Ictus: “Indispensabile prevenzione primaria dei fattori di rischio quanto tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate”

Aderenza e appropriatezza terapeutica

29 marzo 2021 – La Stroke Alliance for Europe (SAFE) ha stimato come, già nel 2017, l’impatto economico dell’ictus nell’Unione europea ammontasse a 60 miliardi di euro, con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione, e potrebbe arrivare a 86 miliardi di euro nel 2040. In Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative ed assistenza con un carico economico gravoso sui pazienti ed i propri familiari. La combinazione di questi fattori rende indispensabile un’azione decisa verso la prevenzione dell’insorgenza dell’ictus, che intervenga tanto sui fattori di rischio quanto sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus. Di questo si è parlato durante il webinar Strategie sanitarie di prevenzione dell’ictus: come ottimizzare la prevenzione per una popolazione più sana. Focus Sud, organizzato da Motore Sanità in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co, e realizzato grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer.

Queste le parole di Valeria Caso, Dirigente Medico presso la S.C. di Medicina Interna e Vascolare – Stroke Unit, Membro del Direttivo della World Stroke Organisation e dell’Osservatorio Ictus ItaliaL’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie. Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave. Inoltre, il costante invecchiamento demografico potrebbe inoltre alimentare un incremento dell’incidenza del 30% tra il 2015 ed il 2035 per cui è importante investire sull’implementazione delle cure e la prevenzione anche per evitare che il sistema non regga. Informare sull’impatto economico dell’ictus (nell’UE 45 miliardi di euro nel 2016), con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione. Il carico economico risulta inoltre particolarmente gravoso anche sui pazienti e i propri familiari: in Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative e assistenza. Importante intervenire sulla prevenzione primaria dei fattori di rischio e sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus, come ricorda il report pubblicato dall’Economist Intelligence Unit, una ricerca sulle politiche e gli investimenti nella prevenzione dell’ictus, comprese le risorse per le campagne di sensibilizzazione, educazione della popolazione e di screening. Per comprendere meglio le differenze organizzative a livello europeo, la ricerca è stata condotta in cinque paesi: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito. La ricerca è basata su un sondaggio di 250 stakeholders europei che includono associazioni dei pazienti colpiti da ictus, politici e sanitari coinvolti nella prevenzione. Il report è stato revisionato a livello italiano da me. Le istituzioni possono incidere con un lavoro su quattro ambiti: 1 – sensibilizzazione sui fattori di rischio dello stroke e la loro possibile gestione per informare correttamente la popolazione. Ad esempio, la fibrillazione atriale, a cui diversi studi riconducono circa il 25% dei casi di ictus, ancora troppo frequentemente viene diagnosticata solo all’insorgere dell’evento cardiovascolare maggiore. 2 – potenziamento delle figure professionali del mondo sanitario, (istituzione dell’infermiere di famiglia, impegno per i medici di medicina generale). 3 – promuovere l’implementazione delle linee guida cliniche per la prevenzione dell’ictus, aumentando la comunicazione sulle best practices, evidenziando gli interventi chiave come la gestione della pressione sanguigna e altre azioni preventive e assicurando l’accesso alle terapie. 4 – sostegno per le tecnologie digitali, garantendo la disponibilità e l’accesso per operatori sanitari e pazienti, da un lato con maggiori investimenti e dall’altro con modalità di utilizzo definite”.

“In Italia vi è la necessità di promuovere un programma di prevenzione primaria dell’ictus che adotti una strategia attiva di screening, in modo simile a quanto, ad esempio, è stato fatto nelle patologie oncologiche. A partire dai 40 anni di età ogni singolo individuo dovrebbe poter accedere ad una valutazione del proprio rischio cerebrovascolare (fattori di rischio individuali, familiarità, stili di vita) ed essere sottoposto periodicamente (ogni 1- 3 anni) ad alcuni semplici esami diagnostici: un ecodoppler dei tronchi sopraortici, un ECG, una valutazione dei polsi periferici arteriosi, la rilevazione della pressione arteriosa. Le ricadute sarebbero immediate, individuando subito i soggetti ad alto rischio per TIA o Ictus, ma anche nel favorire una maggior consapevolezza per l’adozione di comportamenti salutari. Il costo dello screening sarebbe sicuramente ripagato dalla possibilità di ridurre l’incidenza di ricoveri per ictus acuto e per le devastanti conseguenze nei pazienti che vi sopravvivono”, ha spiegato Giuseppe Rinaldi, Responsabile Neurologia e Stroke Unit dell’Ospedale Di Venere di Carbonara Bari

Le strategie per migliorare la prevenzione dell’ictus devono prevedere un coinvolgimento dei professionisti specifici del settore (medici, infermieri, farmacisti) che devono supportare, sensibilizzare i politici affinché’ impieghino, in modo mirato ed epidemiologicamente corretto, le risorse economiche per diffondere le corrette pratiche di prevenzione dell’ictus. A tal proposito è auspicabile una sinergia tra professionisti e le associazioni dei pazienti che conferisce maggiore valenza nei rapporti con la politica. Un ulteriore momento, che può radicare nella società la diffusione della cultura della prevenzione, è il coinvolgimento degli alunni nelle scuole con lezioni di

educazione sanitaria programmate a seconda dell’ordine ed il grado”, ha sostenuto Leonardo Barbarini, Direttore f.f. Neurologia Stroke Unit P.O. “V. Fazzi” Lecce

“Tutte le statistiche concordano sul fatto che l’ictus cerebrale rappresenti una delle malattie più frequenti collegata ad un ragguardevole rischio di morte e disabilità. È la seconda causa di morte nei Paesi occidentali e una delle prime cause di disabilità nelle persone adulte. I fattori di rischio lo collocano in stretta relazione con il complesso delle malattie cardiovascolari della parte neurologica. Nel proprio piccolo, A.L.I.Ce. Puglia è impegnata da circa 20 anni nella lotta all’ictus cerebrale con numerose campagne di informazione e sensibilizzazione, screening gratuiti nelle piazze, iniziative rivolte alla popolazione atte a persuadere sulla consapevolezza del rischio. Ben vengano, dunque, iniziative del genere che portano a rendere edotta la popolazione sui reali rischi e consiglino come prevenire le malattie al fine di vivere una vita più sana”, ha detto Michele Bovino, Presidente Regionale A.L.I.Ce. Puglia

Molti casi di ictus cerebrale si potrebbero evitare se si potesse attuare un’adeguata prevenzione e trattamento dei fattori di rischio cardiovascolare. In prevenzione primaria è necessaria una maggior opera di diffusione e conoscenza dei fattori di rischio per l’ictus e del loro trattamento, a partire dalle modifiche dallo stile di vita ( dieta, attività fisica, sospensione del fumo), alla terapia farmacologica ottimale dei principali fattori quali l’ipertensione arteriosa, la fibrillazione atriale, il diabete tipo2, le dislipidemie. A tal proposito il medico di Medicina Generale potrebbe svolgere un importante ruolo. In prevenzione secondaria, per i pazienti già colpiti dalla malattia, l’organizzazione di ambulatori specialistici dedicati all’ictus, sia in strutture pubbliche che private, consentirebbe un controllo clinico globale del paziente da parte dei vari medici specialisti presso la stessa struttura, evitandone visite e talvolta viaggi anche in altre città .Una struttura dedicata potrebbe seguire anche pazienti in prevenzione primaria, fornendo prestazioni sanitarie integrate”, ha dichiarato Pietro Banna, Rappresentante  A.L.I.Ce. Sicilia

L’ictus riconosce diversi fattori di rischio che sono classicamente suddivisi in fattori modificabili e non modificabili. I principali fattori di rischio modificabili sono: l’ipertensione, la fibrillazione atriale, l’aterosclerosi, il diabete mellito, l’ipercolesterolemia, il fumo di sigaretta, l’abuso di alcol e la ridotta attività fisica. Tali fattori di rischio interagiscono in modo fattoriale e il rischio di ictus aumenta più che proporzionalmente al numero di fattori di rischio presenti. È importante conoscere ed agire sui fattori di rischio modificabili: l’ictus è una condizione prevenibile; sicuramente, uno stile di vita sano, senza eccessi, ne riduce il rischio. Pertanto, sarà importante agire in termini di prevenzione, ovvero trattare le eventuali ipertensione arteriosa ed ipercolesterolemia, abolire il fumo di sigaretta, ridurre il consumo di caffeina, abolire l’abuso di alcol, evitare la sedentarietà e praticare attività fisica di grado moderato. L’attività fisica sfrutta l’effetto protettivo che ha nei confronti del nostro organismo, diminuendo in modo significativo il verificarsi di condizioni ed eventi che favoriscono l’insorgenza dell’ictus. Si potrà notare come l’attività fisica agisca positivamente su diversi fattori che riguardano l’ictus da vicino: invecchiamento, pressione arteriosa, patologie croniche, cardiovascolari, migliora le capacità di pompa del cuore, aumento il numero di capillari, aumento del colesterolo HDL, diminuzione dei trigliceridi riduce il sovrappeso, ovvero tutte quelle condizioni favorenti le cause principali della patologia (placche aterosclerotiche, trombi, eventi emorragici)”, ha aggiunto Rosario Sasso, Rappresentante  A.L.I.Ce. Campania

L’infezione da HCV torni protagonista nella salute pubblica: ‘Coordinata in modo incisivo a livello centrale e resa omogenea in tutte le Regioni’

Influenza e infezioni

Stanziati fondi per effettuare lo screening HCV, ma ci sono alcune Regioni virtuose ed altre meno. Per individuare le best practice regionali e proporre spunti di riflessione, all’interno della 2 giorni della Winter School “CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E RESILIENTE…  SE CORRETTAMENTE FINANZIATO di MOTORE SANITÀ, ha organizzato il Webinar ‘Screening dell’HCV per biennio 2021-2022 e call to action per una sua realizzazione nelle varie Regioni’, con il supporto incondizionato di Gilead.

Loreta Kondili, Ricercatore Medico Specialista Istituto Superiore di Sanità, ha affermato come “l’Italia ha avuto il triste primato di essere uno dei paesi con più alta prevalenza dell’infezione da HCV in Europa. Ma oggi si può parlare di un presente diverso dal passato. In Italia le politiche sanitarie che hanno determinato l’accesso ai farmaci ad azione antivirale diretta hanno avuto una rapida e soddisfacente evoluzione. Passando dal criterio “prioritizzato” del trattamento, per i pazienti con un danno avanzato del fegato, ad un accesso “universale”, l’Italia ha segnato il primato Europeo per i numeri dei pazienti trattati con oltre 200 000 pazienti trattati per l’infezione cronica da HCV. Questo traguardo è grazie ad un approccio universalistico e solidale unico al mondo, e politiche sanitarie lungimiranti considerando, oltretutto, il significativo numero dei casi infetti. Si stima che ci siano circa 282.000 pazienti con infezione cronica da HCV, ancora da diagnosticare, di cui circa 146.000 avrebbero contratto l’infezione attraverso l’utilizzo attuale o pregresso di sostanze stupefacenti, circa 81.000 mediante i tatuaggi, piercing o trattamenti estetici a rischio. Queste stime richiamano l’attenzione sull’implementazione di piani di eliminazione non solo a livello nazionale, ma soprattutto a livello regionale. Lo stanziamento di 71.5 milioni di euro per lo screening gratuito di particolari gruppi di popolazione in Italia (tossicodipendenti, individui in carcere e la popolazione nata tra 1969/1989) permetterà di dare una grande prospettive per il conseguimento degli obiettivi indicati dall’OMS per il 2030. La realizzazione di questa campagna attiva di screening gratuito, presente nel piano nazionale di eliminazione, è compito delle Regioni e le Regioni dovranno lavorare in modo omogeneo per metterlo in atto. Investire in prevenzione per eliminare l’infezione da HCV e la malattia ad essa correlata vuol dire investire per lo screening e per la cura dei pazienti diagnosticati. I risultati di costo beneficio, del trattamento dei pazienti diagnosticati grazie allo screening attivo in Italia, hanno mostrato che l’investimento iniziale per la terapia antivirale, verrà recuperato in soli 4/5 anni. Si stima che l’eliminazione del virus nella popolazione oggi “sommersa” genererà in 20 anni, un risparmio di oltre 63 milioni di euro per 1.000 pazienti trattati. Questa è una prova a sostegno di un investimento continuo per la cura dell’infezione da HCV considerando che l’identificazione e il trattamento della popolazione con infezione non diagnosticata è l’unico modo per ottenere l’eliminazione dell’infezione da HCV in Italia. Il finanziamento attuale è un pilota ma che deve proseguire nel tempo. È stato stimato che in Italia il rinvio del trattamento con i DAA di solo 6 mesi a causa della Pandemia da Covid 19 (e ora siamo ben oltre 6 mesi) causerà in 5 anni un aumento dei decessi in oltre 500 pazienti con infezione da HCV. morti evitabili se i test e il trattamento non fossero rinviati. Nel perseguire la strategia di uscita da rigorose misure di blocco per Covid-19, la prescrizione di DAA dovrebbe continuare ad essere una priorità assoluta, per continuare a seguire la strategia di eliminazione dell’HCV. La pandemia non deve costituire un ostacolo, ma uno stimolo; la prevenzione, punto centrale nella gestione del Covid-19, deve tornare protagonista nella salute pubblica anche per l’eliminazione dell’infezione da HCV, coordinata in modo più incisivo a livello centrale e resa omogenea in tutte le Regioni. La cura dell’epatite C deve essere considerato un investimento e non una spesa”.

 

La battaglia contro l’HCV non è conclusa, anche perché le azioni per far emergere il sommerso sono ancora insufficienti. È quindi utile mettere a terra nelle varie Regioni progetti di screening  mirati a partire dalla popolazione a rischio In Italia si stima che circa l’1% della popolazione abbia infezione da HCV.” Ha affermato Claudio Zanon, Direttore Scientifico di Motore Sanità

 

“Le terapie per l’epatite C sono crollate del 60%, così come i follow up. Noi aspettiamoci un incremento dei tumori del fegato, perché se le persone non fanno i controlli è inevitabile che ci troveremo con formazioni neotumorali avanzate. È quindi indispensabile che le persone a rischio vengano curate e facciano i follow up” ha dichiarato Ivan Gardini, Presidente Associazione EpaC Onlus nnio 2021-2022 e call to action per una sua realizzazione nelle varie Regioni’, con il supporto incondizionato di Gilead.

Ambiente, clima e salute: “Sarà sanità green o ci dobbiamo preparare a nuove terribili pandemie?’

malattie neuro degenerative

27 marzo 2021 – Questo il tema discusso durante il Tavolo di lavoro ‘Salute, pandemia da Covid-19 e cambiamento climatico: è possibile pensare a una Sanità Green?’ durante la Winter School “CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E RESILIENTE…  SE CORRETTAMENTE FINANZIATO di MOTORE SANITÀ, che ha visto per 2 giorni confrontarsi i massimi esperti della Sanità italiana.

 

Queste le parole di Domenico Scibetta, Presidente Federsanità ANCI Veneto “Ci sono sempre state pandemie nell’umanità con germi e virus che derivavano dagli animali. Negli ultimi 30anni ci sono state malattie emergenti derivate dagli animali. L’OMS ha spiegato il rapporto cambiamenti climatici e la possibilità di sviluppare malattie. La deforestazione ha alterato l’equilibrio tra razza umana e animale, come ad esempio è successo con il pipistrello.  È chiaro che la temperatura e la qualità dell’aria giocano un ruolo determinante nel generare malattie. In Siberia il CNR francese ha trovato virus sepolti da 30 mila anni che hanno una grande complessità genetica, come in Cile e Australia ne sono stati trovati altri. Dovremmo prepararci alle conseguenze delle alterazioni del clima”.

 

“Il sistema sanitario italiano è sicuramente importante ma gli manca la capacità di aprirsi maggiormente alle sfide che ha di fronte, ha bisogno di collaborare anche con l’ecosistema nel quale si colloca. L’Emilia-Romagna ha lavorato su ricerca e innovazione per un settore green, con un occhio alla sostenibilità che è fondamentale. Abbiamo bisogno di trovare soluzioni più compatibili ambientalmente. Lo sforzo Data e Clima è un connubio per noi importantissimo. Abbiamo nella nostra Regione tutto un sistema sulla sicurezza alimentare. Nelle azioni che stiamo sviluppando abbiamo una rete integrata e il tema clima e salute sono per noi importantissimi. Non abbiamo certezza che in futuro questa pandemia non ci sarà ancora ed è quindi fondamentale ci siamo sistemi ambientali sicuri”, ha detto Morena Diazzi, Direttore Generale Direzione generale economia della conoscenza, del lavoro e dell’impresa – Responsabile del Servizio Ricerca, Innovazione, Energia ed Economia Sostenibile Regione Emilia-Romagna

 

“Dall’esperienza Covid abbiamo capito che bisogna agire prima altrimenti è troppo tardi, lo stesso vale per la situazione climatica: ogni giorno perso sarà come per il Covid un morto in più per mancata prevenzione. Bisogna ridurre gli impatti ambientali, con politiche verdi, ridurre le emissioni, l’utilizzo del carbone, del consumo del suolo e la dispersione della plastica negli oceani. Queste sono solo alcune delle azioni da compiere”, ha sostenuto Luca Mercalli, Presidente Associazione Meteorologica Italiana

 

“Ogni struttura può dare il proprio contributo al cambiamento climatico. Bisogna aggiungere misure verdi, avere ospedali e scuole che producano energia da sole. Per non parlare dei danni dati dall’inquinamento atmosferico. Una persona che vive in un ambiente inquinato ha o avrà sempre maggiori problemi di salute nel tempo” ha tenuto a precisare Antonello Pasini, Fisico del Clima, CNR

 

EPILESSIA: “Patologia gestibile ma ancora oggi vista e trattata con stigma e pregiudizi che minano i rapporti sociali”

Gravidanza e depressione

27 marzo 2021 – Questo l’argomento discusso durante il Tavolo di lavoro ‘Epilessia: problema medico e sociale’, organizzato da Mondosanità, in collaborazione con Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Angelini Pharma, all’interno della Winter School “CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E RESILIENTE…  SE CORRETTAMENTE FINANZIATO”, che ha visto per 2 giorni confrontarsi i massimi esperti della Sanità italiana.

 

“Oltre 500mila in Italia e oltre 100mila gravi. L’impegno di Regione Lombardia è partito nel 2004 lavorando con i Centri e una Rete di assistenza, fino ad arrivare alla definizione di un percorso diagnostico terapeutico di cura evidenziando step di intervento. Ci sono stati ottimi risultati, con Centri di primo livello e Laboratori per registrare dati e creare Centri di terzo livello per svolgere attività terapeutiche. Molti sono i Centri di riferimento creati in Lombardia. Portando negli anni dati positivi di presa incarico. Siamo a cavallo di un lavoro importante di modifiche e revisioni nella nostra Regione che avvieremo a breve. Con AGENAS ci vedremo a breve per rivalutare il DOSSIER che ci hanno inviato sul tema della presa incarico del paziente. In questi anni pur avendo gli strumenti per la patologia dell’epilessia, con effetti fori sulla persona e la famiglia, l’elemento che ha rallentato è stata la mancanza di risorse. Poter accedere a nuovi investimenti ci permetterà di aumentare il nostro impegno: anche assumendo magari altro personale”, ha spiegato Emanuele Monti, Presidente III Commissione Sanità Regione Lombardia

 

“La popolazione comune vede la conseguenza visibile, cioè la crisi epilettica vera e propria. Nella vita comune esistono conseguenze molto gravi nell’impatto sociale con una qualità della vita sociale che viene fortemente attaccata. Dare una giusta collocazione alle diverse forme di epilessia, perché il controllo delle crisi è diversa dal grado di gravità della malattia. Le persone con epilessia hanno relazioni sociali molto critiche, la conoscenza della malattia può aiutare“, ha detto Luisa Brogonzoli, Responsabile Centro Studi Fondazione The Bridge

 

“Sappiamo che l’epilessia è una malattia cronica, del sistema nervoso centrale. I sintomi di una crisi epilettica possono variare moltissimo da caso a caso, per cui bisogna parlare di epilessie e non di epilessia. Fortunatamente la maggior parte delle epilessie sono trattabili farmacologicamente e la stragrande maggioranza dei pazienti epilettici può fare una vita normale se assume correttamente i farmaci.” Ha affermato Nicola Specchio, Unità di Epilessie Rare e Complesse Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, IRCCS, Roma

 

Post pandemia COVID-19 “Riprogrammare la rete ospedaliera e territoriale per un Servizio Sanitario più efficiente e sostenibile”

collaborazione istituzioni industrie

27 marzo 2021 – Questo il messaggio uscito dal Tavolo di lavoro ‘L’insegnamento del Covid: verso una rete ospedaliera rinnovata e flessibile, verso una rete territoriale efficiente e pronta’, durante la Winter School “CALL TO ACTION PER UN SSN INNOVATIVO E RESILIENTE…  SE CORRETTAMENTE FINANZIATO di MOTORE SANITÀ, che ha visto per 2 giorni confrontarsi i massimi esperti della Sanità italiana.

 

“Il Covid ha dimostrato che nell’emergenza ci arrangiamo e che i nostri operatori hanno dato davvero il meglio di sé. Ma le note positive finiscono qui, abbiamo in Europa il maggior numero di morti. Il numero dei morti denuncia che qualcosa non ha funzionato e il sistema ha pagato il taglio dei soldi. Abbiamo privato gli ospedali della disponibilità di riserva che serve per affrontare le pandemie. Abbiamo visto la debolezza della sanità territoriale, dove i tagli della sanità sono stati pagati più sul territorio che negli ospedali, dove il referente era meno abile nel difendere le proprie posizioni. Il Covid ha messo in evidenza tutte queste debolezze del nostro SSN. Si spera che grazie al Covid arrivino le risorse ma allo stesso modo bisogna ripensare il Sistema Sanitario in modo diverso. Noi dobbiamo cambiare i servizi territoriali sulla presa in carico costante e permanente del paziente”, ha spiegato Giovanni Monchiero, Presidente Comitato di Esperti Sanità Regione Piemonte

 

“C’è un comportamento a macchia di leopardo nella gestione del servizio sanitario regionale, cioè il famoso Titolo V. Siamo stati bravissimi ma impreparati alla pandemia. Abbiamo visto molti operatori sanitari che hanno dato tutto di fronte a qualcosa di nuovo, parlo delle RSA per le quali andrebbe fatto un nuovo programma di territorialità. È vero che non hanno funzionato ma ci fu anche anomala comunicazione che in un momento particolare generò paura anche tra gli stessi operatori. Il rapporto territorio/ospedale era quasi osmotico, l’ospedale ha dovuto reagire ad un territorio assolutamente impreparato da una gestione da tempo deficitaria. Dobbiamo iniziare a rivedere la progettualità ospedaliera. Il territorio ha reagito a macchia di leopardo, ad esempio, nel Lazio oltre le USCA che hanno dato una grandissima mano. In futuro c’è tanto da fare soprattutto nel territorio stesso”, ha dichiarato Giuseppe Quintavalle, Direttore Generale Policlinico  “Tor Vergata”, Roma

 

“La popolazione psichiatrica rappresenta una maggiore mortalità rispetto al resto della popolazione, per colpa del fumo, stile di vita, comorbidità e gli stessi farmaci psichiatrici. La mortalità della popolazione ci dice uno studio che abbiamo fatto in Emilia-Romagna è quasi doppia rispetto alla popolazione normale: il 41% aveva come causa le neoplasie in concomitanza con la depressione. È cruciale individuare i gruppi più a rischio di malattie nel territorio, solo così possiamo costruire delle variabili significative per integrare salute mentale e salute primaria”, ha detto Michele Sanza, Presidente Eletto Società Italiana di Psichiatria delle Dipendenze