Roadshow diabetologia – Milano 5 Dicembre 2018

Il diabete è una sorta di pandemia mondiale che in Italia colpisce 4 milioni di persone consapevoli della malattia ed un altro milione di persone che, pur essendone affette, non ne sono a conoscenza e quindi non fanno nulla per curarsi. Di questi circa 5 milioni di italiani con diabete oltre il 90% ha il tipo 2, associato ad uno stile di vita poco salutare ma fortemente condizionato da determinanti genetici.
Il diabete comporta un rischio circa doppio di incorrere in malattie cardiovascolari e di morire per malattie cardiovascolari, ma si complica spesso anche con retinopatia, nefropatia, neuropatia, piede diabetico e/o altre patologie a carico di ossa, articolazioni, cute, polmoni, apparato digerente, ecc. Il diabete aumenta anche il rischio di gravi infezioni e di tumori. Ogni anno in Italia il numero di persone che muoiono a causa o anche a causa del diabete non è molto distante dal numero di persone che muoiono per cancro.
La protezione cardiovascolare è uno dei principali obiettivi di cura nel diabete e per questo negli ultimi anni sono stati condotti numerosi studi che hanno testato la sicurezza o i benefici dei nuovi farmaci anti-iperglicemici resi disponibili per la sua terapia. Più frequentemente questi studi hanno esaminato soggetti con pregressa malattia cardiovascolare (prevenzione secondaria) ma in alcuni studi sono stati reclutati anche soggetti con elevato rischio ma senza eventi pregressi (prevenzione primaria). Negli studi condotti con inibitori DPP-4 si è documentata una sicurezza cardiovascolare di tali farmaci ma nessun beneficio.
Negli studi condotti con agonisti GLP-1 in alcuni casi è stata dimostrata solo sicurezza e in altri anche un beneficio cardiovascolare e renale. Risultati importanti sono stati osservati negli studi con inibitori SGLT-2, farmaci che hanno evidenziato una riduzione degli eventi cardiovascolari e renali ma anche in alcuni casi una riduzione della mortalità sia cardiovascolare che per tutte le cause. I risultati più eclatanti sono stati osservati nello studio EMPA-REG, condotto con empagliflozin in soggetti in prevenzione secondaria.
Questi risultati hanno portato le società scientifiche dell’area diabetologica a rivedere le linee guida nel trattamento del diabete tipo 2, soprattutto in presenza di malattia cardiovascolare.

Dal punto di vista dell’economia sanitaria va sottolineato che il diabete è una patologia estremamente costosa che in Italia rende conto di quasi il 15% della spesa sostenuta dal SSN. Circa il 90% di questa spesa è attribuibile al costo delle complicanze della malattia e solo il 10% alla gestione standard, fra cui la spesa per i farmaci anti-iperglicemizzanti, i dispositivi per monitoraggio e terapia, gli esami di laboratorio di ambito metabolico e gli accessi ai centri diabetologici.
La cost-effectiveness dei nuovi farmaci per la cura del diabete, in particolare quelli con provati benefici cardiovascolari, appare indiscutibile ma purtroppo esistono ancora barriere al loro più ampio utilizzo: impossibilità di prescrizione senza oneri a carico del cittadino in alcune tipologie di soggetti, accesso difficoltoso agli specialisti che al momento sono gli unici abilitati a prescrivere, considerazioni sulla spesa che tengono conto solo del prezzo del farmaco ma non del costo complessivo della malattia complicata da problematiche cardiovascolari (infarto, ictus, scompenso cardiaco).
Appare quindi importante portare all’attenzione dei politici e dei decisori in sanità gli aspetti cruciali della patologia diabetica e delle sue complicanze, soprattutto cardiovascolari, l’impatto economico presente e futuro della malattia, le principali strategie di prevenzione anche alla luce delle nuove opzioni terapeutiche disponibili.

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Focus su Epatiti. Come conciliare cronicità, cure innovative e budget

Nuovi farmaci. Assessore alla Salute Regione Lombardia Mantovani: «Prevediamo con l’arrivo delle nuove cure una spesa di circa 100 milioni di euro per i prossimi 18 mesi».

Stefano Carugo, Consigliere Regione Lombardia. «E’ indispensabile definire i percorsi diagnostico-terapeutici e di appropriatezza, per consentire ai nostri cittadini lombardi di poter disporre delle terapie innovative senza però avere il collasso del nostro sistema di Welfare».

Diversi milioni di persone in Europa hanno contratto l’Epatite B e l’Epatite C, che sono tra le principali cause di cancro al fegato e trapianto di fegato.

In occasione del Workshop dal titolo “La gestione della cronicità e l’eccellenza della cura: focus su epatiti”, in programma oggi a Palazzo Pirelli, in sala Pirelli, si è affrontato il tema dell’organizzazione a livello nazionale dei dati epidemiologici della malattia da epatiti ed in particolare dell’arrivo dei farmaci innovativi di terza generazione per la cura dell’epatite C. Inoltre sono stati trattati i temi principali della prevenzione e della diagnosi nella cura delle epatiti e dell’impatto sociale organizzativo ed economico delle stesse.

Il 5 dicembre scorso è stato commercializzato in Italia il Sofosbuvir, il primo di una nuova categoria di farmaci indicati nel trattamento della Epatite C. Altri farmaci sono già stati autorizzati da EMA (Agenzia europea per i medicinali) e saranno resi disponibili a breve, e altri sono attualmente in fase di sperimentazione. I nuovi farmaci presentano una efficacia superiore o sovrapponibile alle terapie già disponibili, ma sono sicuramente meglio tollerati e offrono pertanto una opportunità di cura per i pazienti che oggi non sono trattati o lo sono in modo inadeguato.

L’Agenzia italiana del Farmaco (AIFA) ha definito le categorie di pazienti che potranno essere immediatamente trattate; in questa prima fase del programma di rimborsabilità non tutti i pazienti

affetti da Epatite C verranno trattati, ma solo quelli per cui la terapia farmacologica risulta più urgente. Per i pazienti meno gravi è preferibile attendere le nuove opportunità di cura, che prevedono di associare contemporaneamente più di un farmaco innovativo, in quanto le associazioni danno migliori risposte. Questi pazienti verranno nel frattempo monitorati con attenzione per verificare l’andamento della malattia.

«Le ultime scoperte ci vengono in aiuto – ha spiegato l’Assessore alla Salute della Regione Lombardia Mario Mantovani -. Abbiamo un farmaco straordinario che, insieme ad altri farmaci, porta ad un superamento della malattia in oltre il 90% dei casi. Per Regione Lombardia e per l’Italia intera è ovviamente un prodotto importante. Come Regione ci stiamo già attivando in maniera tale da consentire che i casi prioritari, che saranno definiti da AIFA, vengano presi in considerazione. Sul piano economico abbiamo già lavorato: quest’anno abbiamo ottenuto un risparmio di circa 100 milioni sui medicinali che metteremo a disposizione per i primi18 mesi per il trattamento dei nuovi casi».

La Regione Lombardia ha individuato 23 centri, di cui 12 localizzati in provincia per dare la possiblità ai pazienti di accedere al trattamento. «Si tratta di ospedali con possibilità di trapianto e siti nei capoluoghi di provincia – ha proseguito l’Assessore Mantovani -. Questi ospedali già attualmente trattano pazienti particolarmente complessi e garantiscono la partecipazione a studi scientifici nazionali ed internazionali. Prevediamo con l’arrivo di queste cure una spesa di non meno di 100 milioni di euro per i prossimi 18 mesi. Per fortuna partiamo con 100 milioni di risparmio sui farmaci attuati nell’ultimo anno».

Sulla professionalità dei medici lombardi Mantovani ha concluso: «E’ molto elevato il valore dei nostri professionisti che lavorano in Lombardia su queste patologie e molti nostri ricercatori sono in diretto contatto con AIFA che ha il compito di valutare i farmaci e di stabilire i criteri di accesso per i pazienti».

E proprio sui criteri di accesso si è soffermato Giancarlo Spinzi, Direttore della Struttura Complessa di Gastroenterologia dell’Ospedale Valduce di Como. «Sofosbuvir è un farmaco di notevole importanza con il quale possono essere curati pazienti che non hanno risposto a precedenti trattamenti e anche pazienti mai trattati. Il grande problema di questi farmaci è il loro costo che non tutti i sistemi sanitari possono sostenere. Si tratta in ogni caso di rendere l’accesso il più garantito possibile a tutti i pazienti attraverso dei precisi criteri. Tali criteri di accesso devono essere rigidi sia per trattare quei pazienti effettivamente bisognosi, sia per allargare le possibilità a tutti gli ospedali con know-how di curare i pazienti con epatiti. Il controllo di tali criteri da parte della Regione Lombardia permetterà di evitare di sperperare le risorse».

La Dottoressa Tiziana Quirino, Direttore della Struttura Complessa di Malattie infettive dell’Ospedale di Busto Arsizio (Va) ha snocciolato i dati.

«La prevalenza dell’infezione in Italia è differente in relazione alle aree territoriale, in particolare presenta un gradiente di incremento fra Nord e Sud (2 – < 4% nel Nord, 4 – < 6% nel Centro, ≥ 8% nel Sud). Negli anni l’epidemiologia è variata. Dagli anni ’90, quando l’identificazione del virus ha permesso il controllo del sangue con efficaci test di screening, sono praticamente scomparse le infezioni conseguenti a trasfusioni. Lo stesso dato è applicabile alle infezioni acquisite attraverso procedure mediche. Sempre dagli anni ’90 ad oggi sono diminuite le infezioni acquisite per tossicodipendenza in relazione al minor utilizzo di sostanze stupefacenti per via endovenosa. Resta stabile il dato di infezione per via sessuale. Il rischio di trasmissione in gravidanza è circa del 4%; circa un terzo delle trasmissioni avvengono in utero. Nei pazienti con infezione da Hiv spesso è presente anche epatopatia cronica da Hcv; attualmente circa il 30% dei pazienti con infezione da Hiv presenta coinfezione da Hcv».

Sul costo della malattia Francesco Saverio Mennini dell’Università di Torvergata di Roma ha anticipato: «Un recente studio ha sistematizzato le informazioni epidemiologiche ed economiche disponibili per il nostro paese e stimato il peso economico annuo sostenuto dalla società italiana (costi diretti sanitari e costi indiretti) per il monitoraggio, il trattamento e la gestione dei pazienti con infezione cronica da Hcv. Tale modello epidemiologico ha consentito di stabilire che il numero

di pazienti prevalenti con diagnosi di patologie Hcv-indotte nel nostro paese dovrebbe corrispondere a 299.195 individui (pazienti trattati ed in osservazione al 2013). Inoltre lo studio ha permesso di calcolare l’onere economico assorbito dalle patologie Hcv-indotte nel 2013, stimando un costo medio annuo di poco superiore ad 1,0 miliardo di euro. I costi diretti sanitari sostenuti dal sistema sanitario in Italia, nel 2013, per le patologie HVC-indotte sono pari a 407 milioni di euro, mentre i costi indiretti superano i 645 milioni di euro, gravando per circa il 61% sui costi totali. Per questo motivo è condivisibile la proposta di un piano pluriennale per trattare gradatamente tutti i malati di Epatite C, stanziando un budget adeguato dedicato alla patologia che nel medio-lungo periodo sia compensato dai benefici di riduzione dei costi sia diretti, per la cura dell’Hcv e delle patologie Hcv-correlate, che indiretti (perdita di produttività e morte prematura)».

I nuovi farmaci ad azione diretta per il trattamento dell’epatite C hanno la potenzialità di eradicare l’infezione da Hcv in Italia, dove la prevalenza è purtroppo la più alta d’Europa. «Per questo l’AIFA ha istituito un percorso condiviso con tutti gli stakeholder ed ha partecipato ai maggiori tavoli internazionali su questa tematica – ha spiegato Simona Montilla, Ufficio Centro Studi Aifa-. Al fine di favorire l’accesso ai nuovi trattamenti al più ampio numero di pazienti in urgenza clinica, assicurandone al tempo stesso la sostenibilità e l’appropriatezza d’uso, queste nuove terapie saranno tutte sottoposte ad un Registro di monitoraggio Aifa, che consentirà anche di raccogliere dati per una corretta definizione nel tempo di un adeguato rapporto di costo efficacia».

«L’impatto di spesa dei nuovi farmaci per la cura dell’Epatite è molto elevato per il Sistema sanitario nazionale e per le Regioni – ha spiegato Giovanna Scroccaro, responsabile del Settore Farmaceutico di Regione Veneto -. La Regione Veneto ha censito i pazienti che presentano le caratteristiche per essere trattati e ha già individuato 2.300 pazienti; a questi ne andranno aggiunti almeno altri 2000 che pur non essendo ancora noti ai Centri veneti che trattano l’Epatite C, sono attesi in base alle informazioni disponibili sulla epidemiologia della malattia. La spesa stimata al lordo di eventuali sconti o pay back – ad oggi non noti – è di almeno 100 milioni di euro e questa cifra rappresenta l’8% della spesa farmaceutica complessiva in Veneto. E’ evidente che, in assenza di specifici ulteriori finanziamenti statali, le Regioni faticheranno non poco a trovare le risorse necessarie. Sarà necessario porre in atto ulteriori manovre di razionalizzazione della spesa sanitaria».

Secondo il Dottor Davide Croce, Direttore del Centro di Ricerca in Economia e Management in Sanità e nel Sociale – Università Carlo Cattaneo LIUC, Castellanza (VA) «problematica risulta essere la sostenibilità economica dei trattamenti, tema che deve essere affrontato con una organizzazione dei servizi e una programmazione puntuale delle attività, dopo una altrettanto importante selezione dei pazienti attraverso la definizione delle opportunità di trattamento e delle risposte virologiche sostenute (Svr) al trattamento stesso. La conoscenza su effetti collaterali, comorbilità e atteggiamento di pazienti, solo per citarne 3, sono scarse e la comunità scientifica deve attrezzarsi anche su questo punto per far circolare le informazioni che possano aiutare ad affrontare in maniera efficace le patologie. La sostenibilità è un tema complicato da affrontare in un Paese che è ancora attanagliato dalla crisi economica».

Dunque, cronicità, cure innovative e budget: come conciliare tutto questo? Stefano Carugo, Consigliere della Regione Lombardia ha dichiarato: «E’ indispensabile definire i percorsi diagnostico-terapeutici e di appropriatezza, per consentire ai nostri cittadini lombardi di poter disporre delle terapie innovative senza però avere il collasso del nostro sistema di Welfare. Scopo di questo focus vuole essere, quindi, quello di focalizzare cosa Regione Lombardia potrà fare per armonizzare queste esigenze».

In merito alla determina per la rimborsabilità del farmaco Sofosbuvir per i pazienti più gravi, ha espresso qualche soddisfazione, anche se con qualche preoccupazione, Epac l’associazione dei malati con epatite C. Ivan Gardini, presidente Epac ha dichiarato: «Inizia oggi una nuova era per la cura dei malati con epatite C. Auspicabilmente, è anche l’inizio dell’eradicazione totale della malattia. Sofosbuvir è il primo di una serie di farmaci molto potenti in grado di raggiugere tassi di guarigione vicini al 100%. L’approvazione corona anche una battaglia di EpaC durata diversi mesi

per avere il farmaco disponibile. C’è però un problema. Non ci sono ancora i fondi per curare tutti i pazienti che ne hanno necessità. Ci auguriamo che la legge di stabilità, passando in Senato, possa recepire una serie di emendamenti già annunciati per la costituzione di un fondo per la cura dell’epatite C. Diversamente – ha concluso Gardini – avremo grossi problemi di accesso al farmaco. Ecco perché continueremo a chiedere i fondi per poter curare tutti i pazienti indistintamente, senza doverli selezionare in base alla gravità. EpaC vigilerà affinchè le Regioni concedano l’immediato e pieno accesso a farmaco già a partire dalla prossima settimana».