimento di tutte le figure professionali che partecipano dalla diagnosi alla cura dei pazienti, anche nella stesura di documenti che devono garantire una logica di accessibilità ai farmaci sostenibile appropriata ed equa”, ha spiegato Anna Sapino, Direttore Scientifico IRCCS FPO Candiolo (TO).

“Si fa riferimento ad una opportunità di terapia che può derivare da una analisi biomolecolare. Perché questo si possa realizzare è necessario la condivisione dei professionisti, l’aggiornamento del PDTA e l’accessibilità alla specifica indagine biomolecolare. Le reti sono la sede  naturale in cui si possono raggiungere più facilmente questi obiettivi”, ha detto Gianni Amunni, Direttore Generale Istituto per lo Studio, la Prevenzione e la Rete Oncologica (ISPRO) Regione Toscana.

“Siamo estremamente felici di supportare questo evento che promuove un confronto tra i vari attori del Sistema Sanitario Nazionale sulla necessità di rendere accessibili le tecnologie sanitarie innovative. Soprattutto in ambito oncologico, la diagnostica di accompagnamento costituisce uno degli approcci più all’avanguardia per indirizzare il paziente alla terapia più indicata e quindi più efficace (personalizzazione della terapia) e contestualmente per contribuire alla sostenibilità economica dell’intero Ecosistema Salute grazie all’appropriatezza prescrittiva. In quest’ottica, Roche vuole essere un partner etico del Sistema Sanitario, favorendo la discussione, lo scambio di idee e la condivisione delle conoscenze”, ha dichiarato Guido Bartalena, PhD Head of Healthcare & Market Development Roche Diagnostics SpA.

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