La migliore cura delle persone con epilessia? L’aspetto farmacologico e i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali

Ecco quanto emerso dalla serie di eventi promossi da Motore Sanità dedicati all’Epilessia: patologia che colpisce 720mila italiani e 50milioni di persone circa in tutto il mondo.

19 dicembre 2022 – Si è conclusa la serie di eventi promossi da Motore Sanità -con il contributo incondizionato di Angelini Pharma -dedicati all’Epilessia, che fanno fotografato, nelle varie regioni d’Italia, qual è la situazione delle persone con questa malattia e qual è la loro presa in carico assistenziale.

Una patologia che riguarda da vicino 720mila italiani che ne sono affetti e, al contempo, una delle malattie neurologiche più frequenti che conta 50milioni di persone circa in tutto il mondo.

Così Oriano Mecarelli, Past Presidente LICE (Lega Italiana Contro l’Epilessia), aprendo il tavolo di lavori conclusivo PERSONE CON EPILESSIA, PRESA IN CARICO ASSISTENZIALE: “Le epilessie costituiscono nell’insieme una patologia molto complessa sia dal punto di vista diagnostico, sia da quello terapeutico e assistenziale, che impatta severamente sul piano individuale e sociale. Lo stigma che aleggia, inoltre, è sempre di grande rilievo ed è una problematica a livello mondiale. Una rilevante percentuale di chi ne soffre è farmacoresistente: significa che queste persone non rispondono adeguatamente alle terapie farmacologiche a disposizione. Altro problema è quello della scarsa conoscenza dell’epilessia, ancora oggi, a tutti i livelli e in tutti gli ambiti. Il sistema migliore per organizzare in ogni ambito territoriale la cura delle persone con epilessia? Occorre basarsi su documenti che si chiamano Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA), che per l’epilessia si possono predisporre. Ogni PDTA prevede la presa in carico attiva e totale della persona con specifica patologia, per la gestione della quale sono necessari interventi multiprofessionali e multidisciplinari  svolti anche in ambiti diversi. Concludo dicendo che noi abbiamo un Servizio Sanitario Nazionale e 20 regioni sul territorio nazionale. Ebbene, ognuna di queste agisce dopo l’autorizzazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco a modo suo e questo è un problema”.

Per quanto riguarda l’aspetto farmacologico la Puglia è in una situazione felice”, commenta Angela La Neve, Dirigente Medico di Neurologia presso l’Unità di Emergenza Neurologica Clinica  “Amaducci” del Policlinico di Bari. “Abbiamo un Dirigente del Dipartimento preposto alla distribuzione dei farmaci regionale che è un Dirigente molto accorto, aperto e disponibile all’interlocuzione con gli specialisti. Diverso il discorso del PDTA: per quanto possa esserci l’impegno e la voglia dei clinici, evidentemente bisogna essere fortemente supportati dalle aziende e dalle Associazioni dei pazienti. Questo perché, ancora in Puglia, non è chiaro che il paziente con epilessia debba essere gestito da uno specialista neurologo con competenze specifiche per questa patologia”.

Terapie digitali: innovazione fulcro della sanità del futuro

Patrizio Armeni, Associate Professor of Practice, SDA Bocconi CERGAS:“Con questo evento abbiamo voluto presentare il LIFT Lab come promotore di soluzioni che si posiziona al centro tra la politica, le istituzioni, le imprese e gli sviluppatori e, quindi, anche gli utilizzatori”.

Milano, 15 dicembre 2022 – Si è tenuto presso la SDA Bocconi School of Management l’evento annuale del LIFT Lab dal titolo “The next dimension of therapies: are we ready for digital therapeutics?”, in collaborazione con Motore Sanità.

Argomento principe di questo incontro, a cui hanno partecipato i massimi esponenti del mondo scientifico e manageriale della sanità italiana, le terapie digitali (digital therapeutics, o DTx): veri e propri interventi curativi guidati da programmi software avanzati, il cui accesso è però complesso e non privo di ostacoli.

Così Anna Gatti, Associate Professor of Practice SDA Bocconi: “La convergenza tra tecnologie digitali e biologia porterà alle più importanti innovazioni di questo decennio. Nuovi modelli di business e nuovi approcci regolamentari e di mercato saranno necessari per cogliere appieno queste innovazioni, che cambieranno il modo in cui ci prendiamo cura della nostra salute e di come organizziamo aspetti essenziali della nostra vita. La SDA Bocconi ha lanciato il LIFT Lab per studiare le condizioni migliori per trasformare le innovazioni di laboratorio e i brevetti in nuovi business per la sanità e le scienze della vita. Il LIFT Lab, grazie alla metodologia del radar, monitora le più rilevanti innovazioni che si affacciano sul mercato e le classifica in base a quanto il mercato e le organizzazioni sono pronti a sfruttarle appieno. Rivolto ai leaders e ai decision makers, il radar dell’innovazione che il LIFT Lab costruisce ogni anno è uno strumento strategico per navigare i nuovi confini dell’innovazione che questa convergenza definirà”.

 “Il nuovo mondo delle terapie digitali costituisce una delle più stimolanti sfide che la sanità più moderna ci pone di fronte”, ha commentato Antonio Postiglione, DG Tutela della salute e coordinamento sistema sanitario regionale, Regione Campania. “In Italia siamo agli inizi rispetto ad altri Paesi europei e americani, ma le prospettive di sviluppo di queste terapie, parallele a quelle farmacologiche, ci devono portare a sviluppare azioni e sperimentazioni sempre più incisive. La possibilità di investire per dare risposte, soprattutto nella cura e presa in carico delle cronicità, è un obiettivo che tutti i sistemi si devono dare. Ringrazio vivamente SDA Bocconi e Motore Sanità che ci offrono la possibilità di conoscere e trattare un tema che presto potrebbe costituire una nuova arma della sanità più evoluta”.

 “Quando parliamo di terapie digitali parliamo di vere e proprie terapie che invece di essere basate su un principio attivo chimico o biologico, sono basate su una soluzione digitale. A differenza di una semplice app per la salute, le terapie digitali devono produrre un vero e proprio effetto di miglioramento clinico misurabile. Quindi, il loro impatto ha bisogno di una validazione clinica con studi sperimentali e bisogna raccogliere dati di funzionamento real world.”, ha spiegatoPatrizio Armeni,Associate Professor of Practice, SDA Bocconi CERGAS. Il loro grado di innovazione è molto ampio, ma si fatica a trovar loro un’identità differenziale rispetto alle classiche categorie di farmaci e dispositivi medici. Con questo evento abbiamo voluto presentare il LIFT Lab come promotore di soluzioni che si posiziona al centro tra la politica, le istituzioni, le imprese e gli sviluppatori e, quindi, anche gli utilizzatori. Quello che vogliamo fare è partire dalla definizione, quindi fare chiarezza su un ambito definitorio complesso e avvicinare queste parti attraverso l’incontro, la produzione e la diffusione di nuove conoscenze”.

In epoca post Covid in regione Lombardia ci si preoccupa delle strategie per rendere stabile l’utilizzo della tecnologia in sanità”, ha concluso a fine lavoriGiovanni Delgrossi, Dirigente UO Sistemi Informativi e Sanità Digitale Regione Lombardia. “Il cambiamento va gestito, spinto e supportato. Dal punto di vista tecnico bisogna avere la capacità di mettere a sistema le tecnologie nel tempo, perché altrimenti spariscono. C’è da capire se è questo il tempo giusto: siamo ancora nella fase di ricerca, oppure è tardi per riuscire a gestire il cambiamento? Questo per spiegare che è importante intervenire nel tempo giusto per sostenere queste tecnologie. Intervenire troppo presto è rischioso, intervenire tardi è pericoloso”.

Epilessia: su 720mila italiani che ne soffrono, il 30% è farmacoresistente

L’Epilessia una delle malattie neurologiche più frequenti, caratterizzata dalla predisposizione all’insorgenza di crisi epilettiche che possono anche risultare pericolose.

14 dicembre 2022 – L’Epilessia è una delle malattie neurologiche più frequenti, caratterizzata dalla predisposizione all’insorgenza di crisi epilettiche, con prevalenza di circa l’1,2% di persone in tutto il mondo (720.000 pazienti in Italia).

La crisi epilettica è un evento clinico provocato da una scarica elettrica anomala a livello della corteccia cerebrale, localizzata o diffusa, che può essere asintomatica o provocare disturbi anche significativi. In presenza di Epilessia, è sempre necessario un trattamento volto a ridurre o possibilmente eliminare le crisi, sia per la possibile gravità dei sintomi, sia perché talora le perdite di coscienza possono risultare pericolose durante alcune attività.

Per capire qual è la situazione delle persone con questa malattia e qual è la loro presa in carico assistenziale nelle varie realtà del nostro Paese, Motore Sanità ha promosso una serie di eventi nelle varie regioni d’Italia dal titolo PERSONE CON EPILESSIA, PRESA IN CARICO ASSISTENZIALE– con il contributo incondizionato di Angelini Pharma.

Nel corso della quinta tappa in regione Calabria Laura Tassi, Presidente Nazionale LICE, ha spiegato che: “Esistono grossolanamente due tipi di epilessie: focale e generalizzata. Le cause possono essere genetiche, strutturali, metaboliche, immunitarie, malattie infettive… alcune volte l’Epilessia non ha alcuna causa identificabile.  Ad oggi abbiamo circa una trentina di farmaci per curare le Epilessie ma, purtroppo, il 30% dei pazienti risulta farmacoresistente. In questi casi possiamo decidere quando fare il cambio della terapia farmacologica in corso, se il paziente è un buon candidato della terapia chirurgica, oppure se è necessario ricorrere a terapia palliative. Quanto alla diagnosi e alla terapia, che devono essere il più precoci e accurate possibili, devono essere anche adattate all’età e al genere del paziente e integrate con l’eventuale presenza di altre patologie”.   

Ricordo che parliamo di una patologia cronica, con una prevalenza molto importante in tutte le età della vita, ma soprattutto nella terza e quarta età”, aggiunge Oriano Mecarelli, Past President LICE. “A livello individuale e sociale questa patologia impatta moltissimo perché le sue forme sono molte e di diversa gravità, inoltre occorre sottolineare la complessità della diagnosi e del percorso diagnostico-terapeutico-assistenziale, la comorbidità e la peculiarità (età, sesso, etc.), l’impatto e la difficoltà delle terapie e lo stigma. Per affrontare una patologia così complessa abbiamo bisogno di ricorrere, oltre a sistemi precisi di diagnosi, a delle cure (farmaci, chirurgia e trattamenti palliativi). Il problema della farmacoresistenza è rilevante e il trattamento con i farmaci deve essere comunque estremamente tollerabile, perché gli effetti avversi incidono in maniera diversa e complicata”. 

Oggi stiamo un po’ cambiando l’indirizzo di scelta di farmaci”, ha precisato Emilio Russo, Responsabile Commissione Farmaco LICE. “Si cerca di andare verso una terapia più personalizzata, abbiamo indicazioni più specifiche e non generali. In regione Calabria, nonostante alcune difficoltà, abbiamo specialisti molto bravi e siamo bravi anche a fare ricerca. Un problema che abbiamo è la migrazione sanitaria, soprattutto per quanto riguarda pazienti epilettici in età pediatrica, per via di alcuni preconcetti che ancora esistono e sono difficili da estirpare. Termino il mio intervento sottolineando che i farmaci antiepilettici sono fondamentali per la vita e complimentandomi con la regione Calabria. La strada per migliorare ancora è quella di sedersi tutti attorno a un tavolo tecnico per discutere rispetto a quella che è la territorialità di questa regione e condividere le best practice”.

Scompenso cardiaco: gli ospedali sono l’unica risposta ma i farmaci innovativi aiutano a creare sinergie con specialisti ambulatoriali e medici di famiglia

In Campania ci sono 1,5 milioni di malati cronici over 65 anni (dati Epicentro), le cardiopatie sono il 35% e dunque circa 280mila pazienti cronici non possono essere sostenuti e l’unica risposta è l’ospedale. I farmaci innovativi servono proprio a evitare questa debacle assistenziale, costosa, inutile e inappropriata.

15 Dicembre 2022 – Lo scompenso cardiaco colpisce circa 15 milioni in Europa, con una prevalenza nota dell’1-2% ma oltre il 10% in quelli di età superiore ai 70 anni e una incidenza pari a 5/1.000 all’anno considerando solo popolazione adulta. È una patologia cronica con esito fatale nel 50% dei pazienti entro cinque anni dalla diagnosi. In Italia è la causa principale di ospedalizzazione nelle persone di età superiore ai 65 anni con un impatto non solo clinico, ma anche sociale ed economico molto rilevante (su 1 milione di persone causa di circa 190mila ricoveri l’anno con una spesa di circa 3 miliardi € annui per l’85% dovuto a ricoveri, e spesa media/paziente oltre 11.800 € l’anno). Sulla base di queste evidenze Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim e Lilly, ha organizzato l’evento “SCOMPENSO CARDIACO. L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA E SALVA LA VITA DEI MALATI CRONICI. Focus on SGLT2i CAMPANIA”, per favorire una condivisione di idee sulla revisione del disease management per questa importante cronicità, che interessa una ampia fetta di cittadini.

Lo scompenso cardiaco è comunque spesso associato ad altre malattie del sistema cardio-nefro-metabolico come il diabete di tipo 2 e le malattie renali. A causa della natura interconnessa di questi sistemi, il miglioramento di uno può portare effetti positivi in tutti gli altri. Per questi motivi si sono studiati gli effetti della classe degli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2i), già indicati sia come monoterapia sia in terapia di combinazione in pazienti con diabete di tipo 2 e che hanno dimostrato attraverso numerosi studi RCT di garantire benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale(-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%).

Sulla base di queste evidenze sono stati impostati numerosi nuovi studi con lo specifico obiettivo di valutarne l’impatto in ambito cardiovascolare indipendentemente dal diabete. In particolare i dati preliminari indicavano come l’effetto degli SGLT2i si osservasse già nei primi 3 mesi di trattamento, suggerendo un meccanismo non esclusivamente collegato alla riduzione della glicemia.

Dal 2015 c’è questa attenzione molto forte alle Glifozine, inibitori selettivi del Sglt2 – ha spiegato Gerolamo Sibilio, Segretario regionale Anmco-Associazione nazionale medici cardiologi ospedalieri -. Utilizzati nei diabetici, in quel periodo stranamente diedero luogo nei pazienti a una grossa riduzione dello scompenso. Il dato epidemiologico è che il 55% delle persone con scompenso a frazione di eiezione preservata, secondo le linee guida americane, sono candidate ad avere un supporto all’uso degli inibitori del Sglt2, sia come monoterapia sia in terapia di combinazione in quei pazienti con diabete di tipo 2 che hanno dimostrato, attraverso numerosi studi, di averne benefici aggiuntivi come la riduzione della pressione arteriosa e dei ricoveri per scompenso (-35%), il rallentamento del declino della funzionalità renale (-39%), la mortalità per tutte le cause (-32%) oltre a giovarsi di un elevato profilo metabolico. Il problema è la rete tra ospedale e territorio. Servono sinergie con specialisti ambulatoriali e medici di medicina generale”.

In sintesi c’è l’importanza dell’utilizzo precoce di questi farmaci molto maneggevoli nella pratica clinica con esiti molto favorevoli. “È importante e cruciale la interdisciplinarietà e i percorsi di cura più fluidi – – ha concluso Gerolamo Sibilio -. C’è poi l’aspetto diagnostico: come la Troponina è un segno dell’infarto, il BNP insieme al NT-proBNP (proteina prodotta dal cuore quando eccessivamente affaticato) è un segno dello scompenso“.

Un risultato superiore ai valori di riferimento di questo parametro dunque suggerisce la presenza di scompenso cardiaco o insufficienza cardiaca; tanto maggiore è il valore, tanto più grave è la patologia. Intanto in Campania ci sono 1,5 milioni di cronici over 65 anni (dati Epicentro), le cardiopatie sono il 35% e dunque circa 280mila pazienti cronici non possono essere sostenuti e l’unica risposta è l’ospedale. I farmaci innovativi servono proprio a evitare questa debacle assistenziale, costosa, inutile e inappropriata. 

Secondo Ada Maffettone, presidente eletto FADOI-Federazione delle associazioni dei dirigenti ospedalieri internisti, lo scompenso, considerato una malattia cronica come il diabete, e dunque di competenza territoriale, entra troppo spesso nell’alveo delle cure ospedaliere:

Il primo Drg ospedaliero delle Medicine interne è il n.127 che riguarda proprio lo scompenso. In Italia ci sono 1.052 Medicine interne, 52 in Campania, e in Medicina interna vediamo la maggior parte dei pazienti perché abbiamo più posti letto, il 15% circa e il 16% dei ricoveri acuti arrivano in Medicina interna. Il paziente scompensato arriva in ospedale ma non vuole venire e si crea un corto circuito. I diabetici e gli scompensati sono il 17% dei nostri pazienti ma non dovrebbero proprio arrivare in ospedale. Dal nuovo decreto 77 di riordino del territorio mi aspetto tantissimo ma qual è l’attuabilità?”.

La peculiarità della Campania è che le re-ospedalizzazioni dopo le dimissioni sono molto più frequenti rispetto ad altre regioni quindi il tema vero, oggi, è una maggiore interattività tra ospedale e territorio”. Queste le parole del Consigliere regionale Giovanni Porcelli. “Raccolgo la sfida come rappresentante delle istituzioni a fare di più, a fare meglio e a fare presto e soprattutto di farlo con i professionisti del settore. Immaginare di inventarci una soluzione a problemi così complicati, come lo scompenso cardiaco, che riguarda una multidisciplinarietà di professionisti e di interventi, senza ascoltare chi sta sul campo quotidianamente sarebbe solo una follia. Raccolgo le indicazioni che sono arrivate da questo incontro che saranno oggetto di discussione nei tavoli istituzionali”.

E poi l’imperativo: “Non possiamo aspettare le case di comunità o gli ospedali di comunità o una riorganizzazione più complessiva, di edilizia sanitaria, contando poi le assunzioni di personale sanitario, per immaginare che si possa cominciare a fare di più rispetto al problema così importante dello scompenso. L’invito ai nostri manager è di dedicare più spazio, più attenzione ai Distretti per dare una mano ai medici ospedalieri, e garantire una equa distribuzione delle risorse”.

Il Servizio Sanitario Nazionale è un investimento e va considerato tale, alla stessa stregua dell’investimento per la difesa di un Paese

L’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità ha promosso un incontro aperto a tutti gli attori si sistema, per scongiurare il sottofinanziamento della sanità pubblica nella nuova legge di bilancio.

Roma, 6 dicembre 2022 – Si è tenuto in data odierna, presso il Chiostro del Convento di Santa Maria sopra Minerva, l’evento PENSIERO N° 1, EVITARE IL SOTTOFINANZIAMENTO DEL SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE. LA NUOVA LEGGE DI BILANCIO”, promosso dall’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità. Obiettivo aprire un tavolo di confronto tra tutti gli attori di sistema per passare in rassegna le principali criticità ma anche le proposte strategiche, operare un confronto chiaro tra le spese sanitarie italiane e quelle europee e capire che cosa è già stato fatto degli investimenti sanitari del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) e che cosa rimane da fare.

Bisogna far capire a tutte le Istituzioni, in primis alle Istituzioni governative passate, presenti e future, che il finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) è un investimento e non solamente una spesa”, ha detto il Dottor Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità a inizio dei lavori. “È necessario far comprendere che bisogna determinare una quota che sia sufficiente ad assicurare il futuro del SSN stesso, soprattutto per quanto riguarda l’accesso all’innovazione, che deve essere omogenea in tutto il Paese, e l’equità di accesso ai servizi. Un esempio classico è quello della cosiddetta silver economy: la maggior parte dei risparmi e dei possedimenti immobiliari in Italia è in mano a persone over 65enni i quali, se non hanno la sicurezza di un SSN che offra risposte adeguate alle loro necessità, invece di spendere in cultura, ristoranti, turismo e così via, mette da parte i soldi in caso i medesimi abbiano, nel futuro o nel presente, problemi di salute. Tutto questo riduce in maniera significativa la crescita del Prodotto Interno Lordo (PIL)”.

Con oggi è stato sviluppato il primo dei 10 argomenti alla base del rilancio della nostra sanità, presentati dall’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità il 16 novembre scorso”, ha precisato Walter Locatelli, Direzione Scientifica di Motore Sanità. “Credo che anche dal punto di vista della sostenibilità economica, la riflessione fatta in quell’occasione sulle risorse umane e professionali del SSN sia fondamentale. Anche con loro si potranno definire i migliori percorsi, liberando i tanti lacci e lacciuoli per efficientare anche in questo periodo di transizione il loro apporto professionale e, di conseguenza, le risorse necessarie che in ogni caso sono sottostimate”.

D’accordo su tutta la linea con queste posizioni Enrico Rossi, già Presidente Regione Toscana: “È uscita l’analisi della Corte dei Conti che solitamente non è tenera con gli eccessi della spesa pubblica. E che dice apertamente che, dopo la parentesi del triennio Covid, l’attuale legge di bilancio 2023 per i prossimi anni inizia una fase di rientro nel rapporto tra spesa e PIL, che ricolloca il nostro Paese al di sotto della media dei principali partner europei. Con in più il fatto che da noi la quota di popolazione anziana, quindi più bisognosa di cure, è superiore. Secondo il metodo dell’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità noi mettiamo a confronto tutti i soggetti interessati affinché si trovino le soluzioni sia relative al fondo, sia al fabbisogno di personale. Soprattutto se si considera il fatto che, nei prossimi anni, gli investimenti importanti legati al PNRR che riguardano il territorio avranno bisogno, per non restare scatole vuote, di personale per funzionare”.

Ogni euro speso bene in sanità è foriero di un risparmio molto più ampio!”, rilancia Marco Osnato, Presidente VI Commissione (Finanze). “Bisogna investire in prevenzione, appropriatezza, telemedicina e riduzione della spesa farmaceutica… questo porterà risparmi, ma soprattutto efficienza ed efficacia nelle cure al paziente”.

Dobbiamo pensare anche a nuove regole di bilancio per finanziare l’innovazione, in particolare i farmaci innovativi”, ha sottolineato Anna Maria Parente, Presidente Commissione Sanità Diciottesima Legislatura a conclusione dei lavori. “Dovremo aprire un dibattito in Parlamento con il Governo e anche con la Commissione Europea, per considerare alcune spese di sanità come un investimento, alla stessa stregua dell’investimento per la difesa di un Paese. Dopo il Covid abbiamo capito che senza sanità non c’è né lavoro né economia e ci siamo scoperti fragili, all’inizio senza Dispositivi di protezione individuale e senza vaccini. Da qui dobbiamo pensare che la sanità è anche difesa di un Paese. Ritengo poi che occorra riaprire una dialettica tra tutte le forze politiche, per capire se si può accedere al Mes sanitario, che sono 37miliardi di euro. Apriamo con oggi questo lavoro di un anno, promosso dall’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità, e ci prepariamo alla prossima legge di bilancio”.

Tumore colon-retto, tumore della mammella, melanomi metastatici e tumore del polmone: giganti passi della scienza, a fronte di un numero sempre crescente di malati oncologici

È quanto emerso nella terza e nella quarta tappa “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia Sud e Centro” di Motore Sanità.

2 dicembre 2022 – Se da un lato il tumore ha accelerato la sua corsa arrivando a contare quasi 4milioni di persone (circa il doppio rispetto a 25 anni fa) e più di mille diagnosi di tumore maligno al giorno, dall’altro l’innovazione scientifica ha fatto passi da gigante. È quanto emerso nel corso della terza e della quarta tappa del grande percorso ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia SUD e CENTRO, promosso da Motore Sanità.

Così Gianni Amunni, Coordinatore Rete Oncologica Toscana: “Sono aumentati i pazienti anziani trattati. Abbiamo a che fare con una popolazione oncologica che è diversa da quella di 30 anni fa, perché la maggior parte sono anziani e con comorbidità. Più del 35% di questi pazienti sono in terapia orale. Un dato buono, se pensiamo al risvolto positivo in termini di qualità di vita. Ma i successi in oncologia non finiscono qui. Qualche dato, per rendere l’idea:

  • Tumore colon-retto siamo passati dal 52% al 66% di sopravvivenza in 20 anni.
  • Tumore della mammella siamo arrivati al 90% di sopravvivenza per i casi dello screening.
  • Melanomi metastatici il 20% dei soggetti con questa neoplasia vivi a 10 anni.
  • Tumori del polmone 25% vivi a 5 anni con questa malattia.

Ciò detto, credo sia importante un nuovo modello per cui ragionare. Oggi il 40% dei tumori sarebbero evitabili con corretti comportamenti individuali e collettivi. Se riuscissimo a ridurre anche solo del 10% questo dato sarebbe già un successo in termini di vita. Nell’ambito della prevenzione secondaria gli screening riducono l’incidenza di mortalità del 10-15%. L’innovazione, e qui mi riaggancio al discorso iniziale, è il pane quotidiano dell’oncologia. Non bisogna avere paura del cambiamento, ma bisogna saperlo cavalcare”.

“I numeri sono considerevolmente in aumento e per quanto riguarda la patologia mammaria i numeri sono altissimi, 55mila donne in Italia si ammalano di tumore al seno – ha spiegato Alessandra Ena, Europa Donna Italia -. L’età di insorgenza di questa patologia, inoltre, si è abbassata notevolmente e allora entra in gioco l’innovazione tecnologica che può aiutare la donna a gestire al meglio le sue terapie e soprattutto a coinvolgere un territorio che si sta adeguando a questa innovazione farmacologica in oncologia”. Cosa succede in Puglia? “Sono presenti numerose Brest Unit e le donne vengono accolte in strutture in grado di poter gestire la patologia del tumore della mammella all’interno di gruppi multidisciplinari, diminuendo così la migrazione fuori regione. La Regione Puglia è avanti attraverso l’organizzazione di una rete oncologica pugliese che sta portando avanti il Pdta per la mammella e per tutte le patologie come il tumore del polmone, del colon retto, dell’ovaio e dell’utero. Perché è stato dimostrato che il modello di Pdta del seno è un modello vincente”.

Se le reti oncologiche hanno la finalità di garantire equità nell’accesso dei pazienti a cure appropriate e di qualità, è necessario altresì garantire uguali opportunità di accesso ai test diagnostici, in particolare a quelli a target molecolare.

Purtroppo in Italia, ma anche in gran parte delle nazioni europee, l’accesso ai test con target molecolari è tutt’altro che equo – ha affermato Alfredo Zito, Direttore di Anatomia patologica dell’Istituto Tumori Giovanni Paolo II di Bari -. Le motivazioni

vanno ricondotte essenzialmente all’assenza di criteri di rimborsabilità e a una carente organizzazione sul territorio che individui i centri di patologia molecolare dotati di idonea strumentazione, ma soprattutto di adeguate competenze. Occorre una revisione organizzativa che individui su tutto il territorio nazionale i centri in grado di erogare i suddetti test con criteri di appropriatezza, qualità, equità e omogeneità nelle procedure su tutto il territorio nazionale, evitando non solo la mobilità passiva dei pazienti, ma anche dei loro campioni tumorali”.

Oncologia: tra innovazioni e criticità, a che punto siamo

Ermete Gallo, Direttore Sanitario IFO Oncologia: “La chiave di volta per fronteggiare le nuove sfide di cura del paziente oncologico è dotarsi di una strategia: strategia di Ente ma, soprattutto, strategia di Rete che prende in carico in modo globale il percorso diagnostico-assistenziale del paziente oncologico”.

Roma, 2 dicembre 2022 – La cura delle malattie oncologiche ha visto nel corso degli ultimi anni un cambiamento sostanziale: le innovazioni diagnostiche e terapeutiche hanno contribuito a cronicizzare molte delle patologie oncologiche. Sono cambiati i numeri dei pazienti in cura, si ampliano i confini dei bisogni di salute e, contemporaneamente, crescono le difficoltà a garantire i servizi sanitari. Il recente report dell’Organizzazione Mondiale della Sanità “Health and care workforce in Europe: time to act” evidenzia che in Italia il 60% dei medici ha più di 55 anni; se

aggiungiamo a questo gli effetti del cosiddetto “imbuto formativo”, il saldo appare impietosamente negativo.

A evidenziare questi aspetti Ermete Gallo, Direttore Sanitario IFO, invitato a parlare durante la quarta tappa “ONCOnnection Stati generali dell’Oncologia CENTRO: TOSCANA, LAZIO, UMBRIA, ABRUZZO– con la sponsorizzazione non condizionante di GSK, Takeda, AstraZeneca, Daiichi-Sankyo, Gilead e Servier moved by you nell’ambito del grande percorso   ONCOnnection” realizzato negli ultimi due anni su iniziativa di Motore Sanità. “Appare essenziale focalizzarsi sul corretto uso di tutte le risorse disponibili – ha chiosato Gallo. Il modello di gestione delle reti oncologiche “hub&spoke” ha mostrato, durante la pandemia, una scarsa resilienza in contesti “instabili”. Molte strutture hanno messo in campo risposte autonome, spesso spontanee, per fronteggiare le situazioni di crisi. Nei nostri IRCSS Regina Elena e San Gallicano ad esempio, è stato possibile riconvertire rapidamente alcune apparecchiature avanzate a supporto della Rete regionale Coronet; siamo stati tra i primi, inoltre, ad attivare     un     sistema     di     telemedicina     per     i      pazienti      oncologici. Questi esempi dimostrano come la chiave di volta per fronteggiare le nuove sfide di cura del paziente oncologico è dotarsi di una strategia: strategia di Ente (ASL, A.O., IRCSS, Strutture private) ma, soprattutto, strategia di Rete (provinciale/regionale) che prende in carico in modo globale il percorso diagnostico-assistenziale del paziente oncologico. In quest’ottica però è essenziale essere preparati a cedere qualcosa per far funzionare la Rete territoriale o, come direbbe Porter, a “scegliere cosa non fare”. I punti della Rete, quindi, devono differenziarsi per le funzioni svolte (Molecular Tumour Board, ricerca clinica, diagnostica avanzata, assistenza ospedaliera, presa in carico territoriale) e costruire assieme gli strumenti di lavoro per garantire il Percorso diagnostico-assistenziale del singolo malato oncologico”.

Cancro: in Italia colpisce oltre 3milioni e 600mila persone. Più di mille diagnosi di tumore maligno al giorno

Al via a Roma la quarta tappa del progetto “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia CENTRO: TOSCANA, LAZIO, UMBRIA, ABRUZZO”, l’1 e il 2 dicembre, interamente dedicati alle novità che ruotano attorno all’oncologia in queste regioni d’Italia.

Roma, 01 dicembre 2022 Sono oltre 3 milioni e 600 mila le persone in Italia che vivono con una pregressa diagnosi di tumore. Si tratta di una categoria estremamente eterogenea: vi sono malati guariti, in follow up, in terapia per guarire (terapie adiuvanti o neoadiuvanti), in terapia per vivere, anche a lungo ma non per guarire (fase metastatica della malattia). Sono persone con bisogni molto diversi, ma come unico punto di riferimento l’oncologia dell’ospedale. Ma i numeri (e le evidenze scientifiche) ci dicono anche altro: innanzitutto che l’incidenza dei tumori aumenta con l’età, tenendo presente che dopo i 60 anni vi è anche un aumento di copatologie: ipertensione, malattie cardiache, diabete, etc. con aumento di fragilità e aumento di farmaci che si assumono giornalmente. E che ogni giorno, oltre mille gli italiani ricevono una diagnosi di tumore maligno.

Da qui l’importanza del grande percorso “ONCOnnection” realizzato negli ultimi due anni su iniziativa di Motore Sanità, che fino ad oggi ha riunito le esperienze in campo oncologico di tutte le regioni di Italia.

La quarta tappa “ONCOnnection Stati generali dell’Oncologia CENTRO: TOSCANA, LAZIO, UMBRIA, ABRUZZO– con la sponsorizzazione non condizionante di GSK, Takeda, AstraZeneca, Daiichi-Sankyo, Gilead e Servier moved by you – è in corso di svolgimento a Roma. Due giorni di lavori, l’1 e il 2 dicembre 2022, interamente dedicati alle novità che ruotano attorno all’oncologia in queste regioni d’Italia, e che vedono a raccolta i massimi esperti, le associazioni dei pazienti e le istituzioni.

L’oncologia medica sta cambiando rapidamente, per le nuove conoscenze scientifiche che permettono nuove terapie con risultati mai visti prima”, chiosa Luigi Cavanna, Presidente nazionale CIPOMO. “È tuttavia necessario anche un cambiamento organizzativo e tecnologico con attenzione al territorio. Gli elementi a favore del cambiamento sono sia di natura epidemiologica sia di natura più individuale, come i bisogni dei malati oncologici e gli ostacoli che si trovano ad affrontare questi malati”.

Da qui l’appello delle istituzioni: “Dobbiamo riuscire a dare ascolto alle necessità degli esperti di sanità. Dobbiamo lottare per far sì che il diritto alla sanità venga sempre garantito.

Su questo punto interviene anche Federico Cappuzzo, Direttore Oncologia Medica 2 Istituto Nazionale dei Tumori Regina Elena: “Lo screening oncologico ha un ruolo determinante nell’identificare le malattie neoplastiche in fase precoce e, conseguentemente, aumentare la probabilità di guarigione definitiva. In Italia esistono diversi programmi di screening, incluso quello che riguarda il tumore al polmone che è partito da poco in 18 centri diffusi su tutto il territorio nazionale. Purtroppo l’adesione della popolazione ai programmi spesso non è ottimale e questo fenomeno è più evidente nelle regioni del Centro-Sud Italia”. E ancora: “Il territorio deve svolgere un ruolo cruciale nella gestione dei pazienti oncologici sia nel favorire la prossimità di cura, ossia che ciascun paziente possa ricevere le migliori terapie il più possibile vicino casa, sia aiutando i centri oncologici nella gestione dei pazienti in follow-up potenzialmente guariti, sia nella gestione del fine vita. Quest’ultimo aspetto è di grandissimo rilievo in quanto in alcune regioni dove il territorio non ha un’organizzazione adeguata delle cure palliative, il peso della gestione del paziente nel momento più drammatico della vita viene totalmente lasciato ricadere sulle spalle della famiglia”.

Telemedicina, opportunità per abbattere disuguaglianze e rispondere ai crescenti bisogni di salute, ma serve cultura a 360°

La rivoluzione tecnologica che sta attraversando la sanità in questo momento storico, così unico e irripetibile, necessita di uno spirito di collaborazione multidisciplinare e dei cittadini. Necessita di cultura, non solo tecnologica. La telemedicina ha un ruolo strategico per rispondere ai bisogni crescenti di salute della popolazione, ma è necessario tenere presente questi aspetti: formazione, questione annosa della carenza di personale, richieste di nuove competenze per gestire le nuove strumentazioni e resilienza del SSN. Tutto questo per affrontare con consapevolezza e concretezza questa rivoluzione tecnologica in corso.

In Sicilia, che è nel cuore del Mediterraneo ed è separata da uno stretto “culturale” dal resto d’Italia, si è scelto di parlare di tecnologie e di mettere in comune le best practice “intermediterranee” di telemedicina in tutte le sue pratiche. L’occasione è l’evento “LA SALUTE NEL MEDITERRANEO”, organizzato da Motore Sanità con il contributo incondizionato di IBM.

È evidente a tutti che la “messa in comune” di dati raccolti in modo omogeneo e trasversale nei diversi Paesi permettono, per esempio, di individuare e confrontare la reale presenza di malattie rare nel bacino del Mediterraneo; o di raggiungere le popolazioni che vivono in aeree rurali e portare i servizi di cui hanno bisogno; che gli standard di approccio alla televisita e al teleconsulto permettono di individuare il metodo più “empatico” per raggiungere medici e pazienti. Sono esempi, questi, di come “la tecnologia che mette in rete i sistemi sanitari” – la telemedicina – può dare un grande contributo alla sanità che affronta temi emergenti, come la cronicità, che riguarda il 30% della popolazione italiana e la difficoltà di condividere i dati che ciascun Paese del Mediterraneo ha e può portare per dare voce ai risultati prodotti.

La telemedicina rende possibile distribuire ai cittadini molti servizi sanitari e assistenziali. Li rende più accessibili, adeguati e incrementa la qualità delle cure. Questi nuovi servizi però funzionano bene se sono personalizzati, adatti alla situazione reale delle persone, delle famiglie, e ciò si può ottenere solo se siamo disposti a modificare i processi di lavoro dei sanitari, le procedure burocratiche e le norme che regolano il servizio sanitario nazionale pubblico e la sanità privata” ha spiegato Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro nazionale per la Telemedicina e le nuove tecnologie assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità. “Per essere ancora più chiari: non serve una grande riforma teorica del servizio sanitario, ma tanti piccoli pratici aggiornamenti per usare al meglio le tecnologie. Serve competenza dei professionisti e coordinamento tra istituzioni. Se poi allarghiamo il nostro sguardo verso la sanità digitale dell’Unione Europea nel Mediterraneo dobbiamo parlare anche di solidarietà tra stati membri, oltre che di standard amministrativi, di interoperabilità dei sistemi, di armonizzazione delle pratiche assistenziali.”

“Il tema delle nuove tecnologie è uno scenario particolarmente innovativo e sfidante al quale dobbiamo dare delle risposte. Questo l’appello di Paolo Misericordia, Responsabile Centro Studi FIMMG. “Uno dei problemi è che la miriade di messaggi e di informazioni digitali che ci arrivano quotidianamente dai pazienti e che vengono dispersi. Ad oggi non abbiamo la possibilità di ricondurli ad un unicum, questo è un tema rilevante. Come pure è rilevante il problema della prenotazione dal medico, che dovrà essere affrontato con determinazione: serve una prenotazione automatica. E poi i teleconsulti, come facciamo a farli? Il problema è che questi strumenti non vengono valorizzati a livello istituzionale nell’ambito dell’attività dei medici di medicina generale. Dobbiamo avere delle soluzioni di sistema, dobbiamo disporre di strumenti da costruire che portino soluzioni maggiormente fruibili e favorevoli per medici e pazienti”.

“E’ ormai entrata nel vivo l’implementazione del nuovo fascicolo sanitario elettronico e sono già in valutazione le scelte per l’adozione della piattaforma di telemedicina e di intelligenza artificiale. Questi tre elementi sono i pilastri di un nuovo modello di cura che si prefigge di trasformare il sistema sanitario, rendendo utilizzabili in modo semplice le informazioni di cui il sistema stesso dispone. Ciò consentirà di alimentare nuovi servizi per cittadini e professionisti, ottimizzare le risorse e sostenere la ricerca” ha dichiarato Daniela Scaramuccia, Client Partner Public IBM Consulting Italia, che ha aggiunto. “Perché questi strumenti siano però effettivamente utilizzabili, sarà necessario che tutto l’ecosistema sanitario venga formato e accompagnato durante la loro adozione. Che sia predisposto lo sviluppo di un sistema resiliente, perché possa garantire la sicurezza nella gestione del dato e nella protezione delle infrastrutture. E, affinché lo sviluppo dei servizi rispondano agli effettivi bisogni degli utenti, sarà fondamentale il loro coinvolgimento in tutte le fasi di disegno e sviluppo”.

Salvatore Amato, Presidente Ordine dei Medici di Palermo ha sottolineato che “l’utilizzo di tecnologie non è solo un bisogno ma un dovere di chi le deve utilizzare per migliorare l’assistenza alle persone, ma ci sono dei problemi e dei quesiti importanti ai quali è necessario dare risposte: bastano le tecnologie a soddisfare i bisogni della persona? Chi gestirà le informazioni, seppur l’intelligenza artificiale sicuramente darà una mano? E la formazione rispetto all’utilizzo di queste strumentazioni? Chi sarà il driver di queste strumentazioni? E la reale mancanza di personale? Altro aspetto su cui riflettere riguarda le diseguaglianze di salute, che aumenteranno nei prossimi anni tra il meridione e le altre regioni: e su questo deve essere fatta una profonda riflessione. Ben vengano le attrezzature, le case della comunità e quanto è previsto dal Pnrr, ma se non si fa una analisi attenta, i soldi del Pnrr saranno spesi malissimo. E su questo invito i decisori politici che stanno al centro e alla periferia di rendersene conto. Dobbiamo restare vigili su queste situazioni”.