Women for Oncology Italy: le protagoniste dell’oncologia presentano i loro nuovi progetti

oncologia

9 Aprile 2021 – Si è tenuto nei giorni scorsi un incontro virtuale, fortemente voluto da Women for Oncology – Italy, che ha visto la partecipazione attiva di oltre 40 oncologhe, collegate da tutta Italia. Sono già cinque anni che Women for Oncology opera attivamente in Italia ed è giunto il momento di fare un importante passo in avanti, costituendo dei gruppi regionali. In questo modo si vuole coinvolgere ancora più capillarmente le donne oncologhe, grazie allo scambio di best practice, analizzando le singole criticità, in modo da poter trovare rapidamente delle soluzioni coinvolgendo le Istituzioni locali e nazionali. Altra novità che prenderà vita nei prossimi mesi, sarà l’istituzione di un gruppo di giovani oncologhe che possano proporre le istanze delle giovani donne che si avvicinano o sono all’inizio della difficile professione di oncologhe. Durante il meeting, grazie alla Presidente onoraria Marina Garassino, è stata riportata l’esperienza dell’Università di Chicago per la lotta al gender gap. Si tratta storicamente di un’Università che da sempre si batte contro il gender gap e che ha costituito Laboratori di genere per fare un ulteriore passo in avanti in questa difficile battaglia. Il lavoro portato avanti in questi anni da Women for Oncology – Italy è sicuramente stato significativo per il mondo delle professioniste dell’oncologia. Durante il meeting, in più occasioni, è stato riconosciuto come partecipare agli incontri periodici che si svolgono sia stato importante per la crescita professionale, anche grazie ai legami che si sono creati. Le novità emerse da questo ultimo incontro, che spaziano dal locale all’internazionale, saranno un’ulteriore spinta per consolidarsi e crescersi per il futuro dell’oncologia femminile italiana.

“La pandemia ha chiaramente dimostrato come vi siano variabilità regionali nell’organizzazione sanitaria e come queste possano ripercuotersi sui professionisti, in particolare sulle donne. Proprio per poter agire più capillarmente sul territorio per poter conoscere e risolvere le criticità presenti è nostra intenzione creare dei gruppi di oncologhe attive a livello regionale.” sottolinea Rossana Berardi – Presidente W4O Italy “Un’altra esigenza particolarmente sentita è quella di formare e favorire relazioni e crescita professionale delle colleghe all’inizio del loro percorso di carriera e per questo creeremo un gruppo di giovani che possano intercettare i bisogni specifici al fine di poterle aiutare”

Pandemia diabete: è emergenza. I pazienti non possono più aspettare

Diabete e vaccini

Le associazioni di pazienti: «Non dimentichiamo le storie degli ammalati e i loro bisogni di cura e diamo al medico di medicina generale la possibilità di prescrivere i farmaci innovativi che ridurrebbero diagnosi tardive e complicazioni».

 

12 Aprile 2021 – La pandemia da Covid-19 non deve fare dimenticare l’esistenza di malattie croniche come il diabete il cui impatto sulla salute del paziente e sul piano sociale è devastante. Il paziente con diabete è un paziente ad altissimo rischio. E i dati parlano chiaro. Ogni 7 minuti una persona con diabete ha un attacco cardiacoogni 30 minuti una persona con diabete ha un ictusogni 90 minuti una persona subisce una mutazione a causa del diabete, ogni 3 ore una persona con diabete entra in dialisiil 15% delle persone con diabete ha coronaropatia, il 38% delle persone con diabete ha insufficienza renale (può portare alla dialisi), il 22% delle persone con diabete ha retinopatia, il 3% delle persone con diabete ha problemi agli arti inferiori e piedi. Altri dati che fanno riflettere. Il 50% di pazienti con diabete di Tipo 2 viene vista quasi esclusivamente dai Centri specialisti, un altro 50% non viene seguito mai dallo specialistaE’ di 7-8 anni la riduzione di aspettativa di vita nella persona con diabete non in controllo glicemico, il 60% almeno della mortalità per malattie cardiovascolari è associata al diabete. Se i farmaci SGLT2, secondo lo studio EMPAREG condotto su 7.020 pazienti ad elevato rischio cardiovascolare con diabete di Tipo 2, ha mostrato una riduzione del 38% della mortalità cardiovascolare, del 32% della mortalità per tutte le cause, del 35% le ospedalizzazioni per scompenso (Repor Arno 2019), a fronte di queste evidenze, al medico di medicina generale non viene data la possibilità di prescrivere queste terapie e anche rapidamente. L’impatto è devastante considerando che la diagnosi  arriva quando ormai il 50% delle batacellule è già danneggiata e che dal momento della diagnosi all’utilizzo delle prime terapie, all’utilizzo delle sulfaniluree e quando il paziente viene inviato allo specialista passano degli anni e la malattia progredisce e subentrano le complicanze.

Per fare il punto sul tema, DIABETE ITALIA ONLUS e MOTORE SANITÀ hanno organizzato il Webinar ‘CURA DEL DIABETE E MMG: un attore chiave del processo di cura con le armi spuntate’, realizzato grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e Boehringer Ingelheim

Il covid-19 ha mostrato la necessità di dare accesso da parte della medicina territoriale all’innovazione terapeutica. Lo scenario attuale però priva la medicina di famiglia di questo diritto creando un disallineamento chiaro rispetto alle evidenze scientifiche e alle indicazioni delle linee guida, nonché provocando un sottoutilizzo dei farmaci SGLT2, DDP4 eGLP1 per il diabete, molti dei quali in commercio da oltre un decennio e oramai prossimi alla scadenza brevettuale. Le conseguenze sono evidenti e drammatiche: un rallentamento nei benefici di salutepotenziale rischio sui pazientiderivante aumento dei costi socio-assistenziali. I benefici di questo cambiamento si traducono in ridotti tempi di adesione alle indicazioni delle linee guida, presa in carico efficace e tempestiva con cure adeguate, inutili e gravosi tour dei pazienti per ottenere le terapie o semplicemente il rinnovo e rendere efficiente il territorio nella gestione della cronicità diabete.

Oggi ci siamo dimenticati che anche il diabete è una pandemia – si è appallata Rita Lidia Stara, Membro del Comitato Direttivo Diabete Italia e Presidente Fe.D.E.R Federazione Diabete Emilia-Romagna -. I numeri del diabete sono stati messi da parte ma sono enormi. Non dobbiamo dimenticarci della storia dei pazienti, dei loro bisogni di cura e di salute e non fanno bene né ai pazienti né al Sistema la contrapposizione che esiste tra il ruolo del medico di medicina generale e dello specialista nel percorso di cura e assistenziale del paziente. Chiediamo che venga dato al medico di medicina generale il diritto di prescrivere i nuovi farmaci e che il paziente sia in grado di accedervi in maniera semplice. Nella vita quotidiana il paziente è penalizzato perché non ha accesso a queste cure se non in maniera parziale. Vogliamo delle risposte ora, subito perché non possiamo più aspettare”.

Il medico di medicina generale deve entrare sempre di più nella gestione di questi pazienti che hanno il diritto di essere seguiti da un team di esperti che possano anche assicurare nel luogo di cura lo screening delle diverse complicanze, ma se poi è trattato in maniera adeguata può essere seguito prevalentemente dal suo medico di medicina generale – ha spiegato Agostino Consoli, Presidente SID Professore ordinario di Endocrinologia, Università ‘G. d’Annunzio’ di Chieti e Responsabile della Uoc Territoriale di Endocrinologia e Malattie Metaboliche della Ausl di Pescara -. Oggi assistiamo ad un fenomeno che è poco virtuoso: il 50% di pazienti con diabete di Tipo 2 viene visto quasi esclusivamente dai Centri specialisti e questo non va bene perché non è un uso razionale delle risorse, un altro 50% non viene seguito mai dallo specialista e questo non va bene perché probabilmente perdono qualcosa del percorso che deve portare a curarsi nella maniera migliore. Questo riguarda l’organizzazione della care che deve essere assolutamente razionalizzata e sulla quale stiamo facendo una serie di discorsi, anche con la diabetologia, che deve essere riformata al suo interno, e la stessa medicina generale con la quale dobbiamo aprire e sviluppare un discorso molto più franco e collaborativo. E’ assurdo in questo scenario che il medico di medicina generale non viene considerato capace di giudicare se un trattamento è efficace o meno perché, a prescindere dal grado di controllo del paziente, è costretto ad inviarlo dallo specialista per avere la vidimazione di un piano terapeutico. E’ fondamentale assicurare alla persone con diabete più anni di vita a livello qualitativo e quantitativo e che contemporaneamente non abbiano effetti collaterali gravi o fastidiosi. Sta per essere conclusa la redazione delle linee guida ISS per la terapia del Diabete di tipo 2”. E ancora.

Le società scientifiche e la stessa SID sostengono che nel momento in cui il paziente ha un rischio cardiovascolare altissimo (70-80%) o se il paziente ha già una patologia cardiovascolare (25%) deve essere trattato con un farmaco della classe innovativo, in caso contrario il MMG commette una violazione della legge. Non è questa la sola cosa che riuscirà a risolvere una necessaria integrazione della Specialistica e la Medicina generale nell’assistenza alla persona con diabete, e c’è tutta la volontà degli specialisti e della medicina generale a farlo. Il CTS dell’AIFA è estremamente disposto a venire incontro a questo, è verosimile che tra il convincimento culturale e la effettiva capacità di deliberare ci sono degli ostacoli nel mezzo e c’è a qualche livello una forma di scarsa competenza. E’ auspicabile la realizzazione di una piattaforma nazionale per il tracciamento protetto dei dati del paziente e della prescrizione dei farmaci, che risulterebbe essere anche una importantissima fonte di cultura scientifica. Abbiamo tutta la tecnologia necessaria per fare questo. Lo stiamo proponendo all’AIFA da un anno e mezzo”.

“L’interlocuzione con AIFA è costante e tentiamo di sollecitarla il più frequentemente possibile per ottenere un riscontro circa l’allargamento della prescrizione dei farmaci per la Medicina generale e, ove possibile, l’abolizione di alcuni piani terapeutici – ha spiegato Paolo Di Bartolo, Presidente AMD -. E’ un tema all’ordine del giorno in ogni riunione ma che sistematicamente la situazione emergenziale sanitaria posticipa per lasciare spazio alla campagna vaccinale. E’ indubbio che ci si deve muovere. Sono molto fiducioso e spero a giugno che si possa iniziare questa nuova avventura. Credo fortemente che la rete di assistenza clinica al paziente con diabete, costituita da nodi quali le Diabetologie, i grandi Centri iperspecialistici, i piccoli Centri e la Medicina generale, deve essere tenuta unita dalla digitalizzazione e dalla possibilità di poter prescrivere e avere pari dignità di prescrizione. Il diabetologo stesso ovviamente darà il suo contributo per prescrivere nel paziente giusto ma anche per aiutare il medico di medicina generale a sviluppare velocemente le competenze e le conoscenze per ben prescrivere”.

Considerare il medico di medicina generale un professionista non competente a prescrivere tali farmaci e considerare che i farmaci costosi sono farmaci il cui costo non dipende dall’efficacia e dal beneficio è il vero limite culturale di quello che sta accadendo. Se non rimoviamo questo limite non potremo neanche parlare di silos e altro – ha sentenziato Claudio Cricelli, Presidente SIMG -. Alcuni processi sono stati avviati da molto tempo, abbiamo perfezionato dei meccanismi software e le nostre cartelle cliniche sono pronte a rendere conto di tutto quello che facciamo. Sono convinto che questa trasformazione di cultura oggi sia pronta. Io spero che questa volta la situazione si risolva perché la nostra pazienza è definitamente conclusa e se non avviene qualcosa oggi dovremo pensare a smuovere questo sistema non soltanto per i farmaci per il diabete, perché ci sono due note che sono in attesa (sui farmaci per la BPCO e altri), ma perché è arrivato il momento di dire che questo gioco è concluso e che lo sostituiamo con un altro gioco, quello della verità scientifica, delle evidenze, del conteggio dei benefici di salute e dei “malefici di salute” cioè della negazione dei benefici di salute che questi atteggiamenti e questi comportamenti stanno determinando”.

Secondo Federico Gelli, Responsabile del rischio in sanità di Federsanità ANCI, Roma “E’ disarmante apprendere che non sia cambiato nulla rispetto al passato, di fatto il problema non è mai stato risolto. La legge Gelli 24 ha aperto culturalmente alcuni principi innovativi e l’attualità della legge 24 è estremamente forte”.

“L’aspetto farmaci e prescrizione è un aspetto fondamentale e riusciremo a risolverlo grazie alle intese tra specialisti e medici di medicina generale già avviate – ha rassicurato Paola Pisanti, Consulente esperto malattie croniche, Ministero della Salute -. Si risolverà facendo attenzione alle esigenze delle persone con diabete, grazie al contributo stesso delle associazioni di pazienti che quotidianamente raccolgono i loro bisogni; grazie al lavoro dei professionisti che non devono creare confusione tra i ruoli e quindi nei confronti del paziente stesso, e grazie all’organizzazione che sicuramente deve adattarsi a questo ruolo di integrazione specialista-ospedale-territorio- strutture intermedie. La gestione integrata del malato deve infatti prevedere l’intervento del medico di medicina generale e dello specialista a seconda della condizione clinica del paziente, in un percorso sempre integrato in cui entra anche un altro attore, il farmacista che può lavorare molto sull’aderenza terapeutica, vale a dire può aiutare il medico di medicina generale e lo specialista nel favorire l’aderenza terapeutica di quelle persone in gestione integrata tra medico di medicina generale-specialista-farmacista. Ricordo che abbiamo avviato in sette regioni italiane una sperimentazione sul ruolo del farmacista di comunità nella gestione della malattia cronica”.

Secondo Paolo Di Bartolo, Presidente AMD “l’assistenza a favore della persona con diabete non è solo prescrizione di farmaco, ma uno degli elementi che maggiormente condizionerà l’esito dell’assistenza è la capacità e la possibilità di portare il paziente al self management, il paziente deve diventare cioè il proprio caregiver, sapere esattamente interpretare e leggere quali bisogni ha in un determinato momento della sua vita, in questo momento però la medicina territoriale non è attrezzata per questo, fino a quando la medicina territoriale nelle aggregazione funzionali territoriali (AFT) non avrà delle figure specifiche che sono educatori specializzati e specialisti in diabetologia, ogni paziente che riceve la diagnosi di diabete deve essere indirizzato, al di là di una corretta diagnosi che può avvenire anche dalla medicina territoriale, alle diabetologie per iniziare il percorso di educazione terapeutica strutturata. Dopodiché si aprono le mille possibilità di spostamento del paziente all’interno della rete di diabetologia a seconda del bisogno e negli anni che seguiranno”.

Diabete e MMG: “Riorganizzare il sistema sanitario e dare accesso all’innovazione alla medicina territoriale, solo così il medico di base riprenderà il ruolo centrale di cura”

Ero malato di diabete

10 aprile 2021 – La pandemia ha messo in evidenza la fragilità della presa in carico territoriale nella cura del diabete: è indispensabile riorganizzare il sistema assistenziale e improrogabile garantire alla medicina territoriale accesso all’innovazione, stanno infatti rallentando i benefici di salute con conseguente aumento dei costi socio-assistenziali. Il MMG deve tornare ad essere prescrittore, bisogna riportare il territorio ad essere centrale nella gestione della cronicità diabete. Non meno importante, sburocratizzare molte procedure che rappresentano un inutile impegno per i pazienti e i familiari e per il medico curante, sottraendolo al controllo clinico e aumentando le liste d’attesa negli ambulatori territoriali. Per fare il punto sul tema, DIABETE ITALIA ONLUS e  MOTORE SANITÀ hanno organizzato il Webinar CURA DEL DIABETE E MMG: un attore chiave del processo di cura con le armi spuntate’, realizzato grazie al contributo incondizionato di AstraZeneca e Boehringer Ingelheim, che ha visto la partecipazione dei massimi esperti italiani.

 

“La pandemia ha contribuito a palesare una criticità già nota a coloro che si occupano quotidianamente di diabete: il Sistema Sanitario italiano, tendenzialmente sbilanciato sulla presa in carico dell’acuto, si trova in difficoltà quando si tratta di organizzare un’assistenza efficiente sul territorio, e ancor più nel mettere a punto una continuità di cura sinergica tra territorio e ospedalità. Un problema nuovo, perché messo in luce dal Covid, ma la questione più annosa per gli ‘addetti ai lavori’. Oggi più che mai, è evidente la necessità di realizzare una vera rete assistenziale integrata che tenga conto del pieno coinvolgimento dei Medici di Medicina Generale nella presa in carico delle persone con diabete, estendendo, anche a questi ultimi la possibilità di prescrivere i farmaci per la terapia del diabete accompagnando, infine, questa decisione con una non più prorogabile abolizione dei piani terapeutici. Una siffatta riorganizzazione dell’attuale modello di assistenza consentirebbe di realizzare una gestione davvero integrata della persona con diabete ove ogni nodo possa essere connesso grazie ad una capillare digitalizzazione che garantisca una effettiva condivisione del dato (ndr: oggi i sistemi disponibili sono spesso sistemi non interoperabili) e ove la telemedicina possa diventare parte del percorso assistenziale”, ha detto Paolo Di Bartolo, Presidente AMD

“La pandemia da Covid 19 ha acuito ed evidenziato alcuni problemi latenti della sanità italiana. Siamo certi di poter trarre dei benefici da questa situazione pandemica e vogliamo essere concreti nel proporre sfide e miglioramenti per tutto il sistema sanitario nazionale. In primis la cura del diabete ha assoluto bisogno di un coordinamento assai efficiente tra ospedali e territorio. Dobbiamo migliorare l’aderenza alle terapie dei pazienti e contrastare l’inerzia terapeutica, utilizzando a pieno regime ogni farmaco e dispositivo ad oggi a disposizione. Per farlo abbiamo bisogno della professionalità dei medici di medicina generale che devono essere messi nelle condizioni di operare al meglio, con gli strumenti più opportuni per la gestione del paziente diabetico, malato cronico. Non vogliamo medici eroi o pazienti privilegiati, non vogliamo discriminazioni o differenze tra una regione o l’altra: vogliamo un sistema equo che garantisca la massima qualità e le migliori prestazioni a tutti i diabetici nell’intero territorio nazionale”, ha spiegato Stefano Nervo, Presidente Diabete Italia.

“Il diabete mellito tipo 2 è una delle più importanti e complesse delle patologie croniche che devono essere gestite prevalentemente a livello territoriale. Il MMG è fortemente coinvolto nella gestione delle persone con DM2. Il Piano Nazionale per la Malattia Diabetica prevede la presa in carico prevalente da parte dei MMG dei soggetti con malattia stabile e senza complicanze evolutive. Inoltre, i pazienti diabetici allettati in modo permanente o non autosufficienti e con gradi avanzati di disabilità, spesso con pluripatologie, sono necessariamente seguiti a domicilio solo dal loro MMG. Il compito dei MMG è reso assai complicato non soltanto dai carichi di lavoro, dalla complessità della patologia e dai rapidi mutamenti delle conoscenze scientifiche, ma anche dal fatto che per alcuni dei numerosi farmaci ipoglicemizzanti ad oggi disponibili la prescrizione è condizionata dalla compilazione del piano terapeutico da parte dei diabetologi, nonostante il loro ottimo profilo di sicurezza e la dimostrata protezione cardiorenale sostenuta da solide evidenze scientifiche. Per cui succede che proprio la prima linea di difesa territoriale contro le temibili complicanze del diabete si trovi a combattere con armi scarse ed inadeguate. Una situazione oramai insostenibile. Soprattutto in questo periodo in cui alcune malattie croniche costituiscono un potente fattore di rischio per Covid-19. È allora necessario che sia immediatamente consentito anche ai medici di famiglia di poter utilizzare e prescrivere tutte le risorse terapeutiche disponibili per la buona cura del diabete, oggi ancor più rilevanti in quanto fortemente protettive contro il Covid-19”, ha dichiarato Gerardo Medea, Responsabile Nazionale della ricerca SIMG.