IMMUNOTERAPIA ED EFFICIENZA ORGANIZZATIVA. UN NUOVO MODELLO DI GOVERNANCE NEL TRATTAMENTO DEI TUMORI DELLA MAMMELLA – 26 Novembre 2020
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⇒ Anna Sapino, Direttore Scientifico IRCCS FPO Candiolo (TO)
⇒ Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità
Il carcinoma mammario è la neoplasia più frequente tra le donne ed è potenzialmente grave se non è individuata e curata per tempo. Grazie a metodi diagnostici moderni e a terapie all’avanguardia, il tasso di sopravvivenza relativo al tumore al seno è aumentato costantemente negli ultimi anni. Se il tumore viene identificato in fase molto precoce (stadio 0) la sopravvivenza a 5 anni nelle donne trattate è pari al 98%.
Nel cancro metastatico purtroppo la sopravvivenza è molto minore, dipende dalle caratteristiche della paziente, della aggressività della patologia e dalle opzioni terapeutiche possibili. Il trattamento del cancro alla mammella è perciò strettamente legato alle caratteristiche genetiche del tumore e allo stadio in cui la malattia viene diagnosticata.
Ma nel Breast Cancer Triplo-Negativo che è attualmente la tipologia di Breast Cancer a prognosi più complessa (sopravvivenza media dalla diagnosi nettamente inferiore rispetto alle altre forme) con un peso epidemiologico del 15-20% tra le neoplasie della mammella, si aprono importanti prospettive di cura grazie alla immunoterapia anti-PDL1 di Atezolizumab, con le nuove indicazioni per la prima linea metastatica avanzata.
Atezolizumab è un anticorpo monoclonale studiato per legarsi alla proteina PD-L1 espressa sulle cellule tumorali e sulle cellule immunitarie infiltranti il tumore, in grado di riattivare l’azione dei linfociti T.
Le prime stime a livello epidemiologico indicano circa 1.500 pazienti in questa condizione clinica attualmente in Italia.
In ottica di appropriatezza prescrittiva sarà fondamentale stabilire quali pazienti possano trarre beneficio da questa terapia immunoncologica. A questo proposito le evidenze scientifiche prodotte dallo studio IMPASSION 130 (Lancet Oncology gennaio 2020) hanno definito indispensabile per il successo di questa terapia il companion diagnostic Ventana SP142.
Il test infatti ha consentito di selezionare la popolazione PDL-1 positiva (positività >1%) su cui utilizzare la molecola Atezolizumab in associazione con Nabpaclitaxel ottenendo risultati importanti in termini di sopravvivenza a 24 mesi (overall survival 50.7% nel gruppo positivo trattato verso 36.9% nel gruppo con il solo farmaco di confronto), escludendo nel contempo la popolazione di pazienti negativi sui quali purtroppo la terapia non ha dato esiti significativi.
A seguito di queste evidenze le autorità regolatorie internazionali e nazionali hanno autorizzato il farmaco con la precisa indicazione: 1° linea di pazienti adulti con TNBC non resecabile localmente avanzato o metastatico in positivi al PD-L1 (≥1%).
A questo punto si apre una necessità: la rapidità con cui questo test e la conseguente terapia verranno inseriti nelle Linee Guida Nazionali prima e nei percorsi assistenziali poi, sia in presenza che in assenza di reti regionali già strutturate, consentirà di poter dare rapido ed appropriato accesso alle pazienti con queste precise caratteristiche cliniche. Per fare questo saranno necessarie indicazioni nazionali e regionali dettagliate sia in tema di organizzazione sull’esecuzione dei test (chiarendo gli aspetti legati alla codifica e tariffazione relative) sia sulla gestione delle terapie (ad es° secondo il modello Hub & Spoke o piuttosto secondo altri modelli già strutturati nelle reti assistenziali di patologia regionali).
Abituare l’organizzazione assistenziale nel velocizzare, modernizzare e implementare i progressi della diagnostica collegandoli rapidamente alla clinica consentirà di applicare in ogni singolo territorio Nazionale, una medicina di precisione vera che sfrutti al meglio terapie innovative, con minor effetti collaterali, maggiore efficacia. Questo allo stesso tempo darà il vantaggio di governare la spesa sanitaria, ottimizzandola attraverso le migliori terapie per ogni singolo paziente.