L’Europa della sanità parte dalle Malattie Rare

Giorgio Perilongo, Dipartimento Funzionale Malattie Rare, Azienda Ospedale Università di Padova (AOUP): “Si inizia da Padova per arrivare ad immaginare un Sistema Sanitario Europeo integrato, dove i cittadini europei possono usufruire di quelle che sono le enormi risorse sanitarie che l’Europa nel suo complesso può offrire per la cura dei malati rari”


24 febbraio 2022 – L’Europa della sanità parte dalle Malattie Rare (MR). È questo il messaggio emerso durante l’evento dal titolo “Gli stati generali sulle Malattie Rare della città di Padova”, organizzato dall’Azienda Ospedale-Università di Padova con l’Università degli Studi di Padova e Motore Sanità. Due giorni – il 23 e il 24 di febbraio – di studio, aggiornamento, sensibilizzazione e riflessione sul tema delle Malattie Rare in Italia e in Europa, che hanno visto a confronto medici, scienziati, politici, amministratori sanitari e specialisti di un settore talvolta poco noto, ma con un impatto importante su migliaia di pazienti. 

“Al momento le uniche e vere reti europee che prendono in carico i cittadini affetti da una determinata patologia sono le reti per le Malattie Rare, in quanto ogni cittadino europeo può essere curato in un Centro specializzato in tutta Europa. L’auspicio è che tale modello venga replicato per ogni patologia, andando a creare una vera sanità europea”, spiega il Professor Giorgio Perilongo, Dipartimento Funzionale Malattie Rare, Azienda Ospedale Università di Padova (AOUP).

L’evento, incluso nella programmazione scientifica per gli 800 anni di istituzione dell’Università di Padova, ha messo in luce vari aspetti inerenti le MR, a partire dalla normativa. Il riferimento è la nuova legge quadro sulle Malattie Rare, licenziata negli ultimi mesi del 2021, che è stata illustrata dall’Onorevole Fabiola Bologna, Segretario della Commissione Affari Sociali e Sanità, Camera dei Deputati e da Pierpaolo Sileri, Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute, Presidente Tavolo Tecnico in tema di Malattie Rare. L’Assessore alla Sanità e al Sociale Regione del Veneto Manuela Lanzarin ne ha poi tradotto il valore, a livello di politica regionale, evidenziando il fatto che il Veneto è all’avanguardia per quanto riguarda le Malattie Rare, specie per la registrazione, la presa in carico e in particolare la diagnosi precoce.

Su questo punto il Professor Alberto Burlina, Direttore UOC Malattie Metaboliche Ereditarie, AOU Padova ha illustrato lo stato di avanzamento dello screening metabolico neonatale allargato, dando il senso di quanto il Veneto sia ai vertici per le MR. Notevole è stato anche il richiamo da parte delle Associazioni e del loro bisogno di federarsi per far sentire la loro voce. È stato un momento di riflessione anche riguardo la formazione, ovvero come formare la nuova generazione di personale sanitario che si appronta ad affrontare le sfide che le MR rappresentano, quale paradigma delle sfide della medicina del futuro. Ovvero la digitalizzazione, la capacità di gestire l’integrazione culturale, professionale, esperienziale

“Siamo cresciuti con formazioni cosiddette a silos, ora dobbiamo avere invece una mente aperta alla capacità di arricchirsi e arricchire gli altri della nostra cultura e della nostra professione, perché la complessità sarà forse il comune denominatore delle medicina del futuro”, precisa il professor Giorgio Perilongo. La capacità quindi di integrare i dati e di dialogare con un paziente che vuole essere sempre più protagonista di sé stesso, sarà un altro elemento di cui il bagaglio culturale del personale sanitario futuro dovrà essere fornito. Ultimo punto chiave della formazione abituare la mente dei giovani a cambiare rapidamente, le conoscenze biomediche evolvono in tempi rapidi e medici e operatori non possono ritardare la loro applicazione.  

In merito al panorama europeo, mai come ora un’Istituzione come l’Azienda Ospedaliera di Padova, essendo parte di 21 delle 24 European Reference Networks sulle MR, si trova proiettato su un panorama europeo“Un panorama che ora ci pone ai vertici, ma che è anche una sfida per essere in grado di confermare nel tempo quello che è il ruolo che abbiamo dimostrato in termini di qualità, quantità di prestazioni erogate”, sottolinea Perilongo. Infine la ricerca: “C’è una sfida che dobbiamo gestire”, chiosa Perilongo. “Nel mondo accademico bisogna formare la nuova generazione di ricercatori che pensino già a quella che è l’applicabilità dei loro portati della ricerca”

Si parte da Padova, insomma, per arrivare a un Sistema Sanitario Europeo dove i cittadini europei possano usufruire di quelle che sono le enormi risorse sanitarie che l’Europa nel suo complesso offre


L’evento è stato realizzato con il contributo incondizionato di R&I Genetics, R&I Rare Disease Genetics, Chiesi, Novartis, Gilead, Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson, Celgene | Bristol Myers Squibb Company, Kyowa Kirin, Roche, Takeda e Vifor Pharma

Scuola e università: la ricetta del premier Mario Draghi per uscire dal gender gap, condivisa da Women for Oncology Italy

Pretty young business woman using her digital tablet while sitting next to the window in the office.

24 febbraio 2022 – Valorizzare gli scienziati, invece di delegittimarli. Investire un miliardo di euro nelle giovani donne. Promuovere la cultura del merito. Raddoppiare le borse di dottorato e mettere la ricerca al centro della crescita dell’Italia. Sulla cima del Gran Sasso, reduce dalla visita dei Laboratori dell’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn), con il premio Nobel Giorgio Parisi, Mario Draghi intende cambiare così il rapporto tra l’Italia e la scienza. Grazie anche ai 30 miliardi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza per istruzione e ricerca. “Le donne sono state lasciate per troppo tempo ai margini di questo mondo”, ammette il premier. “Le posizioni di vertice sono sempre occupate dagli uomini, tranne poche e luminose eccezioni”. Per abbattere gli stereotipi Draghi sprona dunque a partire dalla scuola e dalle università, dove solo una ragazza su cinque sceglie le cosiddette materie STEM: scienza, tecnologia, ingegneria e matematica. Sono ancora troppo poche, accelera il premier e annuncia che il governo investirà oltre un miliardo, così che le ragazze iscritte possano presto diventare almeno il 35 per cento del totale.

Soddisfatta Rossana Berardi, Presidente di Women for Oncology Italy, che aggiunge: “In ambito sanitario, anche se le donne costituiscono la grande maggioranza degli operatori in Italia e in Europa – pari circa al 70%, che significa che 2 operatori su 3 sono donna – in realtà la possibilità al femminile, già non particolarmente elevata, di attrarre finanziamenti a livello europeo e di pubblicare un contributo scientificamente importante come primo autore si è ridotta ulteriormente nel periodo pandemico. Il fatto poi che ancora poche donne siano presenti nelle lauree STEM è da una parte frutto di un retaggio culturale – che via via nel tempo si sta sbloccando – e dall’altra dovuto al fatto che la possibilità di raggiungere quel tipo di studio e poi di inserirsi in un contesto lavorativo che probabilmente è stato complesso per il genere femminile, rappresenta un deterrente anche proprio per l’avvicinamento delle donne alle facoltà scientifiche. Cosa che adesso sta cambiando. La medicina non rientra propriamente nell’ambito delle STEM, tuttavia abbiamo visto il cambiamento anche nel nostro settore che era tipicamente maschile fino a qualche decennio fa, e che ora è prevalentemente femminile. Il problema è che qualunque settore andiamo a guardare, da quello dell’innovazione a quello della medicina, evidentemente poi la piramide si ribalta in ogni caso. Quindi sia che alla base ci siano tante donne, sia un po’ meno, le apicalità in termini di professionalità rimangono purtroppo ancora molto sbilanciate. I dati che sono stati raccolti a livello nazionale dalle varie Società scientifiche dimostrano come di fatto soltanto il 17-18% delle donne che fanno un percorso in ambito sanitario riescono a raggiungere un vertice che possa essere ospedaliero (direttore di struttura o direttore generale di ospedale) o accademico (professore ordinario) e questo fa riflettere. Se la base si sta ampliando, ciò non avviene in maniera proporzionale a tutti i livelli. La spiegazione non è soltanto nel fatto che ci sarà un meccanismo biologico di ricambio negli anni, perché è stato stimato che per superare il gender gap in maniera naturale occorreranno circa 200 anni. Risulta quindi fondamentale un aiuto istituzionale, laddove non si riesce a scalfire questa consuetudine di non arrivare a raggiungere una posizione apicale. I risultati di successo dimostrano come poi concretamente la donna, all’interno del meccanismo, possa raggiungere più rapidamente il processo di innovazione nella start up piuttosto che nell’azienda, o nella sanità. Da qui la nostra iniziativa. Con Women for Oncology Italy ci siamo fatte promotrici di una campagna che proponga l’inserimento di obiettivi specifici per le direzioni, al fine di rendere il lavoro più amico e di garantire un equo accesso alla crescita professionale. Abbiamo lanciato una survey, per aiutarci a comprendere le aree di miglioramento e le iniziative concrete per superare il gender gap e per la quale invitiamo tutti quelli che non lo avessero ancora fatto a darci un contributo“. 

Il sondaggio, realizzato in collaborazione con Mondosanità, è scaricabile con richiesta di pubblicazione e di condivisione al seguente link: https://it.surveymonkey.com/r/JKKNB9F