Vaccini come risposta al COVID19: “Dalla fase 3 all’approvazione, dalle certezze ai dubbi, parola agli esperti”

Vaccini come risposta

11 dicembre 2020Numerosi vaccini hanno raggiunto la fase 3 di sperimentazione e stanno per essere valutati dalle autorità competenti come possibili armi terapeutiche per sconfiggere l’infezione da Coronavirus. Oltre ad i vaccini con virus attenuati sono in corso di definizione i vaccini mRNA (materiale genetico che contiene le istruzioni per la sintesi di nuove proteine), con una metodica innovativa che parrebbe accelerare i tempi di produzione e distribuzione. La sicurezza dei vaccini, certificata dagli enti regolatori internazionali, è comprovata così come la loro efficacia (in quasi tutti supera il 90% della popolazione vaccinata) ma nonostante le assicurazioni riportate dalle pubblicazioni scientifiche, la discussione su programmazione, conservazione, obbligatorietà sono in corso con ripercussioni sul mondo scientifico e sociale. Per far luce sulla vaccinazione anti SARS COV 2, Mondosanità, in collaborazione con l’Osservatorio di Motore Sanità e grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e IT-MeD, ha organizzato il webinar “I VACCINI COME RISPOSTA ALLA PANDEMIA COVID-19” con la partecipazione dei massimi esperti italiani del comparto salute sul tema vaccini.

“La vaccinazione è l’unica vera strategia per fermare la pandemia! Vacciniamo al più presto gli anziani e tutte le categorie a rischio di forme severe. Il primo obbiettivo dovrà essere ridurre la mortalità, ma anche proteggere le persone che svolgono servizi essenziali nel nostro Paese come i medici. Successivamente si dovrà pensare la resto della popolazione auspicando il raggiungimento dell’immunità di gregge che in base alle caratteristiche di questa malattia comporterebbe l’immunizzazione del 60% della popolazione suscettibile. Fin quando non sarà raggiunta l’immunità di gregge mascherina e distanziamento sociale dovranno essere mantenuti. Sono assolutamente ottimista sulla bontà dei vaccini che prestissimo saranno disponibili in Italia. Saranno studi futuri a stabilire la durata della protezione e la necessità di eventuali dosi di richiamo negli anni successivi. I tre vaccini che hanno concluso la fase 3 di sperimentazione clinica e sono in fase di approvazione rapida sono: quello prodotto da Astrazeneca-Oxford (59.500 soggetti arruolati in Fase 2-3) basato sull’utilizzo di un adenovirus della scimmia modificato e contenente le proteine dello spike e che si conserva a 2-8 gradi centigradi, quello prodotto dalla Pfizer-Biontech (45.000 soggetti arruolati in Fase 2-3) che sfrutta la tecnologia dell’Rna messaggero le cui fiale devono essere conservate a -80 gradi centigradi, visto che la molecola di mRna si degrada facilmente e quello prodotto da ModeRna (30.700 soggetti arruolati in Fase 2-3) anche esso basato sul metodo dell’Rna messaggero, ma stabilizzato in maniera tale che possa essere conservato a -20 gradi centigradi per sei mesi e tra 2 e 8 gradi per 1 mese. Abreve potrebbe arrivare un quarto, ovvero quello di Janssen (Johnson&Johnson) che si basa anch’esso su un adenovirus geneticamente modificato e disinnescato utilizzato come vettore anche se si tratta di una variante umana del virus del raffreddore (il Type 26-Ad26)”, ha detto Antonio Cascio Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

“I vaccini rappresentano forse la più grande scoperta della medicina, insieme agli antibiotici e a qualche altro farmaco straordinario – farmaci “anziani” ma che han cambiato la storia – come il cortisone, la morfina, l’insulina, solo per fare qualche esempio. Certo, l’innovazione farmaceutica ci ha portato, in epoca più recente, farmaci che, anch’essi, han cambiato la storia di molte malattie: parliamo dei farmaci contro HIV e HCV, ma anche dei nuovi farmaci oncologici. Anche oggi, con la pandemia da Sars COV 2 che sta devastando il mondo, i vaccini arrivano come l’arma risolutiva. Certo, lo sviluppo di un vaccino contro il COVID in tempi così brevi (ce ne sono oltre 100 in sperimentazione e alcuni lì li per essere approvati, seppur con procedure condizionate) rappresenta un altro incredibile successo della ricerca. E non bisogna avere paura, sono il frutto degli avanzamenti straordinari della biologia, dei quali molti cittadini non erano al corrente. E anche il frutto di un rinnovato patto tra ricerca pubblica e ricerca privata, che finalmente è diventato una cosa concreta. Ma i vaccini anti-COVID non saranno l’arma finale, se non riusciremo a renderli disponibili al mondo intero. È un’epidemia globale. Nessuno pensi di risolverla solo a casa propria”, ha spiegato Stefano Vella, Adjunct Professor Global Health, Catholic University of Rome

I vaccini contro il Coronavirus arriveranno nei primi mesi del 2021. Mentre il Governo sta mettendo a punto un piano nazionale per la vaccinazione anti COVID, lo stesso dovranno fare le Regioni ma mentre logistica, priorità e scelta del vaccino sono in parte delineate, molte altre domande attendono ancora una risposta, non ultima la durata della copertura dei vari vaccini, il possibile obbligo alla vaccinazione, l’uso della sierologia nei pazienti che si sono già ammalati di COVID ed il ruolo delle vaccinazioni complementari quali l’anti influenzale e l’anti pneumococcico”, ha dichiarato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità

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Esperti a confronto: “E’ ormai indispensabile definire esattamente l’esatto significato di ‘valore’ di un farmaco e dei devices”

Esperti a confronto

11 dicembre 2020 – Nel 2019 sono stati autorizzati a livello europeo 51 medicinali e per il 2020 è atteso il parere da parte dell’EMA per altri nuovi 76. Il concetto di valore di un farmaco o un device si identifica su quanto possa essere il suo prezzo, mentre occorrerebbe valutare un farmaco in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il suo impatto sulle cure e sull’organizzazione assistenziale. Per discutere la tematica, si è tenuta l’Academy “Il valore del farmaco e dei devices”, una 2 giorni di approfondimenti con esperti, organizzata da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e TEVA.

“Valore è un termine molto usato ormai sia nel settore dei dispositivi medici sia in quello dei farmaci sia in quello più generale dell’assistenza sanitaria. Tutti ne parlano ma non è ancora chiaro come possa essere definito esattamente e quale sia il suo esatto significato. Proprio per questo motivo è sempre più importante definire cosa significhi “valore” di una prestazione, di un farmaco o di un dispositivo, in quanto i cosiddetti “payer” – pagatori sanitari pubblici e privati – in tutto il mondo, per rispondere ai sempre più  veloci processi di innovazione hanno sempre più necessità di allontanarsi dai tradizionali meccanismi di pagamenti e definirne invece di nuovi e maggiormente adatti ai livelli di innovazione e di costo a cui devono essere applicati. Identificare il “valore” di una tecnologia sanitaria è un esercizio che compete sia ai sistemi sanitari pubblici e privati che dovrebbero fornire cure più efficienti ed efficaci piuttosto che le aziende le aziende produttrici di tecnologie che devono avere chiaro il motivo per cui i loro prodotti creano valore per l’individuo, per il sistema e per la società. Identificare il valore per tutti questi differenti stakeholder del sistema, che dovrebbero avere finalità comuni (il bene dei pazienti) ma anche obiettivi diversi (organizzazioni profit o non profit) si sta sempre più identificando in un ripensamento di una serie di processi che generano innovazione tecnologica. Dal momento in cui questa viene immaginata, al momento in cui questa viene realizzata e testata e infine al momento in cui questa viene poi valutata dagli utilizzatori. La presenza di un bisogno di salute, la capacità di questa tecnologia di rispondere in maniera coerente e appropriata a questo bisogno, la solidità delle evidenze scientifiche già disponibili o in via di definizione, che supportano il valore delle tecnologie dovrebbero essere gli elementi su cui basare il nuovo concetto di Value Based Medicine”, ha detto Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS 

“Relativamente ai farmaci, ed in particolare relativamente ai farmaci innovativi, si continua purtroppo a ragionare troppo spesso in termini di PREZZO e troppo poco in termini di VALORE. Valore non è solamente il contributo diretto che un farmaco innovativo può dare al benessere del paziente. Valore, specialmente nel caso di patologie croniche, è il complesso delle ricadute che i benefici di un trattamento innovativo possono avere sull’intero sistema sanitario, estensibili, in alcuni casi, al sistema paese.  Facciamo l’esempio di una serie di farmaci innovativi introdotti nell’ultimo decennio per la cura del diabete mellito di tipo 2. Hanno in genere un PREZZO superiore a quello dei farmaci antidiabete che eravamo abituati ad usare nella prima decade di questo secolo. Però, continuando nell’esempio, non hanno bisogno di essere titolati sulla scorta dei valori glicemici, quindi abbattimento dei costi relativi ai presidi per l’automonitoraggio della glicemia e sensibile “unburden” della persona con diabete rispetto alla necessità  di controlli assidui. Ma ancora, abbattono (quasi annullano) il rischio di ipoglicemia: una sola ipoglicemia critica oltre a mettere a rischio la vita del paziente può costare al “sistema” tra pronto intervento, accesso in Pronto Soccorso ed eventuale ricovero oltre 5,000 euro. Ancora: alcune di queste molecole possono ridurre fino al 15% il rischio di eventi cardiovascolari e fino al 30-40% il rischio di ospedalizzazione per scompenso cardiaco. Con questi numeri il “risparmio” sia in termine di sofferenza che in termini di costi ospedalieri mi sembra evidente. Abituiamoci dunque a ragionare in termini di “valore”, creiamo gli strumenti perché queste analisi di “valore” divengano sempre più accurate e scientificamente corrette ed aboliamo i “silos” ideologici ed amministrativi che confinano il bilancio costo/beneficio all’analisi di settori limitati, non consentendo l’analisi della ‘big picture’”, ha spiegato Agostino Consoli, Presidente Eletto SID

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Il valore del farmaco e dei devices. Le nuove tecnologie per una riforma del Servizio sanitario nazionale

il valore del farmaco

11 Dicembre 2020 – Il bisogno di salute è in continua crescita e le patologie croniche hanno bisogno di essere affrontate con un approccio nuovo. Rifondare il Servizio sanitario nazionale è una occasione unica e lo sta dimostrando la stessa pandemia da Covid-19 che ha mostrato le falle di un sistema sanitario nazionale che, proprio per affrontare le nuove esigenze degli ammalati ed essere al passo con i Sistemi sanitari dei Paesi del mondo, deve guardare ad altri scenari. Guardare dunque a nuove opportunità di “rinascita” significa affrontare temi nodali (dal potenziamento del territorio alla ripartizione della spesa in  silos) e guardare alle nuove tecnologie come ad un volano per questa nuova riforma. L’impiego della Health Technology Assessment è un punto nodale per fare questo, ma implica tutta una serie di processi organizzativi, gestionali ed economici sulla quale devono essere coinvolti tutti gli attori del sistema salute. Velocizzare l’introduzione delle nuove tecnologie permetterebbe di valorizzare di più farmaci e devices, ma per fare questo occorre che il Sistema sanitario inizi a pensare a questo processo in un’ottica di investimento piuttosto che di costo, misurando il valore nel suo impatto sull’intero percorso di cure e sull’organizzazione assistenziale. Questo complesso scenario, emerso in occasione del webinar “Academy, il valore del farmaco e dei devices” organizzato da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Teva, ha aperto tre questioni: il tema della medicina territoriale, il ruolo strategico della Health Technology Assessment e il processo di Horizon Scanning.

La pandemia ha mostrato le lacune del sistema sanitario pubblico italiano. Il sistema si è retto meglio dove c’era una sanità territoriale più legata agli ospedali. Il tema vero è dare sostanza a termini molto spesso utilizzati ed enfatizzati – spiega Pier Luigi Bartoletti, Vice Presidente OMCeO Roma. Prendiamo la presa in carico del paziente che sotto intende un sistema di responsabilità. Se l’ospedale per intensità di cure è l’ospedale del futuro, a questa definizione teorica non si è mai chiarito il fatto che un ospedale per intensità di cure funziona solo se esiste un territorio che fa la sua parte. E per territorio si intende una serie di servizi che ad oggi spesso non hanno una integrazione delle loro funzioni e, soprattutto, la fase di passaggio più critica nel sistema attuale italiano sono i passaggi della presa in carico”.

In Senato il tema di medicina territoriale e risposta al Covid sono in fase di audizioni. Secondo Elisa Pirro, componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) del Senato della Repubblica Bisogna rafforzare la medicina territoriale e seguire più attentamente i pazienti a casa e farli arrivare meno possibile negli ospedali solo quando non ci siano alternative. Questo lo stiamo dicendo da tempo, da ben prima di marzo, perché abbiamo visto che laddove funzionano meglio i servizi territoriali c’è anche una tenuta migliore del sistema ospedaliero”.

Sul sistema di ripartizione della spesa in silos “Anche nell’ultima audizione in Parlamento il Ministro Speranza ha ribadito che è un sistema ormai vecchio, obsoleto, da superare, e si sta lavorando per questo – prosegue Pirro -. Bisogna guardare al complesso della gestione del paziente e al costo a lungo termine delle terapie che vengono effettuate oggi rispetto a terapie innovative”. Ma per raggiungere questo bisogna convincere anche le Regioni. “La pandemia ha manifestato sotto gli occhi di tutti quanti limiti abbia avere 21 Sistemi sanitari regionali differenti che applicano con velocità diverse le norme che impartisce lo Stato”.

Secondo Maria Rizzotti, Componente 12a Commissione permanente (Igiene e sanità) Senato della Repubblica Dovremmo guardare alla medicina territoriale quale gestore-responsabile di una parte dell’innovazione secondo il principio di continuità terapeutica ospedale-territorio. Continuo a presentare emendamenti da anni sulla legge di bilancio perché ci possa essere una compensazione dei tetti di spesa tra la medicina territoriale e la medicina ospedaliera”.

Oggi siamo di fronte ad un’occasione storica, quella di rifondare completamente il servizio sanitario nazionale. “E’ possibile farlo passando dal concetto di innovazione tecnologica con il suo significato di applicazione della tecnologia in quanto tale e con il suo contesto organizzativo, professionale, di competenze culturali, di logistica, che sono in grado di valorizzare appieno questa innovazione –  spiega Marco Marchetti, Responsabile Centro Nazionale HTA, ISS -. Da qui il concetto di valore da attribuire ad un farmaco e ad un device, che cambia in base ai diversi stakeholder del sistema, ha diverse prospettive con diversi metodi di valutazione. L’HTA più innovativa rappresenta uno strumento e una piattaforma dove parlare in maniera oggettiva su dati scientifici cercando di mettere d’accordo tutte le diverse prospettive”.

Gli strumenti ci sono ma sono necessarie strategie condivise e di lungo periodo. “Questo è un momento vantaggioso per rifondare il SSN e per rifondare un nuovo sistema di Welfare effettuando delle corrette valutazioni per quanto riguarda i farmaci e i dispositivi medici, due tecnologie differenti che impattano in maniera diversa e che richiedono HTA diverse per essere valorizzare” spiega Francesco S. Mennini, Research Director Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi  “Tor Vergata”, Roma – Presidente SIHTA. “L’aspetto fondamentale è quindi la necessità di valorizzare l’innovazione: per il farmaco è stato fatto (il metodo Grade), per il dispositivo non ce l’abbiamo. Credo che bisogna determinare un cambio di passo. Un nuovo rinascimento del nostro sistema sanitario passa anche per un rigore metodologico e quindi il ricorso anche alle competenze. Se però non ci rivolgiamo alle competenze sarà sempre più difficile effettuare una corretta valorizzazione delle bugie anche in un’ottica di HTA”.

La digitalizzazione in sanità – aggiunge Maria Rizzotti – oltre che uno sveltimento di qualsiasi processo sanitario, comporta anche un grosso risparmio per il Sistema sanitario che potrebbe poi indirizzare i risparmi allocando queste risorse, per esempio sui farmaci innovativi, ma sarebbe anche una crescita del Pil del 2% per l’indotto che genererebbe. La digitalizzazione implica la formazione di chi utilizzerà le nuove tecnologie: se manca la formazione anche le tecnologie più all’avanguardia non servono a nulla. Infine, per quanto riguarda il valore del farmaco è fondamentale un tavolo di confronto costante con le istituzioni e le aziende farmaceutiche. Ha un ruolo strategico la partnership tra pubblico e privato soprattutto per quello che riguarda la ricerca”.

Nell’ambito della valutazione delle tecnologie sanitarie (Health Technology Assessment – HTA) si distingue il processo di Horizon Scanning, che mira all’individuazione, in maniera prospettica e previsionale, delle tecnologie sanitarie in fase di sviluppo iniziale che potrebbero avere un impatto rilevante sui pazienti, sulla sanità pubblica o sui sistemi sanitari. L’attività di Horizon scanning può avere una funzione strategica nell’orientare le scelte decisionali se pienamente integrate nei processi decisionali e supportate da un’adeguata metodologia nelle varie fasi dell’attività” – spiega Michele Marangi, Dirigente Ufficio Attività di Analisi e Previsione AIFA -. “L’efficacia delle informazioni generate a supporto dei processi decisionali dipende anche dalle modalità di utilizzo da parte dei decisori delle informazioni acquisite. Stiamo cercando di lavorare su questo aspetto con l’obiettivo di rispondere sempre meglio ai bisogno di salute della popolazione. Promuovere il dialogo con tutti gli stakeholder ai vari livelli (internazionale, nazionale, regionale, locale) coinvolti nel processo di Horizon Scanning per acquisire più informazioni possibili e migliorare l’accuratezza delle analisi”. 

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