Reti Oncologiche

Il Covid è certamente una minaccia per l’assistenza ai pazienti oncologici. Per questo il panel di esperti non esclude la possibilità che ci siano danni futuri per quanto riguarda la perdita di aderenza dei pazienti ai percorsi di cura o ancora peggio di mancanza di tempestività diagnostica a causa del rallentamento degli screening durante la pandemia. Secondo l’Osservatorio nazionale di screening un milione e 400mila esami di screening sono stati annullati e dovranno essere riprogrammati,  mentre la rivista scientifica The Lancet riporta una fosca previsione degli epidemiologi: “nei prossimi 5 anni ci saranno 3-4 mila morti in più per cancro”. Di fronte a questo scenario, il paziente oncologico deve continuare le cure anche se con difficoltà, perchè l’innovazione in oncologia cavalca anche questa seconda ondata pandemica, garantendo nuovi farmaci e tecnologia all’avanguardia. Il Covid insegna che anche il futuro dell’oncologia, come per le altre specialità, non sarà più come prima per quanto riguarda l’approccio al paziente, il follow up e la uniformità distributiva dei farmaci, implicando insieme la necessità di un coordinamento nazionale dei punti fondamentali di offerta dell’assistenza al malato oncologico. Sugli aspetti di screening durante la pandemia e sulle possibili strategie per recuperare il tempo perduto, si sono confrontati durante l’incontro “Talk webinar. Reti Oncologiche” organizzato da Motore Sanità tre esperti in campo oncologico, Paolo Pronzato, Coordinatore DIAR di Oncoematologia della Regione Liguria, Vincenzo Adamo, Direttore Oncologia Medica AO Papardo-Messina, Coordinatore della Rete Oncologica Siciliana (Re.O.S.) e Rossana Berardi, Direttore della Clinica Oncologica UNIVPM-AOU Ospedali Riuniti di Ancona.

L’ONCOLOGIA IN TEMPO DI COVID
L’oncologia durante l’emergenza sanitaria mostra uno scenario molto diversificato da regione a regione, a seconda dell’incidenza della pandemia. La maggior parte dei centri ha continuato con le terapie farmacologiche, seppur in misura quantitativamente inferiore; buona parte degli interventi chirurgici oncologici sono stati procrastinati se non urgenti; i follow up sono stati per lo più effettuati tramite consulto con tecnologie elementari e di facile accesso per tutti (più utilizzate sono state telefonate e WhatsApp). In particolare le attività di screening programmato e quelle diagnostiche hanno risentito di pesanti rallentamenti in alcune regioni, mentre in altre si è cercato di mantenere gli abituali ritmi nonostante le difficoltà organizzative.

A COSA SI ASSISTEVA PRIMA DELLA PANDEMIA
Ma a cosa si assisteva prima dell’arrivo del Covid? Ecco alcuni punti di criticità:
● È consolidato che l’innovazione farmacologica dopo l’approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco trovi ostacoli alla rapida introduzione in molte regioni
● Il rinnovamento tecnologico (diagnostico e terapeutico) è difforme a livello nazionale
● Il rinnovamento tecnologico (diagnostico e terapeutico) è difforme a livello nazionale
● Solo 8 regioni su 20 hanno deliberato una rete oncologica e ancora meno sono realmente operative

SCENARI REGIONALI
Ecco come alcune regioni hanno affrontato e stanno affrontando i ritardi nella cura e nell’assistenza al malato oncologico.
● In Liguria, un terzo dei posti letto sono occupati da pazienti Covid e, come in altre regioni, gran parte delle risorse del sistema sono dedicate a questi pazienti. Vengono quindi sottratte ad altre funzioni come quella dell’assistenza ai pazienti oncologici. Per quanto riguarda l’oncologia per fortuna il sistema ha tenuto per l’avvio e la prosecuzione di terapie mediche e oncologiche. Ma anche in Italia, come è accaduto in tutto il mondo, c’è stato un rallentamento degli screening programmati (a causa dell’offerta diminuita o perché le persone avevano paura di recarsi presso le strutture dedicate), e della diagnostica, per cui si riscontra oggi una riduzione del numero degli interventi per tumore primitivo. Seppur nei mesi estivi è stata recuperata parte dell’attività arretrata, l’auspicio è quello di fare in modo che gli screening non si fermino ma proseguano anche in questa seconda ondata. A titolo di esempio, tre azioni sono state messe in campo per le pazienti con cancro metastatico: garanzia di accesso alle cure intensive in caso di infezione e malattia da Covid, protezione della sperimentazione clinica e organizzazione di percorsi particolari con aree di ricovero dedicate a pazienti oncologici risultati asintomatici o paucisintomatici per Covid.
● Nelle Marche nella prima ondata pandemica le oncologie non si sono mai fermate per le terapie salvavita, ma nel 93,5% dei casi hanno dovuto riorganizzare la loro attività. Oggi la situazione è migliore rispetto alla scorsa primavera e la riorganizzazione assistenziale permette di mantenere tutte le attività (come gli interventi chirurgici e le procedure diagnostiche). Lo screening purtroppo rallentato deve essere rapidamente riprogrammato, perché come è noto, permette di fare diagnosi precoci e ha un impatto sulla vita delle persone.
● In Sicilia lo screening ha risentito di un rallentamento per il rifiuto delle persone di andare in ospedale per sottoporsi ai controlli. Tuttavia questo problema è stato parzialmente tamponato grazie ad una serie di iniziative di prevenzione (le settimane della prevenzione) che sono nate spontaneamente nei maggiori ospedali della regione,  mentre per quanto riguarda le cure non c’è stato nessun rallentamento. Anche sul versante della chirurgia primaria gli interventi sono andati avanti. Gli oncologi sono convinti che c’è il tempo per recuperare quanto andato perduto: in sei mesi certi tipi di tumore, che possono essere sfuggiti ad uno screening, sono recuperabili. Un impegno in questo senso deve essere preso da tutte le Regioni attraverso le reti, con iniziative condivise e con il confronto tra i colleghi impegnati nell’attività di screening. Gli esperti auspicano che questa comune situazione tra le Regioni in generale non si protragga ancora durante questa seconda ondata. Anche una parte della ricerca clinica mondiale è andata in sofferenza. Il Progetto europeo sul mesotelioma e l’immunoterapia, si è fermato per l’impossibilità dei pazienti di raggiungere la sede di Rotterdam che è una parte integrante del percorso di cura. L’appello dei ricercatori: “Abbiamo bisogno di fare rete con le istituzioni per garantire anche questa parte”.

LA STRATEGIA DI UNA RETE DELLE RETI ONCOLOGICHE
Ecco perché risulta urgente la creazione di una Rete nazionale delle Reti oncologiche, che:
● Garantisca lo scambio di best practice e di dati;
● Possa portare ad una migliore programmazione della presa in carico;
● Consenta di concordare azioni per assicurare l’innovazione in tempi rapidi e con
un accesso uniforme in tutto il territorio nazionale;
● Consenta di coordinare al meglio gli studi scientifici;
● Possa implementare sulla medicina territoriale una corretta azione di
trasformazione della presa in carico dei pazienti oncologici verso la cronicità, con
la territorializzazione di alcune terapie;
● Che costruisca proposte comuni di modelli efficaci sull’utilizzo telemedicina in
oncologia;
● Riorganizzi il follow-up di primo livello sul territorio favorendo a questo livello sia
la territorializzazione della diagnostica oncologica che l’implementazione degli
screening.

Telemedicine R-Evolution – Telemedicina e gestione del paziente cronico nell’era Covid-19 come è evoluta la situazione in questi 6 mesi

La Telemedicina, innovazione della medicina che usa le tecnologie digitali, sta dimostrando in questo momento di grande emergenza sanitaria di essere una grande opportunità sia sul piano della salute sia per la società per i vantaggi che offre: rappresenta uno strumento per innovare in medicina e garantire qualità di assistenza a tutti i cittadini. Si tratta di una innovazione della medicina efficace ed efficiente poiché è in grado di implementare il sistema di cura e di assistenza dei paziente, a distanza, non sostituendo la professionalità di medici e operatori sanitari che lavorano negli ospedali e negli ambulatori, ma ha tutte le caratteristiche per potenziare competenze e sinergie sul “territorio”. Ecco perché per il Sistema Sanitario Nazionale la telemedicina deve essere considerata prima di tutto un investimento e non un costo. Come è evoluta la situazione in questi sei mesi attraverso gli strumenti da remoto, messi in campo per tenere in piedi un filo diretto con il paziente cronico, e cosa ci attenderà, è stato il focus dell’ultimo incontro webinar “Telemedicine R-evolution”, che trae il nome proprio dal virtuoso progetto Telemedicine R-evolution, avviato a luglio e voluto da Roche Diabetes Care e realizzato in collaborazione con Mondosanità.

LE OPPORTUNITÀ: CONCRETE POSSIBILITÀ ASSISTENZIALI MA ASPETTI DA CONSIDERARE ATTENTAMENTE
L’esigenza di mettere a sistema nazionale la Telemedicina è diventata una vera e propria emergenza in questa fase pandemica, ma per essere utile deve poggiare su una progettazione accurata in modo tale da rendere la vita facile ai pazienti nel fruire dei servizi e delle prestazioni. Per garantire tutto questo ci sono diversi aspetti da tenere in considerazione. A partire dalla coerenza organizzativa: c’è da salvaguardare le autonomie regionali e c’è da salvaguardare anche una coerenza di sistema altrimenti si paga uno scotto, un disallineamento tra le equità di accesso ai trattamenti. L’utilizzo della telemedicina da un punto di vista medico, altra questione: ci sono degli aspetti che vanno studiati con i sistemi della ricerca clinica, non è detto infatti che un sistema software brillante nella soluzione tecnologica sia anche utile anche ai pazienti. Il punto fondamentale, in sostanza, è capire in quale modo il Servizio Sanitario può evolvere verso l’uso corretto della telemedicina. Ci sono alcuni aspetti da tenere presente: come la definizione delle prestazioni e dei servizi, come le normative in ambito della tecnologia applicate in sanità da rivedere periodicamente e conoscere le esperienze territoriali. Il Servizio Sanitario Nazionale dall’inizio dell’emergenza sanitaria ha cercato di mettere in atto strategie nuove per riuscire a contenere non solo i danni derivati direttamente dal nuovo Coronavirus, ma è stato chiamato a dare il massimo impegno per evitare il più possibile che le misure di
contenimento del contagio, limitando l’accesso di persona ad alcune prestazioni sanitarie, abbiamo effetti negativi sulla tempestività della diagnosi e sull’andamento della terapia di malattie croniche, oncologiche, malattie rare e disabilità. Un dato da ricordare: le malattie croniche non trasmissibili assorbono circa l’80% delle risorse finanziarie allocate nel Servizio Sanitario Nazionale. Il ricorso alla Telemedicina garantirebbe una migliore qualità di vita dei pazienti e la sostenibilità del Servizio Sanitario pubblico. Il Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali dell’Istituto Superiore di Sanità ha pubblicato due Rapporti COVID-19 sulla Telemedicina mettendo in evidenza quanto siano concrete le possibilità assistenziali disponibili e quanto sia fondamentale utilizzarle correttamente per garantire il più possibile la continuità di cura nel periodo di emergenza e anche successivamente.Il primo documento raccoglie indicazioni per rendere rapidamente operativi i servizi domiciliari in Telemedicina per l’assistenza primaria (https://tinyurl.com/yb62nocz), il più recente rapporto è dedicato alle modalità per ottimizzare l’uso della Telemedicina in pediatria “Telepediatria” (https://tinyurl.co /y6ef8qwj). Altri Rapporti dello stesso Centro Nazionale sono in fase di elaborazione.

COSA E’ SUCCESSO PER IL PAZIENTE DIABETICO DURANTE LA PANDEMIA
In questi mesi pandemici si sono rese necessarie video-chiamate, email criptate e e-mail istituzionalizzate per mantenere attivo un filo diretto con il paziente diabetico. In remoto, nei primi mesi, delle visite perse rispetto al 2019 – 580 mila per il diabete di tipo 2 e 63 mila per il diabete di tipo 1 – ne sono state recuperate il 44% per il diabete di tipo 1, premettendo che il paziente diabetico è già abituato a inviare informazioni che riguardavano il dato glicemico. Per il diabete di tipo 2 con gli attuali strumenti disponibili incontriamo il dato glicemico ma non il paziente. Il 63% della popolazione italiana ha più di 65 anni e il 32% ha oltre 75 anni.

PRESA IN CARICO DELLA CRONICITÀ ATTRAVERSO LA TELEMEDICINA
Il Covid-19 ha innescato in questi mesi un processo di sviluppo di nuovi meccanismi: le procedure ospedaliere si sono modificate, per esempio, ogni ospedale ha attuato nuove procedure per garantire al paziente non Covid un accesso pulito; sul fronte territoriale sono nate le Unità Speciali di Continuità Assistenziale e sono state potenziate le cure primarie. Tutte opportunità che oggi ha il Sistema Sanitario Nazionale per rispondere alle esigenze degli ammalati. La Telemedicina è un modello assistenziale che si aggiunge a queste opportunità – durante questa emergenza sono nate 180 attività di telemedicina di cui il 50% erano tele-visite e il 30% tele-consulti – poiché è in grado di potenziare il territorio quindi anche l’assistenza domiciliare del paziente fragile. La Telemedicina dovrebbe entrare nel Percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente, stabilire tariffe e criteri di accreditamento. L’auspicio è creare una assistenza sanitaria di prossimità per stare più vicino al paziente e al caregiver che deve essere formato nella conoscenza della tecnologia, informato e sostenuto nella vita quotidiana.

PRESTAZIONI E SERVIZI PERSONALIZZATI E DIFFUSIONE NAZIONALE
I sistemi di Telemedicina affinché funzionino nella pratica quotidiana è fondamentale realizzarli sulla base delle reali necessità individuali dei pazienti e sulle caratteristiche dell’area geografica interessata. Occorre utilizzare in modo coerente su tutto il territorio nazionale modelli e pratiche scientificamente validati, in modo coordinato. Le prestazioni e i servizi in Telemedicina non possono essere improvvisati e vanno forniti prioritariamente attraverso quelle tecnologie digitali e di telecomunicazione computer assistite che siano in grado di offrire le migliori opportunità operative rispetto all’uso delle tecnologie precedenti. Concetti ribaditi anche dalla politica. Parlamento, Camera e Senato dimostrano di avere una grande sensibilità rispetto a questi temi. Nel ddl Bilancio 21/23 si prevede l’integrazione del livello del finanziamento per l’ammodernamento tecnologico in sanità. L’auspicio dalla politica è che ci sia una cornice normativa che possa chiarire in maniera molto specifica e semplice come applicare su tutto il territorio nazionale e in maniera omogenea la Telemedicina e tutti i suoi derivati (teleassistenza, teleconsulto, telemonitoraggio) e attivarla in maniera uniforme su tutto il territorio nazionale con piattaforme semplici, intelligibili tra loro che possano essere monitorate per dire se sono efficaci e inserirle all’interno del percorso diagnostico terapeutico assistenziale del paziente. La grande vera scommessa è rendere universale la Telemedicina, renderla possibile su tutto il territorio nazionale.

L’IMPORTANZA DI INVESTIRE IN INNOVAZIONE DIGITALE
Roche Diabetes Care Italy S.p.A. ha deciso di investire in innovazione digitale e nello sviluppo di servizi e soluzioni che possano migliorare la qualità di cura e allungare le aspettative di vita dei pazienti. I fatti parlano chiaro. I pazienti fragili e i malati cronici come le persone con diabete e rispettivi caregivers, convivono quotidianamente con una condizione estremamente complessa, sono milioni le persone in Italia fortemente a rischio e chiedono di essere aiutate, anche nella gestione in sicurezza e a distanza, laddove possibile.