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Ictus: “Indispensabile prevenzione primaria dei fattori di rischio quanto tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate”

Ictus

9 febbraio 2021 – La Stroke Alliance for Europe (SAFE) ha stimato come, già nel 2017, l’impatto economico dell’ictus nell’Unione europea ammontasse a 60 miliardi di euro.

Con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione, e potrebbe arrivare a 86 miliardi di euro nel 2040.

In Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative ed assistenza con un carico economico gravoso sui pazienti ed i propri familiari.

La combinazione di questi fattori rende indispensabile un’azione decisa verso la prevenzione dell’insorgenza dell’ictus, che intervenga tanto sui fattori di rischio quanto sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus.

Di questo si è parlato durante il webinar ‘Strategie sanitarie di prevenzione dell’ictus: come ottimizzare la prevenzione per una popolazione più sana’ FOCUS NORD, organizzato da Motore Sanità in collaborazione con Cattaneo Zanetto & Co, e realizzato grazie al contributo incondizionato di Bristol Myers Squibb e Pfizer.

Queste le parole di Valeria Caso, Dirigente Medico presso la S.C. di Medicina Interna e Vascolare – Stroke Unit, Membro del Direttivo della World Stroke Organization e dell’Osservatorio Ictus Italia “L’ictus cerebrale, nel nostro Paese, rappresenta la terza causa di morte, dopo le malattie cardiovascolari e le neoplasie.

Quasi 150.000 italiani ne vengono colpiti ogni anno e la metà dei superstiti rimane con problemi di disabilità anche grave.

Inoltre, il costante invecchiamento demografico potrebbe inoltre alimentare un incremento dell’incidenza del 30% tra il 2015 ed il 2035 per cui è importante investire sull’implementazione delle cure e la prevenzione anche per evitare che il sistema non regga.

Informare sull’impatto economico dell’ictus (nell’UE 45 miliardi di euro nel 2016), con un fortissimo sbilanciamento dei costi a favore di ospedalizzazioni d’emergenza, trattamenti in acuzie e riabilitazione.

Il carico economico risulta inoltre particolarmente gravoso anche sui pazienti e i propri familiari: in Italia l’ictus è oggi la prima causa di disabilità, con un elevato livello di perdita di autonomia e un progressivo percorso di spesa per cure riabilitative e assistenza.

Importante intervenire sulla prevenzione primaria dei fattori di rischio e sulla tempestiva e corretta diagnosi di patologie correlate all’ictus, come ricorda il report pubblicato dall’Economist Intelligence Unit, una ricerca sulle politiche e gli investimenti nella prevenzione dell’ictus, comprese le risorse per le campagne di sensibilizzazione, educazione della popolazione e di screening.

Per comprendere meglio le differenze organizzative a livello europeo, la ricerca è stata condotta in cinque paesi: Francia, Germania, Italia, Spagna e Regno Unito.

La ricerca è basata su un sondaggio di 250 stakeholders europei che includono associazioni dei pazienti colpiti da ictus, politici e sanitari coinvolti nella prevenzione. Il report è stato revisionato a livello italiano da me.

Le istituzioni possono incidere con un lavoro su quattro ambiti: 1 – sensibilizzazione sui fattori di rischio dello stroke e la loro possibile gestione per informare correttamente la popolazione.

Ad esempio, la fibrillazione atriale, a cui diversi studi riconducono circa il 25% dei casi di ictus, ancora troppo frequentemente viene diagnosticata solo all’insorgere dell’evento cardiovascolare maggiore.

2 – potenziamento delle figure professionali del mondo sanitario, (istituzione dell’infermiere di famiglia, impegno per i medici di medicina generale).

3 – promuovere l’implementazione delle linee guida cliniche per la prevenzione dell’ictus, aumentando la comunicazione sulle best practices, evidenziando gli interventi chiave come la gestione della pressione sanguigna e altre azioni preventive e assicurando l’accesso alle terapie.

4 – sostegno per le tecnologie digitali, garantendo la disponibilità e l’accesso per operatori sanitari e pazienti, da un lato con maggiori investimenti e dall’altro con modalità di utilizzo definite.

L’implementazione di questa ricerca in Italia richiederà soprattutto in tempi di COVID uno sforzo notevole, ma i risultati andranno tarati soprattutto nelle realtà regionali.

Questo evento regionale è il primo che metterà in gioco tre regioni come: Lombardia, Veneto e Piemonte dove professionisti sanitari, associazioni dei pazienti chiederanno agli stakeholder politici di mettere la prevenzione dell’ictus al primo punto dell’agenda sanitaria regionale”. Conclude Valeria Caso.

“Uno degli interventi più efficaci per affrontare il problema della patologia cerebrovascolare è rappresentato dalle strategie di prevenzione.

L’ictus cerebrale soddisfa tutti i requisiti richiesti da un programma di prevenzione e sorveglianza sanitaria: ha un’elevata frequenza e gravità, l’esordio della malattia è preceduto da una fase di latenza pre-clinica, sono disponibili validi test di screening ed il trattamento preventivo è in grado di migliorare la prognosi.

È importante distinguere due tipi di prevenzione: la prevenzione primaria, condotta in tutta la popolazione attraverso la riduzione dell’esposizione ai fattori di rischio, e la prevenzione secondaria, rivolta ai soggetti che hanno già avuto uno o più eventi cerebrovascolari, dedicata ad evitare il verificarsi di recidive.

I fattori di rischio cerebrovascolare vengono distinti in non modificabili, come l’età, il sesso, la razza e la familiarità, e modificabili con terapia medica o chirurgica.

Tra questi ultimi, i fattori con una sicura associazione con l’ictus cerebrale comprendono l’ipertensione arteriosa, il diabete, il fumo, la stenosi carotidea asintomatica, la dislipidemia e l’anemia falciforme.

Il controllo dei fattori di rischio mediante terapia medica o, nel caso della stenosi carotidea asintomatica, con terapia chirurgica, può portare ad una significativa riduzione di ictus ed è quindi uno degli obbiettivi principali della medicina preventiva.

La prevenzione del rischio cerebrovascolare rappresenta un aspetto rilevante nei programmi di salute pubblica e qualifica le azioni dedicate alla gestione della malattia cerebrovascolare.

Un efficace ed efficiente programma di prevenzione si dimostra infatti determinante nel modificare favorevolmente la salute delle persone, soprattutto se esposte a fattori di rischio potenzialmente modificabili con l’intervento medico.

Il progetto della prevenzione è articolato in successivi passaggi rappresentati da: 1) individuazione dei soggetti a rischio 2) graduazione dei soggetti in diverse fasce di rischio (basso, intermedio, alto e molto alto) 3) determinazione di specifici programmi di gestione del rischio differenziati sulla base del grado di rischio.

In generale i soggetti a basso rischio sono il bersaglio della prevenzione primaria non farmacologia (correzione dello stile di vita), i soggetti a rischio intermedio rappresentano il prototipo della prevenzione primaria farmacologia (trattamento dell’ipertensione, diabete etc.), i soggetti ad alto rischio sono passibili di prevenzione primaria farmacologia come i precedenti e talvolta di prevenzione primaria chirurgica (es. edoarteriectomia nella stenosi carotidea asintomatica) ed infine i soggetti a rischio molto alto sono l’obiettivo della prevenzione secondaria farmacologia e/o chirurgica”;

ha dichiarato Elio Agostoni, Direttore della Struttura Complessa Neurologia e Stroke Unit del Dipartimento di Neuroscienze, Ospedale Niguarda Ca’ Granda di Milano “Da sempre l’ictus rappresenta una delle patologie più devastanti e temute, ma, nonostante questo, rimane una malattia poco conosciuta.

La gente quando pensa all’ictus, ritiene che sia un male che colpisce a caso e solo le persone anziane.

È una patologia subdola, si presenta quasi sempre all’improvviso e in brevissimo tempo provoca enormi danni, spesso irreversibili.

Ha un nome odioso che richiama aghi e spine, e quindi il dolore che è in grado di trasmettere.

Anche questo è un motivo per cui le persone tendono ad ignorarlo, il primo istinto di fronte alla paura è la fuga.

Quelli sopra descritti sono elementi che rendono più difficile la PREVENZIONE, che consiste soprattutto nell’informazione, nel sapere chi è il nemico e quindi quali sono le armi più efficienti con cui combatterlo”, ha spiegato Franco Groppali, Federazione A.L.I.Ce. Regione Lombardia “Alice Veneto è attiva nella campagna di informazione e sensibilizzazione della popolazione in relazione alla prevenzione dell’ictus, emorragia cerebrale e fibrillazione atriale; si pone, inoltre, come collettore di richieste di informazioni e di aiuti da parte dei familiari delle persone colpite.

Da un lato, le persone ritengono che ne siano colpiti quasi esclusivamente anziani e in prevalenza uomini, e non conoscono le buone pratiche preventive e considerano il problema lontano, dall’altro, vi è molta richiesta di informazioni e di supporto delle famiglie in caso di manifestazione dell’evento morboso su un componente il nucleo.

Il problema principale è quello della riabilitazione immediata e successiva al trattamento ospedaliero, quindi la ricerca di centri specializzati, non convenzionati con il Servizio Sanitario Nazionale, che grava sull’interessato e sulla famiglia.

C’è la necessità di trovare forme condivise con il SSN per trattare il post evento.

Considerata l’incidenza sulla mortalità, ma soprattutto sull’invalidità permanente che tali eventi portano ed il peso economico arrecano al SSN, è auspicabile lavorare su importanti e strutturali campagne di prevenzione e di ausilio ai soggetti che ne vengono colpiti”, ha detto Paola Regazzo, Federazione A.L.I.Ce. Regione Veneto.

IMAGE BY: designer491

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