Scompenso cardiaco: le novità farmacologiche hanno un impatto fortissimo e cambiano la storia naturale della malattia.

22 novembre 2022 – Lo scompenso cardiaco, patologia cronica con esito fatale nel 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi, colpisce circa 15 milioni di persone in Europa. Di queste, oltre il 10% ha un’età superiore ai 70 anni.

In Italia è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni con un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico molto rilevante. Lo scompenso cardiaco è spesso associato ad altre malattie del sistema cardio-nefro- metabolico, come il diabete di tipo 2 e le malattie renali. A causa della natura interconnessa di questi sistemi, il miglioramento di uno può portare effetti positivi in tutti gli altri. Per questi motivi si sono studiati gli effetti della classe degli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2i), già indicati sia come monoterapia, sia in terapia di combinazione in pazienti con diabete di tipo 2 e che hanno dimostrato attraverso numerosi studi RCT di garantire benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale (-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%).

Sulla base di queste evidenze sono stati impostati numerosi nuovi studi, con l’obiettivo di valutarne l’impatto in ambito cardiovascolare, indipendentemente dal diabete. Così si è aperta la strada ad una nuova indicazione che rappresenta una svolta epocale nel trattamento dei pazienti con scompenso cardiaco cronico sintomatico. Sulla base di queste evidenze Motore Sanità ha promosso il primo di una serie di tavoli di confronto nelle diverse regioni italiane dal titolo “L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA E SALVA LA VITA DEI MALATI CRONICI – SCOMPENSO CARDIACO – Focus on SGLT2i PIEMONTE”, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim e Lilly. Obiettivo favorire una condivisione di idee sulla revisione del disease management per questa importante cronicità, che interessa una ampia fetta di cittadini.

Così Claudia Raineri, Responsabile Cardiologia AOU Città della Salute e della Scienza TO: “L’ospedalizzazione è una finestra fondamentale su cui il cardiologo deve lavorare per dare una corretta cura farmacologica al paziente. Il 30% dei nostri pazienti non assume almeno un farmaco di quelli che dovrebbe secondo le linee guida e solo il 15% utilizza a dosaggio ottimale quelli indicati. Quello che stiamo cercando di fare è un percorso a partire dal pronto soccorso e identificare le diverse tipologie dei pazienti suddivisi per rischio. L’implementazione della terapia ha un ruolo importantissimo e la telemedicina può essere uno strumento di grande ausilio. Dobbiamo fare formazione sul territorio per ottimizzare il trattamento e un grosso investimento andrebbe fatto anche sulla formazione diagnostica. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza può dare accesso alle nuove strumentazioni di diagnostica che attualmente non sono di facile accesso”.

Siamo in una fase di lavoro attiva molto importante. Lo scompenso è anche la vittoria del nostro operato, gli scompensati crescono perché si è ridotta la mortalità”, ha detto Alessandra Chinaglia, Direttore SC Cardiologia, AOU San Luigi Orbassano TO. “Questo è un dato molto importante, ma bisogna lavorare per passare il lavoro sul territorio per gestire la cronicizzazione della malattia. Per anni la cronicità è stata gestita dagli ospedali, ma non si deve continuare così. Noi dobbiamo lavorare per ridurre l’ospedalizzazione e la mortalità a trenta giorni. Le novità farmacologiche hanno un impatto fortissimo cambiando la storia naturale della malattia. Tutti i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) si sforzano di creare una rete e dei punti di osservazione del paziente, il PDTA però poi lo fanno le persone e le persone necessitano di essere formate adeguatamente sullo scompenso cardiaco. Quindi il PDTA deve essere sostenuto da una potente informazione e formazione. Servono dei meccanismi per continuare a seguire il paziente nel tempo per garantire l’adeguatezza e l’aderenza delle cure, inserendo quando necessario le novità farmacologiche nel loro percorso di cure. Il PDTA deve inoltre garantire l’accesso alle cure raccomandate anche ai pazienti che non entrano in contatto con l’ospedale, ma solo con il territorio”.

Ha parlato di PDTA anche Franco Ripa, Responsabile Programmazione Sanitaria e Socio- sanitaria, Vicario Direzione Sanità e Welfare Regione Piemonte: “Il vero problema è che il PDTA è ormai vecchio, perché purtroppo sono strumenti molto utili davanti a pazienti con monopatologia, situazione che allo stato attuale è poco riscontrabile visto che la popolazione è sempre più multicronica. Bisogna passare alla logica dei piani assistenziali individuali, un passaggio però molto complesso da realizzare. Chiaro che tutto questo non è indolore, diventa a questo punto fondamentale creare equilibri e sinergie tra chi si occupa di management e chi si occupa di approccio clinico/assistenziale. È chiaro che l’innovazione va introdotta, ma abbiamo anche un problema di sostenibilità”.

Psoriasi Toscana: permangono grosse criticità nonostante la disponibilità di terapie efficaci e innovative che hanno come obiettivo la guarigione completa

Due i punti da attenzionare: in primis l’accesso non equo alle cure sullo stesso territorio nazionale – imputabile alla forte eterogeneità tra le Regioni – e il sotto trattamento.

23 novembre 2022 – “Lottare, lottare, lottare. La prima cosa che dobbiamo fare è cominciare a ritenere la psoriasi alla stregua delle altre malattie; poi è necessario fare più informazione e, nelle regioni, potere sedere ai tavoli decisionali per portare la voce delle persone con psoriasi. Infine, fare in modo che la psoriasi entri nel piano di cronicità al secondo livello”.

Un appello, l’ennesimo, quello di Valeria Corazza, Presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza), all’evento PSORIASI – IO LA VIVO SULLA MIA PELLE, MA TU SAI COSA VUOL DIRE? Focus Toscana, promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di UCB.

Nella nuova tappa del road map dedicata alla psoriasi, la Toscana, si sono espressi gli esperti – clinici, farmacisti, associazioni, politici – portando il loro punto di vista su una malattia che porta con sé un peso sociale, psicologico ed economico non indifferente, la psoriasi. Una malattia infiammatoria cronica della pelle che si manifesta con aree ispessite (placche eritematose) ricoperte da squame di colorito grigio-argenteo che, in alcuni casi, possono dare prurito (pruriginose). In genere, le placche sono localizzate a livello dei gomiti, delle ginocchia, del cuoio capelluto, del viso, delle mani e dei piedi, ma possono essere presenti anche in altre parti del corpo.

La psoriasi può insorgere a qualsiasi età, senza differenza tra uomini e donne, ma in genere compare per la prima volta tra i 15 ed i 35 anni. Su 1milione e 400mila italiani che ne soffrono – secondo le più recenti stime del CliCon Economics & Outcomes Research – circa 56mila sono in cura con farmaci biologici (il 4%), ai quali si somma un numero lievemente inferiore di pazienti potenzialmente eleggibili alla terapia biologica (34mila).

Valeria Corazza, Presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza), ha portato la sua testimonianza da paziente: “In quanto malattia cronica, la psoriasi richiede un’assistenza continua e permanente, una condizione che evidentemente deteriora la qualità della vita di chi ne soffre; in quanto malattia multifattoriale è spesso accompagnata da comorbidità, ossia dalla presenza contemporanea di altre patologie, e segnatamente: 1 nel 33% dei pazienti psoriasici, 2 nel 19%, 3 nell’8%. È chiaro che il paziente deve avere, da subito, una presa in carico multidisciplinare. Curare, prontamente, le comorbidità significa potere avere una buona qualità di vita e risparmiare sui costi a lungo termine. Eppure, è proprio su questa opportunità che si registrano le maggiori criticità, in primis l’accesso non equo alle cure sullo stesso territorio nazionale – imputabile alla forte eterogeneità tra le Regioni – e il sotto trattamento nonostante la disponibilità di terapie efficaci e innovative che hanno come obiettivo il PASI 100, ovvero la guarigione completa”.

Di PASI 100 ha parlato anche Francesca Prignano, Professore Associato Malattie Cutanee e Veneree Dipartimento della Scienza e della Salute Università degli Studi di Firenze: “Si punta sul PASI 100 per ottenere una completa clearance cutanea. Una perfetta pulizia della pelle correla in maniera significativa con una migliore qualità della vita. Questo preciso obiettivo, che si può raggiungere solo con biologici innovativi, impatta sul costo diretto del farmaco ma riduce i costi indiretti: terapie topiche e/o sistemiche per sinergizzare gli anti-TNF-alpha, gli accessi ospedalieri non programmati, follow-up più ravvicinati ed eventuali switch. Per il clinico non è importante solo il PASI 100 o 90, ma è fondamentale la tenuta nel tempo del farmaco e il profilo di sicurezza”.

Sulla sottodiagnosi della psoriasi, si è spesa Elisabetta Alti, FIMMG Firenze e Direttore Dipartimento Medicina Generale AUSL Toscana Centro: “Presso lo studio di un medico di medicina generale si contano circa 50 pazienti che potrebbero avere questa diagnosi e di questi almeno 10 hanno una psoriasi severa. È vero che esiste la sottodiagnosi ma dobbiamo anche, oltre ad una diagnosi rapida e strutturata, stadiare la malattia e inviare allo specialista solo le forme che richiedono un secondo livello o una diagnosi non chiara in modo da risparmiare le risorse disponibili. Il mancato invio è anche a volte un problema di deficit di avvio allo specialista, per liste di attesa, per scarsa conoscenza, non conoscenza di liste di attesa, di scarsa conoscenza di percorsi strutturati”.

Francesco Attanasio, Politiche del Farmaco e dispositivi, Direzione diritti di cittadinanza e coesione sociale Regione Toscana ha messo in evidenza i passi che sta facendo la Regione Toscana per affrontare la malattia. “In questi anni abbiamo cercato di trattare i pazienti investendo sui farmaci biosimilari e questo ci ha permesso di avere una spesa farmaceutica appropriata. Inoltre, in Toscana abbiamo creato un sistema di prescrizione digitale per gestire tutte le prescrizioni specialistiche in regione. Le funzioni digitalizzate rendono il tutto più efficiente. Inoltre attraverso ptweb tutte le prescrizioni specialistiche, su tutti i farmaci e specialità, vengono automaticamente inviate anche sulla cartella elettronica del paziente rendendole visibili sia agli specialisti che ai medici di medicina generale che hanno in carico il paziente”.

Sul piano più strettamente economico è intervenuto Giuseppe Turchetti, Professore Ordinario Management Scuola Superiore Sant’Anna, Pisa. “Il sistema purtroppo è disegnato in un modo che divide le diverse voci di spesa che atterrano su diversi capitoli di spesa che hanno un tetto – ha concluso Giuseppe Turchetti – Questo rischia di farci concentrare sul rimanere all’interno dei tetti e non di gestire in maniera complessiva la spesa per la gestione del paziente. Bisogna però evitare la conflittualità nel ragionamento attraverso uno stretto dialogo tra tutti i diversi attori del sistema; in secondo luogo è necessario introdurre dei meccanismi di incentivo per tutti gli operatori che vadano a premiare le azioni che portano ad una maggiore appropriatezza di cure. Dobbiamo quindi provare ad immaginare dei meccanismi che premino le unità operative che applicano comportamenti virtuosi. Dovremmo sfruttare l’occasione del PNRR per modificare i meccanismi di remunerazione da un sistema a capitoli di spesa ad uno integrativo di tutto il percorso di cura del paziente”.

Luca Degli Esposti, Amministratore CliCon S.r.l Società Benefit – Health, Economics & Outcomes Research ha, infine, sottolineato che la psoriasi non è solamente farmaci e spesa farmaceutica ma, soprattutto, controllo della patologia e degli esiti ad essa associata. Tuttavia, mentre il rispetto di precisi vincoli di spesa sui farmaci è formalmente richiamato dalla normativa nazionale, la gestione della patologia non trova un riscontro nel sistema di garanzia e nei livelli assistenziali. Rischiamo, in sostanza, uno sbilanciamento dell’attenzione verso la spesa farmaceutica piuttosto che verso la patologia nel suo complesso. “La psoriasi conta circa 1.5 milioni di pazienti a livello nazionale di cui circa 55mila in trattamento con farmaci biologici. Se ne stimano altrettanti con i criteri di eleggibilità al biologico (sotto-trattamento) ma, d’altro lato, circa i tre quarti di quelli che iniziato un biologico non hanno precedentemente ottimizzato la terapia con farmaci sistemici come raccomandato dalle raccomandazioni terapeutiche (sovra-trattamento). Serve, quindi, una rifocalizzazione della metrica di valutazione dell’appropriatezza prescrittiva dall’analisi dei semplici consumi, che quasi niente ci dice rispetto al corretto uso dei farmaci, all’analisi dell’aderenza alle raccomandazioni terapeutica che, per definizione, rappresenta la condizione per migliorare la gestione della malattia“.

Epilessia: gli esperti chiedono a gran voce che venga istituito un Osservatorio Nazionale Permanente per le epilessie e un tavolo tecnico che consenta la discussione tra tutti gli attori coinvolti nella gestione di questa malattia.

22 novembre 2022 – L’epilessia, definita dall’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) una malattia sociale, è una patologia del sistema nervoso centrale dovuta a un’ipereccitabilità dei neuroni corticali per cause diverse tra loro (strutturali, genetiche, metaboliche, infettive, disimmuni o sconosciute). Si manifesta clinicamente attraverso crisi che possono avere un esordio focale o generalizzato, con sintomi motori o non motori e associarsi o no a perdita della consapevolezza e/o della coscienza.

Ad oggi circa il 30% delle persone in terapia risultano essere farmacoresistenti, ovvero non rispondono soddisfacentemente ai farmaci anti-crisi utilizzati. In questi casi risulterebbe essenziale poter contare sui nuovi farmaci disponibili. Si è parlato di questo e di tanto altro nel corso dell’evento PERSONE CON EPILESSIA – PRESA IN CARICO ASSISTENZIALE (FOCUS LAZIO-ABRUZZO)”promosso da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Angelini Pharma.

Così Laura Tassi, Presidente Nazionale LICE: “L’epilessia per definizione è una patologia cronica. Anche in quei pazienti in cui avviene una risoluzione spontanea della malattia, o una risoluzione tramite la chirurgia, la percentuale di rischio di avere ulteriori crisi nel corso della vita non ritorna mai pari a quella della popolazione generale che non ha mai avuto crisi epilettiche. Esiste poi una gran fetta di pazienti farmacoresistenti. Occorre quindi apportare una diagnosi che sia il più possibile precoce, accurata (per definire il tipo di epilessia e la causa) e integrata con tutti i dati diagnostici. Dobbiamo poi creare un percorso di aiuto per le persone con epilessia in cui venga dichiarata la farmacoresistenza, perché devono essere inserite nelle categorie protette, non sono in grado di spostarsi in maniera autonoma, devono ricevere dei sussidi nel momento in cui perdano il lavoro o il loro datore di lavoro decida di demansionarli, riducendo così il loro salario mensile. Chiediamo poi che le persone con epilessia vengano inserite nella legge che prevede la tutela antidiscriminatoria per altri tipi di patologie e che venga istituito un Osservatorio Nazionale Permanente per le epilessie e un tavolo tecnico che consenta la discussionetratuttigliattoricoinvoltinellagestionedi questamalattia”.

Oriano Mecarelli, Past President LICE, ha evidenziato il problema della corretta assistenzaperlepersone con epilessia con questeparole: “Lemalattiecronichesono  sempre più importanti e interessanosemprepiùpersone. Il problemadellacronicitàsi amplifica con l’aumentare dell’età della popolazione. Trattandosi nel caso dell’epilessia di una malattia neurologica cronica che interessa molte persone, questo diventa un problema prioritario per chi gestisce l’assistenza nei servizi pubblici. Il Piano Nazionale delle Cronicità dice che per la presa incarico del cittadino occorrono dei Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), in quanto devono essere standardizzati senza perdere di vista l’individualitàdellapersona. Il problemaèche in questa prima edizione del Piano Nazionale delle Cronicità l’epilessia non viene contemplata. Adesso il Piano Nazionale delle Cronicità è incorso di revisione e speriamo che l’epilessia vi rientri”.

Ha parlato di accesso alle cure e alle terapie innovative Marcello Pani, Segretario Nazionale SIFO, Direttore UOC Farmacia Policlinico Universitario A. Gemelli IRCCS Roma: “Cisonounaserie dipassaggichepartonodall’EnteregolatorioEMAinEuropa, all’Ente regolatorio dell’AIFA. Attorno a questi passaggi, fino al prontuario e all’uso del farmaco, ci sono la classificazione, gli accordi negoziali, l’innovatività, i registri, etc. Una situazione che richiede il contributo molto importante del farmacista, che è coinvolto in tutti questi passaggicheprecludonolaterapia”.

Maculopatia in Piemonte: le strategie per mettere fine al percorso ad ostacoli del paziente maculopatico

La cura delle patologie oculari croniche rappresenta oggi una delle principali sfide del sistema sanitario, che richiederà un cambio di paradigma organizzativo e culturale. Tra le patologie oculari croniche la degenerazione maculare senile rappresenta la realtà più drammatica, per il numero estremamente elevato di persone affette e per il devastante impatto della malattia sulla qualità di vita dei pazienti.

Torino, 19 novembre 2022 – Non è semplice il percorso che deve intraprendere la persona quando la diagnosi che le viene comunicata è maculopatia. “Il viaggio del paziente” con maculopatia in una regione come il Piemonte è contrassegnato da queste criticità: eterogeneità dei centri oculistici di II livello per volumi, canali di ingresso e tempi di attesa; importante riduzione di tutte le attività dal 2019 al 2021, con una maggiore incidenza sulle diagnosi (-63%) e sulle visite (-50%) ma anche sul numero di pazienti trattati, soprattutto se naive (-49%); numero di trattamenti nell’anno per singolo paziente (in crescita da 2,6 nel 2019 a 3,4 nel 2020) molto inferiore ai target di riferimento. Inoltre, per la degenerazione maculare gioca un ruolo importante la mancanza di uno screening tra i potenziali malati, poiché molti si recano dall’oculista solo con sintomi e degenerazione avanzata, la difficoltà di recupero del pregresso che non ha potuto rifarsi ai luoghi di cura durante la pandemia.

La Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza di Torino ha realizzato un progetto pilota che, tramite un sito dedicato, permetterà a tutti gli oculisti del territorio o di altri ospedali di accedere in maniera diretta alle agende dedicate a questa patologia con delle priorità che verranno individuate in base alla condizione clinica del paziente, superando le mille difficoltà che troppo spesso il paziente incontra per arrivare alla cura, e che si traducono in una riduzione drammatica dei risultati in termini di vista.

Presso il Centro maculopatie della struttura complessa di Oculistica dell’AO Ordine Mauriziano di Torino è in essere un progetto volto a migliorare l’appropriatezza di utilizzo dei trattamenti intravitreali attraverso: l’impiego di farmaci che permettano un minor numero di trattamenti/anno senza una riduzione di efficacia, un adeguamento dei regimi di trattamento prediligendo dove possibile il regime Treat and Extend (che garantisce il miglior rapporto tra numero di accessi/iniezioni e outcome visivi) e accessi più rapidi alla struttura e ai trattamenti in caso di nuova diagnosi. È inoltre in fase di partenza un servizio di “home monitoring” rivolto anch’esso alla riduzione dei disagi legati al percorso di cura.

Se ne parla nell’evento “LA GESTIONE DEL PAZIENTE AFFETTO DA DEGENERAZIONE MACULARE SENILE ESSUDATIVA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di Novartis.In Italia si stima che la degenerazione maculare senile colpisca oltre un milione di persone, prevalentemente nella fascia oltre i 60 anni, con una previsione di un aumento considerevole nei prossimi anni in conseguenza del prolungamento dell’aspettativa di vita. Si tratta di una malattia caratterizzata dalla disfunzione irreversibile della porzione centrale della retina la macula, necessaria per attività come leggere, guidare, riconoscere i volti delle persone e vedere i colori, con conseguente perdita della visione e dell’autonomia per le persone colpite.“Fortunatamente – spiega Michele Reibaldi, Direttore Oculistica universitaria AOU Città della Salute e della Scienza di Torino – abbiamo a disposizione terapie estremamente efficaci che si basano sull’iniezione ripetute di farmaci intravitreali capaci di arrestare la progressione della malattia. Tuttavia, a causa di difficoltà prevalentemente organizzative, dovute all’elevato numero di trattamenti necessari, ma anche al ritardo nell’inizio della terapia rispetto alla comparsa della sintomatologia, spesso non è possibile ottenere i benefici attesi da tali trattamenti. Una nuova molecola recentemente autorizzata per il trattamento della maculopatia

senile ha permesso di migliorare sensibilmente i risultati dei trattamenti, per via della eccellente efficacia clinica ma anche e soprattutto per la durata più lunga della sua azione che si traduce in un minor numero di trattamenti per i pazienti e per i centri di cura”.

Avere farmaci efficaci è il presupposto fondamentale, ma non è sufficiente.

“Sarà imperativo – sottolinea il professor Reibaldi – cercare di costruire una rete efficiente tra territorio ed ospedali, con centri specializzati che siano in grado di trattare in maniera tempestiva e appropriata i pazienti. In tal senso il progetto pilota della Clinica Oculistica della Città della Salute e della Scienza rappresenta un primo passo nell’ambito di un percorso riorganizzativo più ampio che dovrebbe coinvolgere i diversi attori del percorso assistenziale tra ospedale e territorio, al fine di eliminare o quanto meno ridurre quei drammatici ritardi nell’inizio della terapia, che troppo spesso non consentono ai pazienti di ottenere il massimo risultato possibile.

La maculopatia può rendere invalide persone che avrebbero altrimenti una vita piena e normale – ha spiegato Francesco Faraldi, Direttore struttura complessa di Oculistica AO Ordine Mauriziano di Torino -. Anche le terapie intravitreali, che hanno migliorato la prognosi di queste patologie, possono risultare gravose per i pazienti e le famiglie ed è pertanto fondamentale il corretto impiego dei farmaci perché il risultato sia ottimale e sostenibile per i pazienti”.

Franco Ripa, Responsabile Programmazione sanitaria e socio-sanitaria, Vicario Direzione Sanità e Welfare della Regione Piemonte, ha sottolineato, infine, il ruolo dei percorsi diagnostici terapeutici assistenziali: “I percorsi diagnostici terapeutici assistenziali rappresentano la contestualizzazione delle linee guida a livello locale, a partire dalle evidenze scientifiche. Anche in ambito di maculopatia ogni azienda sanitaria è chiamata pertanto a sviluppare il proprio percorso attuativo. In tale ambito è fondamentale l’integrazione tra ospedale e territorio, con le attività di audit clinico e assistenziali a supporto”.