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Beta-talassemia e emoglobinopatie: regione Emilia Romagna punta sull’innovazione e sul fare rete tra i centri di cura

Ereditare la talassemia non è una colpa, convivere con essa non è sempre semplice. Una patologia cronica ti segna profondamente in ogni aspetto di vita, la forza che ogni paziente deve ricercare consente soprattutto al giorno d’oggi di studiare, lavorare, crearsi una famiglia e vivere appieno nella società”. Sono le parole di Valentino Orlandi, presidente di “Alt” Ferrara – Associazione per la Lotta alla Talassemia Rino Vullo. Parole che ha pronunciato in occasione dell’evento “PNRR ED INNOVAZIONE. FOCUS ON BETA-TALASSEMIA ED EMOGLOBINOPATIE – EMILIA-ROMAGNA” organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di BRISTOL MYERS SQUIBB.

Innovazione, organizzazione, programmazione, attività di ricerca, telemedicina e digitalizzazione sono stati i temi affrontati, e in tutto questo la voce dei pazienti è risuonata forte e con essa i loro “desideri”. “Di talassemia non si muore, semmai si muore per le complicanze da essa derivate – ha sottolineato Valentino Orlandi -. Proseguire la migliore presa in carico di cura e la terapia trasfusionale (per questo sono da lodare  i magnifici donatori di sangue, chi li organizza come Avis, Fidas, Fratres e Croce Rossa, insieme al sistema sanitario ospedaliero regionale e Ministeriale) consentono di auspicare al veloce arruolamento per le terapie innovative che potranno migliorare le cure riducendo a chi ne avrà caratteristiche, ridurre o eliminare le trasfusioni, o guarire quando le terapie geniche saranno disponibili ed autorizzate. Pazienti e associazioni dei pazienti monitoreranno e muoveranno ogni leva politica-istituzionale per evitare lungaggini e intoppi per queste innovative opportunità di cura e guarigione. Fondamentale sarà mettere in grado i nostri centri di cura di proporre e arruolare i pazienti”.

I dati sul percorso del paziente, emersi da una analisi nazionale pubblicata come poster per l’evento ISPOR-EU del Novembre 2020, “Disease Management of Patients with B-Thalassemia in Italy: Current and Future Perspectives.” (L. Pinto, M. Assanti, F. Fiorentino, C. Panetta, F. Randon. Presented at International Society of Pharmacoeconomics an Outcomes Research-Europe (ISPOR-EU). November 16-19, 2020), delineano l’identikit del paziente con Beta-talassemia.  Il paziente deve recarsi in ospedale in media 39,5 volte all’anno; per ogni trasfusione, che avviene in media ogni 18,6 giorni, deve accedere alla struttura ospedaliera fino a 3 volte; la permanenza media in una struttura ospedaliera è di 5 ore per trasfusione; quasi la metà dei pazienti (46%) è accompagnata da un caregiver, per lo più in età lavorativa (il 73%), con un impatto negativo sull’equilibrio tra vita professionale e vita privata. E ancora: il costo diretto medio per paziente con TDBT è stato stimato in 39.383 euro all’anno: il 12% relativo alla raccolta del sangue, il 43% alla terapia trasfusionale e il 45% alla terapia di chelazione del ferro. Nella fase di terapia trasfusionale, il costo più elevato è stato associato alle unità di RBC, pari a 571 euro per trasfusione, corrispondenti a 11.258 euro per paziente all’anno (PPPY). Il secondo costo diretto più rilevante è stato quello del trasporto del paziente, con un costo per trasfusione di 76 euro e un PPPY di 1.504 euro, a causa dei frequenti accessi in ospedale. I costi indiretti della raccolta del sangue hanno rappresentato circa il 9,5% dei costi totali; nella fase di raccolta del sangue, i costi indiretti sono stati pari a 1.297 euro PPPY e sono stati associati al tempo perso nel processo di donazione e nel trasporto dei donatori; nella fase di terapia trasfusionale, i costi indiretti sono stati pari a 2.453 PPPY e si riferivano al tempo perso dal paziente e dal personale di assistenza.

Daniele Marchetti, Vicepresidente della IV Commissione Politiche per la salute e Politiche sociali ha sottolineato quindi quanto sia importante in questo campo investire in innovazione. “Oggi abbiamo una possibilità straordinaria che è il PNRR, vale a dire risorse che arrivano ai territori e che bisogna assolutamente intercettare e utilizzare al meglio. In un momento di difficoltà come quello attuale, in cui i servizi sanitari regionali per eredità di questi ultimi due anni stanno vivendo forti difficoltà a livello economico, l’innovazione nelle terapie potrebbe rappresentare un vantaggio; magari un investimento su nuove tecnologie potrà avere un impatto maggiore nella fase inziale – ed è per questo che è importante intercettare le risorse del PNRR – ma sul lungo periodo potrebbe portare a dei risparmi che non significano tagli su spese mediche e terapie, ma ridurre l’ospedalizzazione o il richiamo del paziente per la terapia specifica del caso. Quindi è importante cercare di fare i conti con le difficoltà economiche mettendo in campo azioni efficaci che possano garantire cure adeguate ai nostri cittadini, e l’unico modo per farlo è puntare sull’innovazione”.

È d’accordo Antonella Grotti, Sub-commissario Sanitario Azienda Ospedaliera Universitaria Ferrara. “Sicuramente le innovazioni e il PNRR potranno supportarci sia nell’ambito dell’attività clinico-assistenziale sia nell’ambito delle innovazioni organizzative per migliorare i team multiprofessionali che al momento seguono i pazienti, così come anche tutto l’ambito della digitalizzazione, a tutto vantaggio dei clinici per migliorare la gestione del paziente, a vantaggio degli stessi pazienti che potranno non dovere più girare con materiale cartaceo. Nello stesso tempo ritengo sia un importante beneficio anche per chi si occupa di ricerca, nello specifico i data manager, che sicuramente potranno migliorare i loro livelli qualitativi”.

Luca Pinto, Principal RWS presso IQVIA, che ha presentato il tortuoso percorso del paziente talassemico, ha aggiunto: “Un sistema sanitario moderno permette l’accesso all’innovazione efficientando i propri processi assistenziali e re-investendo i benefici nelle nuove tecnologie. Questo approccio è fondamentale anche per il percorso assistenziale del paziente talassemico, caratterizzato da un alto numero di accessi alla struttura ospedaliera che impattano sulla qualità di vita dei pazienti e dei caregiver. Un’analisi condotta a livello nazionale da IQVIA Italia ha permesso di proporre un modello organizzativo per la beta-talassemia caratterizzato da 8 pilastri che consentono di individuare aree di efficienza e innovazione”.

Il modello organizzativo è stato applicato presso l’AOU di Ferrara, che è il centro HUB della rete delle talassemie dell’Emilia Romagna, con circa 200 pazienti in carico. “Dall’analisi svolta si evidenzia l’opportunità di sviluppare il case management – ha approfondito Luca Pinto -. Il case management si collega sia al DM 77 e alla Missione 6 del PNRR, sia al tema della centralità della presa in carico, sempre più presente negli atti governativi. Il case management deve essere sempre più supportato dall’efficienza dei processi e da investimenti specifici in organizzazione e competenze. Altre opportunità evidenziate dall’applicazione del modello presso l’AOU di Ferrara riguardano l’implementazione di soluzioni digitali a supporto del personale e dei pazienti e il rafforzamento di un network regionale che coinvolga strutturalmente l’associazione pazienti. Queste riflessioni pratiche potrebbero essere adottate dalle direzioni strategiche per rendere più efficienti i processi assistenziali e alimentare la sostenibilità delle innovazioni terapeutiche”.

Sulle nuove cure ha parlato, infine, Filomena Longo, Direttore Day hospital della Talassemia e delle Emoglobinopatie dell’Azienda Ospedaliera Universitaria di Ferrara – Nuovo Ospedale S. Anna, Sede di Cona. “Negli ultimi anni si sta assistendo all’accelerazione degli studi sperimentali di terapia genica per la talassemia, e si auspica che nel giro di qualche anno possano aprirsi nuovi orizzonti di cura per queste patologie. Da poco si è reso disponibile nella pratica clinica un farmaco per la modulazione delle eritropoiesi che permetterà ai pazienti trasfusione-dipendenti una riduzione significativa dell’apporto trasfusionali con ripercussioni positive rispetto all’accumulo di ferro, la riduzione degli accessi trasfusionali e di conseguenza un miglioramento e della qualità di vita”. Poi la professoressa Longo ha sottolineato l’importanza di condividere esperienze e di fare rete. “L’esperienza dei centri di riferimento come Ferrara, che hanno partecipato attivamente ai trials registrativi, così come in tutti gli altri campi che riguardano le terapie per queste patologie, deve essere messa a disposizione, in quanto centro di riferimento anche per i centri periferici che hanno in carico questo tipo di pazienti. È molto importante fare rete e l’Emilia Romagna rappresenta un modello Hub & Spoke, unico in Italia per queste patologie, che può ottimizzare la collaborazione tra centri allo scopo di applicare protocolli di cura omogenei e condividere l’esperienza pluriennale nel campo delle talassemie e delle emoglobinopatie. È dunque importante valorizzare i centri di riferimento come Ferrara e continuare a supportare l’adeguatezza numerica del team, gli spazi e l’organizzazione”. 

I NUMERI DELLA BETA-TALASSEMIA E DELLE MIELODISPLASIE

La talassemia, anche chiamata “anemia mediterranea”, fa parte di un gruppo di anemie ereditarie caratterizzate da un difetto di produzione delle catene proteiche (globine) che formano l’emoglobina. La forma di talassemia più diffusa in Italia è la β-talassemia, nella quale si ha un difetto della produzione delle catene beta, geneticamente trasmesso come carattere autosomico recessivo.

In Italia, si stima che i pazienti talassemici siano circa 7.000, con concentrazione massima in alcune regioni del Centro-Sud: la regione più colpita è la Sicilia, in cui si contano 2.500 pazienti, seguita dalla Sardegna con 1.500; i restanti 3.000 pazienti sono abbastanza uniformemente distribuiti in tutto il resto della penisola.

Le mielodisplasie, causate da un difetto della cellula staminale del midollo osseo che produce globuli rossi, bianchi e piastrine, ogni anno fanno segnare un’incidenza di 3.000 nuovi casi in Italia. I sintomi compaiono già nei primi mesi di vita e se non si interviene con adeguate terapie le conseguenze possono essere deformazioni ossee, ingrossamento di milza e fegato, problemi di crescita, complicazioni epatiche, endocrine e cardiovascolari. Fino a 50 anni fa l’aspettativa di vita era di 10-15 anni, ma grazie ai risultati della ricerca questa è nettamente migliorata. In entrambe le patologie la sopravvivenza dei pazienti oggi prevede, oltre a regimi dietetici particolari, trasfusioni ogni 2-3 settimane e assunzione quotidiana di terapia ferrochelante, che eviti i danni da accumulo/intossicazione di ferro in organi vitali (cuore, fegato e pancreas).

Le patologie che comportano anemia severa e trasfusione-dipendenza, come la beta-talassemia e le mielodisplasie, oltre a condizionare pesantemente la qualità della vita dei pazienti che ne sono affetti, hanno purtroppo un impatto rilevante anche sulla loro aspettativa di vita.

Grazie alla disponibilità di cure appropriate, negli ultimi decenni, l’aspettativa di vita dei pazienti è significativamente aumentata fino a superare i 50 anni. Grazie ai programmi di prevenzione è possibile inoltre identificare le coppie di portatori sani a rischio di trasmettere la talassemia ai figli e offrire la possibilità di effettuare la diagnostica prenatale. L’unica terapia curativa per la beta talassemia approvata ad oggi è il trapianto di cellule staminali, che però è riservato ad una minoranza di pazienti che dispongono di donatore compatibile.

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