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Infezioni ospedaliere e antibiotico resistenza De Poli (Udc): «Un terzo si possono evitare»

di Redazione

Roma. 14 Settembre 2019 – Quello dell’impatto clinico dell’antimicrobico-resistenza è un problema particolarmente importanza in Italia, dal momento cheil nostro paese è al primo posto per consumo di antibiotici negli animali, ed al secondo per quello umano: sarebbe opportuno ridurre al minimo la presenza dei pazienti negli ospedali, così da ridurre l’esposizioni a possibili nuove infezioni e limitare al minimo i costi di gestione. Con l’obiettivo di far emergere le criticità gestionali comuni e condividere best practice tra le Regioni, per individuare soluzioni pratiche che rendano i modelli organizzativi facilmente realizzabili, sostenibili ed efficienti. Sono stati organizzato specifici lavori di gruppo al Convegno ‘Infezioni ospedaliere e resistenza agli antibiotici. Situazione attuale e scenari futuri’, organizzato da Motore Sanità e realizzato grazie al contributo non condizionato di Angelini Boston Scientific.

«Il 33% delle infezioni ospedaliere secondo gli esperti si possono evitare: il fattore prevenzione è fondamentale – sottolinea il senatore Udc Antonio De Poli – Il Piano nazionale di contrasto all’antibioticoresistenza (Pincar) finora è rimasto sulla carta. Serve un Piano strategico con una regia nazionale. Oggi va sottolineato che  il rischio infezioni è presente anche e soprattutto nella fase post-operatoria e post-ricovero. Il fenomeno infezioni, dunque, va correlato sempre più non solo all’assistenza sanitaria ma anche a quella socio-sanitaria. Come ci dicono gli esperti, il problema delle infezioni scaturisce dai batteri che sono sempre più resistenti agli antibiotici. Ecco perché diventa importante agire sul fronte della prevenzione e non solo a livello di reparto o ospedale ma con una visione più ampia, a livello nazionale».

«La resistenza batterica agli antibiotici costituisce oggi un problema globale tanto da essere inclusa dall’UE tra le priorità sanitarie da affrontare. In particolare in Italia il pericolo è grande in considerazione dei dati epidemiologici che mostrano come la lista dei batteri ‘killer’ che, non essendo più suscettibili alle comuni terapie antibiotiche, sono in vertiginoso aumento e con percentuali di prevalenza all’interno degli ospedali mediamente maggiori rispetto ad altri paesi europei come Germania, Francia ed Inghilterra – afferma Anna Maria Cattelan, Direttore UOC Malattie Infettive AOU Padova – Germi come Acinetobacter, Pseudomonas, Klebsiella, sono diventati causa di importanti polmoniti ed infezioni generalizzate, talora non debellate neppure con l’utilizzo degli antibiotici più recenti e che sono causa di aumentata morbilità/mortalità insieme a prolungamento delle degenze e ad aumento complessivo dei costi. È il tempo dell’azione e dell’applicazione del Piano Nazionale di Contrasto dell’Antimicrobico-Resistenza approvato in Italia a fine 2017; ogni ritardo influirà negativamente sulla salute e cura dei nostri pazienti».

Ma non solo nuove opportunità terapeutiche, anche la scelta del dispositivo, come ad esempio il monouso, ridurrebbe significativamente l’esposizione al rischio di nuove infezioni, generando al contempo risparmi nei processi di sterilizzazione e di gestione delle infezioni. «Il controllo delle infezioni – afferma Marco Falcone dalla U.O. Malattie infettive Presidio AOU Pisana e Ricercatore presso l’Università di Pisa – non si attua esclusivamente tramite l’utilizzo di antibiotici di ultima generazione con specifica attività nei confronti dei batteri resistenti, ma attraverso l’adozione di rigide procedure che limitino la loro diffusione nei setting assistenziali. A tal fine l’identificazione precoce dei soggetti colonizzati e infetti mediante le più moderne tecniche diagnostiche di microbiologia molecolare e la messa in atto di procedure di prevenzione che, impediscano la trasmissione inter-paziente dell’infezione, sono presidi irrinunciabili e necessari ai fini di un programma di successo di ‘Infection Control’».

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