Ipercolesterolemia: molti pazienti non raggiungono livelli di colesterolo “Ldl” desiderabili, servono percorsi di presa in carico in prevenzione secondaria e primaria

27 Gennaio 2023 – In Italia, ogni anno, per malattie cardiovascolari muoiono più di 224.000 persone: di queste, circa 47.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. Il colesterolo, infatti, rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, causando per il servizio sanitario nazionale un impatto clinico, organizzativo ed economico enorme. La spesa sanitaria diretta e indiretta è quantificabile in circa 16 miliardi di euro l’anno. Nonostante questo scenario, su oltre 1 milione di pazienti a più alto rischio l’80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti linee guida internazionali. In questa area fortunatamente le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci, hanno portato evidenze scientifiche robuste e consolidate negli anni sul loro valore preventivo e curativo sia in prevenzione primaria sia in prevenzione secondaria, ma oggi è necessario intervenire ulteriormente perché ci sono bisogni insoddisfatti.

Su questo tema e sulle possibilità di potenziare e migliorare il percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari si sono interrogati gli esperti di Emilia Romagna e Toscana, all’evento “PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE TRA BISOGNI IRRISOLTI, INNOVAZIONE E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Quali nuove opportunità di cura e quale accesso e quali bisogni organizzativi? Rossella Marcucci, Professoressa Ordinaria Medicina Interna, Università di Firenze e Direttrice SOD Malattie Aterotrombotiche, AOU Careggi di Firenze, ha evidenziato le molteplici possibilità di intervento terapeutico, tali da consentire di ottenere l’obiettivo desiderato nella quasi totalità dei casi: la terapia di primo livello con statine che inibisce la sintesi epatica e che deve essere impiegata alla dose massima tollerata, scegliendo la statina in funzione della riduzione di colesterolo LDL necessaria in quel soggetto; alla statina può essere affiancato l’impiego di ezetimibe che inibisce l’assorbimento intestinale di colesterolo; di prossima introduzione nel mercato è l’acido bempedoico, da solo o in formulazione di associazione con ezetimibe, che può essere usato in aggiunta a statine ed ezetimibe o senza statine nei pazienti intolleranti.

Rispetto a queste classi di farmaci per os, abbiamo adesso a disposizione anche nuovi farmaci che hanno come target PCSK9, proteina necessaria nella regolazione del recettore LDL. Bloccare PCSK9 significa ridurre in modo importante (circa 50%) i livelli di colesterolo LDL” ha proseguito la professoressa Rossella Marcucci. “Possono essere impiegati anticorpi monoclonali (evolocumab e alirocumab) che richiedono una somministrazione sc ogni 15 giorni: per entrambi abbiamo la dimostrazione derivante da studi di fase 3 della riduzione degli eventi cardiovascolari successiva all’assunzione del farmaco. Di più recente introduzione è il blocco di PCSK9 attraverso l’azione di inibizione della trascrizione di RNA messaggero con inclisiran che può essere somministrato, sempre sc ma in ambito ospedaliero, ogni sei mesi”.

La disponibilità di molteplici agenti farmacologici fa sì che, allo stato attuale, la vera necessità clinica è quella di trovare il modo adeguato di raggiungere tutti i pazienti – ha sottolineato ancora la Marcucci – Le ‘fotografie’ dal mondo reale, infatti, ci raccontano una realtà molto lontana dalle linee guida, con un elevato numero di pazienti che non raggiunge i livelli di colesterolo LDL desiderabili. Lo sforzo che dobbiamo fare è creare dei percorsi di presa in carico del paziente: in prevenzione secondaria, in modo che il paziente riceva un controllo a 1-3 mesi dall’evento acuto che consenta di modulare la terapia e iniziare, se necessario, una terapia di secondo livello. Successivamente il paziente potrà essere reinviato al territorio per la fase cronica, in cui dovrebbe essere messe in atto le strategie per ottimizzare l’aderenza terapeutica. In prevenzione primaria, creare un canale di connessione tra il medico di medicina generale e il centro ospedaliero di riferimento che possa accogliere e diagnosticare i pazienti con FH”.

Secondo Fabio Pieraccini, Direttore Assistenza farmaceutica ospedaliera Forlì-Cesena AUSL della Romagna, bisogna investire non solo sulla prevenzione ma anche nel cercare di capire il fenomeno del mancato raggiungimento del targetsostanzialmente possiamo attribuirlo o ad una intolleranza terapeutica o ad un mancato raggiungimento del target da parte dei pazienti in terapia o, soprattutto, alla mancata aderenza alla terapia che in questa patologia si interseca anche con il tema della politerapia. Questo tema va affrontato usando strumenti corretti ma soprattutto va affrontato con un approccio multiprofessionale che includa il medico di medicina generale, lo specialista, l’infermiere di comunità, il farmacista ospedaliero e il farmacista di comunità. Credo che questa rete vada sempre più messa a terra, è vero ci sono progetti che hanno cercato di dare la vera presa in carico del paziente ma sono a macchia di leopardo. Credo che oggi dobbiamo fare passi avanti per fare in modo che il paziente sia al centro e che tutta la sua storia sia controllata da tutti i professionisti, investendo in programmi ad hoc”.

Credo anche – haaggiunto il dottor Pieraccini – che non dobbiamo abbandonare monitoraggi e studi di farmaco-utilizzazione a livello locale perché possono essere dei “campanelli di allarme” per poi andare a verificare meglio se il paziente sta assumendo bene la terapia. Alcuni dati raccolti nella coorte di pazienti dal 2012 al 2019 hanno mostrato che solo il 20% dei pazienti erano a target e c’era una aderenza che oscillava tra il 40-50%, un po’ più alta nei pazienti ad alto e altissimo rischio, un po’ più bassa in quelli a medio e a basso rischio”.

Elisabetta Alti, Direttore Dipartimento Medicina generale AUSL TC, ha posto l’attenzione sulla necessità di una appropriatezza organizzativa e di una appropriatezza prescrittiva. “La pandemia ha purtroppo fatto molti danni, è il momento di ripartire con una sanità di iniziativa che significa che il medico di medicina generale in modo proattivo controlla determinati target di popolazione da lui assistita coordinandosi con gli specialisti che li hanno in cura. Il valore aggiunto è dato dalla telemedicina e dal teleconsulto perché offrono la possibilità di avere contatti più snelli e di integrare quei percorsi sempre più personalizzati e più territorio-ospedale-territorio. Per quanto riguarda l’appropriatezza prescrittiva, dalla parte del medico di medicina generale si ha una discrasia fra la prescrivibilità e la rimborsabilità e lo stesso accade per lo specialista. Inoltre, anche i nuovi farmaci devono essere inseriti in una maggiore prescrivibilità, ci deve essere una alleanza con i professionisti ma anche con gli organi regolatori in modo da favorire un appropriato uso della risorsa del farmaco che porta ad una diminuzione degli eventi e della mortalità solo se utilizzato correttamente”.

Secondo Emanuele Ciotti, Presidente Regione Emilia-Romagna ANMDO e Direttore sanitario AUSL di Ferrara, bisogna lavorare sull’interdisciplinarietà:serve una interlocuzione continua tra lo specialista, il medico di medicina generale, gli infermieri di comunità e le équipe multidisciplinari.  Serve un approccio integrato tra professionisti e medici altrimenti non riusciremo a raggiungere gli obiettivi che ci siamo preposti”.

Altro tema affrontato: l’appropriatezza prescrittiva per cui secondo Ciotti molte persone sono sotto-trattate, occorre fare formazione in questo senso, e la digitalizzazione in sanità che è fondamentale per vedere a distanza la persona, per effettuare monitoraggi continui, video-consulti, video-colloqui,che possono fare la differenza “e la nostra Regione sta facendo molto in questo senso” ha concluso Ciotti.

Elisa Romagnoli, Dirigente Medico SC Medicina interna e Area critica AOU Modena, ha infine posto l’accento sullo screening e sul ruolo dello specialista internista.

Lo screening raccomandato dalle linee guida internazionali per identificare i pazienti con fattori di rischio predisponenti la patologia cardiovascolare (pressione arteriosa e valori di colesterolemia LDL) è di tipo opportunistico ovvero senza una strategia predefinita, e pertanto da mettere in atto ogni volta un paziente si presenta alla nostra osservazione per una qualsiasi ragione. Fondamentale diviene quindi il ruolo dello specialista internista, ovvero del medico della complessità e della gestione a 360°gradi delle problematiche del paziente che dovrà identificare i pazienti che beneficeranno maggiormente del trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare. Tra questi i pazienti affetti da diabete mellito, insufficienza renale cronica, con storia di ipercolesterolemia famigliare, i pazienti affetti da patologia cardiovascolare aterosclerotica nota ma anche i pazienti apparentemente sani” ha concluso Elisa Romagnoli.

Accesso alle terapie innovative: come rendere i percorsi meno accidentati, per garantire le migliori cure possibili a tutti i cittadini. L’esempio del Veneto.

Padova, 23 gennaio 2023 – Nonostante il grande impegno normativo di questi anni dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per accelerare le procedure di approvazione e di accesso alle terapie innovative, ancora oggi la tempistica reale di accesso alla terapia per il paziente può richiedere da 3 a 6 mesi, a causa della burocrazia regionale. 

Partendo dall’esempio di una regione virtuosa nell’organizzazione assistenziale, come la regione Veneto, Motore Sanità intende analizzare i flussi di accesso per raccogliere idee pratiche utili a facilitare le tempistiche di accesso in un’area ad altissima innovazione come quella oncologica, ematologica, immunologica, che negli anni ha visto una accelerazione in termini di prodotti di ricerca innovativi davvero dirompente, nei confronti della quale in alcuni casi il paziente non ha tempo di attendere. L’occasione è l’evento L’ACCESSO REGIONALE ALLE TERAPIE INNOVATIVE – L’ESEMPIO DELLA REGIONE VENETO” a Padova, presso l’Istituto Veneto di Medicina Molecolare (il VIMM), organizzato con il contributo incondizionato di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson&Johnson, Pfizer, Amgen, Bristol Myers Squibb, Gilead, MSD, Lilly, Takeda.

Così Enzo Bonora, Professore Ordinario di Endocrinologia, Università di Verona e Direttore della UOC di Endocrinologia, Diabetologia e Malattie del Metabolismo della AOUI Verona: “Nel campo del diabete si sono resi disponibili nuovi farmaci anti-diabete con importanti benefici cardio-renali, più semplici sensori glicemici, più sofisticati microinfusori insulinici. Nel campo delle dislipidemie abbiamo oggi a disposizione farmaci che abbassano il colesterolo a livelli un tempo impensabili e con vantaggi cardio-vascolari che sembravano irraggiungibili. Anche nel campo di alcune malattie endocrine quali acromegalia, ipercortisolismo, iperparatiroidismo, ipogonadismo, le opzioni terapeutiche sono aumentate. L’accesso all’innovazione deve però superare barriere (piani terapeutici, centri prescrittori, specialisti prescrittori, ecc.) che, in genere, hanno come giustificazione l’appropriatezza clinica, ma che sono erette soprattutto per contenere la spesa legata a farmaci costosi. Il perdurare per molti anni della necessità di redigere un piano terapeutico non ha giustificazione diversa da quella della invocata sostenibilità economica. Redigere un piano terapeutico per un farmaco che potenzialmente ha un bacino di utenti di milioni di persone appare improprio, per non dire sconcertante. Redigere un piano terapeutico per un farmaco generico sembra un paradosso. Costringere un paziente a cercare lo specialista abilitato alla prescrizione o il centro con lo specialista autorizzato, non poche volte ostacola o impedisce l’accesso. Non c’è dubbio che le risorse economiche siano definite, ma certi percorsi potrebbero o dovrebbero essere resi meno accidentati per garantire l’accesso delle migliori cure possibili a tutti i cittadini”. 

Mauro Krampera, Direttore UOC Ematologia AOUI Verona, Responsabile del Gruppo di Lavoro Regionale Farmaci Innovativi Ematologici e Roberta Joppi, Direzione Farmaceutica, Protesica e Dispositivi Medici della Regione del Veneto hanno spiegato che: “Il Gruppo di lavoro (GdL) farmaci innovativi ematologici, istituito con DGR il 15/7/2015 all’interno della Rete ematologica veneta, ha lo scopo di coniugare la migliore scelta terapeutica per i pazienti con l’accurata programmazione della spesa farmaceutica. Il GdL è composto da: ematologi dei Centri Hub di 1° livello (UOC di Ematologia) e dei Centri Spoke di 2° livello (UOSD/UOS di Ematologia) e 3° livello (ematologi in altre UOC); farmacologi, farmacisti, rappresentanti di Associazioni di pazienti, esperti di Economia e Health Technology Assessment, medici di medicina generale, epidemiologi. Mediante il metodo GRADE, il GdL valuta mensilmente per ciascun farmaco le evidenze scientifiche disponibili, il rapporto rischio/beneficio, proponendone il “place in therapy” rispetto alle alternative disponibili e indicatori d’uso atteso. Inoltre, il GdL stima per ogni nuovo farmaco/indicazione terapeutica l’impatto sulla spesa regionale nei successivi 1-3 anni. I report prodotti sono poi validati dalla Commissione tecnica regionale farmaci. Da circa un anno e mezzo la metodologia di lavoro ha incluso un’attività di Horizon Scanning, prendendo in analisi i nuovi farmaci già approvati a livello europeo, prima della loro valutazione da parte di AIFA. Questo approccio ha consentito di allineare efficacemente la pratica clinica dei Centri ematologici regionali con la disponibilità dei farmaci innovativi ad alto costo, non appena approvati da AIFA”. 

Silvia Vigna, Direttore Unità Organizzativa “Monitoraggio e Controllo attuazione PSSR” Direzione Programmazione e Controllo SSR Area sanità e Sociale di Regione del Veneto, ha messo in evidenza alcuni dati: il tempo che passa dalla pubblicazione in Gazzetta Ufficiale all’inserimento nell’ordine del giorno e alla discussione nella Commissione regionale del farmaco è di 16 giorni per i farmaci con innovatività piena; il tempo trascorso dalla pubblicazione all’adozione del decreto regionale sono 40 giorni e dal primo utilizzo da parte delle aziende trascorrono tre mesi.

A ben vedere il tema delle terapie innovative è assai complesso e va necessariamente affrontato tenendo conto degli aspetti clinici e scientifici al riguardo.

Per quanto concerne le patologie reumatologiche”, aggiunge Silvia Tonolo, Presidente ANMAR Onlus Associazione Nazionale Malati Reumatici, “al momento non sono stati autorizzati farmaci con le caratteristiche di innovatività indicate da AIFA, a differenza di quanto accade per l’oncologia, l’ematologia e altre branche specialistiche. In ambito reumatologico indubbiamente sono state introdotte “nuove” terapie farmacologiche che contribuiscono a fornire cure adeguate alle caratteristiche di malattia, peculiari per ogni paziente. Ricordiamo che le patologie reumatologiche sono oltre centocinquanta e colpiscono individui differenti tra loro per genere, età e storia clinica. Ciò che è importante, quindi, come Associazione dei pazienti, in un contesto di discussione istituzionale, è ricordare che ogni malato ha diritto di essere curato con la miglior terapia disponibile tenendo conto dei progressi della scienza medica e delle autorizzazioni degli enti regolatori. Una Regione può dirsi virtuosa e attenta ai bisogni dei cittadini/pazienti solo se è in grado di garantire la dispensazione del farmaco, anche all’avanguardia, che il clinico ha ritenuto opportuno prescrivere per quel particolare paziente. In estrema sintesi, occorre che le istituzioni garantiscano cure personalizzate, a carico del Servizio Sanitario, tenendo conto delle terapie disponibili. Disponibilità di terapie all’avanguardia significa migliore qualità di vita del paziente e quindi sostenibilità del Servizio Sanitario, regionale e nazionale, attraverso la limitazione dei costi indiretti dati dai ricoveri e dalle recidive di malattia”.

Ipercolesterolemia: nuove opzioni terapeutiche per combatterla

Gli strumenti ci sono, ma la presa in carico di questi pazienti per portarli a target non è facile. Tra le soluzioni, il Dipartimento di cure specialistiche territoriali, che mette insieme cardiologi, diabetologi, nefrologi e pneumologi. 

23 gennaio 2023 – Il colesterolo rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, causando per il Servizio sanitario nazionale un impatto clinico, organizzativo ed economico enorme. Basti pensare che in Italia, ogni anno, muoiono più di 224mila persone per malattie cardiovascolari: di queste, circa 47mila sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. I costi, in termini di spesa sanitaria diretta e indiretta sono quantificabili in circa 16 miliardi di euro l’anno. Nonostante questo scenario, su oltre 1 milione di pazienti a più alto rischio l’80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti linee guida internazionali.

Fortunatamente in quest’area le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci, hanno portato evidenze scientifiche robuste e consolidate negli anni sul loro valore preventivo e curativo sia in prevenzione primaria sia in prevenzione secondaria, ma oggi è necessario intervenire ulteriormente perché ci sono bisogni insoddisfatti.

Su questo tema e sulle possibilità di potenziare e migliorare il percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari si sono interrogati gli esperti all’evento PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE TRA BISOGNI IRRISOLTI, INNOVAZIONE E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE – TRIVENETO”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Come cardiologo ho un problema molto serio: quello di garantire il target lipidico nei pazienti che hanno avuto una sindrome coronarica acuta”, conferma Claudio Bilato, Presidente ANMCO Veneto e Delegato SIPREC – Società Italiana per la Prevenzione Cardiovascolare Triveneto. “Ciò, probabilmente, è dovuto al fatto che non riusciamo a controllare completamente quello che chiamiamo rischio residuo, nonostante le terapie mediche ottimali che mettiamo in atto. Questo rischio residuo è la somma di vari elementi: diabete, rischio trombotico, rischio di un’infiammazione cronica che si mantiene, ma soprattutto è legato al fatto che, molto spesso, non controlliamo in maniera adeguata i livelli di colesterolo LDL (che, con le nuove linee guida suggerite dalla Società Europa di Cardiologia e la Società Europea dell’Aterosclerosi, in pazienti a rischio cardiovascolare, vanno portati sotto il 55%)”.

Gli strumenti insomma ci sono, il problema è come riuscire a raggiungere il target organizzativo, per far sì che i pazienti che necessitano di cure appropriate possano avere la terapia appropriata. 

Ha parlato degli strumenti anche Nadia Citroni, Responsabile Centro Dislipidemie e Aterosclerosi, ospedale di Trento, con queste parole: “Da sempre ci occupiamo di pazienti con dislipidemia e per noi questo è un buon momento storico: siamo entusiasti di avere a disposizione nuove opzioni farmacologiche che ci permettono teoricamente di portare a target pazienti. In questo contesto di possibilità terapeutiche ci sono però dei limiti, come quello dell’intolleranza alle statine che riguarda il 9% dei pazienti trattati. Altra problematica, quella di portare a target pazienti che sono a rischio vascolare molto alto, o anche rischio estremo. Vediamo anche pazienti con ipercolesterolemia familiare, nei quali tante volte anche le opzioni terapeutiche disponibili associate non ci portano i pazienti a  target, per cui c’è un problema di non raggiungimento dei target nei pazienti che hanno eventi secondari. Altro capitolo importante sono le criticità organizzative e gestionali che hanno portato anche all’avvento di queste nuove terapie organizzative. Bisogna trovare percorsi legati nei vari contesti, per cercare di mettere insieme criteri di monitoraggio”.  

E poi c’è il problema dalla bassa aderenza terapeutica, sottolineato  da Giorgio Colombo,Direttore Scientifico CEFAT Centro Economia e valutazione del Farmaco e delle Tecnologia Sanitarie Università degli studi di Pavia: “Secondo i dati dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), i soggetti sopra i 65 anni prendono più di 10 sostanze all’anno. Quello che mi spaventa non è tanto il numero dei farmaci, ma chi si prende in carico di ottimizzare queste terapie. Lo fa il medico di famiglia? Il farmacista? Questo è un tema importante che deve entrare in ambito di politica sanitaria. Ricordiamoci inoltre che l’aderenza dipende non solo dalla complessità del trattamento, ma anche dal costo del farmaco (compartecipazione del soggetto alla spesa). Più questo è oneroso, minore è l’aderenza del paziente. Ultima riflessione, è che quando aumenta la compartecipazione, si riduce l’aderenza e aumentano i costi per il Servizio Sanitario Nazionale. Da qui ecco le principali strategie per aumentare l’aderenza: programmi di auto-monitoraggio e auto-gestione dei medicinali, maggiore spiegazione in merito all’utilità dei farmaci e ai danni della loro scorretta assunzione, coinvolgimento diretto dei farmacisti nella gestione dei farmaci, adozione di schemi terapeutici quanto più possibile semplificati”.

Sulla presa in carico dei pazienti si è espresso Andrea Di Lenarda, Direttore SC Patologie Cardiovascolari ASUGI: “Finché anche noi specialisti siamo frammentati nel territorio, è evidente che la presa in carico di questi pazienti per portarli a target non è facile. Una delle soluzioni che abbiamo proposto e che è stata accettata per favorire la presa in carico del paziente cronico e per aumentare la probabilità di portarlo a target, è costituire un nuovo dipartimento di cure specialistiche territoriale, che mette insieme cardiologi, diabetologi, nefrologi e pneumologi”. 

Prossimità, innovazione e digitalizzazione per affrontare le malattie cardiovascolari e l’ipercolesterolemia

9 Gennaio 2023 – In Italia, ogni anno, per malattie cardiovascolari muoiono più di 224.000 persone: di queste, circa 47.000 sono imputabili al mancato controllo del colesterolo. Il colesterolo, infatti, rappresenta uno tra i più importanti fattori di rischio cardiovascolare, causando per il servizio sanitario nazionale un impatto clinico, organizzativo ed economico enorme. La spesa sanitaria diretta e indiretta è quantificabile in circa 16 miliardi euro l’anno. Nonostante questo scenario, su oltre 1 milione di pazienti a più alto rischio l’80% non raggiunge il target indicato dalle più recenti linee guida internazionali. In questa area fortunatamente le terapie a disposizione, tutte estremamente efficaci, hanno portato evidenze scientifiche robuste e consolidate negli anni sul loro valore preventivo e curativo sia in prevenzione primaria sia in prevenzione secondaria, ma oggi è necessario intervenire ulteriormente perché ci sono bisogni insoddisfatti.

Su questo tema e sulle possibilità di potenziare e migliorare il percorso di prevenzione, diagnosi e cura delle malattie cardiovascolari si sono interrogati gli esperti all’evento “PNRR, IPERCOLESTEROLEMIA, RISCHIO CARDIOVASCOLARE TRA BISOGNI IRRISOLTI, INNOVAZIONE E NUOVE NECESSITÀ ORGANIZZATIVE”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo.

Il tema dell’eccesso di colesterolo e delle relative azioni da mettere in campo per ridurlo è proprio il classico tema che costituisce una sfida importante in un settore di programmazione che possa dare dei risultati a lungo termine – ha spiegato Carlo Picco, Direttore Generale ASL Città di Torino -. In una grande ASL come la nostra, dove attorno ai presidi ospedalieri di primo e secondo livello c’è un territorio piuttosto vasto in cui le malattie croniche vengono affrontate con i Pdta anche in maniera multidisciplinare, un occhio alla prevenzione è assolutamente fondamentale. Sappiamo che l’equilibrio tra la spesa farmaceutica e il beneficio di avere una minore possibilità di sviluppare complicanze in ambito cardiovascolare, in particolare ma non solo, ci mette sempre in una condizione di difficile contesto perché vorremmo vedere i risultati subito. Tuttavia stiamo lavorando sugli stili di vita e ad un progetto di attività fisica prescritta dai sanitari, a livello di Azienda Zero, che possa essere gestita dagli enti del territorio, pubblici e privati, in un contesto di prezzo calmierato che potrebbe dare a molti l’occasione di utilizzare le varie strutture sul territorio per lavorare su stili di vita sani. Inoltre stiamo portando avanti gli studi di sostenibilità e i piani di fattibilità della spesa farmaceutica, abbiamo già presentato alcune proposte al settore regionale. Insomma, siamo impegnati in questo contesto che deve avere un occhio di riguardo alla macro economia regionale e un occhio alla clinica e ai benefici clinici. Abbiamo i professionisti per tutte e due queste visioni e quindi le metteremo insieme per cercare di fare bene”.

“L’ipercolesterolemia è uno dei fattori di rischio cardiovascolari più importanti, ma tra i più correggibili con specifiche terapie, anche se non sempre si assiste ad una buona aderenza terapeutica. Ecco perché la medicina di iniziativa con la prevenzione primaria e secondaria è fondamentale per strutturare una risposta sanitaria di medicina personalizzata e di precisione anche in questo settore – ha spiegato Alessandro Stecco Presidente IV Commissione regionale Sanità e Assistenza sociale, Regione Piemonte -. Si deve puntare sempre di più all’integrazione ospedale-territorio, e il DM77 con il PNRR che vede l’organizzazione delle Case di Comunità e delle COT, sono opportunità per intraprendere una svolta anche in questo settore, vedendo al centro la collaborazione tra medici di medicina generale e specialisti ambulatoriali”.

Secondo Alessandro Stecco “è necessario basarsi anche sui cardini fondamentali rappresentati da prossimità, innovazione, digitalizzazione, ricerca e competenze professionali, che in Regione Piemonte, su nostra proposta legislativa approvata, abbiamo voluto inserire tra le funzioni di Azienda Zero, una super azienda sanitaria che si occuperà del coordinamento di funzioni strategiche per la sanità regionale come queste”.

I farmacisti nell’erogazione del farmaco, in ospedale o sul territorio, possono essere un anello importante per affrontare il problema della scarsa aderenza alla terapia e la telemedicina può venire in aiuto. “L’ipercolesterolemia soprattutto in pazienti ad alto rischio cardiovascolare, in questo momento rappresenta una patologia sicuramente paradigmatica proprio per il tema della terapia che è sempre di più personalizzata. I nuovi farmaci vengono erogati dalle farmacie ospedaliere in distribuzione diretta e questo ci coinvolge, come farmacisti ospedalieri, sempre di più. Oggi quindi stiamo lavorando per cercare di rendere sempre più fluido il percorso di presa in carico dei pazienti dal punto di vista della terapia proprio perché dobbiamo cercare il più possibile di garantire la corretta aderenza del paziente a questi trattamenti che, sappiamo, possono portare dei grossi benefici di efficacia, di riduzione importantissima di rischio cardiovascolare e di esiti infausti, ma devono essere ben assunti dai pazienti” ha spiegato Paola Crosasso, Direttore SC Farmacie Ospedaliere, ASL Città di Torino. “Credo che per controllare l’aderenza del paziente alle terapie la telemedicina abbia un ruolo importante dal momento che queste terapie sono di prossimità”.

ll tema di oggi è sicuramente caldo perché parliamo di sostenibilità e credo che tra i vari determinanti della sostenibilità forse uno di quelli su cui bisognerà fare molti ragionamenti in futuro è proprio la parte dei farmaci perché è quella più complessa da controllare in quanto le procedure che portano poi all’utilizzo del farmaco sono un po’ meno complesse rispetto ad altri setting – ha spiegato Franco Ripa, Responsabile Programmazione Sanitaria e Socio-sanitaria, Vicario Direzione Sanità e Welfare Regione Piemonte -. Quindi dobbiamo stringere un’alleanza tra tutti, tra chi si occupa più di aspetti manageriali e clinici per cercare di trovare un modello che deve essere assolutamente legato all’innovazione perché ci permette di curare meglio e di aumentare la qualità della vita”.