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HIV e PNRR: serve creare percorsi tra specialisti e il territorio per individuare e curare precocemente i pazienti sieropositivi ed evitare altri contagi

È necessario ritornare a parlare delle molte malattie rimaste sottotraccia durante l’immensa tragedia che è il Covid. L’infezione da Hiv è una di queste malattie, che per la natura della sua trasmissione non può rimanere sconosciuta al grande pubblico. Riuscire ad aumentare la consapevolezza dei cittadini su questa malattia non è l’unica grande sfida del momento. Infatti, con una maggiore conoscenza scientifica della malattia ed un armamentario terapeutico sempre più efficace l’aspettativa di vita del paziente Hiv si avvicina sempre di più alla sua controparte sana. Questa situazione, però, deve comportare un cambiamento nel modello di presa in carico del paziente, con la creazione di percorsi tra specialisti e il territorio e potenziando la telemedicina, e per riuscire in questo sarà necessario anche un utilizzo oculato dei fondi destinati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) alla sanità. 
Si è parlato di questo nell’ambito dell’evento UN NUOVO RUOLO DEL TERRITORIO NELLA GESTIONE DELLA SANITÀ. PNRR E HIV: IL RETURN TO CARE. SICILIA E SARDEGNA”, organizzato da Motore Sanità, con il contributo non condizionante di MSD e IT-MeD. 

Ad oggi, sono circa 38 milioni le persone affette da HIV nel mondo, con 690 mila decessi solo nel 2019. Negli ultimi anni, grazie all’introduzione delle terapie antiretrovirali (ART), si è assistiti alla cronicizzazione dello stato di salute dei pazienti HIV+ che oggi hanno una aspettativa di vita paragonabile a quella delle persone sieronegative, con una buona qualità di vita, seppure con maggiori rischi di complicanze legate alle comorbidità. In Italia si registrano circa 125.000-130.000 casi di infezioni da HIV, con una quota di soggetti che vivono con l’HIV senza esserne a conoscenza che oscilla tra l’11% e il 13%, in linea con quanto riscontrato a livello globale. Ad oggi, sono circa 102.000 i pazienti trattati con una spesa farmaceutica che ammonta a 661,2 milioni di euro secondo gli ultimi dati elaborati da AIFA (L’uso dei farmaci in Italia – Rapporto OsMed 2019). 
L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha posto obiettivi importanti da raggiungere entro il 2030: avere il 90% delle persone con l’infezione diagnosticata, il 90% delle persone diagnosticate in terapia ARV e il 90% con soppressione virologica. Di recente, la Global Aids Strategy per il periodo 2021-2026 ha definito un nuovo e più ambizioso target (95-95-95) da raggiungere entro il 2030. L’Italia è ancora lontana dall’obiettivo. Nell’ambito dell’HIV, la pandemia ha avuto un impatto non solo sui pazienti naive, ma anche e soprattutto sui pazienti in trattamento che necessitavano di switch in quanto la chiusura e/o riconversione degli ambulatori HIV in ambulatori Covid-19 ha generato un ritardo nel trattamento di questi pazienti con conseguenze negative sotto il profilo clinico e sociale ed economico. 

Secondo Antonio Cascio, Professore Ordinario e Direttore UOC Malattie Infettive Tropicali e Centro Regionale di Riferimento AIDS AOU Policlinico Giaccone Palermo, è fondamentale individuare quindi curare precocemente i pazienti HIV positivi. “In Sicilia stiamo portando avanti un PDTA che, di fatto, è stato condiviso fra tutte le Unità operative che seguono pazienti HIV e che è già applicato. La telemedicina può essere di grande aiuto per tenere vicino il paziente e per mantenere vivo il rapporto tra specialista e paziente, quindi implementarla è importante. Resta importante il fatto che se cominciamo a curare precocemente un paziente, evitiamo che qualcun altro si contagi. Il vero risparmio sta quindi nell’evitare che altre persone si infettino. Negli ultimi due anni si è registrato un calo dei contagi, dovuto però alla mancanza di diagnosi a causa della pandemia. In realtà l’HIV non ha affatto arrestato la sua corsa. Tra i dati da attenzionare c’è un incremento della mortalità di pazienti HIV ricoverati, registrata dal 2014 al 2021, che è passata dal 2 al 15%. Un dato drammatico dovuto a meno posti letto, quindi meno possibilità di ricoverare, dando perciò precedenza ai pazienti più gravi, poi ha influito la pandemia del Covid”

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