Il futuro del nostro Servizio sanitario nazionale tra guerra e pandemia

La nona edizione della Summer School 2022 si è conclusa portando a casa risultati concreti e proposte da attuare

Gallio-Asiago 24 settembre 2022 – La nona edizione della Summer School di Motore Sanità dal titolo “ IL PNRR TRA ECONOMIA DI GUERRA ED INNOVAZIONE DIROMPENTE ” si è conclusa portando a casa risultati concreti e proposte da attuare.

Tre giorni di lavoro, 200 relatori, 3 sessioni parallele, durante le quali hanno fatto sentire la loro voce clinici, istituzioni, associazioni di pazienti, professioni sanitarie e politici, che hanno espresso la loro idea sulla sanità del futuro con al centro il paziente e i suoi reali bisogni.

Questi i principali punti emersi dal dibattito:

Mancano 30mila infermieri per soddisfare le aspettative del PNRR: 20 mila per far fronte all’introduzione del nuovo “infermiere di comunità” che prevederà un infermiere ogni 3.000 abitanti; mentre altri 10 mila infermieri saranno necessari nelle 1.200 nuove “case di comunità” previste dal PNRR.

Mancano 4.500 medici nei pronto soccorso, senza possibilità di un ricambio: tra turni logoranti e remunerazioni poco attrattive, i concorsi per i contratti (a tempo determinato) vanno deserti. In totale, tra pensionamenti e dimissioni, entro il 2024 si stima che ci saranno 40mila medici specialisti in meno.

La formazione del personale sanitario che, senza uno stanziamento ad hoc delle risorse, sarà spostato da altri apparati dei Servizi sanitari regionali per rispondere alle esigenze del PNRR. Una necessità impellente, per permettere a medici e infermieri di svolgere funzioni diverse al meglio.

Il binomio salute-ambiente. È necessario adottare un piano nazionale per fronteggiare la crisi climatica, perché la situazione è molto seria: 180mila decessi per tumore all’anno, in Italia, sono ambiente-correlati.  

Per le malattie croniche del fegato (2 milioni di decessi nel mondo), occorre istituire un modello di assistenza multidisciplinare affiancato da reti territoriali. Rete che, peraltro, la Regione Veneto ha istituito proprio quest’anno.

I dati AIFA sull’efficacia dei farmaci vanno resi pubblici. A tal proposito, in occasione di questa edizione della Summer School, Motore Sanità ha lanciato una raccolta firme.

  1. Malattie rare. È necessario affrontare le sfide ancora aperte delle circa 8mila malattie rare note, che in Italia riguardano tra i 2,2 e i 3,5 milioni di persone. Senza dimenticare che dell’ampia famiglia delle malattie rare fanno parte anche i tumori rari, quelli che hanno un’incidenza inferiore ai 6 casi su 100mila.
  2. Interventi inappropriati. Ogni anno in Italia si eseguono circa 70 mila interventi di asportazione dell’utero (isterectomie), il triplo di quanto avvenga nel Regno Unito. Dodicimila di queste sono certamente necessarie perché dovute a tumori dell’utero; quelle rimanenti sono in buona parte inappropriate e condizionate dalla persistenza di falsi miti sulle patologie uterine.
  3. Troppa burocrazia. L’Italia è al ventisettesimo posto al mondo per spesa in ricerca in rapporto al Pil, tuttavia si piazza all’ottavo posto in termini di produttività, competendo alla pari con le grandi potenze mondiali della ricerca mondiale. Nel campo della ricerca oncologica, in particolare, il nostro Paese ha inciso non di rado nella produzione di evidenze scientifiche che hanno cambiato le linee guida cliniche a livello internazionale, ma questa eccellenza spesso si scontra con una burocrazia farraginosa che non riesce a favorirla.
  4. Sanità digitale. Bisognerà capire e stabilire quali competenze digitali debba avere un medico. Altro fattore importante da comprendere è cha la telemedicina non è solo televisita o teleconsulto, ma uno strumento che consente di utilizzare un importante flusso di dati anche in ottica di interazione tra regioni diverse.

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Siglato l’accordo tra Motore Sanità e FIASO per mettere a fattor comune le buone pratiche e le best practice

Durante la seconda giornata della Summer School 2022, in corso di svolgimento ad Asiago, ha avuto luogo la firma di accordo tra Motore Sanità e la Federazione Italiana Aziende Sanitarie e Ospedaliere (FIASO) siglato dalla Presidente di Motore Sanità Giulia Gioda e dal Vicepresidente vicario di FIASO Paolo Petralia, al cospetto di responsabili, Direttori generali e top account di aziende.

Si tratta di una partnership importante e strategica sul piano sanitario, che vede protagoniste due realtà di primo piano: da una parte Motore Sanità, che vanta un patrimonio di una nutrita rete di professionisti, aziende, stakeholder e Associazioni dei cittadini, dall’altra FIASO, interlocutore internazionale e nazionale a cui aderiscono l’80% delle Aziende sanitarie e socio sanitarie del Paese, la cui mission è orientata alla promozione e alla diffusione della cultura manageriale per il miglioramento della qualità dei servizi offerti ai cittadini e della sostenibilità del SSN.

Obiettivo di questo accordo di collaborazione: qualificare le rispettive attività con una sinergia data dal loro riconosciuto positivo operare in ambito sanitario.

“I temi sono tantissimi”, spiega Walter Locatelli, già Direttore di diverse Aziende sanitarie e socio sanitarie regionali “e Motore Sanità, che sa coinvolgere tutto il mondo produttivo e le Associazioni dei pazienti, diventa il luogo privilegiato dove discutere dei bisogni di salute sempre più complessi del nostro SSN, per la salute del cittadino. In questo contesto FIASO ha aderito all’Osservatorio Innovazione di Motore Sanità che ho il compito di coordinare. Questo Osservatorio, la cui supervisione specialistica è affidata a Davide Croce, Direttore Centro Economia e Management in Sanità e nel Sociale LIUC Business School, Castellanza (VA), ha come driver la sostenibilità. Nella giornata di ieri della Summer School 2022 abbiamo affrontato anche il tema dell’innovazione digitale. Oltre a questo, le priorità che tratteremo nel breve periodo saranno: quello relativo alle professioni sanitarie e al benessere organizzativo nelle Aziende del SSN e il monitoraggio dei risultati in termini di beneficio per i cittadini nell’applicazione del PNRR. Altri temi in agenda saranno la fragilità (oncologia, malattie rare, cronicità, etc.) con le implicazioni che queste situazioni comportano per quel che riguarda possibilità terapeutiche, presa in carico e accompagnamento dei pazienti stessi”.

“L’accordo di collaborazione siglato con Motore Sanità si propone di creare un ulteriore spazio comune di condivisione nel quale ampliare e valorizzare le esperienze, le competenze e i modelli innovativi sviluppati dalle Aziende sanitarie e ospedaliere, condivisi all’interno dei gruppi di lavoro tematici di Fiaso – dichiara Paolo Petralia, Vicepresidente vicario di Fiaso -. Siamo convinti che l’Osservatorio Innovazione potrà contribuire concretamente alla crescita e alla diffusione delle competenze manageriali nel Paese, ponendo particolare attenzione ai temi della formazione, della digitalizzazione in sanità e della gestione attenta e consapevole delle risorse umane che ponga al centro il benessere organizzativo dei dipendenti. Per un Ssn sempre all’avanguardia, in grado di rispondere ai bisogni di salute crescenti dei cittadini e di adattarsi costantemente ai mutamenti tecnologici, scientifici, sociali ed economici del Paese”.

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La sanità territoriale: una necessità da costruire tra punti di forza e debolezza

Asiago-Gallio, 21 settembre 2021 – Oggi che le sfide presentate dalla pandemia da Covid-19 sono ancora attuali bisogna cogliere l’occasione per creare, con il PNRR, piani più completi per rafforzare la capacità del servizio sanitario nazionale di fornire servizi adeguati ad una popolazione sempre più anziana e affetta da patologie croniche. La sanità territoriale è al centro della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente” organizzato da Motore Sanità, il 21, 22, 23 settembre a Gallio, nell’Altopiano di Asiago, in provincia di Vicenza, in Veneto, con il contributo incondizionato di Abbvie, Gedeon Richter, Sanofi, Takeda, Becton Dickinson, Angelini Pharma, AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Chiesi, Daiichi- Sankyo, MSD, Novartis, Kite a Gilead Company, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Alfasigma, CDI Centro Diagnostico Italiano, Galapagos Pioneering for patients, GSK, Eli Lilly, Lundbeck, Menarini, Servier, Siemens Healthineers, Technogenetics, Teva, VitalAire, Vree Health, Ipsen, Servizi Ospedalieri, UCB Pharma e con i mediapartner di Dentro la Salute, Eurocomunicazione, Mondosanità e Sì Salute e Innovazione.

“Solo 15 miliardi del PNRR sono per la sanità su 220mld totali e sono una tantum, stiamo vedendo quindi sovradimensionato l’impatto che il PNRR può avere sul servizio sanitario nazionale. Inoltre ancora non mi è chiaro se le priorità del PNRR sono poste dall’Europa e dall’Italia visto che le priorità sono principalmente di digitalizzazione e strutturali – ha detto Luciano Flor, Direttore Generale Area Sanità e Sociale Regione del Veneto -. Non possiamo quindi porre nel PNRR la fiducia per risolvere tutti i problemi del servizio sanitario nazionale”. Secondo il Direttore Generale si deve cercare di migliorare l’organizzazione attuale introducendo gli elementi di digitalizzazione e di strutture territoriali. “Anche se non c’è un disegno chiaro con il PNRR avremo nuove infrastrutture territoriali ma dobbiamo creare una struttura organizzativa in grado di rispondere alle necessità dei nostri territori; dobbiamo inoltre ripensare il modello di integrazione tra ospedale e territorio. Dovremo essere capaci di tenere in considerazione le logiche di organizzazione con le prerogative di un servizio che deve offrire le garanzie di un servizio agli utenti. Chi lavora nel servizio sanitario ha un unico mandato: garantire i Lea”.

“La medicina territoriale è stato un po’ il nervo scoperto durante questa pandemia, quindi servono certezze sui modelli organizzativi e finanziari, bisognerà però anche affrontare il grande tema delle risorse umane perché sappiamo che qualsiasi modello organizzativo non può non passare per il capitale umano – ha sottolineato Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al Sociale Regione del Veneto -. I tre giorni della Summer School organizzata da Motore Sanità saranno incentrati su questo e nel tracciare il lavoro di network necessario per declinare la programmazione sanitaria”.

Secondo Valentina Solfrini, Direzione Sanitaria AOU di Modena “l’assistenza socio-sanitaria è uno degli elementi che rientra nel PNRR e che cambia radicalmente come intendiamo il servizio sanitario nazionale che dovrà diventare il servizio socio-sanitario nazionale. Sono stati già varati i contratti istituzionali di sviluppo tra il Ministero della Salute e le Regioni e Province Autonome. Il CIS rappresenta uno degli strumenti di programmazione identificato dalla normativa nazionale per la Missione 6 salute del PNRR”.

Il territorio è pronto? Lorenzo Signori, Segretario Generale Cittadinanzattiva Regione del Veneto APS ha commentato: “Bisogna analizzare i punti di forza e debolezza della medicina territoriale per presentare un piano di azione alle istituzioni, che tenga conto delle reali necessità del paziente. Con il progetto sentinella abbiamo cercato di organizzare sul territorio degli osservatori che ci diano indicazioni sulla propria realtà e sul proprio vicinato. Questo ci ha permesso di avvicinare moltissime persone che aveva molte necessità e che non conoscevano nemmeno di aver diritto a molti servizi preposti a rispondere a queste necessità. Anche il terzo settore si sta migliorando e formando per dare una maggiore risposta alle necessità del territorio, diventa quindi sempre più pregnante coinvolgere le istituzioni territoriale in questo sistema di rete assistenziale”.

Secondo Maurizio Cancian, Presidente SIMG Veneto “si conducono professionisti specialisti molto bravi ma che sono stati molto preparati a conoscere le malattie e poco nel curare le persone. Questo è un vulnus che genera incomprensioni con il medico specialista che non comprende il metodo di lavoro del medico di medicina generale. La medicina generale offre assistenza personalizzata, integrata e continuativa nel tempo. La presa in carico in medicina generale deve significare assumere su di sé la responsabilità di programmare e gestire un intervento in modo intenzionale e strategico, utilizzando strumenti e risorse per risolvere il problema e superare gli ostacoli che l’utente da solo non è in grado di gestire. La transizione demografica ed epidemiologica verso la cronicità complessa e avanzata impongono di rivedere le modalità di organizzazione e governance del sistema di continuità delle cure rivolto a “coorti” sempre più numerose di malati fragili. Se vogliamo veramente ridurre il danno delle malattie inguaribili dobbiamo portare le persone in salute più avanti con l’età possibile”.

Così Maurizio Scassola, Segretario FIMMG: “In questa fase dobbiamo aprire il progetto di una cooperazione tra tutti gli attori della sanità territoriale. È fondamentale avere interessi di organizzazione comuni e offrire il massimo ai pazienti che in questo momento sono molto disorientati. Abbiamo un sistema consolidato che va migliorato, ma assolutamente non ha bisogno di una rifondazione. Quello che deve essere rifondato è il sistema di integrazione tra ospedale e territorio che attualmente è un vero e proprio vuoto. C’è una necessità di investimento organizzativo, culturale e finanziario”.

È poi intervenuto Bruno Ruffato, membro della Segreteria regionale FIMP Veneto: “La formazione del pediatra che poi va sul territorio non è adeguata, il pediatra non viene formato nel lavoro che dovrà svolgere. L’associazionismo è un contenitore fondamentale per garantire una maggiore continuità nella disponibilità dei pediatri evitando il flusso verso il pronto soccorso. Dobbiamo riuscire a trasferire delle risorse nel territorio, risorse necessarie anche in figure professionali come la segreteria di studio e l’infermiere di studio. Queste figure sono fondamentali sia per migliorare le capacità organizzative che le capacità ambulatoriali, riuscendo a sgravare gli ospedali da molti casi trattabili sul territorio”.

Tre punti sono cruciali per Valerio Sensi, Manager Deloitte: “La domanda non è se il cambiamento ma quando e sotto quale spinta di accelerazione. Un primo punto di accelerazione riguarda i pazienti. Dovremo confrontarci sempre di più con cittadini informati, autonomi e impegnati nella propria scelta di percorsi di salute. Pazienti che cercheranno una domanda sempre più personalizzata con punti di accesso multicanali (fisici e digitali) e ai quali accederanno in maniera sempre più autonoma. Nei mesi scorsi abbiamo fatto un report e tra le evidenze emerse è che il 36% degli intervistati già utilizza qualche strumento digitale per assistere la propria salute. Un secondo elemento di attenzione è l’ingresso di attori non tradizionale nel mercato nella salute come i colossi del web e i servizi assicurativi. Ma c’è anche una rimodulazione degli attori tradizionali come la farmacia che si sta trasformando sempre di più in farmacia dei servizi. Il terzo elemento di accelerazione è legato all’innovazione tecnologia che ha un forte impatto sugli strumenti di salute come l’intelligenza artificiale ed il 5g”.

Sul coinvolgimento della farmacia dei servizi nella rete delle case della salute si è espresso Andrea Bellon, Presidente Federfarma Veneto. “La rete farmacia, già esistente, efficiente e di prossimità, deve essere coinvolta in coordinamento con le Case della Comunità, sia come punto di accesso al sistema sia come erogatore di prestazioni e di attore della prevenzione, con l’obiettivo di realizzare la presa in carico del paziente sul territorio” ha spiegato “Grazie al loro profilo di presidi polifunzionali con una distribuzione capillare su tutto il territorio, comprese le aree più svantaggiate, le nuove “farmacie dei servizi”, oltre a mantenere la distribuzione del farmaco, sono oggi capaci di erogare prestazioni sanitarie e servizi cognitivi contribuendo anche alla realizzazione degli obiettivi di salute pubblica come le campagne vaccinali e gli screening di massa. Con lo sviluppo di questi servizi in convenzione con il servizio sanitario nazionale e con l’ausilio di piattaforme integrate con il fascicolo sanitario elettronico le farmacie potrebbero contribuire a ridurre gli attuali divari sanitari geografici e territoriali, ad armonizzare gli standard dei servizi sanitari anche attraverso la telemedicina, e a garantire una migliore esperienza di cura per gli assistiti”.

Il punto economico è stato fatto da Francesco Saverio Mennini, Professore di Economia Sanitaria e Economia Politica, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi di Roma“Tor Vergata” – Presidente SIHTA: “Sul PNRR attenzione, si fa un gran parlare e c’è grande euforia; ci sono risorse importanti ma non sono risorse risolutive. Le risorse devono essere utilizzate bene anche per ridurre la mobilità sanitaria. La mobilità sanitaria non solo comporta un maggiore esborso per il servizio sanitario nazionale ma comporta anche una spesa non indifferente out-of- pocket per i cittadini. Il PNRR deve essere usato anche per la prevenzione perché è dimostrato che sono gli interventi più costo-efficaci e più cost-saving. Questo permetterebbe di avere un forte impatto sulla salute riducendo la spesa nel tempo”.

Infine l’interrogativo Giuseppe Turchetti, Professore di economia e gestione delle imprese, Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa: “L’ammontare delle risorse destinate alla sanità del PNRR sono sufficienti? La seconda domanda è: una volta investite queste risorse il sistema potrà essere rivisto in una chiave nuova, ma nel fuutro saranno disponibili le risorse? Bisogna ragionare dal punto di vista finanziario sulla sostenibilità del nuovo modello di sanità che vogliamo creare. Il primo aspetto di grandissima criticità è il tema del personale che non è solo in termini quantitativi ma anche in termini di ripartizione del personale tra le diverse competenze necessarie e la ripartizione di queste competenze in base ai nuovi bisogni che avrà il sistema in futuro. Tutti i paesi del mondo occidentale hanno fallito da questo punto di vista, dobbiamo quindi non ripetere questo errore in futuro. Dobbiamo lavorare oggi per garantire il personale che richiederà l’organizzazione del futuro. Il ruolo dell’università e delle società scientifiche in questo aspetto è importantissimo”.

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L’impegno dei partiti per la salute degli italiani: meglio delle altre campagne elettorali

Come ridurre le liste d’attesa e rendere omogeneo il Servizio sanitario in tutta Italia? La sanità disporrà di più risorse? Sono alcune delle domande che Motore Sanità – in occasione della tre giorni della Summer School 2022 in corso di svolgimento ad Asiago – ha deciso di porre agli esponenti delle principali forze politiche che si candidano per governare il nostro Paese.

Asiago, 21 settembre 2022 – La salute rappresenta l’elemento cardine dell’agenda politica delle elezioni del 25 settembre, quando l’Italia sarà chiamata alle urne per decidere il nuovo Parlamento. Ma dopo due anni e mezzo di pandemia, qual è l’importanza che le forze politiche danno alla nostra sanità? Quali strategie intendono mettere in campo per ridurre le liste d’attesa e rendere davvero omogeneo il Servizio sanitario nazionale? Sono alcune delle domande che Motore Sanità – in occasione della tre giorni della Summer School 2022 “Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente” in corso di svolgimento ad Asiago – ha deciso di porre agli esponenti delle principali forze politiche che si candidano per governare il nostro Paese. “Si tratta di quesiti fondamentali per il futuro dell’Italia”, sottolinea il Dottor Claudio Zanon, Direttore scientifico di Motore Sanità, che aggiunge: “il Covid ci ha insegnato che senza salute non c’è economia. Ecco perché in questa tornata elettorale c’è bisogno di una grande partecipazione collettiva: affinché, partendo dalla salute, si possa disegnare il futuro dell’Italia”.

“La storia recente della pandemia ha messo in evidenza che l’attenzione alla gestione e all’organizzazione sanitaria, a partire dai piani di prevenzione, sono fondamentali per prevenire situazioni di emergenza sanitaria come è stata quella del Covid”, conferma l’Onorevole Fabiola BolognaNoi Moderati. “Come sappiamo, inoltre, la salute condiziona la nostra capacità lavorativa e il mantenimento di una buona salute garantisce la sostenibilità di un Welfare che dovrà rispondere sempre di più all’invecchiamento della popolazione. Ecco perché per noi la salute è al primo posto”.

“Il fatto di essere appena usciti dalla pandemia rende necessario finanziare il nostro SSN in maniera importante”, chiosa Luca Coletto – Lega per Salvini Premier, che prosegue così: “La sanità non è un costo, ma un investimento. Se c’è la garanzia di un’assistenza sanitaria sul territorio corretta, ci saranno anche degli investimenti sul territorio”.

“Senza salute non c’è né economia né lavoro”, incalza Annamaria Parente – Italia Viva – Terzo Polo. “Salute è assistenza alla nostra cittadinanza, ma è anche sviluppo economico e occupazione”.

Una visione condivisa da Elisa Pirro – Cinque Stelle, per la quale la salute va tutelata adeguatamente, perché: “Se manca la salute, sia a livello individuale che collettivo, crolla tutto il resto che le ruota attorno”.

Salute al primo posto come obiettivo anche per Elisa Carnevali – Partito Democratico, che aggiunge: “Siamo convinti che, a partire dall’accessibilità dei sistemi di salute, si possano ridurre le disuguaglianze presenti ancora nel nostro Paese”.

Su questo tema è intervenuto anche Marcello Gemmato – Fratelli d’Italia, con queste parole: “Una società compiuta è quella società in cui si verifica l’articolo 32 della nostra Costituzione, ovvero che tutti i cittadini hanno pari diritti di livelli d’assistenza sanitaria. Poi c’è anche un tema operativo e strategico: l’uomo sano è un uomo che produce”.

Maria Rizzotti – Forza Italia: “Non ho dubbi che il Sistema economico sia legato allo stato di salute della nostra sanità. Non vorrei però che la nuova emergenza energetica faccia dimenticare i problemi irrisolti del nostro Sistema sanitario evidenziati durante la pandemia. Il nostro è un SSN eccellente, ma pensato 40 anni fa. Qualsiasi azienda, se non cambia il proprio piano industriale nel corso dei 40 anni adattandolo alle situazioni, è un’azienda destinata a non essere sostenibile. Le riforme vanno fatte perché il nostro SSN possa continuare a essere sostenibile e universalistico. Occorre intervenire anche sulla mobilità sanitaria e sul capitale umano”.

Salute sì al primo posto, ma insieme all’ambiente per Marco Grimaldi – Alleanza Verdi Sinistra. “Credo che la crisi climatica sia strettamente collegata anche alla pandemia che abbiamo appena vissuto”.

Alla precisa domanda “L’ultimo governo ha fatto una stima del fondo del SSN con previsioni fino al 2025, secondo lei è sufficiente o andrà implementato?”, Coletto ha risposto che dovrà essere necessariamente implementato “Perché l’investimento sul personale ha un tetto bloccato – DL95 del 2004 – e va aumentato, le Regioni sono in sofferenza e dovremo affrontare l’aumento dei costi dell’energia elettrica, del metano e così via: beni che negli ospedali non possono mancare”. Andrà implementato anche per Gemmato, che ricorda i 37miliardi di euro sottratti alla sanità pubblica nei 10 anni precedenti la pandemia. Sulla stessa linea Grimaldi, che aggiunge: “Oggi sono esplose tante liste d’attesa: per una colonscopia e una gastroscopia anche Torino si aspettano più di 8 mesi. Perciò servono misure straordinarie sia per le assunzioni, sia per ripensare a un nuovo modello, a partire dalle scuole di specializzazione”. Le risorse alla sanità sono insufficienti anche per l’On. Parente, che precisa: “Pensiamo di dover accedere ai 37miliardi del Mes sanitario, che possono servirci per abbattere le liste d’attesa, sistemare gli ospedali, sostenere la filiera innovativa delle salute e il piano industriale sulla salute. Non trascurando la formazione degli operatori sanitari”. “Ad oggi siamo circa al 7% del Pil e ciò non è abbastanza”, chiosa Pirro. “Dobbiamo puntare ad arrivare all’8% della spesa sanitaria, come gli altri Paesi europei. Anche qualcosa in più, per stare al passo con i rincari e gli adeguamenti del Pil. Dobbiamo recuperare e non rimanere indietro”. Stessa corrente di pensiero, in merito al fatto che gli investimenti in sanità non sono mai abbastanza, anche per Rizzotti: “La pandemia ha aggravato una situazione creatasi con i grossi tagli perpetuati in passato. E’ necessario investire, garantire maggiori fondi, ma programmando”. Per l’On Bologna: “Il fondo sanitario nazionale è stato in questi anni necessariamente aumentato, perché i tagli che erano stati fatti avevano creato una situazione insostenibile sia per la carenza di personale, sia per la mancanza di ammodernamento tecnologico, sia anche per una mancanza di attenzione alla medicina territoriale e la pandemia ha dato una spinta importante a capire le criticità e a incrementare le risorse. Risorse che naturalmente dovranno ancora essere incrementate, perché ci saranno nuove ricerche scientifiche e questo richiederà nel tempo sistemi di finanziamento innovativi”. “L’obiettivo del Partito democratico è quello di raggiungere il 7% del Pil per l’investimento in sanità”, afferma Carnevali. “L’impatto che in questo momento ha la crisi energetica deve essere considerato ed essere sostenuto. Dobbiamo dare risposte considerevoli sia sul fronte dei sistemi aziendali che si occupano del nostro SSN, sia a coloro che ci permettono di avere le strumentazioni necessarie per garantire sistemi di salute di qualità”. Sul come ridurre le liste di attesa (che comportano una spesa di circa 25miliardi di out of pocket per i cittadini), Grimaldi risponde: “Non privatizzando la sanità, aumentando le borse di specializzazione, ripensando al numero chiuso: molte specialità sono oggi deserte, a fonte di altre che hanno la possibilità di entrate private. Ci vuole un piano di assunzione straordinario a tempo indeterminato nella sanità. Occorre che le case della comunità non siano solo un gran investimento immobiliare, ma un ripensamento dei servizi nella società”. Secondo Parente: “Bisogna fare un piano straordinario centralizzato dallo Stato, che deve farsi un quadro di tutte le regioni per capire le ragioni che bloccano le liste d’attesa. In alcuni territori per esempio mancano i macchinari per fare tutte le analisi, in altri manca il personale e così via. Occorre fare quindi una disamina puntuale e precisa in tutto il territorio nazionale e avviare un piano straordinario con il privato. Pubblico e privato insieme per abbattere le liste d’attesa”. “Per ridurre le liste d’attesa nell’ultimo anno e mezzo sono stati stanziati un po’ più di un miliardo di euro”, ha detto Pirro. “Tutto questo non è bastato a risolvere il problema. Riteniamo che vada potenziato il personale e che vada fatta anche un’attenta ricognizione di come le diverse aziende sanitarie si comportano: quelle che sono in regola e quelle che non riescono a stare al passo con i tempi delle erogazioni delle prestazioni. Importante ricordare ai cittadini che l’Asl dovrebbe rimborsare la quota che il cittadino spende là dove si rivolge al privato quando il proprio Sistema sanitario regionale non riesce ad erogare la prestazione nei tempi”. Per Rizzotti: “Questo annoso problema delle liste di attesa si è aggravato con la pandemia. Bisognerebbe aumentare il personale, gestire le cronicità sul territorio, stabilire un turnover di operatori sanitari e chirurghi, in modo da garantire la funzionalità delle sale operatorie almeno per un terzo di orario superiore”. Fa distinzione tra l’out of pocket e le liste d’attesa l’On Bologna: “Nella mia esperienza di medico l’out of pocket riguarda una parte delle popolazione che spesso preferisce accedere a una visita privata perché vuole scegliere per esempio un particolare professionista. Le nostre liste d’attesa, invece, sono legate ad attese ambulatoriali – generali, specialistiche, chirurgiche – che riguardano tutta la popolazione e possono essere superate da un’organizzazione che sappia garantire personale valorizzato e adeguato e da una rafforzamento della medicina territoriale, liberando i medici di famiglia da tutte le incombenze burocratiche”. “Credo che questi 25miliardi di spesa di out of pocket siano una delle cose che non possiamo più vedere in Italia”, sostiene Carnevali. “Per questo abbiamo lavorato molto in questi anni per investire sul rafforzamento del personale. Serve capitale umano per abbattere le liste d’attesa. Serve anche avere un’agenda unica su cui pubblico e privato possano agire. Ci aspetta un compito enorme di recupero della sanità sospesa, pensando agli strumenti che abbiamo messo in campo: dalla sanità digitale alla telemedicina, per agire in modo celere sui bisogni del paziente e ottenere miglior outcome di salute”. “Purtroppo l’out of pocket è stato spinto soprattutto per un’organizzazione che deve essere rivista anche in funzione delle attuali necessità, che sono diverse da quelle di 3 anni fa”, sostiene Coletto. “La pandemia ha bloccato gli ospedali, le visite specialistiche, ha rallentato alcune operazioni e ha permesso solo interventi oncologici e interventi legati a patologie tempo dipendenti. Le liste d’attesa vanno organizzate meglio a livello di Asl territoriale, vanno aperti gli ambulatori la sera, così come il sabato e la domenica, vanno incentivati sia i medici sia gli infermieri. Serve un’organizzazione che tenga conto delle necessità e le realtà”. Per Gemmato: “Il tema dell’out of pocket ci racconta una sanità pubblica che non riesce più a dare risposte e degli enormi sprechi che vengo fatti dalla stessa. Ritengo che si possano superare le liste d’attesa sfruttando anche la straordinaria rete dei medici di famiglia e la rete delle farmacie pubbliche e private convenzionate, dotate anche di strumenti per la diagnosi a distanza”. Ecco infine cosa hanno risposto gli esponenti delle forze politiche in campo a proposito dell’ultima domanda così formulata: “Come rendere universale – in qualità e omogeneità – il Sistema sanitario delle Regioni? Il PNRR è adeguato?”. Pirro: “La questione della regionalizzazione della sanità per noi è un tema aperto, anche se difficile da affrontare. Pensiamo che si possa riportare la sanità nelle mani dello Stato là dove le Regioni continuano ad essere inadempienti. Bisogna avere la forza e il coraggio di invertire un processo che non è andato a vantaggio dei cittadini. Da questo punto di vista il PNRR ci può aiutare per sopperire ad alcune mancanze strutturali, che esistono da Nord a Sud. Ovviamente le risorse non bastano, perché c’è il grosso tema del personale da affrontare”. Rizzotti: “Sicuramente il PNRR va in parte adeguato e aggiornato a quella che è la realtà del territorio di riferimento e ai bisogni del cittadino. In questa legislatura che volge al termine Forza Italia ha proposto di rimettere l’organizzazione della sanità nelle mani dello Stato. Purtroppo la riforma del titolo quinto ha aumentato le disuguaglianze territoriali. Noi vogliamo una sanità universale che combatta però gli sprechi e, talvolta, la corruzione. La salute è un bene comune e non dovrebbe essere né di destra né di sinistra. Credo sia fondamentale che nei tavoli decisionali ci siano sempre dei rappresentanti delle Associazioni dei pazienti e delle Società scientifiche: coloro i quali vivono ogni giorno sul proprio territorio le difficoltà di un SSN che noi vogliamo difendere e implementare”. Bologna: “Ai finanziamenti del PNRR in sanità devono corrispondere concreti investimenti a lungo termine nella gestione organizzativa e strutturale e nell’innovazione tecnologica. Ad essi va affiancato un investimento importante sul personale sanitario, economico ma anche sulla carriera, valorizzando le competenze ed evitando che questi professionisti della salute vadano via dal nostro Paese”. Carnevali: “La possibilità di qualche aggiustamento è già possibile, ma attenzione: rinegoziare significa perdere in affidabilità che questo Paese con il governo Draghi era riuscito a recuperare e, soprattutto, rischiamo di non centrare gli obiettivi che abbiamo scritto con il PNRR, comprese le riforme che sono il patto che abbiamo fatto con l’Europa. Poi ci sono altre cose che dobbiamo fare: l’aggiornamento dei Livelli essenziali di assistenza rispetto alle tipologie di prestazioni, le terapie mirate e così via”. Coletto: “Io direi che il PNRR va lievemente riadattato come risorse e personale, perché evidentemente mancano. C’è stata una programmazione miope dei governi che si sono succeduti, che hanno peraltro tagliato circa 37miliardi alla sanità. Quindi direi che bisogna fare un programma importante di investimenti che devono essere ben gestiti e mirati in funzione di quelli che sono le necessità della sanità”. Gemmato: “A mio avviso il PNRR può essere un’occasione di rivincita del SSN. La sua messa a terra, però, non ci convince. Ricordiamo che le farmacie e i medici di medicina generale sono presenti dappertutto, nelle aree urbane come nei piccoli paesi di montagna. A nostro avviso occorrerebbe partire da loro, sfruttando le risorse del PNRR per la telemedicina per esempio, per rendere la sanità territoriale più prossima che vada anche ad alleggerire il Sistema degli ospedali che oggi vengono presi d’assalto perché non esiste un filtro prima”. Grimaldi: “Le Case di comunità funzionano se hanno gli infermieri di comunità e i medici di base. Se quei luoghi diventano anche luoghi del sociale, dove i più fragili possono avere facile accesso, senza assediare il Pronto Soccorso e in qualche modo spese improprie. Per fare diventare di nuovo universale questo Sistema, la soluzione è che ci sia un ripensamento di questo Sistema già dalla pediatria”. Parente: “Noi pensiamo di dover ragionare sull’attuale assetto costituzionale e modificarlo. Sanità e istruzione sono il cardine della nostra democrazia, dell’assistenza e della crescita della nostra cittadinanza. Quindi una sanità che assicuri standard omogenei su tutto il territorio nazionale. Il PNRR destina 19miliardi alla salute come sappiamo, che però non sono sufficienti. Pensiamo che sulle costituzioni della Case di comunità dobbiamo intervenire di più e meglio sul personale che ci andrà. Quindi la preoccupazione dell’attuale PNRR è costruiamo le mura delle Case di comunità e non avremo il personale. In più dobbiamo prevedere un piano assuntivo e riorganizzativo della sanità in generale per realizzare il PNRR e assicurare, attraverso modelli organizzativi, il continuo assistenziale tra casa, territorio, ospedale e viceversa”.

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Sanità digitale, verso un sistema più efficiente grazie alle risorse del PNRR

Asiago-Gallio, 22 settembre 2022 – Il comparto sanitario contestualizzato nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, la programmazione futura, la telemedicina, la formazione del personale, l’accesso ai servizi sanitari grazie alla tecnologia: il risvolto positivo della pandemia da Covid 19 è l’accelerazione della revisione dei piani sanitari regionali, una spinta vigorosa verso la realizzazione di una sanità più efficiente e digitalizzata. Proprio la sanità digitale è stata al centro del dibattito della seconda giornata di lavori della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente” promossa da Motore Sanità, – in corso di svolgimento ad Asiago-Gallio.

Accessibilità, formazione, dialogo e collaborazione tra aziende sanitarie sono i pilastri su cui si basa il progetto della costruzione di modelli sanitari digitalizzati. Come si mettono in pratica le direttive nazionali a livello territoriale lo ha spiegato Francesco Gabbrielli, Direttore Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità: “In premessa è necessario precisare che c’è bisogno di attivare a livello accademico una formazione specializzata nelle professioni sanitarie, al momento non ci sono dei corsi che formino il personale sulla medicina digitale. Formazione non è un corso di laurea ibrido tra medicina e ingegneria, ma bisognerà capire qual è il confine e stabilire quali competenze digitali debba avere un medico. Altro fattore importante da comprendere è cha la telemedicina non è solo televisita o teleconsulto, ma uno strumento che consente di utilizzare un importante flusso di dati anche in ottico di interazione tra regioni diversi, un aspetto da non sottovalutare. I dati dei pazienti saranno generati dal paziente fuori dalle sedi istituzionali alle quali siamo abituati, ovviamente validati e verificati dalla clinica e bisogna imparare a gestirli. Inoltre è importante ricordare che le innovazioni digitali non reggono nel tempo se non sono inserite nell’ordinarietà, nel budget e nella programmazione di un’organizzazione aziendale”.

Dell’approccio multidisciplinare della telemedicina ha parlato Patrizia Palazzi, Strategic Sales Expert Siemens Healthineers. “A proposito di nuove soluzioni tecnologiche a supporto dei pazienti con cronicità – ha spiegato – noi abbiamo portato un’esperienza importante fatta presso l’Asl di Bologna dove i pazienti in terapia anticoagulante orale possono usufruire di un nuovo servizio a domicilio, di prelievi fatti con digito puntura attraverso un dispositivo Point of care e una piattaforma digitale che consente agli infermieri che effettuano il servizio a domicilio di inviare in tempo reale l’esito del prelievo al laboratorio di analisi di riferimento, di registrare automaticamente i questionari del paziente, di essere guidati nella loro operatività quotidiana, riducendo così i tempi e ottimizzando anche i risultati per il paziente finale. Portiamo anche degli esempi di sviluppi futuri di questo tipo di piattaforme a servizio delle cronicità a domicilio, in particolare quella del patient twinning, che è il gemello digitale del paziente che sarà disponibile come app grazie al quale ciascun cittadino paziente potrà creare il proprio avatar e saranno disponibili sia i dati clinici del fascicolo sanitario elettronico sia i dati provenienti dai wearable, come ad esempio gli smartwatch sul monitoraggio dei parametri clinici. Ci saranno degli algoritmi di intelligenza artificiale che poi guideranno anche il paziente cittadino nel richiedere eventuale supporto e quindi anche in un’ottica di engagement”.

Sull’introduzione delle nuove tecnologie a supporto della cronicità Francesca Pellegrini, Commercial Lead & Key Account Manager North Vree Health at MSD ha concluso: “La nostra esperienza racconta di soluzioni di telemedicina che sono state progettate grazie alla visione pioneristica di MSD Italia che più di 10 anni fa ha dato vita a Vree Health, soluzioni che sono state progettate nel tempo con supporto di operatori sanitari in risposta alle esigenze del paziente. Quello che si vuole fare con le nostre soluzioni è avvicinare la cura al paziente, quindi dare una continuità di gestione del paziente al suo domicilio per dargli la possibilità di continuare ad essere assistito dal personale sanitario. Le caratteristiche che contraddistinguono le nostre soluzioni sono sicuramente l’innovazione tecnologica e l’integrazione con i sistemi già esistenti, ma soprattutto la semplicità di utilizzo verso gli operatori sanitari e gli utilizzatori finali, i pazienti, perché la tecnologia non deve essere un’ulteriore complicazione, ma deve essere di supporto e rendere ancora più accessibili le cure”.

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Malattie rare, le sfide che aspettano il nuovo Governo

Le malattie rare nell’ultima giornata della Summer School 2022 di Motore Sanità

300 milioni di persone nel mondo, 30 milioni in Europa, tra 2,2 e 3,5 milioni in Italia. Sono questi i numeri che descrivono l’ampiezza dell’impatto delle circa 8mila malattie rare note. L’ultima legislatura è stata ricca di traguardi per la comunità delle malattie rare: a novembre 2021, il Parlamento ha approvato il Testo Unico sulle malattie rare (legge 175/2021). Nei giorni scorsi, è stato emanato il primo dei decreti attuativi previsti dalla legge con la nomina del Comitato Nazionale Malattie Rare, a dimostrazione che il cammino verso l’applicazione della legge è realmente iniziato. La palla ora passa al nuovo Governo a cui spetta attuazione agli interventi previsti dalla norma e sfrontare le sfide ancora aperte. Quello delle grandi sfide delle malattie rare è uno dei temi dell’ultima giornata della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente”, organizzata da Motore Sanità, in corso ad Asiago dal 21 settembre.

“L’approvazione della legge sulle malattie rare è stato un grande traguardo di questa legislatura; una legge di iniziativa parlamentare che ha richiesto 3 anni e mezzo di lavoro ed é riuscita a superare molti ostacoli, costruendo una cornice normativa per la tutela di 2 milioni di malati e per le loro famiglie che da molti anni aspettavano un riconoscimento alle loro istanze”, dice Fabiola Bologna, Segretaria XII Commissione Affari Sociali della Camera dei Deputati. “Ieri mattina è stato firmato e trasmesso il primo decreto attuativo che contiene la lista dei soggetti che comporranno il Comitato Nazionale Malattie Rare. Ciò mi rende molto felice perché questo ci consente di rilasciare il Piano nazionale delle malattie rare. A tal proposito, il mio ultimo atto da parlamentare è stato un ordine del giorno che impegna il Governo a valutare l’opportunità di pubblicare il Piano Nazionale Malattie Rare aggiornato, che è già stato redatto grazie al lavoro di un tavolo ministeriale di esperti e condiviso in Conferenza Stato Regioni. Speriamo, dunque, che il primo atto della prossima legislatura sarà rilasciare il Piano”.

La legge 175 è stato il punto di arrivo partito oltre 20 anni fa, ha ricordato Domenica Taruscio, già Direttore del Centro Nazionale Malattie Rare dell’Istituto Superiore di Sanità. “È stato un lungo lavoro. Un percorso a passi piccoli ma decisi dal buio alla luce per le malattie rare e le persone che ne soffrono e che è culminato, in Italia, nell’approvazione del Testo Unico sulle malattie rare. Un qualcosa che non esiste in nessun altro Paese e che assicurerà uniformità ai cittadini su tutto il territorio nazionale. Ora è necessario continuare questo lavoro tutti insieme, dal momento che siamo tutti tasselli di un grande disegno”.

Elisa Rozzi, Responsabile per Attività Trasfusionale, Rete delle Malattie Rare e Rete della Genetica, Emilia-Romagna ha sottolineato però l’impegno che le Regioni già da tempo profondono nel campo delle malattie rare. “Avere un testo unico è un passo fondamentale. Tuttavia, per quel che riguarda le Regioni, molti dei suoi contenuti erano già all’ordine del giorno”, sottolinea. “Ciò significa che, nel tempo, le Regioni hanno elaborato soluzioni e maturato un patrimonio di competenze che sono ben liete di mettere a disposizione dei tavoli di lavoro che nel futuro saranno dedicati alle malattie rare. Speriamo che la nostra partecipazione sia effettiva”.

Proprio la partecipazione è la chiave per affrontare la sfida delle malattie rare secondo Cecilia Berni, Responsabile Programmazione e Monitoraggio della Rete Regionale delle Malattie Rare e dei Difetti Congeniti e della Rete dei Punti Nascita e della Pediatria Specialistica della Regione Toscana. “La nostra Regione – ha detto – ha da tempo sviluppato innumerevoli modalità e strumenti di partecipazione dei cittadini, adottando anche una legge dedicata alla democrazia deliberativa. La partecipazione dei cittadini, infatti, non è soltanto uno strumento di crescita della democrazia, ma è anche un mezzo per ridurre la conflittualità tra organizzazione e cittadini. Ciò vale anche per le malattie rare: gli strumenti per costruire modalità di partecipazione ci sono, basterà adattarli alla complessità e diversità che caratterizza il mondo delle malattie rare”.

“Nel 2021 sono stati raggiunti obiettivi importanti dalla e per la comunità delle persone con malattia rara: ora dobbiamo fare l’ultimo miglio per fare in modo che la voce delle persone con malattia rara possa continuare a trovare ascolto e spazio all’interno delle politiche che verranno realizzate nella prossima legislatura”, ha aggiunto Annalisa Scopinaro, Presidente di UNIAMO, Federazione Italiana Malattie Rare. “Nei giorni scorsi UNIAMO ha rivolto un appello ai leader politici per chiedere che l’impegno nel campo delle malattie rare prosegua e che per esempio vengano approvati i decreti attuativi della legge 175 e quelli sulle sperimentazioni cliniche, che venga finanziato il Piano Nazionale Malattie Rare e riviste le tabelle INPS grazie alle quali è possibile ottenere l’invalidità civile. Tra le richieste, anche la stabilizzazione del personale sanitario dedicato alle malattie rare e l’approvazione dei Lea, fondamentali perché tutti i malati rari, ovunque risiedano, abbiano il riconoscimento della malattia rara e tutti i trattamenti necessari”.

A proposito di trattamenti, ha sottolineato Patrizio Armeni, Cergas SDA Bocconi, “C’è un malinteso in cui spesso si cade, specie da quando, per alcune malattie rare, sono disponibili trattamenti altamente efficaci ma dal costo elevato: l’idea che l’avvento di questi trattamenti rappresenti un nuovo, importante, costo per il servizio sanitario. In realtà, ciò deriva dall’ignoranza su quale fosse il peso economico di quella malattia sulla società prima di essere curata. L’avvento di un nuovo trattamento, dunque, non crea un nuovo costo: sposta solamente il fardello economico, fatto di perdita di buona salute e di flussi economici reali, come la perdita produttività o l’impatto sui caregiver, sul conto del servizio sanitario. E in tal modo, producendo un impatto positivo sulla salute del malato e sulla società”.

Da questo punto di vista, ha detto Mario Melazzini, già Direttore AIFA – Presidente AriSLA, Fondazione Italiana di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica,“l’approvazione di una legge dello Stato dedicata unicamente alle malattie rare è certamente un traguardo storico che riflette un modo diverso di ‘guardare’ alla persona, non più un costo, ma un soggetto capace di contribuire alla crescita della società, a cui offrire l’opportunità di ricevere cure uguali in qualsiasi luogo viva, di poter accedere alle terapie più innovative, di far parte delle fasi della ricerca. Ricerca, – ha aggiunto Melazzini – che, stabilisce la legge, va sostenuta insieme alla produzione di “farmaci orfani”: fattori determinanti per ricadute concrete sulla qualità di vita della persona. Bene che tra le misure previste ci sia l’incremento dal 5% al 7% del ‘Fondo AIFA’, che ha consentito ad oggi l’impiego di farmaci orfani non ancora autorizzati per persone con malattie rare”.

Non è solo ricerca ma già pratica clinica attuale, invece, l’uso della diagnostica resa possibile dalla medicina genomica. Che in Italia stenta a decollare, nonostante possa dare un contributo determinante a quella che Giorgio Perilongo, Professore Ordinario Dipartimento Salute della Donna e del Bambino, Università degli Studi di Padova, definisce “Odissea diagnostica. Si stima che il 50% dei pazienti rari non riceva mai una diagnosi, che il 25% attenda 5-30 anni per una diagnosi, e i due quinti ricevano almeno una diagnosi errata”, ha affermato. “Le tecniche di genomica medica sono disponibili su larga scala, i loro costi si sono ridotti drammaticamente. Un gruppo di lavoro Iss su mandato del ministero ha addirittura elaborato un Piano nazionale genomica. Eppure soffriamo di ritardi per quanto riguarda la messa a terra di questa tecniche e il trasferimento della genomica nella pratica clinica”, ha aggiunto Perilongo, auspicando l’inserimento nei Lea dei testi di whole genome sequencing.

Cruciali per Giuseppe Limongelli, Professore Dipartimento di Scienze Mediche Traslazionali Università della Campania Luigi Vanvitelli – U.O. Malattie Rare Cardiovascolari Monaldi – AORN Ospedali dei Colli Responsabile Centro di Coordinamento malattie Rare Regione Campania, sono invece la comunicazione, l’informazione e la formazione sulle malattie rare. “Si sa ancora poco delle malattie rare. Per questo recentemente, con Motore Sanità, l’Iss, UNIAMO, i centri di coordinamento di Lazio, Toscana e Liguria abbiamo organizzato un’iniziativa in barca a vela che ci ha portato fino a Marsiglia per ricordare quanto sia improntate parlare di malattie rare. Decisiva, però è anche la formazione dei medici: ciò significa guardare al futuro. Oggi esistono master e in qualche modo si sta lavorando su un core curriculum. Ma dobbiamo entrare con più efficacia nelle università per lavorare a un percorso univoco votato alle malattie rare”.

Dell’ampia famiglia delle malattie rare, anche se spesso lo si dimentica, fanno parte anche i tumori rari, quelli che hanno un’incidenza inferiore ai 6 casi su 100.000. Ai tumori rari è dedicata l’associazione IoRaro, costituita poco più di sei mesi fa. “Spero possa dare risultati a favore dei pazienti con tumori rari che hanno un urgente bisogno di risposte”, dice il Presidente Walter Locatelli. “L’associazione nasce dall’esperienza dell’Associazione Prevenzione e Cura dei Tumori in Piemonte; si è ormai strutturata e ha già dato vita al sito web ioraro.it. Si propone di essere uno strumento al servizio dei pazienti, ponendosi per esempio come riferimento per l’accesso ai centri specialisti, aiutandoli a conoscere i loro diritti e i percorsi di accesso, fornire supporto psicologico. Vuole anche mettersi a disposizione delle associazioni per tessere una rete e contribuire a portare la loro voce alle istituzioni”, ha concluso Locatelli.

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Oncologia oltre gli steccati: la partnership pubblico-privata può aiutare a incrementare le attività di prevenzione e screening

Gallio-Asiago, 26 settembre 2022 – Prevenzione, aderenza agli screening, innovazioni che vanno incontro ad un sistema sanitario sostenibile, partnership pubblico privata, formazione dei medici oncologi, portare il maggior livello di assistenza e le cure più moderne ed efficaci ai pazienti. Sono i temi che ruotano attorno al grande progetto PNRR e sono stati discussi alla SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente” organizzata da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Abbvie, Gedeon Richter, Sanofi, Takeda, Becton Dickinson, Angelini Pharma, AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Chiesi, Daiichi-Sankyo, MSD, Novartis, Kite a Gilead Company, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Alfasigma, CDI Centro Diagnostico Italiano, Galapagos Pioneering for patients, GSK, Eli Lilly, Lundbeck, Menarini Group, Servier, Siemens Healthineers, Technogenetics, Teva, VitalAire, Vree Health, Ipsen, Servizi Ospedalieri, UCB Pharma.

“L’oncologia sta attraversando una grande rivoluzione, si è passati da un paradigma di terapie che hanno un impatto sulla popolazione a terapie personalizzate che contribuiscono alla sostenibilità del sistema sanitario – ha spiegato Michele Milella, Professore ordinario di Oncologia medica dell’Università di Verona e Direttore del Dipartimento di Oncologia medica dell’Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata di Verona -. C’è necessità di raggiungere tutti i pazienti su tutto il territorio e poter offrire a tutti le possibilità di cura e in partnership con l’ospedale. È un tema di politica e tema organizzativo più che ancora scientifico”. E ancora: “La formazione ha un ruolo centrale per portare le competenze sul territorio e il PNRR da questo punto di vista è un’occasione importante, anche per sanare una carenza importante che è quella dei medici e degli infermieri. Da un lato abbiamo la necessità di formare il medico oncologo che sappia affrontare le nuove necessità del paziente, dall’altra portare il farmaco di ultima generazione a casa del paziente. Oltre ai medici dobbiamo avere una rete territoriale forte e in Veneto funziona estremamente bene”.

Tra l’altro studi clinici hanno dimostrato che l’early treatment, cioè il trattamento neoadiuvante o adiuvante dei farmaci oncologici innovativi, in primis l’immunoterapia, potrebbe ulteriormente migliorare i risultasti di guarigione e di sopravvivenza dei pazienti ammalati di tumore. Secondo Pierfranco Conte, Coordinatore della Rete Oncologica veneta “Negli ultimi anni abbiamo assistito a progressi straordinari dal punto di vista delle conoscenze biologiche in campo oncologico ma purtroppo non sempre tali progressi si sono tradotti in reali e immediati benefici per i pazienti. È necessario abbandonare certe abitudini organizzative sanitarie, obsolete, per affrontare l’innovazione in modo diverso”. Per quanto riguarda i programmi di screening per alcune neoplasie, il professor Conte ha spiegato “Abbiamo risultati molto buoni, ma sono stati disegnati e sono condotti in maniera tradizionale cioè non tenendo conto degli avanzamenti delle conoscenze biologiche. Inoltre non si studiano a fondo i rischi familiari, legati spesso agli stili di vita, e non si studiano a fondo i rischi familiari legati al patrimonio genetico, con poche eccezioni per esempio dei tumori BRCA correlati della mammella e dell’ovaio, e non vengono applicate tecnologie che orami hanno raggiunto costi assolutamente abbordabili che permettono di individuare qual è il rischio su base genetica che ognuno di noi ha di sviluppare la malattia”.

Questo è ancora poi più rilevante nell’ambito del trattamento dei pazienti oncologici. “Ormai la maggior parte delle nuove terapie oncologiche si basano sulla diagnostica molecolare che molto spesso richiede tecnologie sofisticate, talora anche relativamente costose, mentre invece la procedura di approvazione dei farmaci innovativi si basa ancora sulla discussione del farmaco senza tenere conto di: chi sono i pazienti che devono essere testati per trovare quelle eventuali alterazioni genetiche che predicono l’efficacia del farmaco a bersaglio molecolare, quanti pazienti dobbiamo testare per trovare qualcuno da trattare. Per esempio abbiamo farmaci estremamente efficaci con i tumori che hanno una disregolazione genetica chiamata fusione NTRK (interessa uno ogni 300-400 pazienti); le autorità regolatorie si fissano, discutono e magari ritardano per mesi l’approvazione del farmaco antiNTRK, non si preoccupano di sapere chi deve essere testato, quanto costa il test, non esiste una tariffa ufficiale per il test per identificare la fusione NTRK”.

Altro esempio l’immunoterapia: “L’immunoterapia – ha proseguito Conte – ha prodotto risultati straordinari in molte neoplasie ma una caratteristica di questi risultati è che spesso non si vedono nell’immediato, molto spesso l’efficacia dell’immunoterapia non è misurabile in guadagno mediano in sopravvivenza, come generalmente succede ad esempio con la chemioterapia o con la terapia endocrina, ma si misura piuttosto in percentuali di pazienti che continuano ad essere vivi senza avere una ripresa di malattia o una progressione di malattia, anni dopo l’inizio della terapia. Quindi non sono le mediane che contano ma contano i sopravviventi a distanza. È evidente che, avendo questo meccanismo di misurazione dell’efficacia, non può anche l’autorità regolatoria aspettare anni per decidere se un farmaco immunoterapico funziona o meno, ma deve in maniera più precoce approvare questi farmaci e poi, caso mai, coinvolgere l’industria farmaceutica in programmi di outcome research dove si delineano dalla pratica clinica dei dati che confortino i dati preliminari osservati negli studi clinici”.

Gianni Amunni, Coordinatore della Rete Oncologica di Regione Toscana ha portato al centro dell’intervento la prevenzione primaria e lo screening. “Chi partecipa agli screening ha livelli di performance oncologica assolutamente migliori. Le donne che hanno una diagnosi di tumore del seno allo screening hanno tra l’8% e il 10% in più di sopravvivenza rispetto alle donne che hanno una diagnosi fuori dallo screening. Nessun farmaco consente queste differenze in termini di sopravvivenza. Oltre alla prevenzione serve creare il link tra prevenzione e presa in carico della cura, sottolineando ancora una volta il ruolo della rete oncologica che crea omogeneità dei percorsi di diagnosi, cura e di assistenza”.

Francesca Russo, Direttore Prevenzione, Sicurezza Alimentare, Veterinaria di Regione del Veneto, in merito alla prevenzione ha detto: “Abbiamo un piano nazionale della prevenzione che in continuità con quello precedente ha l’obiettivo di contrastare le malattie croniche come le neoplasie. La prima azione è quella di contrastare tutte le cattive abitudini”. Secondo la Russo “la pandemia ci ha portato indietro: 4% in più di sedentari e anche l’obesità è cresciuta. Non ci possiamo aspettare che diminuisca il cancro!”. Poi sul piano oncologico nazionale ha rimarcato: “E’ un documento che sta ancora sul tavolo. Ci vogliono un percorso e tanta forza per sostenere la prevenzione anche dal punto di vista finanziario. Abbiamo tanto da fare e ognuno deve fare la sua parte”.

Secondo Marina Panfilo, Policy & Communication Director MSD Italia, “investire in sanità pubblica è la soluzione e la pandemia ci ha dimostrato l’importanza di lavorare in partnership per il bene comune. Già nel 2013 l’OMS aveva pubblicato un report sulla necessità di investire in sanità pubblica e in prevenzione dato che vaccinazioni e screening hanno dimostrato di essere gli strumenti più costo-efficaci per evitare i costi sanitari e sociali delle malattie prevenibili. È fondamentale operare in sinergia sia con il sistema sanitario nazionale sia con il sistema sanitario regionale su un obiettivo importantissimo: la prevenzione oncologica. La prevenzione oncologica è sia prevenzione primaria sia prevenzione secondaria. Per prevenzione primaria si intende anche la vaccinazione oltre agli stili di vita e all’ambiente. Oggi infatti due vaccinazioni, l’epatite B e quella contro il papilloma virus (HPV), sono in grado di prevenire diversi tipi di cancro. L’OMS prima e Europe’s Beating Cancer Plan hanno sancito l’obiettivo di eliminazione del cancro da HPV a cominciare da quello della cervice uterina entro il 2030 attraverso una strategia che consenta di raggiungere il 90% di copertura della vaccinazione, il 90% di adesione allo screening e il 90% nell’accesso alle terapie precocemente. Questo è un sogno perché tutte le generazioni future, giovani donne e giovani uomini di oggi potranno evitare almeno questi tumori. I tumori sono molti, ma se si possono evitare almeno alcuni di questi con strumenti di prevenzione primaria disponibili alla popolazione è un dovere lavorare tutti insieme perché questo avvenga”. 

Quali sono le logiche di una vera partnership pubblico-privata per la salute della popolazione? “Innanzitutto mettendo a fattor comune competenze e risorse per raggiungere risultati che rappresentino un valore per la società – ha risposto Marina Panfilo -. Noi ci impegniamo nella ricerca e nella produzione di farmaci e vaccini per le persone di tutte le aree geografiche sulla base delle necessità della sanità pubblica e lavorando con le autorità sanitarie e le istituzioni nazionali e sovranazionali. Ma anche per informare la popolazione attraverso campagne di comunicazione corrette e autorizzate dal Ministero della Salute sui benefici che derivano dall’adozione di sani stili di vita e dall’adesione alle vaccinazioni e agli screening perché la vita in buona salute non è mai abbastanza” ha concluso Marina Panfilo.

Ugo Trama, Responsabile Farmaceutica e Protesica della Regione Campania, ha infine sottolineato quanto sia strategica la partnership pubblico-privata. “È cambiato il sistema, ci vuole una maggiore collaborazione con il privato. Le aziende non vanno demonizzate, ma sono partner che possono supportare le iniziative del servizio sanitario pubblico. Lavorare con la collaborazione del privato in prevenzione e nelle attività di screening è un vantaggio in più. Gli sforzi da fare però sono tanti”.

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Lo sviluppo eco-sostenibile e il beneficio per la società: il ruolo e la responsabilità dell’industria del farmaco

Asiago-Gallio, 26 settembre 2022 – In questa relazione frontale della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente”, organizzata da Motore Sanità, con il contributo incondizionato di Abbvie, Gedeon Richter, Sanofi, Takeda, Becton Dickinson, Angelini Pharma, AstraZeneca, Boehringer Ingelheim, Chiesi, Daiichi-Sankyo, MSD, Novartis, Kite a Gilead Company, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Alfasigma, CDI Centro Diagnostico Italiano, Galapagos Pioneering for patients, GSK, Eli Lilly, Lundbeck, Menarini Group, Servier, Siemens Healthineers, Technogenetics, Teva, VitalAire, Vree Health, Ipsen, Servizi Ospedalieri e UCB Pharma, la direttrice medica di Chiesi Italia Laura Franzini ha presentato la certificazione di Benefit Corporation (B-Corp). Questo modello aziendale, entrato nello stato giuridico italiano nel 2016, è stato ideato per le aziende a scopo di lucro che vogliono andare oltre l’obbiettivo del profitto.

“Nel 2022 non è più pensabile – sottolinea Laura Franzini – che il ruolo dell’azienda farmaceutica sia semplicemente di mettere a disposizione nuovi farmaci, ma deve farlo con un beneficio anche per l’ambiente e la società. È quindi possibile produrre farmaci, guadagnare e dare beneficio alla società e all’ambiente”. Per questo motivo Chiesi Italia è stata la prima azienda del settore farmaceutico a diventare una B-Corp. “Siamo riusciti a raggiungere i nostri obbiettivi di impatto sociale e ambientale grazie al modello B-Corp, grazie ad una attenta misurazione di una serie di parametri per andare a misurare che ogni operazione svolta venga compiuta rispettando i più alti standard – prosegue Franzini -. Misurando questi standard si sviluppa un vero e proprio cambio di paradigma trasformando l’azienda da un paradigma ‘estrattivo’, cioè che estrae risorse sociali e ambientali, ad un paradigma ‘rigenerativo’ in cui l’azienda è in grado di restituire di più di quando ha preso. Chiesi sta riuscendo a compiere questo, apportando quindi un contributo positivo”.

Sono ormai più di quattro anni che Chiesi Italia si impegna attivamente nel rinnovare il suo impegno di B-Corp. “Dal 2018 Chiesi è diventata Società Benefit secondo la legge italiana e americana – continua Franzini-. Inoltre, nel 2021 anche Chiesi Francia è diventata la prima ‘Société à Mission’ (SAM) francese del settore sanitario, integrando nello statuto quattro finalità specifiche: migliorare la vita dei pazienti; innovazione continua verso la sostenibilità dei processi; promuovere un modo consapevole e sostenibile di operare nel mondo degli affari; contribuire allo sviluppo delle comunità locali”. Volgendo lo sguardo al futuro, questa azienda punta all’impatto zero sull’ambiente migliorando al contempo il contesto sociale in cui opera.

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La sfida del personale per mettere a terra il PNRR

Le professioni sanitarie nella seconda giornata della Summer School 2022 di Motore Sanità

Il PNRR stanzia 20 miliardi di euro per il rilancio della sanità pubblica, con interventi che puntano a rinnovare le strutture del servizio sanitario, ma soprattutto a sviluppare l’assistenza di prossimità e la digitalizzazione attraverso la realizzazione di case e ospedali di comunità, l’ammodernamento tecnologico e digitale ospedaliero, l’assistenza domiciliare, la telemedicina. Una riforma che potrebbe ridisegnare l’assetto del servizio sanitario, ma che lascia fuori una componente decisiva: il personale sanitario, già oggi oggetto di una forte carenza, che rischia di essere ulteriormente aggravata dalle nuove esigenze derivanti dalla riforma. Carenza, formazione, riorganizzazione del personale del servizio sanitaria alla luce delle riforme previste dal PNRR sono state al centro della seconda giornata della SUMMER SCHOOL 2022 – Il PNRR tra economia di guerra ed innovazione dirompente”, organizzata da Motore Sanità. “Il successo delle case di comunità e delle altre strutture previste dal DM77 dipenderà anche dalla capacità di popolarle con operatori e competenze in grado di garantire la risposta ai bisogni dei cittadini. Ciò richiederà un cambiamento di sistema attraverso un investimento negli operatori che è stato a lungo trascurato”, dice Anna Lisa Mandorino, Segretario Generale Cittadinanzattiva.

Da questo punto di vista la carenza di personale è la prime delle sfide.

“Il Paese affronta una carenza importante di infermieri legata non solo al fatto che i posti disponibili nelle università sono limitati dal punto di vista numerico. La causa alla base di questa carenza è che la professione infermieristica è molto poco attrattiva. Alla politica e alle istituzioni chiediamo di affrontare il tema della questione infermieristica alla radice, lavorando sulle ragioni che rendono poco attrattiva la professione: la mancanza di sviluppo di carriera, il riconoscimento economico, la valorizzazione delle competenze”, dice la presidente della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche (Fnopi) Barbara Mangiacavalli.

Decisivo è anche l’aspetto della formazione dei professionisti, sottolinea la presidente Fnopi. “Oggi gli infermieri hanno una formazione 3+2. Il titolo abilitante è la formazione triennale. Conseguito questo titolo, gli infermieri sono tutti uguali. Abbiamo bisogno di lavorare affinché la formazione diventi più articolata, andando verso specializzazioni a orientamento clinico-assistenziale per dare una prospettiva di sviluppo della professione”, ha aggiunto Mangiacavalli, ricordando le nuove strutture territoriali, per esempio le case di comunità “non saranno una panacea: è decisivo lavorare sulla costruzione della rete, formale e informale, coinvolgendo studi dei medici di medicina generale, le farmacie – specie quelle rurali -, la specialistica ambulatoriale, il privato accreditato, il sistema socia-assistenziale”.

In questo processo, anche le farmacie potranno giocare un ruolo importante, come visto già durante la pandemia.

“La pandemia ci ha fatto trovare davanti a un bivio: fare i farmacisti, con camice e caduceo, a dispensare farmaci, o andare verso il servizio sanitario. Abbiamo fatto questa seconda scelta”, dice Giovanni Petrosillo, Vice Presidente Federfarma e Presidente Federfarma Sunifar. “Questa scelta ha fatto sì che cambiasse anche la percezione della nostra professione: da una connotazione più commerciale cittadini e decisori hanno cominciato a percepire nelle farmacie un presidio sanitario di prossimità. Il DM77 deve essere il l’occasione per poter sfruttare tutto quello che c’è sul territorio, comprese le farmacie”.

Per Roberta Zanetti, Dirigente Professioni Sanitarie Azienda Ligure Sanitaria A.Li.Sa e Consigliere dell’Ordine TSRM-PSTRP della Liguria, la riforma della sanità territoriale sarà l’occasione per “valorizzare le diverse professionalità e competenze del servizio sanitario al fine di dare un servizio migliore ai cittadini. Inoltre, se di rinnovamento del territorio si vuole parlare non si può farlo senza un rinnovato dialogo ospedale-territorio e una nuova modalità di dialogo tra professionisti”.

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