La rete oncologica rappresenta il miglior modello organizzativo e gestionale, non tutte le regioni però, come ad esempio le Marche, ancora non ne hanno strutturata una. Creare e mettere a regime una rete però non è un punto di arrivo poiché ogni struttura a rete deve essere accompagnato da PDTA di patologia e da un sistema territoriale di cure in grado di garantire una corretta gestione del paziente durante e dopo la fase di diagnosi e terapia.
Napoli, 28 novembre 2022 – L’oncologia sta cambiando, è in pieno sviluppo sul piano della cura e tecnologico e questo comporta un radicale cambiamento di visione e di tipo organizzativo. Le grandi sfide che il Sud ha di fronte vanno dall’innovazione digitale a garantire in maniera duratura l’accesso alle terapie innovative, dal coinvolgimento del territorio al potenziamento delle attività di prevenzione e dei servizi di psiconcologia ospedalieri e territoriali e dei team nutrizionali, nonché il potenziamento della promozione di rapporti con i pazienti e le loro associazioni. Se
n’è parlato a “ONCOnnection – Stati generali dell’Oncologia SUD: CAMPANIA, MARCHE, PUGLIA, SICILIA” nella tavola rotonda “A che punto siamo, cosa c’è, cosa serve: tra carenza di personale, hub&Spoke e capillarità dell’assistenza”. L’evento è organizzato da Motore Sanità, con la sponsorizzazione non condizionante di Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, GSK, Bristol Myers Squibb, Takeda, AstraZeneca e Daiichi-Sankyo.
In Campania la Rete oncologica campana (ROC) ha fatto passi da gigante nonostante il Covid. È partita nel 2016 con 4 Pdta e una manciata di gruppi multidisciplinari (Gom), ad oggi i cittadini campani possono contare su 37 Pdta, annualmente aggiornati e revisionati, e 343 gruppi multidisciplinari che possono, mediante la piattaforma Roc offrire ai pazienti una significativa riduzione del “burden burocratico” e la valutazione dei pazienti per arruolamento in trial clinici; sul Molecular tumor board; sulla cooperazione con le organizzazioni non-profit di pazienti.
Secondo la voce della Federazione delle associazioni di volontariato in oncologia (FAVO) “la priorità assoluta in Campania è consentire alla Rete oncologica campana di raggiungere l’obiettivo fondante: ridurre la mortalità e garantire ai cittadini campani le stesse chances di sopravvivenza e qualità della vita, adesso posseduti dalla media dei cittadini italiani” spiega Fabrizio Capuano, Delegato regionale FAVO Campania, “Esistono altre criticità di carattere “operativo-pragmatico” e culturale “di indirizzo”: per le prime le reti oncologiche, la digitalizzazione, il Pnrr, precludono a figure professionali che sicuramente non sono al momento nelle piante organiche dei nostri enti sanitari; probabilmente neanche fuori. Sono professionalità strategiche all’interno del viaggio della persona nel percorso diagnostico terapeutico assistenziale. Dove le recuperiamo e come? Come le formiamo? Di quanto tempo e quanti soldi abbiamo bisogno? Per le seconde, diffuse un po’ dovunque, ma più ostinate nel sud Italia, a nostro avviso i temi principali sono due: la capacità di “delegare”, la capacità di “comunicare” tra il soggetto superiore e quelli che si trovano ai livelli sottostanti, ma tutti stakeholders”.
Da Cittadinanzattiva Campania arriva un dato allarmante. “Ad oggi il 30% dei nuovi pazienti oncologici entra direttamente all’interno del percorso e la maggior parte sono concentrati nella città metropolitana o nei grandi agglomerati urbani. Le aree interne e disagiate non sono pienamente comprese all’interno dei percorsi di tutela. È qui che si deve concentrare maggiormente lo sforzo di tutti noi e, in particolare dei medici di medicina generale. Dei 4.000 medici di medicina generale presenti in Campania solo 500 hanno acquisito le credenziali per l’accesso alla piattaforma Roc e solo 100 di loro le utilizzano regolarmente”. Ma la Rete oncologica campana non si ferma. “La Roc è ormai una realtà consolidata e in grado di organizzare percorsi di
cura che vanno dal sospetto diagnostico fino alla gestione del follow up del paziente. Un punto di orgoglio della nostra regione, impensabile fino a pochi anni fa – prosegue Lorenzo Latella -. La gestione multidisciplinare del paziente attraverso i Gom garantisce tempi di accesso ottimali e una valutazione integrata del percorso di cura da affrontare, garantendo efficacia ed efficienza del sistema, oltre che ad una effettiva presa in carico del paziente che garantisce l’organizzazione dell’intero iter. Stiamo lavorando per migliorare ancora di più il sistema individuando luoghi e tempi di accesso alle prestazioni diagnostiche e specialistiche personalizzate per ogni singolo paziente e il dialogo tra istituzioni, associazioni e direzione scientifica è costante e costruttivo”.
Dalla Sicilia ecco le risposte ai nuovi bisogni dei pazienti oncologici. “La Regione Siciliana è in piena revisione della Rete oncologica, istituita per la prima volta nel 2014 ma attuata a macchia di leopardo – spiega Stefano Campo, Dirigente del servizio 4 programmazione ospedaliera di Regione Siciliana, assessorato alla Sanità -. Oggi, con la ormai consolidata Rete delle Breast Unit, costituita nel gennaio 2020, si associano quelle create per il trattamento dei tumori del colon-retto, polmone, prostata e ovaio e quelle della tiroide e mesotelioma in corso. Abbiamo realizzato e approvato percorsi diagnostici terapeutici per i tumori di mammella, colon-retto, prostata, ovaio, polmone, tiroide e mesotelioma. Abbiamo istituito il Molecular Tumor Board regionale per supportare l’assessorato nella nuova frontiera della medicina di precisione. È chiaro che c’è ancora tanto da fare: innovazione digitale, garanzia fissa e duratura dell’accesso alle terapie innovative, coinvolgimento del territorio (oggi molti pazienti oncologici, grazie alle cure innovative, diventano “cronici”), potenziamento delle attività di prevenzione, potenziamento servizi di psiconcologia ospedalieri e territoriali e dei team nutrizionali, potenziamento della promozione di rapporti con i pazienti e le loro associazioni. Queste rappresentano le nuove sfide che ci aspettano per garantire un’assistenza adeguata ai nostri pazienti oncologi”.
Massimiliano Spada, Coordinatore regionale AIOM Sicilia, ha sottolineato che l’adeguata disponibilità di professionisti sanitari è indispensabile per soddisfare i bisogni di salute della popolazione.
Secondo i dati OECD del 2020 in Italia il numero di infermieri è 6,2 ogni 1.000 abitanti contro la media europea di 8,8. In Sicilia nel 2020 il personale del servizio sanitario nazionale era di 8.844 medici e 17.221 infermieri; nel 2019 i medici di medicina generale erano 4.000 e i pediatri di libera scelta 721 contro i 3.871 e 656, rispettivamente, del 2021. “Nell’ambito del personale medico risultano carenti alcuni specialisti e i medici di medicina generale rispetto alle medie EU e non omogeneamente distribuiti sul territorio nazionale – spiega il professore Massimiliano Spada –. I provvedimenti emergenziali adottati durante la pandemia non hanno prodotto significative correzioni delle consistenze di personale infermieri/medici di medicina generale. A fronte della carenza di specialisti il numero di borse di specializzazione per il biennio 2021/22 è stato ridotto di 4.000 unità rispetto al precedente; consola il dato siciliano del 2021 con 322 borse per la formazione dei medici di medicina generale verso le 89 del 2020. Si stima, a livello nazionale, la messa in servizio di 61.760 infermieri dal 2027, tenendo conto della capacità formativa e un tasso di successo del 75%. Gli effetti dell’offerta formativa delle scuole di specializzazione saranno apprezzabili dal 2023. In assenza di aggiustamenti nella pianificazione dei fabbisogni delle risorse, senza una fattiva integrazione ospedale/territorio, in assenza del coinvolgimento delle strutture private accreditate anche i fondi del Pnrr verranno usati per costruire “contenitori” vuoti.
Se Alfredo Budillon, Direttore scientifico INT Pascale di Napoli, ha fatto una panoramica delle opportunità che la rete oncologica può dare e fare rete può garantire, nonché le difficoltà da superare, Renato Bisonni, Direttore dell’Oncologia dell’ospedale di Fermo, Coordinatore CIPOMO Marche e Co-coordinatore network associazioni di volontariato Marcangola, ha spiegato che la rete oncologica rappresenta il miglior modello organizzativo e gestionale, ma non tutte le regioni però, come ad esempio le Marche, ne hanno una strutturata. “In Regione Marche ancora non abbiamo una rete oncologica strutturata e formale, abbiamo però una rete di professionisti che si riunisce e lavora per garantire omogeneità e qualità di cure su tutto il territorio regionale”. Inoltre, Bisonni aggiunge: “Sono sempre più importanti le richieste dei pazienti oncologici e lo spiega il fenomeno dello sviluppo di sempre più associazioni, almeno una al mese”.