ORGANOPATIA DA SARS COV-2

organopatia

Consapevolezza clinica delle patologie derivanti, a partire da diagnosi precoce, terapia rapida e follow-up

22 dicembre 2020 – È ormai appurato che il virus da SARS COV-2 non aggredisce solo i polmoni portando ad un’insufficienza respiratoria spesso mortale, ma attacca praticamente tutti gli organi causando in alcuni deficit che permangono a lungo e con conseguenze importanti. È il caso dei cosiddetti long-haulers, cioè persone che dopo un’infezione iniziale spesso moderata e curata a domicilio, non riescono a guarire completamente, perché il virus persiste in piccole quantità in alcuni organi del corpo, dando origine non a una tempesta citochimica ma ad una pioggia citochimica con infiammazione permanente e se si giunge ad immunodepressione anche alla riattivazione della malattia con aggravamento importante. Per approfondire al meglio il tema, MOTORE SANITÀ ha organizzato il webinar ‘Organopatia da Covid-19: diagnosi, terapia e follow-up’.

Come affermato dagli esperti, in primis dal Prof. Fauci, il Coronavirus colpisce non solo le vie aree ma talora si diffonde a tutti gli organi con conseguenze che si prolungano a lungo. Sintomi come la fatica, dolori muscolari ed ossei, dispnea, diarrea e sintomi cardiaci e neurologici sono presenti soprattutto nei pazienti con alta carica virale o sottoposti a terapie ad alta intensità per vincere il contagio da SARS COV-2. In alcuni pazienti, come riportato in letteratura, il virus si occulta in alcuni organi non scatenando una tempesta citochinica ma una pioggia citochinica con uno stato infiammatorio permanente che talora riattiva la malattia prima superata a domicilio con necessità di ricovero in ospedale. D qui la necessità di analizzare le conseguenze del contagio in termini epidemiologici e assistenziali per indurre i centri e le regioni a programmare un follow up di  questi pazienti per capirne la prevalenza e l’impatto in termini di salute e sociali”, ha dichiarato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Osservatorio Motore Sanità

“Elevazione degli enzimi epatici sono comuni in corso di COVID-19, potendo essere riscontratifino al 76% dei casi. Elevati livelli di alanina aminotransferasi (ALT) e soprattutto di aspartato aminotransferasi (AST) sono le anomalie più comuni, anche se solo nei pazienti più gravi si osservano valori maggiori di 3 volte quelli normali; incremento dei livelli di γ-glutamil transferasi (GGT) possono essere riscontrati fino al 50% e della bilirubina nel 10% dei casi. La fosfatasi alcalina (ALP) è tipicamente normale nonostante il recettore ACE2 sia espresso sul 58% delle cellule dei dotti biliari. L’insufficienza epatica acuta su cronica (ACLF) segnalata già per il virus dell’influenza, è stata anche riportato nel 12% e nel 28% dei pazienti con cirrosi compensata con incremento della mortalità. I meccanismi con cui SARS-CoV-2 colpisce il fegato non sono ben definiti. Il recettore ACE2 è espresso solo nel 2,6% degli epatociti e un effetto citopatico diretto, descritto per i virus della SARS e della MERS non è stato documentato per SARS-CoV-2 anche se ci sono riscontri aneddotici alla microscopia elettronica della tipica struttura spike nel citoplasma degli epatociti. Secondo la World Gastroenterology Organization (WGO) le procedure interventistiche come l’endoscopia e la colangiopancreatografia retrograda endoscopica dovrebbero essere eseguite solo in casi di emergenza o quando sono considerate strettamente necessarie come in varici ad alto rischio o colangite. La sorveglianza del cancro epatocellulare potrebbe essere posticipata di 2 o 3 mesi. Il trapianto di fegato dovrebbe essere limitato ai pazienti con punteggi MELD elevati, insufficienza epatica acuta ed epatocellulare cancro entro i criteri di Milano. Donatori e riceventi dovrebbero essere testati per SARS-CoV-2 e se trovato positivo il donatore dovrebbe essere escluso e il trapianto di fegato posticipato fino alla guarigione dall’infezione”, ha spiegato Antonio Cascio, Direttore Unità Operativa Malattie Infettive Policlinico P. Giaccone, Palermo

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Rivoluzione CAR-T in Emilia-Romagna

Rivoluzione CAR

Al Policlinico Sant’Orsola-Malpighi l’anno si chiuderà con 20 pazienti oncologici trattati. Il Covid non ferma l’attività.

Tra le sfide future il potenziamento delle CAR-T cell Team

Le CAR-T sono cure all’avanguardia, che possono dare una speranza in più ai pazienti oncologici. Cure che, per la complessità che richiedono, devono essere organizzate da centri selezionati e di altissima competenza. Queste CAR-T innovative sono arrivate in Regione Emilia Romagna nel 2019 dopo l’approvazione dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) e la Regione da subito ha messo a disposizione l’esperienza, la qualità e la professionalità del Policlinico Sant’Orsola-Malpighi – Unità Operativa Complessa di Ematologia per eseguire queste immunoterapie cellulari, che possono dare risposte di lunga durata, in alcuni casi anche la guarigione, in pazienti nei quali la malattia non è più curabile con le terapie convenzionali.

Motore Sanità ha organizzato, in Emilia-Romagna, il Webinar ‘BEST PRACTICE ORGANIZZATIVE IN TEMPO DI COVID: IL PERCORSO DEL PAZIENTE SOTTOPOSTO A CAR-T’, realizzato grazie al contributo incondizionato di GILEAD e Kite.

Il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi è il centro Hub per l’Emilia-Romagna nell’utilizzo delle terapie avanzate CAR-T. È uno dei primi centri italiani che sono stati selezionati per condurre studi clinici sperimentali per le indicazioni approvate e per quelle future (mieloma multiplo). L’AIFA già dallo scorso settembre ha approvato i criteri per l’individuazione dei centri ospedalieri idonei alla somministrazione di queste terapie, non più in modalità sperimentale ma ordinaria. In base all’evoluzione delle cure e della numerosità dei pazienti da trattare, la Giunta regionale valuterà successivamente l’eventuale individuazione di altri centri regionali abilitati all’utilizzo delle terapie CAR-T.  L’anno 2020 si chiuderà con un totale di 20 pazienti a cui CAR-T sono state infuse (alcuni da studio clinico). Durante la prima ondata della pandemia si è registrato purtroppo un rallentamento negli arruolamenti; ma da settembre sono state schedulate 3 aferesi al mese, dal secondo trimestre 2021 saranno 4 al mese, andando a coprire i fabbisogni previsti dalla programmazione regionale. Tra le sfide future: fondamentale è il potenziamento delle CAR-T cell Team nell’organizzazione all’interno del centro Hub.

Il modello di base è quello dell’organizzazione a rete. Con la delibera è stato assegnato al centro Hub l’obiettivo di definire un protocollo di selezione e presa in carico dei pazienti candidati alle terapie avanzate ed è stata istituita un’apposita Commissione di esperti, con il compito di valutare la casistica e la qualità del percorso delle procedure CAR-T eseguite, anche per l’assunzione di eventuali provvedimenti aggiuntivi, nonché di definire la gestione dei tempi di attesa sia per i pazienti residenti in Regione sia per i pazienti provenienti da altre regioni (con il supporto prezioso di Casa Ail). Il processo è facilitato da uno strumento gestionale di tipo informatico che ha collegato i centri Spoke, otto sedi ematologiche in totale sul territorio regionale, al centro Hub, rendendo questa attività possibile online in ogni momento al fine di condividere l’eleggibilità al trattamento.

Per il paziente è stato creato un vero e proprio percorso: presa in carico e responsabilità, comunicazione delle interfacce, ambiti applicativi e standard of care, identificazione degli steps a maggior rischio, controllo (verifica) del processo.

Durante la pandemia è stato istituito un percorso ad hoc Covid-free per i pazienti sottoposti a terapia CAR-T. Il Covid ha influenzato certamente l’attività delle CAR-T ma ha permesso di costruire lo scheletro dell’organizzazione regionale che permetterà anche a regime di rispondere in maniera esaustiva alla domanda regionale e anche extra regionale. La Regione Emilia Romagna, dall’inizio della fase 1, ha individuato delle indicazioni per la gestione delle terapie e dei trapianti indifferibili nei pazienti ematologici. Insieme alla comunità professionale, a metà marzo, sono state emesse indicazioni per garantire la conservazione dei trattamenti trapiantologici come salvavita, sia autologi sia allogenici e anche di CAR-T, ritenuti indifferibili, in relazione ad una valutazione del rapporto rischio-beneficio, e anche degli elementi correlati all’immunodepressione. Questa condivisione di indicazioni ha permesso di arrivare ad approcciare il tema dei trapianti e delle CAR-T in maniera condivisa e omogenea anche nelle fasi successive.

Se i CAR-T diventeranno, come speriamo, una risorsa terapeutica in grado di cambiare  radicalmente la storia di quei pazienti che attualmente non hanno alternative terapeutiche, probabilmente solo il Policlinico Sant’Orsola-Malpighi potrebbe non essere sufficiente a soddisfare i bisogni dell’intera regione e quindi potremmo essere un secondo centro se ce ne sarà bisogno. Questo lo valuteremo nel tempo insieme al centro e alla Regione” ha spiegato Giuseppe Longo, Direttore SC Medicina Oncologica Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico di Modena e Coordinatore clinico Gruppo Regionale Farmaci Oncologici di Regione Emilia-Romagna.

“A volte ci troviamo di fronte a scelte difficili e a situazioni mai viste prima – ha concluso  Francesca Bonifazi, Dirigente Ematologia Policlinico S. Orsola Malpighi – Istituto di Ematologia L. e A. Seragnoli Bologna – ma certamente la collaborazione con gli altri colleghi e poi l’intuito clinico, la continua ricerca scientifica e le relazioni umane sono fondamentali per affrontare questa grande e nuova sfida”.

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