Giovani: cuore matto per colpa della solitudine e della droga

I cardiologi all’evento di Motore Sanità lanciano l’allarme: la pandemia ha cambiato e peggiorato gli stili di vita degli italiani in maniera rapida. Sono i giovani a pagare il prezzo più salato.

In Europa 1,7 milioni di persone sono morte per malattie cardiovascolari. Secondo il Report di Eurostat nel 2020, nonostante la pandemia, le malattie del sistema circolatorio sono state la principale causa di morte in tutti i paesi dell’UE, ad eccezione di Danimarca, Irlanda, Francia e Paesi Bassi, dove il cancro era la causa principale.

Milano, 16 marzo 2023 – La salute del cuore degli italiani, insieme a quella di tutto il mondo occidentale, è peggiorata. Basti pensare che circa il 44% del totale dei decessi nel nostro Paese sono dovuti a malattie cardiovascolari come infarto e ictus. Malori

– e morti improvvise – anche tra i giovani. Cosa sta succedendo? I complottisti gridano al vaccino, ma il vaccino non c’entra. C’entra però il Covid-19, c’entrano i 3 anni di pandemia.

Nell’anno in cui è scoppiata la pandemia, il COVID-19 è stata la terza principale causa di morte nell’UE, con un totale di quasi 439 000 decessi a fronte di 1,7 milioni di persone che hanno perso la vita a causa di malattie cardiovascolari. Tra i membri dell’UE la quota più alta di decessi per malattie del sistema circolatorio è stata osservata in Bulgaria (61%) e la più bassa in Francia (20%).

I dati relativi all’anno più intenso della pandemia vengono resi noti per la prima volta e attestano che sì, il nostro Paese ha registrato il maggior numero di decessi (78.478), ma confrontando il numero di decessi COVID-19 con ulteriori decessi nel 2020, risulta che le principali cause di morte tra gli abitanti dell’UE sono state le malattie del sistema circolatorio e il cancro (neoplasie maligne) e la terza causa di morte più frequente è stata il COVID-19, seguita dalle malattie respiratorie.

Stiamo vivendo un momento storico particolare”, spiega il Professor Furio Colivicchi, Presidente dell’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO) – Associazione che raggruppa 6mila cardiologici impegnati nella prevenzione e nella cura delle malattie cardiovascolari che lavorano nelle strutture del Servizio Sanitario Nazionale. “Stiamo uscendo in maniera lenta e faticosa dalla fase pandemica, portandoci dietro un carico di problematiche legate al fatto che, nei 3 anni della pandemia Covid-19, le malattie cardiovascolari sono state curate in moltissime realtà in maniera inadeguata”.

Le malattie cardiovascolari rappresentano dunque un problema sanitario che durante la recente pandemia non è andato certo migliorando, a causa dei minori controlli, delle mancate diagnosi, della perdita di aderenza terapeutica, sulle quali l’ipercolesterolemia ha un’incidenza ancora troppo rilevante. Ma perché questo accade nonostante le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci?

Al fine di richiamare l’attenzione della popolazione sui rischi molto seri correlati alle malattie cardiovascolari, per evitare anche che queste creino problemi di sanità pubblica, Motore Sanità ha percorso l’intero stivale alla ricerca di risposte, raccogliendo il contributo di oltre cento esperti. Nella tappa lombarda che si è tenuta oggi, dal titolo “Pnrr, ipercolesterolemia, rischio cardiovascolare. Tra bisogni irrisolti, innovazione e nuove necessità organizzative”, Fabrizio Giovanni Oliva, Direttore Struttura complessa Cardiologia 1, Emodinamica Unità di Cure Intensive Cardiologiche, Ospedale Niguarda Milano e Presidente designato ANMCO, ha sottolineato ancora un altro aspetto: ovvero che queste malattie cardiovascolari determinano una disabilità importante in chi sopravvive a un evento di ictus e infarto, incidendo in maniera significativa sulla qualità di vita di queste persone e delle loro famiglie.

I FATTORI DI RISCHIO

In fase pandemica sono peggiorati gli stili di vita: sono aumentati i fumatori, è aumentata la sedentarietà (anche per colpa dello smart working), l’incidenza dell’obesità e di eccesso di peso più in generale. Fattori che, nel tempo, portano con sé un problema al nostro cuore.

Analisi condotte sul consumo di tabacco e suoi derivati, attestano un incremento significativo di fumatori, che supera il 10% rispetto ai livelli pre-pandemici. “Questo ci fa dedurre che non solo sono aumentati i fumatori, ma anche che chi già fumava adesso fuma di più”, precisa ancora il Professor Furio Colivicchi. “Sappiamo inoltre che le persone si sono curate di meno – continua il Professore. “Nel periodo più pesante della pandemia, c’è stato un crollo delle vendite nelle farmacie dei farmaci per la cura dell’ipertensione e dell’ipercolesterolemia di oltre il 20%. Questo si

rapporta a un peggioramento complessivo della gestione di questi due fattori di rischio. Lo abbiamo visto anche nelle attività di pronto soccorso: per lo scompenso cardiaco, che è la fase finale di sviluppo della malattia, gli accessi sono aumentati di oltre il 25% e la mortalità in ospedale dei pazienti scompensati è salita al 15-20% (nel periodo della pandemia era triplicata)”.

Tutti questi indicatori compongono una sorta di mosaico che ci racconta come la situazione delle malattie cardiovascolari in Italia sia in deciso peggioramento. “Non dimentichiamo infine la solitudine e la minor interazione con le persone, altre eredità negative che ci lascia la pandemia, insieme all’aumento del disagio della fatica di vivere in una realtà complessa come quella che affrontiamo oggi”, conclude il Presidente di ANMCO. “In più, c’è anche il fattore di abuso di sostanze stupefacenti che è esploso in questo periodo, che hanno effetti sfavorevoli sull’apparato cardiocircolatorio e possono precipitare negli eventi acuti. Ciò si vede soprattutto nei giovani, che pensano di essere esenti da rischi”.

Ipercolesterolemia, Emilia Romagna registra i più alti livelli: nel 35% degli uomini e nel 36% delle donne. Calo di visite specialistiche con conseguenze per la salute.

Nel 2021 calo di visite specialistiche del 17%, quasi 1 visita specialistica su 5 non è avvenuta. La situazione non è cambiata dopo la pandemia. Conseguenze: fuga nella sanità privata o scarsa prevenzione con rischi per la salute maggiori e livelli di spesa più alti legati ad ospedalizzazioni o impianti di bypass coronarico.

La politica: “Serve proporre riforme che abbiano come priorità la prevenzione e ascoltare i bisogni di professionisti, territorio e associazioni del terzo settore, per comprendere qual è la strategia da mettere in atto”.

Bologna, 9 marzo 2022 – L’Emilia Romagna è una delle regioni italiane, con la Sardegna e il Molise, in cui si registrano le percentuali più alte di ipercolesterolemia nella popolazione, superando di gran lunga il valore limite. Rispetto alle tre macro aree individuate dall’Associazione Nazionale Medici Cardiologi Ospedalieri (ANMCO), è emerso che nell’area del nord, che comprende anche l’Emilia-Romagna, i livelli di colesterolo alto si riscontrano nel 35% degli uomini e nel 36% delle donne. Si aggiunge un dato allarmante: nel 2021 si è registrato un calo di visite specialistiche del 17%, quasi 1 visita specialistica su 5 non è avvenuta. Conseguenze: fuga dei cittadini verso la sanità privata o in molti casi nessuna prevenzione, con rischi per la salute maggiori e livelli di spesa più alti legati ad ospedalizzazioni o impianti di bypass coronarico.

Attorno al fenomeno dell’ipercolesterolemia rimangono ancora irrisolti i problemi, tra cui l’elevata percentuale di soggetti che non raggiunge gli obiettivi lipidici (circa l’80% dei pazienti in trattamento), la mancanza di modifiche al trattamento (anche nei soggetti senza raggiungimento degli obiettivi lipidici), la ridotta aderenza al trattamento che si assesta intorno al 50% dei soggetti in trattamento. Nello studio del PNRR, l’esigenza è studiare come affrontare queste emergenze e quali saranno le risorse da investire. Se n’è parlato all’evento PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE, TRA BISOGNI IRRISOLTI E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE – EMILIA-ROMAGNA, organizzato

da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Simone Pelloni, Componente IV Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna, ha snocciolato dati allarmanti: nel 2021 le visite specialistiche sono diminuite del 17%, quasi una visita specialistica su 5 non è avvenuta.

Purtroppo la situazione è rimasta simile a quella emergenziale – ha spiegato Simone Pelloni -. Spesso i cittadini trovano le liste chiuse così si rivolgono alla sanità privata oppure, in molti casi, non fanno prevenzione, con rischi per la salute ben maggiori e con livelli di spesa molto più alti legati ad ospedalizzazioni o impianti di bypass coronarico. Oggi in Emilia Romagna abbiamo il grande bisogno di accesso ai servizi sanitari quindi di prevenzione, soprattutto in materia di malattie cardiovascolari, e c’è bisogno più che mai di un approfondimento legato a queste tematiche organizzative. Regione Emilia Romagna si deve mettere in posizione di ascolto rispetto agli operatori, al settore e a quelle buone pratiche per riuscire a spendere meglio le risorse che ha e ritornare a dei livelli di produzione di servizi che aiutino e prevengano le malattie cardiovascolari più gravi e le ospedalizzazioni. La regione Emilia Romagna ha bisogno quanto

prima di una riforma e chiunque riesca ad aiutarci in questo compito difficile è bene accetto”.

Valentina Castaldini, Componente IV Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna ha aggiunto: “Abbiamo un grande compito: di fronte ai fondi straordinari del PNRR si deve ripensare all’ordinario, proponendo riforme che abbiano come priorità la prevenzione, il vero tema della politica oggi, e ascoltando i bisogni dei professioni, del territorio e delle associazioni del terzo settore, per comprendere qual è la direzione da prendere, qual è la visione oltre il PNRR e la politica da mettere in atto”.

Questo il quadro clinico rispetto all’ipercolesterolemia. “Il mancato raggiungimento del target è uno dei principali problemi, così come la mancata aderenza alla terapia – è intervenuto Emanuele Ciotti, Direttore sanitario AUSL Ferrara -. Questi problemi vanno affrontatati con gli strumenti corretti: linee guida, PDTA, formazione, ma soprattutto con un approccio multi professionale che includa il medico di medicina generale, lo specialista, l’infermiere di comunità, il farmacista e anche lo psicologo di comunità che nel cambiamento degli stili di vita ha un ruolo cruciale. È necessario che questa rete professionale costruisca in quel determinato territorio una comunità di pratiche che permetta tramite la cartella clinica unica informatizzata e un lavoro sinergico sul singolo paziente una cura standardizzata e personalizzata”.

La telemedicina, ha aggiunge il Direttore sanitario Ciotti, offre la possibilità di avere contatti più snelli, veloci e a distanza. “L’educazione a stili di vita sani è, infine, un ambito che deve essere inserito in maniera strutturale all’interno del sistema sanità. Alimentazione ed esercizio fisico sono fattori fondamentali per una corretta salute, obiettivi strategici e ben chiari all’interno del PRPP dell’Emilia Romagna. Ricordiamo che l’attività fisica moderata potrebbe ridurre da qui al 2050 in Europa più di 3,8 milioni di casi di malattia cardiovascolare come ci ha indicato l’ultimo documento dell’OMS.”

Secondo Alessandro Navazio, Direttore della SC Cardiologia Ospedaliera e Responsabile del Programma delle Strutture Cardiologiche AUSL di Reggio Emilia “bisogna uscire dal concetto non più attuale che l’ipercolesterolemia sia solamente un fattore di rischio cardiovascolare: è assolutamente ora definito che l’ipercolesterolemia è un fattore eziologico della malattia aterosclerotica e che la sua riduzione determina ad oltranza una parallela riduzione di eventi cardiovascolari Potremmo quasi dire che non esiste un limite inferiore alla riduzione delle LDL (colesterolo “cattivo”) avendo dimostrato molti studi che anche valori di LDL inferiori a 20 mg/dl non comportano rischi. I valori di LDL da raggiungere dipendono dal rischio cardiovascolare del paziente che il medico può calcolare con particolari tabelle; più è alto il rischio

più bassi devono essere i valori di LDL da raggiungere. Inoltre, conta molto il tempo di esposizione all’ipercolesterolemia, perché più è lungo questo tempo più sono gli eventi. Per questo è importante trattare l’ipercolesterolemia per tempo, anche se non sono presenti gli altri fattori di rischio”.

Per quanto riguarda il trattamento dell’ipercolesterolemia, il Professor Navazio ha spiegato ancora che “se è vero che le nuove terapie permettono oggi di ridurre in maniera efficace e rapida il colesterolo permettendo di raggiungere gli ambiziosi target di riduzione del livello di colesterolo LDL e soprattutto nei pazienti ad elevatissimo rischio o a rischio estremo, non bisogna dimenticare che il caposaldo della terapia ipocolesterolemizzante è rappresentato dalle statine che hanno dimostrato di prolungare la sopravvivenza e soprattutto di ridurre gli eventi aterosclerotici su base vascolare a fronte di un’incidenza di effetti collaterali molto bassa, non gravi e reversibili. In sintesi per quanto riguarda la terapia dell’ipercolesterolemia possiamo dire che oggi abbiamo a disposizione farmaci che singolarmente o variamente associati possono fare raggiungere i valori delle LDL desiderabili a seconda del rischio del paziente in modo rapido e duraturo. È ovvio che se da un lato è importante una buona prescrizione dall’altro è fondamentale l’aderenza alla terapia da parte del paziente” ha concluso Alessandro Navazio.

Luca Degli Esposti, Presidente CliCon S.r.l Health, Economics & Outcomes Research, ha sottolineato come l’ipercolesterolemia rimanga una priorità assistenziale in quanto, nonostante l’ampiezza delle conoscenze scientifiche e delle soluzioni terapeutiche disponibili, alcune problematiche rimangono tuttora irrisolte. “Tra esse l’elevata percentuale di soggetti che non raggiunge gli obiettivi lipidici – circa l’80% dei soggetti in trattamento – l’inerzia terapeutica intesa come la mancanza di modifiche al trattamento (anche nei soggetti senza raggiungimento degli obiettivi lipidici), la ridotta aderenza al trattamento (che si assesta intorno al 50% dei soggetti in trattamento). Ovviamente, come noto, il mancato raggiungimento degli obiettivi lipidici determina esiti clinici inferiori e costi assistenziali superiori rispetto ai desiderati scenari di controllo di tale fattore di rischio cardiovascolare. La soluzione di tale situazione passa attraverso un cambiamento organizzativo basato, tra l’altro, su un monitoraggio periodico dei processi terapeutici applicati in pratica clinica e su una verifica, anch’essa periodica, dello scostamento tra pratica clinica e raccomandazioni terapeutiche. In altri termini, le raccomandazioni (e le terapie) sono disponibili ma serve una loro effettiva implementazione nella pratica”.

A rappresentare i pazienti, Rita Lidia Stara, Membro del Comitato Direttivo di Diabete Italia e Presidente della Fe.D.ER Federazione Diabete, Emilia

Romagna, regione che conta 270mila persone con diabete, che ha rimarcata la necessità di migliore la pratica perché in teoria abbiamo tutto PDTA, delibere, regole, una regione attenta a questo tema, la collaborazione delle associazioni – ma non abbiamo poi tutti quei livelli di controllo che possono misurare se quello che facciamo corrispondono ad un esito clinico favorevole”. Nell’ambito del colesterolo, infine, l’appello: “Bisogna lavorare molto sul piano culturale perché si sottovaluta il problema dei livelli alti del colesterolo e passano dei messaggi sbagliati come quello che basta un integratore a risolvere il problema. Finché non raggiungeremo le masse per sensibilizzarle sull’importanza e la serietà delle conseguenze del colesterolo, non ne usciremo mai”.

4 marzo, giornata mondiale contro il Papillomavirus. Il Veneto tra le prime regioni a realizzare percorsi di vaccinazione mirate per fasce d’età.

Circa il 70% della popolazione degli adolescenti è vaccinata contro il Papillomavirus, con punte del 77% per quanto riguarda le femmine e del 72% per quanto riguarda i maschi. Il ruolo della sensibilizzazione rispetto alla prevenzione al maschile: serve investire di più.

Anche il Veneto partecipa alla giornata dedicata alla consapevolezza dell’infezione da Papillomavirus, un’occasione per conoscere questa infezione e gli strumenti di prevenzione a disposizione dei cittadini veneti. In Italia i livelli di adesione agli screening organizzati e alla vaccinazione non sono omogenei. Così l’appello degli esperti: “Bisogna superare le differenze a livello regionale e che incidono sui tassi di adesione, con volontà politica, informazione e servizi più accessibili”.

Venezia, 4 marzo 2023 – Potenziare e rendere i servizi di prevenzione vaccinale e gli screening più accessibili; avviare campagne informative e di sensibilizzazione rivolte all’intera popolazione; promuovere programmi di prevenzione primaria e secondaria dei tumori in modo da garantire a tutti l’accesso in sicurezza alle opportunità offerte dal servizio sanitario nazionale; monitorare i livelli di copertura vaccinale e screening attraverso nuovi strumenti digitali. Questi sono i principali punti del manifesto per l’eliminazione dei tumori correlati all’infezione da Papillomavirus (HPV).

Perché i dati dell’AIRTUM (Associazione Italiana Registri Tumori) parlano chiaro: si stimano in Italia 2.700 nuovi casi di tumore del collo dell’utero o cervice uterina, dato in aumento dopo la momentanea sospensione dello screening durante la pandemia e causa oggi in Italia più di 500 decessi all’anno. La vaccinazione e la diagnosi precoce attraverso lo screening organizzato sono i principali strumenti per favorire la riduzione dell’incidenza e della mortalità per tumori HPV correlati. Lo ribadiscono i massimi esperti, insieme alle associazioni di pazienti e istituzioni politiche all’evento “Papillomavirus. Lotta ai tumori. Per una cultura della prevenzione”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di MSD, nella giornata per la sensibilizzazione contro l’HPV. Location dell’evento, la Scuola Grande San Marco, a Venezia.

Così l’Assessore alla Sanità e Politiche Sociali del Veneto Manuela Lanzarin: “L’HPV non è un’infezione che colpisce esclusivamente la salute della donna, ma riguarda anche la salute dell’uomo ed è la più diffusa infezione trasmissibile per via sessuale. Nel Veneto esistono efficaci strumenti di prevenzione che possono aiutarci a debellare la malattia. Siamo tra le prime regioni in Italia ad aver dato vita a percorsi di vaccinazioni mirate per fasce d’età, dedicati non solo alle donne, che hanno visto una massiccia adesione. Anche il Veneto partecipa alla giornata dedicata alla consapevolezza dell’infezione da Papillomavirus Umano (HPV), un’occasione per conoscere quest’infezione e gli strumenti di prevenzione a disposizione dei cittadini veneti”.

L’Assessore Lanzarin ha inoltre aggiunto il dato di un risultato importante: circa il 70% della popolazione degli adolescenti è vaccinata contro il Papillomavirus, con punte del 77% per quanto riguarda le femmine e del 72% per quanto riguarda i maschi.

Ma serve investire di più per aumentare i livelli di aderenza da parte dei ragazzi”. In Veneto dal 2019 il vaccino HPV è offerto attivamente a donne con lesione cervicale precancerosa di grado CIN2+ e nel 2020 è stata approvata la Procedura Operativa regionale “Vaccinazione anti-HPV per le donne trattate per lesioni cervicali HPV correlate di grado elevato”, che definisce le modalità di quest’offerta vaccinale. Come spiega Anna De Polo, Dirigente medico del Servizio Igiene e Sanità Pubblica, ULSS 2 Marca Trevigiana, Regione del Veneto “Nel 2022 è stata compiuta un’indagine da parte della Direzione Prevenzione della Regione Veneto fra le nove ULSS venete per valutare lo stato dell’arte dell’offerta vaccinale contro HPV alle donne che aderiscono allo screening cervicale e ricevono la diagnosi di lesione precancerosa di grado elevato. Ne è risultata notevole variabilità di azioni ed organizzazione fra ULSS diverse, ma l’aspetto più interessante emerso è che dopo l’emanazione della Procedura Operativa regionale i tempi di presa in carico di queste pazienti si sono notevolmente ridotti, con la metà delle donne (rispetto al dato precedente del 30,85%) vaccinate con la prima dose HPV entro 90 giorni dalla diagnosi di CIN2+ allo screening e la mediana di presa in carico scesa da 158 a 90 giorni. Ciò dimostra che l’emanazione di una Procedura Operativa regionale ha favorito la definizione di percorsi locali, che hanno prodotto un efficientamento della presa in carico delle pazienti. Obiettivo successivo sarà la condivisione delle buone pratiche emerse dal confronto fra le nove realtà territoriali del Veneto in un’ottica di miglioramento continuo della qualità dell’offerta vaccinale”.

La Commissione Europea ha avviato nei confronti delle patologie oncologiche un programma articolato basato su una Missione ed un Piano Operativo – aggiunge Walter Ricciardi, Presidente Mission “Board of Cancer -. Entrambi prevedono di attivare strategie di prevenzione che evitino migliaia di casi di malattia. Nel caso dell’HPV disponiamo di un vaccino efficace e sicuro che è però largamente sottoutilizzato, anche in Italia. Per questo è necessario allineare volontà politica, capacità gestionale e professionale e corretta informazione ai cittadini. Uno sforzo che va intensificato notevolmente”.

Sull’importanza di aderire ai programmi di prevenzione interviene Valentina Guarneri, Professore Ordinario, Direttore della Scuola di Specializzazione in Oncologia Medica, Università di Padova, Direttore UOC Oncologia 2 Istituto Oncologico Veneto – IRCCS. “Purtroppo la neoplasia della cervice uterina rappresenta ancora un’importante causa di morte a livello globale. Circa il 90% delle diagnosi si manifesta nei paesi a medio-basso livello socio-economico, dove mancano adeguati programmi di prevenzione, e dove la neoplasia della cervice uterina rappresenta la

prima causa di morte per cancro nella donna. Questo dato è reso ancora più drammatico dal fatto che la maggior parte di queste morti potrebbe essere evitata con misure relativamente semplici e come il PAP test e più recentemente la vaccinazione. C’è uno sforzo a livello mondiale per contrastare questo fenomeno, ma credo che sottolineare questi dati possa essere utile per fare capire l’importanza di aderire ai programmi di prevenzione“.

La diagnosi precoce e la vaccinazione sono indispensabili per ridurre l’incidenza di infezioni da HPV e dei tumori correlati. Così Gianni Rezza, Direttore Generale della prevenzione sanitaria presso il Ministero della Salute: “In Italia il cancro della cervice uterina rappresenta il quinto tumore per frequenza nelle donne sotto i 50 anni di età e causa ogni anno circa 500 decessi. La vaccinazione per il Papillomavirus e la diagnosi precoce attraverso lo screening organizzato sono i principali strumenti per favorire la riduzione dell’incidenza e della mortalità per questa neoplasia. Il Piano nazionale della prevenzione 2020-25 e il recente Piano oncologico nazionale 2023- 27, in accordo con lo Europe’s Beating Cancer Plan e con le nuove raccomandazioni sui programmi di screening oncologico del Consiglio europeo, hanno tra gli obiettivi principali rafforzare gli interventi per aumentare le coperture vaccinali e sostenere i programmi organizzati di screening, penalizzati durante la pandemia da Covid-19, garantendo una maggiore integrazione tra prevenzione, diagnosi precoce e presa in carico e ponendo l’attenzione sulla riduzione o eliminazione delle disuguaglianze nell’accesso agli interventi di prevenzione e cura”.

“La disponibilità di un vaccino contro l’HPV – aggiunge la Professoressa Roberta Siliquini, Presidente della Società Italiana d’Igiene (SItI) è un’opportunità straordinaria, non sufficientemente sfruttata, per combattere il cancro. In Italia, in era pre-pandemica, solo poco più della metà degli aventi diritto risultavano vaccinati, un dato che è drammaticamente sceso durante la pandemia. È necessario ricordare che il papilloma virus è responsabile non solo del cancro della cervice uterina, ma anche di molti altri meno conosciuti ma non per questo meno letali: cancro dell’ano, del pene, della vulva, della vagina, dell’oro-faringe. La vaccinazione per entrambi i generi, così come lo screening per le donne, vanno offerti attivamente con maggior forza e, forse, con strategie differenti per rafforzare ancora di più i buoni risultati fin qui ottenuti. Dall’introduzione della vaccinazione abbiamo assistito ad una riduzione annuale di circa il 2% di casi di collo dell’utero e una riduzione dell’ospedalizzazione per patologie HPV correlate di più del 30%”.

Annamaria Parola, Responsabile delle Relazioni istituzionali e progetti internazionali della Fondazione Umberto Veronesi sottolinea che l’Italia detiene gli strumenti per raggiungere gli obiettivi ambiziosi posti dall’Unione Europea e ripresi anche nel Piano oncologico nazionale: eliminare i tumori alla cervice uterina HPV-correlati come problema di salute pubblica, entro il 2030. “La pandemia ha rallentato l’adesione agli screening e alle vaccinazioni e ora occorre recuperare i gap creatosi. Per questo motivo due anni fa Fondazione Umberto Veronesi, da sempre impegnata nella sensibilizzazione sull’importanza della prevenzione dei tumori, ha redatto e sottoscritto insieme ad altre organizzazioni il Manifesto per eliminare i tumori HPV correlati, con l’obiettivo di richiamare con forza l’attenzione da parte delle Istituzioni e della Politica e chiedere loro di impegnarsi per il raggiungimento degli obiettivi condivisi. Superare le differenze che tutt’oggi esistono a livello regionale e che incidono sui tassi di adesione diventa possibile solo con risorse, volontà politica, informazione e servizi più accessibili”.

COS’E’ IL PAPILLOMAVIRUS UMANO (HPV)

L’HPV (Human Papilloma Virus) è un virus infettivo per l’uomo, di cui si conoscono oltre 200 varianti. Alcune di queste possono essere causa di tumori, principalmente dell’apparato genitale femminile e maschile e dell’orofaringe. Il virus è estremamente diffuso nella popolazione: si stima che ognuno di noi contragga un’infezione da HPV almeno una volta nella vita. L’infezione da HPV si contrae principalmente durante i rapporti sessuali con una persona portatrice. Per la prevenzione dell’infezione HPV è disponibile un vaccino sicuro ed efficace. Per tutte le donne a partire dai 25 anni di età è inoltre fondamentale aderire ai programmi gratuiti di screening cervicale che prevedono gratuitamente il Pap-test e, a partire dai 30 anni, il test per la ricerca del HPV-Dna, test molto efficaci nel garantire una diagnosi precoce.

In Italia la vaccinazione anti-HPV è raccomandata e offerta gratuitamente a ragazze e ragazzi a partire dagli 11 anni di età e viene somministrata in due dosi a distanza di 6 mesi. Se il ciclo vaccinale inizia dopo il compimento dei 15 anni, le dosi previste sono tre.

Nella Regione Veneto le donne possono vaccinarsi gratuitamente fino ai 26 anni e le donne con lesioni cervicali possono avere la vaccinazione gratuitamente indipendentemente dall’età.

I vaccini anti-HPV oggi utilizzati proteggono contro i 9 sierotipi di HPV più pericolosi e sono estremamente sicuri ed efficaci: possono prevenire oltre il 90% delle forme tumorali associate all’HPV.

I NUMERI DELL’HPV IN ITALIA E IN REGIONE VENETO

In Italia, l’incidenza di patologie HPV-correlate è rilevante sia per la popolazione femminile che per quella maschile: quasi 8.000 nuovi casi di tumore ogni anno sono attribuiti a infezioni croniche di ceppi oncogeni dell’HPV, di cui oltre 3.000 i casi stimati per il 2020 di cancro della cervice uterina.

Nel 2019, nella popolazione femminile residente in Veneto, sono stati diagnosticati 152 nuovi casi di tumore del collo dell’utero su 2.493.692 donne residenti, con un tasso di incidenza pari a 6,1 nuovi tumori diagnosticati su 100.000 donne. Nel periodo precedente, dal 2016 al 2018, erano stati identificati in media 149 nuovi casi/anno.

Nel 2021 le Aziende ULSS venete hanno invitato ad effettuare lo screening a più di 320.000 donne; il 50,3% ha aderito all’invito, ed un ulteriore 4,8% ha rinunciato alla proposta comunicando di aver già eseguito un controllo attraverso altri canali. Nel 2021, 5.697 donne hanno effettuato un approfondimento all’interno dei programmi organizzati di screening, approfondimenti che hanno portato a diagnosticare 749 lesioni precancerose.

Nel 2022 è stato fatto un ulteriore passo avanti e i numeri lo confermano: circa il 70% della popolazione degli adolescenti è vaccinata contro il Papillomavirus, con punte del 77% per quanto riguarda le femmine e del 72% per quanto riguarda i maschi.

Lo screening per il tumore della cervice uterina è offerto gratuitamente a tutte le donne residenti in Veneto a partire dai 25 o 30 anni di età, a seconda dello stato vaccinale per la vaccinazione contro l’HPV, e fino ai 64 anni.

Ipercolesterolemia: Terapie sempre più personalizzata in pazienti ad alto rischio cardiovascolare

Pasquale Caldarola, Vice Presidente Nazionale ANMCO, Associazione Nazionale Medici Cardiologi: “Oggi disponiamo di presidi farmacologici in grado di raggiungere i livelli raccomandati di colesterolemia, tuttavia nel mondo reale solo meno della metà dei soggetti ad alto rischio risulta a target”.

6 marzo 2023 – Oggi l’ipercolesterolemia, e in particolare l’aumento del Colesterolo LDL, sulla base di evidenze fisiopatologiche e cliniche non è più ritenuta solo un importante fattore di rischio cardiovascolare, ma un agente causale dell’aterosclerosi e della sua progressione. È per questo che le recenti linee Guida sul trattamento delle dislipidemie e sulla prevenzione cardiovascolare hanno proposto di raggiungere, soprattutto nei soggetti ad alto rischio come quelli che hanno già avuto un evento cardiovascolare, livelli molto bassi di Colesterolo LDL intorno ai 50 mg/dl e proposto il noto aforisma The lower the better (più basso è meglio è).

Si è parlato di questo nel corso dell’evento “PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE – TRA BISOGNI IRRISOLTI, INNOVAZIONE E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE – PUGLIA/CALABRIA/SICILIA”, promosso da Motore Sanità, con il patrocinio di Regione Puglia, A.N.M.C.O. Next Generation, Conacuore ODV, Università di Foggia, ASL Bari – Puglia Salute e con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Oggi disponiamo di presidi farmacologici in grado di raggiungere i livelli raccomandati di colesterolemia, tuttavia nel mondo reale solo meno della metà dei soggetti ad alto rischio risulta a target”, ha commentato Pasquale Caldarola, Vice Presidente Nazionale ANMCO, Associazione Nazionale Medici Cardiologi. “Una serie di fattori sono responsabili di tale insuccesso, fattori legati al paziente (l’età, il sesso, il suo stato socio-economico), alle terapie utilizzate (talora gravate da alcuni effetti collaterali), ai comportamenti del medico (insufficiente spazio dedicato alla comunicazione); un ruolo particolare svolge l’aspetto organizzativo, che spesso non prevede la presa in carico dei pazienti dopo un evento cardiovascolare attraverso percorsi condivisi tra ospedale e territorio”.

Sulla necessità di un “ponte” tra ospedale e territorio si è espresso anche Giovanni Bisignani, Direttore SC Cardiologia UTIC Castrovillari ASP Cosenza, Comitato Scientifico CONACUORE, sottolineando quanto sia utile a questo scopo la telemedicina, per fare in modo che il paziente sia controllato sia dal medico ospedaliero, sia dal medico di famiglia.

L’Assistenza Farmaceutica rientra nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA) definiti con il DPCM 29/11/2001, così come successivamente modificato con il DPCM 12/01/2017, in base al quale viene delegato alle Regioni il compito di garantire il rispetto dei criteri di appropriatezza, sicurezza ed economicità, favorendo l’uniformità delle scelte attinenti all’uso dei farmaci, a tutela dell’equità del servizio reso ai cittadini”, ha evidenziato Francesco Colasuonno, Responsabile PO Registri di Monitoraggio AIFA e Centri Prescrittori Sezione Farmaci, Dispositivi Medici e Assistenza Integrativa, Regione Puglia. La Regione, mediante l’utilizzo del sistema informativo Regionale Edotto e del sistema ministeriale Tessera Sanitaria (TS), effettua costantemente un’analisi dei dati di spesa e consumo sui farmaci erogati a livello regionale in regime SSR nel canale della farmaceutica convenzionata e diretta. L’ipercolesterolemia, soprattutto in pazienti ad alto rischio cardiovascolare, in questo momento rappresenta una patologia sicuramente paradigmatica proprio per il tema della terapia che è sempre di più personalizzata”.

Stefania Antonacci, Direttore Area Farmaceutica Territoriale ASL BARI, ha portato l’attenzione sulle valutazioni di appropriatezza prescrittiva che oggi il farmacista territoriale dell’ASL effettua su questi farmaci e il fatto che esistano oggi diverse categorie terapeutiche “che ci aiutano nel curare pazienti che hanno problemi di ipercolestrolemia e che non solo migliorano il loro stato di salute, ma migliorano anche le casse dello Stato, perché a fronte di una maggiore possibilità di scelte terapeutiche, abbiamo anche la possibilità della riduzione dei costi”.

Ha parlato infine di costi Cataldo Procacci, Dirigente Farmacista presso Azienda Sanitaria Locale BT: “Per l’ipercolestrolemia, come per le terapie croniche in generale, i real word data consentono di delineare i profili del consumo di risorse e dei costi assistenziali integrati. Complessivamente, si stima che il burden della patologia sul SSN genera una spesa annua di 1,14 miliardi di euro. Un nodo cruciale nella valutazione della spesa e degli outcome clinici è l’aderenza dei pazienti alle terapie,

questa è bassa nelle somministrazioni orali (il 42,8% dei pazienti risulta aderenti alla terapia), soprattutto le statine, mentre risulta più alta per le terapie biologiche. In questo contesto, numerosi studi dimostrano come la semplificazione della terapia migliori l’aderenza e l’efficacia clinica, diminuendo, di conseguenza, il numero di eventi cardiovascolari. Un approccio per favorire l’accesso in considerazione della sostenibilità è il controllo in termini di appropriatezza tramite l’applicazione sia della Nota 13, limitante la rimborsabilità in funzione delle classi di rischio, sia tramite sistemi di monitoraggio con schede prescrittive, piani terapeutici e registri”.

Tumori, crescono i bisogni di cura. La Regione Liguria verso un nuovo modello di rete oncologica come risposta di ospedale e territorio

Genova, 27 febbraio 2023 – Crescono i bisogni di cura dei malati oncologici, da una parte, dall’altra la cronicizzazione delle malattie neoplastiche, come conseguenza soprattutto della introduzione di nuove terapie, ha come effetto il prolungamento del percorso di cura del paziente e la necessità di ripensare l’organizzazione rispetto a modalità e luoghi di cura. A questo si aggiunge la carenza di personale anche tra gli oncologi medici che comporta profondi ripensamenti che prevedono la valorizzazione di figure professionali, del medico di famiglia e l’infermiere di comunità, e una diversa distribuzione dei compiti tra hub and spokes.

Queste sono le grandi sfide dell’Oncologia, ambito in cui diventano sempre più impellenti una “oncologia territoriale” e un nuovo dialogo tra ospedale e territorio che si traduca nel nuovo modello “hub and comprehensive cancer centers network”, che in una regione come la Liguria è più adatto alle sue caratteristiche geografiche e alle risorse disponibili. Di fronte a tutto, però, serve anche fortificare la prevenzione, intesa come adozione di stili di vita idonei e come attenzione alla diagnosi precoce, pilastro fondamentale per una società informata e consapevole.

Per fare chiarezza su questi aspetti si apre nella sede dell’Ordine dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Genova il convegno dal titolo “IL FUTURO DELL’ONCOLOGIA. Nuovi bisogni socio-assistenziali. La risposta di ospedale e territorio”, organizzato da Motore Sanità con il patrocinio di Regione Liguria, A.Li.Sa., ALS1, Ordine Provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Genova e Ospedale Policlinico “San Martino”.

La Regione Liguria può contare su una buona rete per l’assistenza oncologica, come comprovato dai tassi di sopravvivenza a 5 anni, tra i migliori in Europa. Essa è composta dal Policlinico “San Martino” (con riconoscimento IRCCS per l’Oncologia) e dalla Rete oncologica regionale (incorporata nel Diar Oncoematologia di A.Li.Sa.); questa rete assicura una omogenea e diffusa erogazione delle terapie diffuse. Ma, come detto le sfide sono tante.

“Il Diar oncologico di Alisa è stato uno strumento di grandissima efficacia durante il Covid riuscendo a garantire le risposte appropriate nonostante i periodi complicati vissuti nel periodo della pandemia – spiega Filippo Ansaldi, Direttore Generale A.Li.Sa. Regione Liguria -. Questo convegno vuole dare nuova linfa alla programmazione nel prossimo biennio, rinforzando i rapporti all’interno del dipartimento interaziendale regionale. Questo ci consentirà di dare le risposte ai nuovi bisogni dei pazienti oncologici che sono destinati ad aumentare ancora nei prossimi anni: da una parte l’invecchiamento della popolazione, dall’altra la possibilità di utilizzare terapie sempre meno invasive sono elementi che caratterizzeranno le cure e modificheranno le stesse necessità dei pazienti. Per questo ci apprestiamo a rinforzare ulteriormente la rete regionale in grado di dare risposte omogenee in tutto il territorio”.

Un disegno innovativo di rete deve andare oltre il classico modello “hub and spoke” e puntare su un modello “hub and comprehensive cancer centers network”, più adatto alle caratteristiche geografiche della Liguria e alle risorse disponibili – spiega Paolo Pronzato, Direttore dell’Oncologia Medica dell’IRCCS San Martino di Genova e Coordinatore DIAR Oncoematologia della Regione Liguria -. In questa visione, l’hub svolge attività specifiche di diagnostica molecolare avanzata, le sperimentazioni cliniche di fase I, la chirurgia specialistica, il coordinamento delle attività formative e scientifiche; la Rete di Comprehensive Cancer Centers garantisce l’assistenza (soprattutto per le neoplasie ad elevata incidenza) in tutte le aree; è anche compito della Rete offrire la capillare diffusione di centri di accesso alle cure, individuare i luoghi di cura più adatti per i vari passaggi dei Pdta, promuovere e organizzare il trasferimento dei pazienti, del materiale biologico o dei dati da un nodo all’altro, a seconda dell’area di interesse e delle competenze riconosciute e certificate”. Secondo Paolo Pronzato “tutto questo può essere ottenuto con la produzione e l’implementazione di percorsi diagnostico terapeutico assistenziali (PDTA) regionali e la realizzazione di raccomandazioni cliniche regionali sul buon uso di farmaci e tecnologie, e avendo come riferimento culturale i quattro pilastri dell’oncologia moderna: l’organizzazione in rete, la medicina di precisione, l’approccio multidisciplinare, le cure palliative precoci e simultanee”.

L’Unione Europea della salute al via a Padova

Gli obiettivi che la Commissione Europea si è posta per il suo futuro, nella seconda giornata conclusiva degli Stati generali sulle Malattie rare e l’Unione Europea della Salute, organizzati da Motore Sanità e promossi da Regione Veneto, dal Dipartimento Funzionale Malattie Rare e dall’Azienda Ospedale-Università di Padova.

Padova, 24 febbraio 2023 – “Con un budget di 5.3 miliardi di euro, l’EU4 Health Program 2021-2027 rappresenta un intervento, in ambito sanitario, senza precedenti nella storia dell’Unione Europea (UE). Un programma ambizioso con cui la Commissione indica chiaramente che il tema della salute è una priorità dell’UE. La Salute infatti, al di là dell’ambito strettamente sanitario, è un elemento chiave per la pace sociale, il benessere collettivo e lo sviluppo”.

Così Giorgio Perilongo, Professore ordinario presso il Dipartimento Salute della Donna e del Bambino e coordinatore Dipartimento Funzionale Malattie Rare dell’Università di Padova, è intervenuto nella seconda giornata, conclusiva, degli Stati generali sulle Malattie Rare e l’Unione Europea della Salute organizzati da Motore Sanità e promossi da Regione Veneto, dal Dipartimento Funzionale Malattie Rare e dall’Azienda Ospedale-Università di Padova, presso il palazzo della Salute di Padova. Fari puntati su Salute pubblica e malattie infettive, i tumori, la

ricerca e l’innovazione nel campo della farmaceutica, la digitalizzazione, l’antibiotico resistenza, i vaccini, le malattie rare (con riferimento quanto mai esplicito agli “European Reference Networks”) e, in generale, la collaborazione internazionale per affrontare i fattori che minacciano a livello globale la salute dell’uomo. Un seminario che proprio in occasione della Giornata mondiale sulle Malattie Rare 2023, accende i fari sulla rilevanza degli obiettivi che la Commissione Europea si è posta per il suo futuro.

Sono evidentemente maturi i presupposti che tracciano la strada per definire la cornice di Leap comuni (Livelli essenziali di assistenza e delle prestazioni) per i 27 Paesi dell’Unione e per definire standard e Politiche regolatorie omogenee – ha aggiunto Claudio Zanon, direttore scientifico di Motore Sanità – ciò anche sul fronte dell’innovazione, della ricerca e dei nuovi farmaci come già sperimentato durante la pandemia, pur nel pieno rispetto dell’autonomia delle Agenzie e dei sistemi sanitari dei singoli Stati”.

DONATA MERONI

Create nel marzo 2017, le reti di riferimento europee sono ora 24, presenti in tutti i Paesi membri della UE e la Norvegia, riuniscono gli specialisti di tutta Europa per affrontare patologie complesse o rare che richiedono cure altamente specializzate e una massa critica di conoscenze e risorse. Includono tutti i principali gruppi di malattie rare, e comprendono più di 1600 unità sanitarie altamente specializzate. Si trovano in un momento cruciale del loro sviluppo: “Il principio fondamentale delle ERN è far viaggiare le conoscenze piuttosto che il paziente – avverte Donata Meroni, Commissione europea, DG Sante, Capo unità per il Monitoraggio e cooperazione sanitaria e le reti sanitarie; – stiamo infatti lavorando insieme alle diverse componenti a una nuova fase che comprende un sostegno economico importante per conseguire obiettivi ambiziosi riguardo ai registri dei pazienti affetti da malattie rare, linee guida cliniche, uso della telemedicina per consultazioni tra esperti, scambi e formazione professionale”.

È intanto in preparazione un’azione congiunta della Commissione e tutti i Paesi UE, la Norvegia e l’Ucraina, per rendere sostenibili le reti europee e integrarle nelle strategie nazionali per le malattie rare. La ricerca sulle malattie rare nel quadro del programma Orizzonte Europa, il piano europeo di lotta contro il cancro, lo spazio europeo dei dati sanitari, la nuova strategia farmaceutica che comprende la revisione della legislazione sui medicinali orfani e pediatrici per affrontare le esigenze mediche non soddisfatte: questi i principali strumenti evocati da Meroni agiti in stretta cooperazione con le organizzazioni dei pazienti, per fare della reti di riferimento europee un faro per chi soffre di una malattia rara.

WALTER RICCIARDI

Emblematico l’impegno dell’Ue sul cancro – ha aggiunto Walter Ricciardi, Chair of the Mission Board for Cancer – che si fonda su due principali programmi: il Mission Board for cancer che si occupa soprattutto di ricerca e innovazione e l’European beating cancer planner, il piano europeo di lotta contro il cancro. La struttura scientifica comune serve per colmare le profonde differenze tra i Paesi sugli aspetti della prevenzione, diagnosi, trattamento e qualità della vita de malati oncologici. Gli investimenti sono importanti e l’impegno della Commissione è giustificato dal fatto che con solo con il 10 per cento della popolazione l’Europa ha il 25 per cento del carico delle malattie mondiali e non può esitare ad avviare un programma ordinato e coordinato per dare supporto agli Stati”.

SEBASTIANO LUSTIG

Nel Settembre 2020, nel suo primo discorso sullo Stato dell’Unione e in piena emergenza Covid – ha ricordato Sebastiano Lustig, Policy coordinator di Hera (Health emergency preparedness and response authority, Autorità europea per la preparazione e la risposta alle emergenze sanitarie) – la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, proponeva di istituire un’Agenzia europea per la ricerca e lo sviluppo avanzato in campo biomedico, sullo stile della Biomedical Advanced Research and Development Authority (BARDA) statunitense. Oggi l’Ue può dire con orgoglio di essersi dotata di un ambizioso strumento per rafforzare la gestione di gravi minacce per la salute a carattere transfrontaliero, siano esse di origine naturale o provocate dall’uomo”.

HERA insomma costituisce già un pilastro fondamentale dell’Unione europea della Salute. Sotto la lente, nelle Assise di Padova, anche l’impatto della digitalizzazione e delle nuove tecnologie sulla salute dei cittadini europeo, anche nell’ottica del concetto di “one health”.

MANUELA LANZARIN

In Veneto circa 50 mila persone stanno lottando contro le malattie rare. Pazienti fino ad alcuni anni fa pressoché invisibili, ma il Veneto ha avviato, da tempo, un percorso d’eccellenza nella ricerca e nella cura di queste malattie. E oggi è la Regione, il territorio che in Europa guida ogni classifica in questo campo – ha detto Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al Sociale, Regione del Veneto. Emblematico l’esempio di Padova: l’Azienda Ospedale Università Padova può

contare oggi su 22 ERN su 24 reti di riferimento europee complessive. Il Veneto ha acquisito negli anni una posizione di leadership a livello europeo ed extraeuropeo. L’attrattività regionale del Veneto è del 30,3 per cento dei pazienti pediatrici e del 20 per cento nell’adulto. Le malattie rare sono un tema apparentemente di nicchia, ma in realtà ampiamente diffuso: nella sola Padova si curano oltre 500 di queste patologie. E sono sempre di più i pazienti che scelgono il Veneto come meta per la diagnosi e la cura delle proprie patologie rare. La sfida è lanciata: il percorso dell’eccellenza tracciato”.

MAURIZIO SCARPA

L’Italia è stato il primo Paese in Europa a dotarsi di una legge (Testo unico delle Malattie rare TUMR L.175/2021) per le malattie rare ed è l’unico paese al mondo ad avere un registro completo a cui possono fare riferimento tutti i paesi del mondo – ha poi ricordato Maurizio Scarpa direttore del Centro di coordinamento regionale per le Malattie Rare in Friuli e coordinatore METABERN – European Reference Network For Rare Hereditary Metabolic Diseases – ed è leader del Piano europeo per le malattie rare nell’ambito delle reti europee di riferimento, ERN, 24 nodi creati dalla Commissione europee che coopera con Australia, Brasile e altri Paesi. Le malattie rare sono oltre 8 mila e se ne scoprono circa 20 al mese in ambito metabolico, e le reti per gruppi omogenei di malattie sono indispensabili”.

Le ERN sono costituite da centri di riferimento di diversi paesi dell’Unione Europea che collaborano tra loro, con l’obiettivo di condividere le conoscenze e le esperienze per garantire una diagnosi e una cura migliori ai pazienti affetti da malattie rare. Ogni ERN si concentra su una specifica area di competenza, ad esempio le malattie neuromuscolari, le malattie metaboliche, le malattie renali rare, e così via. Un riferimento per la ricerca e la clinica che offrono un’assistenza multidisciplinare e coordinata ai pazienti affetti da malattie rare. Le ERN possono anche contribuire alla realizzazione del Registro Nazionale delle Malattie Rare previsto dal TUMR. Infatti, le reti di centri di riferimento europei possono collaborare con i Centri di Riferimento per le Malattie Rare italiani per condividere le conoscenze e le esperienze sulla diagnosi e la cura delle malattie rare. In questo modo, si può contribuire alla creazione di un database di informazioni più completo e aggiornato sulla diagnosi e la cura delle malattie rare. “Stiamo lavorando – ha concluso Scarpa – per integrare gli ERN nel sistema Sanitario nazionale e rispondere così ai bisogni di salute dei pazienti affetti da malattie rare”.

SILVIO BRUSAFERRO

Il cammino per arrivare ad una matura Unione Europea della Salute è ancora molto lungo e complesso – ha concluso Silvio Brusaferro, Presidente dell’Istituto superiore di Sanità – ma la parola chiave è dare spazio europeo alle reti per le cure di malattie rare, tumori, malattie infettive. L’Iss ha il compito, in Italia, di coordinare tutti i nodi della rete e fare da apripista di conoscenza e risposte mediche e e assistenziali ai bisogni di Salute. L’obiettivo è mettere a fattor comune tutti gli ingredienti: ricercatori, epidemiologi, clinici ospedalieri e strutture di supporto sociale e anche strutture imprenditoriali che esprimono caratteri di eccellenza che bisogna legare con sequenze e modalità giuste assicurando i bisogni e le necessità delle reti. Presupposti per dare le migliori risposte e creare benessere e ricchezze”.

LE CONCLUSIONI

Il pensiero e la conseguente strategia politica europea, così come le normative nazionali e internazionali, necessitano di progressive elaborazioni; la sostenibilità dei futuri Sistemi sanitari, alla luce dei progressivi costi delle innovazioni biotecnologiche e dei nuovi farmaci, è un tema che deve ancora essere adeguatamente elaborato, così come il processo di rivisitazione degli attuali modelli di finanziamento della sanità; la sensibilità dei cittadini europei e dei principali “stakeholders” (quali le Autorità sanitarie nazionali e regionali) in tema di Unione Europea della Salute deve ulteriormente crescere; infine, i moderni strumenti tecnologici devono ancora essere più diffusamente implementati per concepire realtà future, quale appunto l’Unione Europea della Salute. In questa prospettiva diventa prioritario elaborare “Proof of cencepts”, al fine di confermare e consolidare il cammino verso la costruzione di questa nuova collaborazione europea anche in ambito sanitario. È da queste considerazioni che si è partiti per promuovere, proprio in occasione della Giornata Mondiale sulle Malattie Rare 2023, un seminario che serva a far crescere, specie nella classe medica coinvolta nell’attività degli European References Network sulle Malattie Rare ma certamente non solo, una consapevolezza diffusa di essere protagonisti del prestigioso e ambizioso tentativo di dar vita all’Unione Europea della Salute del valore, e dell’importanza di perseguire questo obiettivo per il bene individuale e pubblico e idealmente di contribuire a far crescere la voglia di realizzarlo.

Malattie Rare: esempio di eccellenza, il Veneto guida la classifica in Europa

Al via a Padova gli “Stati Generali Malattie Rare”: il primo evento di richiamo europeo che unisce la realtà locale, nazionale ed europea.

Padova, 23 febbraio 2023 – “Oggi abbiamo una legge sulle Malattie Rare approvata all’unanimità in Parlamento. Servono adesso quei decreti attuativi che devono calarla nel quotidiano dei pazienti, a beneficio loro e dei loro familiari, affinché la legge diventi di fatto operativa e permetta un maggior coordinamento tra tutti gli operatori sanitari che si occupano di Malattie Rare”, spiega il Dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità, dando il via alla giornata di lavori Stati Generali Malattie Rare – Nord Est Italia, organizzata da Motore Sanità e promossa da Regione Veneto e dal Dipartimento Funzionale Malattie Rare, e dall’Azienda Ospedale-Università di Padova. “Quest’anno – continua Zanon – gli Stati Generali sulle Malattie Rare si occuperanno di tutti gli aspetti non solo teorici, ma soprattutto pratici, per cercare di rendere più facile la presa in carico di questi pazienti e per far sì che essi possano trovare soluzioni e punti di riferimento semplificati per quanto riguarda la cura a cui devono sottoporsi, che spesse volte è per sempre. Seppur il 70% delle Malattie Rare siano pediatriche, infatti, alcune perdurano per tutta la vita e quindi rientrano non solo nell’ambito delle Malattie Rare, ma anche di quella che è una gestione della cronicità della malattia. La legge recentemente approvata e le disposizioni date alle Regioni vogliono dare riscontro a quella che è la soluzione più semplice, possibile e plausibile per questi pazienti e per quanto riguarda la loro presa in carico. Il nuovo testo di legge ha inoltre recepito e fatto proprio la proiezione europea delle reti per le Malattie Rare, reti che stanno aprendo la strada al grande obiettivo di realizzare l’Unione Europea della Salute”.

Con un budget di 5.3 miliardi di Euro l’EU4 Health Program 2021-2027 rappresenta un intervento in ambito sanitario che non ha alcun precedente nella storia dell’Unione Europea (UE) a riguardo di temi di salute pubblica e individuale dal valore aggiunto europeo con un’attenzione particolare proprio alle Malattie Rare, nell’ottica di aprire la strada all’Unione Europea della Salute”, chiosa Giorgio Perilongo, Professore Ordinario di Pediatria del Dipartimento Salute della Donna e del Bambino e coordinatore Dipartimento Funzionale Malattie Rare, AOU Padova. “È da queste considerazioni che si è partiti per promuovere, proprio in occasione della Giornata Mondiale sulle Malattie Rare 2023, un seminario che serva a far crescere una consapevolezza diffusa sulla rilevanza di perseguire il grande obiettivo che la Commissione Europea si è posto per il suo futuro, ossia quello di costruire l’Unione Europea della Salute”.

In Veneto circa 50 mila persone stanno lottando contro le Malattie Rare”, sottolinea Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al Sociale, Regione del Veneto. Pazienti fino ad alcuni anni fa pressoché invisibili, nei grandi numeri della sanità. Ma il Veneto ha avviato, da tempo, un percorso d’eccellenza nella ricerca e nella cura di queste malattie. Ed oggi è la regione, il territorio, che in Europa guida ogni classifica in questo campo. Emblematico l’esempio di Padova: l’Azienda Ospedale Università Padova che è parte di 22 dei 24 European References Networks (altrimenti noti con l’acronimo ERN), ossia le reti europee che legano fra loto gli istituti di eccellenza per 24 gruppi di Malattie Rare rispettivamente. In questo contesto partecipiamo da protagonisti a questi “Stati Generali” dai quali sicuramente usciranno stimoli e suggerimenti preziosi. Il Veneto oggi ha acquisito negli anni una posizione di leadership a livello europeo ed extraeuropeo. L’attrattività regionale del Veneto è del 30,3 per cento dei pazienti pediatrici e del 20 per cento nell’adulto. Le Malattie Rare sono un tema apparentemente di nicchia, ma in realtà ampiamente diffuso nella società odierna: nella sola Padova si curano oltre 500 di queste patologie. E sono sempre di più i pazienti che scelgono il Veneto come meta per la diagnosi e la cura delle proprie patologie rare. La sfida è lanciata: il percorso dell’eccellenza tracciato”.

Anche Maurizio Scarpa, Direttore Centro Coordinamento Regionale Malattie Rare Friuli AOU Udine e coordinatore METABERN – European Reference Network For Rare Hereditary Metabolic Diseases, ha parlato degli ERN: “Stiamo lavorando per integrare gli ERN nel sistema Sanitario Nazionale e rispondere così ai bisogni di salute dei pazienti affetti da malattie rare”.

A chiudere la giornata di lavori Angelo Paolo Dei Tos, Professore Ordinario Anatomia Patologica Università Degli Studi di Padova e Direttore UOC Anatomia Patologica AOU Padova: “Il tema della rarità riguarda anche i tumori. Definiti in base alla incidenza (meno di 6 casi/100.000 abitanti) rappresentano in realtà il 20% di tutti i tumori. La Mancanza di expertise diagnostico e terapeutico di fatto discrimina i pazienti affetti da tumore raro”.

Ambiente, Nutrizione, Salute. La Winter School 2023 di Motore Sanità accende i riflettori sulla Salute Globale, indispensabile per assicurare la salute e la crescita economica del Paese

Pollenzo, 18 febbraio 2023 – La salute dell’uomo e quella del pianeta viaggiano a braccetto anche a tavola. È quanto emerso dalla due giorni della Winter School2023di Motore Sanità, appena conclusasi a Pollenzo (CN), con il patrocinio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche.

I 10 principali punti emersi:

1.Nuove infezioni aggravate dai rischi climatici minacciano la nostra salute. Per cercare di dare risposte a questa impellente emergenza, l’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità scende in campo coinvolgendo specialisti e aziende sanitarie.

2. Le diete malsane causano più di 950mila decessi in Europa e il 40% della popolazione abbandona la dieta mediterranea. È necessaria un’inversione di rotta, contro gli alti tassi di sovrappeso e obesità causati dal cibo spazzatura responsabile di gravi patologie (dal diabete al cancro).

3. Quando il consumatore diventa paziente, mangiare in molti casi diventa preoccupazione, fino a sfociare nel rifiuto del cibo che impatta negativamente sul benessere psicofisico e rende difficile la cura. La cura della ristorazione durante la degenza attuata con pietanze semplici, di stagione, con aspetti riconducibili alla tradizione, gustosi ma non salati, che usano condimenti e spezie per esaltare i sapori, può essere un elemento di educazione alimentare che abitua il paziente a comprendere che cambiare le proprie abitudini alimentari non vuol dire privarsi del piacere del cibo.

4. L’etichettatura racconta la storia del prodotto che portiamo sulle tavole, per questo è importante associarla alla promozione della dieta mediterranea, incoraggiando i produttori a realizzare alimenti più sani e sostenibili. È il senso del Med Index, sistema di etichettatura dei prodotti alimentari concepita come una etichettatura completa e basata su criteri misurabili. Uno strumento per imparare ad acquistare alimenti sani per l’uomo e per il pianeta.

5. Il nostro Servizio sanitario ha di fronte importanti sfide per continuare a garantire la migliore presa in carico del paziente e il miglior percorso di cura e di assistenza e la gestione delle risorse del PNRR sarà decisiva per lo sviluppo di grandi opportunità offerte dalla tecnologia digitale.

6. L’evoluzione digitale soffre l’ansia dei tempi che incombono per realizzare la rivoluzione tecnologica. Non possiamo improvvisare, ma progettare e programmare per rispondere alla necessità di digitalizzare la sanità nel nostro Paese.

7. Quattro italiani su 10 soffrono di almeno una malattia cronica e 2 su 10 di due o più malattie croniche. Il paradigma scientifico di riferimento è quello della one-health, un modello di analisi della correlazione tra esposizione ambientale e salute perché nel binomio cibo-salute c’è la chiave di lettura dei territori e, di conseguenza, un patrimonio scientifico sul quale costruire soluzioni per la garanzia e la tutela dei cittadini.

8. 12,4 milioni di fumatori in Italia sono la prova che il proibizionismo non paga. Fermo restando che la proposta numero uno è smettere di fumare, i professionisti e gli esperti di settore ritengono che occorra intraprendere una strada basata sulla riduzione del rischio attraverso tutti gli strumenti disponibili e le alternative messe in campo.

9. Salute mentale: aumentano casi di autolesionismo, depressione, anoressia, poliabuso di sostanze e atti di violenza soprattutto tra gli adolescenti. L’allarme arriva da chi ha in cura ogni giorno i pazienti presso i Centri di salute mentale. Servono almeno 2miliardi di euro per rispondere ai nuovi bisogni e riportare la salute mentale al centro dell’agenda politica. Inoltre è importante continuare a combattere lo stigma, favorire l’inclusione e integrare i servizi sociali e sanitari soprattutto per i pazienti psichiatrici per una gestione del paziente a 360 gradi.

10. Ipercolesterolemia e diabete sono killer silenziosi. Vengono in aiuto alimentazione, prevenzione, nuovi farmaci, ma c’è anche attenzione rispetto all’utilizzo di rimedi naturali, come integratori e nutraceutici, messi a punto sull’evidenza clinica di alcuni frutti dalle straordinarie proprietà. Le strategie dietetiche che ad oggi si sono rivelate più efficaci sono la riduzione di acidi grassi saturi, l’introduzione di fitosteroli e una elevata aderenza alla Dieta Mediterranea.

Evento di punta della sanità nazionale, la Winter School di Motore Sanità rappresenta da sempre un appuntamento fondamentale per il confronto tra esperti, clinici, rappresentanti delle Istituzioni, politici, Associazioni di pazienti e di categoria e addetti ai lavori della Sanità italiana. Oltre 100 i relatori intervenuti nelle 20 tavole di lavoro che si sono tenute nella sede congressuale di Pollenzo.

Ambiente, nutrizione e Salute: al via la due giorni della Winter School 2023 di Motore Sanità a Pollenzo (CN)

Nuove infezioni aggravate dai rischi climatici minacciano la nostra salute. Dall’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità le strategie di prevenzione e mitigazione del rischio.

Pollenzo (CN), 16 febbraio 2023 – “Le infezioni ospedaliere, meglio definite dal termine HAI, insieme alla resistenza antimicrobica (AMR), rappresentano uno dei maggiori problemi di salute pubblica in Italia e in Europa e già oggi incidono in modo significativo sulla qualità e sicurezza dell’assistenza sanitaria. Le infezioni ospedaliere multiresistenti sono già oggi indicate dall’Oms (Organizzazione Mondiale della Sanità) come l’evento avverso più frequente durante l’erogazione di cure sanitarie con un andamento epidemiologico preoccupante e un progressivo significativo impatto clinico ed economico. Ne consegue un notevole aumento dei costi diretti e indiretti, dovuti all’allungamento della degenza ospedaliera, all’insorgenza di invalidità a lungo termine e alla mortalità”. Così Francesco Locati, Direttore Generale ASST Bergamo Est, ha aperto stamani la due giorni della Winter School 2023 di Motore Sanità dal titolo “Ambiente, Nutrizione, Salute”, in programma a Pollenzo (CN) nelle giornate di oggi e domani.

Le HAI sono potenzialmente evitabili, implementando efficaci interventi di prevenzione e controllo delle infezioni (IPC). I programmi IPC a livello nazionale, regionale e locale sono fondamentali per il successo del contenimento della resistenza antimicrobica e della prevenzione delle HAI, comprese le epidemie di malattie altamente trasmissibili attraverso un’assistenza di alta qualità nel contesto della copertura sanitaria universale.

L’estensione e la gravità della situazione attuale non possono essere risolte senza un approccio globale, ma con programmi che devono poi essere declinati a livello nazionale, regionale e locale, stabilendo un gold standard minimo per l’applicazione obbligatoria delle misure di controllo delle infezioni, definendo strategie obbligatorie per il controllo delle infezioni e la gestione degli antibiotici e stabilendo indicatori appropriati al fine di monitorare l’attuazione e l’efficacia degli interventi.

Il distress globale causato dall’emergenza di COVID-19 ha rivelato chiaramente la notevole vulnerabilità umana di fronte a malattie infettive causate da nuovi agenti patogeni. Tali malattie causano non solo infezioni e morte in un gran numero di persone, ma determinano anche ampie conseguenze socio-economiche (ad esempio, i costi finanziari cumulativi della pandemia di COVID-19 potrebbero salire a 16 trilioni di dollari solo per gli Stati Uniti).

Va sottolineato che questo non è stato un evento isolato; il peso di malattie come l’HIV, Zika, malaria, dengue, chikungunya, influenza, Ebola, MERS e SARS causano milioni di morti ogni anno. Come ormai dimostrato, le malattie infettive possono essere aggravate dai rischi climatici innescati dalle continue emissioni di gas serra. Inoltre, anche le diverse vie di trasmissione sono state influenzate dal cambiamento climatico, generando focolai di malattie infettive in zone non endemiche a causa della diversità tassonomica degli agenti patogeni. I danni climatici, aggravando progressivamente il rischio di diffusione di malattie infettive, rappresentano una seria minaccia per la salute umana e necessitano urgentemente di azioni aggressive per ridurre le emissioni di gas a effetto serra.

Paolo Petralia, Direttore Generale Asl 4 Regione Liguria e Vicepresidente Fiaso, evidenzia che tra gli strumenti più attuali per il sostegno allo sviluppo di risposte avanzate e innovative ai temi di salute, ambiente, nutrizione e clima c’è il Piano Nazionale Complementare – PNC correlato al PNRR per il periodo 2021/26. “Il controllo delle malattie acute e croniche, trasmissibili e non, correlato in modo diretto o indiretto a fattori ambientali e climatici, è normalmente prerogativa dei Dipartimenti Aziendali di Prevenzione, oltreché degli ISZ e delle ARPA – ha detto Petralia. Il loro crescente coinvolgimento nel rafforzamento delle strutture e dei servizi del SNPS-SNPA – a partire dall’utilizzo organico e coerente dei suddetti finanziamenti – è oggi una notevole opportunità per infrastrutturare un upgrade significativo a livello regionale e di networking nazionale dell’applicazione del DM 106 dell’8/6/22. In questa prospettiva potranno svilupparsi modelli e proposte gestionali-organizzative sempre più one health e digitali, che rappresentano la frontiera per una salute globale sostenibile ed equamente accessibile.”

Altro punto: la microbiologia, che è sempre più una disciplina che si sta consolidando nel quadro del Servizio Sanitario Italiano e a livello internazionale, a supporto e a integrazione dell’azione clinica nei confronti dei pazienti e degli utenti.

A ribadirlo Erminio Torresani, Direttore del Dipartimento dei Servizi di Medicina di Laboratorio e del Laboratorio analisi cliniche dell’I.R.C.C.S. Istituto Auxologico Italiano di Milano: “Di rilievo il ruolo del microbiologo in campo ospedaliero che, in collaborazione con altri professionisti, è impegnato nella lotta alle infezioni contratte durante la degenza. Complicanze che con più di 700.000 casi annui comportano un’ulteriore spesa di circa un miliardo di euro e circa 50.000 ulteriori decessi annui. L’intervento del microbiologo è oggi anche molto interessante nello studio del rapporto fra i microorganismi, il nostro corpo e l’ambiente. Studio che può permette di conoscere questi equilibri e di preservarli.”

Evento di punta della sanità nazionale, con il patrocinio dell’Università degli Studi di Scienze Gastronomiche di Pollenzo, la Winter School di Motore Sanità rappresenta un appuntamento fondamentale per il confronto tra esperti, clinici, rappresentanti delle Istituzioni, politici, Associazioni di pazienti e di categoria e addetti ai lavori della Sanità italiana.

Scompenso cardiaco: l’innovazione aggiunge 8 anni di vita in più ai malati cronici, rispetto a una terapia di base

Alessandro Navazio, Direttore UOC Cardiologia AUSL Reggio Emilia: “Se iniziamo la terapia adeguata dopo i 55 anni garantiamo al paziente, rispetto a una terapia di base, 8 anni di vita in più. Dopo i 65 anni, potremmo garantire una differenza di 6 anni di vita in più”.

15 febbraio 2023 – Proseguono i tavoli di confronto nelle diverse regioni italiane per favorire una condivisione di idee sulla revisione del disease management (gestione integrata della malattia) per lo scompenso cardiaco, patologia cronica con esito fatale nel 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi e che interessa un’ampia fetta di cittadini. In Italia è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni con un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico molto rilevante.

Ad aprire i lavori di “L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA E SALVA LA VITA DEI MALATI CRONICI – SCOMPENSO CARDIACO – Focus on SGLT2i EMILIA-ROMAGNA”, evento promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim e Lilly, Andrea Costa, Componente IV Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna, che ha ricordato il grande lavoro svolto dalla regione regione Emilia-Romagna in ambito di prevenzione delle malattie cardiovascolari.

Lo scompenso cardiaco è la prima causa di morte in Emilia Romagna”, ha aggiunto Pasquale Gerace, Componente IV Commissione Politiche per la Salute e Politiche Sociali Regione Emilia-Romagna. “Provoca circa 16mila decessi all’anno e uno dei maggiori fattori di rischio è l’ipertensione, di cui soffre circa un terzo della popolazione della nostra regione. Seguono le cardiopatie ischemiche. Fortunatamente l’innovazione in campo medico sta cambiando lo scenario, a beneficio delle persone colpite da questa patologia cronica. Ritengo sia nostro dovere fornire ai professionisti di settore gli strumenti e le opportunità per continuare a migliorare e sviluppare le loro capacità di intervento”.

Quando i pazienti hanno le terapie raccomandate, hanno un outcome nettamente migliore”, spiega Alessandro Navazio, Direttore UOC Cardiologia AUSL Reggio Emilia. “Se iniziamo la terapia adeguata dopo i 55 anni noi garantiamo al paziente, rispetto a una terapia di base, 8 anni di vita in più. Dopo i 65 anni, potremmo garantire una differenza di 6 anni di vita in più”.

Luciano Potena, Direttore SSD Scompenso Cardiaco e Trapianti dell’IRCCS Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, ha posto l’accento sul concetto di “stabilità”, che è diverso da quello della “gravità”. “Noi questo lo vediamo spesso nei pazienti che ci vengono riferiti”, racconta il Direttore. “A questo proposito, la terapia adeguata non deve essere patrimonio del Centro super specialistico – come possiamo essere noi – ma deve essere patrimonio comune, sia perché i pazienti con scompenso cardiaco sono tanti, sia perché la gestione e la gravità di questi pazienti necessita di strategie organizzative e terapeutiche adeguate al rischio di ospedalizzazione e di morte che questi pazienti portano con sé”.

A conclusione dell’incontro Immacolata Cacciapuoti, Servizio Assistenza Territoriale Emilia Romagna, che ha spiegato che la regione Emilia Romagna ha deciso, con i fondi del Ministero, di fare la piattaforma regionale di telemedicina su cui le aziende stanno transitando. Insieme alla centrale operativa – con infermieri disponibili h12 7 giorni su 7, che devono avere una conoscenza molto forte sul territorio a livello distrettuale – e il numero riservato ai pazienti con bassa complessità (116117) sono obiettivi importanti. “Se andiamo a regime con questi temi”, ha precisato Cacciapuoti, “il ricovero deve essere episodico, la presa in carico deve essere specialistica, ma poi il paziente torna a casa. Aggiungo il tema delle cure palliative: speriamo di sensibilizzare sempre di più i medici di medicina generale e gli specialisti ospedalieri”.