OSPEDALE, TERRITORIO E CAPITALE UMANO CARTA VINCENTE DEL SISTEMA VENETO

territorio e capitale umano

Asiago-Gallio, 17 Settembre 2020 – Una decina di sessioni e più di 70 relatori. Ha preso il via oggi, giovedì, 17 settembre 2020, ad Asiago-Gallio, la settima edizione della Summer School su Innovazione e salute in un mondo globale, organizzata da Motore Sanità e Mondosanità

In agenda le grandi sfide dell’innovazione che si sono palesate al traguardo 2020 e che richiedono azioni rapide e concrete. Le prospettive demografiche ed epidemiologiche avranno intuibili conseguenze sull’assistenza socio-sanitaria a causa del numero elevato dei malati cronici. E l’innovazione straordinaria messa in campo sta cronicizzando ed in alcuni casi guarendo malattie considerate incurabili. La pandemia Covid-19 ha dimostrato che la salute deve essere considerata prima di ogni cosa. Ora è ora di fare e di riprogrammare.

La sfida futura si giocherà tra efficienza, uniformità delle cure, sostenibilità, partendo da una attenta riprogrammazione e valutazione degli scenari dinamici generati dalle moderne pandemie, dalla necessaria innovazione delle offerte terapeutiche, che andranno omogeneamente assicurate a tutti i cittadini e lavoratori del nostro paese. 

“Quest’anno abbiamo deciso, con un po’ di coraggio, di organizzare, sia di presenza che in collegamento, la Summer School, affrontando i temi fondamentali perciò che riguarda la sanità. Si è discusso di tutte le questioni che includono i problemi legati ai pazienti all’interno del SSN, del futuro dello sviluppo del Servizio stesso, del rapporto pubblico-privato e come gli stakeholders nel futuro possono collaborare per migliorare la situazione di un sistema che ha retto durante questa pandemia”, ha spiegato Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità.

“È necessario aumentare il numero dei medici specialisti e dare più voce alle altre professioni, penso ad esempio agli infermieri e alla medicina del territorio. Molto fondamentali anche i temi della cronicità e di nuove tecnologie, che dovranno aprire insieme alla digitalizzazione un futuro diverso per quanto riguarda la sanità italiana”, ha concluso Zanon

“Il Veneto è una regione che da sempre in campo sanitario è ai primi livelli. Questo perché ha costruito una rete ospedaliera e territoriale molto particolare legata non solo agli ospedali e all’eccellenza delle cure ma anche al territorio e alle figure professionali, il nostro capitale umano, che sul territorio operano.

Lo abbiamo ben visto in questa fase emergenziale di pandemia dove la differenza in Veneto è stata fatta proprio dall’organizzazione della rete”, ha dichiarato Manuela Lanzarin, Assessore alla Sanità e al Sociale, Regione del Veneto. 

“Ha funzionato tutto il sistema nella sua catena. La programmazione e le riforme che si sono susseguite negli anni, dalla razionalizzazione delle ULSS per arrivare alla nascita di Azienda Zero, hanno permesso all’intero sistema sanitario Veneto di garantire una presa in carico ottimale del paziente.

Azienda Zero dal canto suo, in questa fase di emergenza, ha consentito di razionalizzare gli acquisti e avere la forza contrattuale per gli approvvigionamenti necessari così complessi da effettuarsi in un momento difficile come quello della pandemia da Covid-19. Proprio in questi giorni Azienda Zero sta effettuando una gara per l’acquisto di test rapidi non solo per il Veneto ma anche per altre regioni.

È proprio nella forza dell’integrazione tra ospedale e territorio e nella ricerca di consolidare sempre di più gli organici a qualsiasi livello, che il Veneto intende continuare la sua sfida di garantire una sanità eccellente” ha concluso l’Assessore

“Nel periodo dell’emergenza Covid-19 abbiamo vissuto un momento molto cupo, soprattutto perché si temevano rischi personali e in virtu nella vita di relazione anche per i propri famigliari. La categoria sanitaria ha risposto con principi idealistici sia a livello medico sia infermieristico sia gli operatori sanitari. Solo questa è la spiegazione per cui sono morti oltre 170 tra medici, infermieri e operatori sanitari.

Tutti quanti in servizio e con un’età media che era di 10 anni inferiore rispetto ai pazienti che curavano. Questo è stato un esempio di spirito di dedizione al dovere incredibile, considerato anche il momento che viviamo in cui prevale l’egoismo”, ha detto Giovanni Leoni, Vicepresidente FNOMCeO e Presidente OMCeO Venezia

“Il tema della formazione è sempre stato fondamentale. Se noi formiamo professionisti delle professioni sanitarie di qualità, diamo una risposta qualificata al sistema. Io credo che dove ci sono state scuole di tradizione – come quelle venete – che hanno creato professionisti di alto profilo e specializzandi di qualità, abbiamo dato ai pazienti risposte di altissimo livello.

Una formazione adeguata è fondamentale non solo nel connubio ricerca e formazione, ma anche in quello ricerca e assistenza. In Regione Veneto abbiamo sempre integrato la ricerca e l’Università nel sistema sanitario”, ha sottolineato Stefano Merigliano, Presidente Scuola di Medicina e Chirurgia, Università di Padova.

Incontinenza urinaria: curarla con riduzione dei costi complessivi

Incontinenza Urinaria

Vicenza, 16 Settembre 2020 – L’incontinenza urinaria è un problema che affligge circa 5 milioni in Italia e con una prevalenza negli over 70 del 15%. Oltre alla gestione di terapie specifiche ci sono anche i costi legati ad ausili, che nel 2020, secondo recenti stime, sarebbe pari a 320.000.000 solo di spesa pubblica (arrivando a 630.000.000 considerando anche quella privata).

Questi numeri rendono l’incontinenza una delle 5 patologie più costose oltre che più diffuse, per la quale le ricadute in ambito socio assistenziale e sanitario hanno un peso importante.

Le innovazioni per curare l’incontinenza urinaria Sono quindi molto utili e comportano una riduzione dei costi complessivi, ma ci vuole un maggiore impegno del Sistema Sanitario Nazionale. Occorre ad esempio superare l’attuale sistema che, a livello nazionale, prevede disparità a livello di organizzazione, di livelli di spesa e servizi, di criteri per la definizione della qualità e dei metodi di rilevazione dei dati.

Queste sono alcune delle tematiche emerse durante il webinar “Incontinenza urinaria. Risvolti sociali e terapeutici”, organizzato da Motore Sanità e con il contributo incondizionato di Fater e Boston Scientific. 

L’utilizzo dello sfintere urinario rappresenta una innovazione disruptive, in quanto ha determinato un cambiamento radicale nella gestione dei pazienti incontinenti, che evolve dalla fornitura distrettuale continua di ausili palliativo-sintomatici alla risoluzione mediante un unico intervento in setting ospedaliero. Innovativo in Veneto l’accordo quadro che prevede il superamento del mono fornitore per garantire la libera scelta ai pazienti.

“In termini di spesa, lo studio (Budget Impact Model) evidenzia come, grazie all’utilizzo del dispositivo AMS 800 (considerato quale Gold Standard a livello Internazionale) si viene a determinare una riduzione dei costi complessivi pari a 1,5 mln di Euro dopo 5 anni.

Questo risultato è conseguenza della riduzione degli eventi avversi, del raggiungimento dello stato di continenza totale e del miglioramento della qualità di vita dei pazienti rispetto alla terapia conservativa attualmente utilizzata”, ha dichiarato Francesco S. Mennini, Research Director-Economic Evaluation and HTA, CEIS, Università degli Studi “Tor Vergata”, Roma 

“L’incontinenza urinaria interessa, in Italia, più di 5 milioni di cittadini. A livello nazionale, la prevalenza nella popolazione femminile di età superiore ai 45-50 anni (escludendo l’età anziana) è stimata essere oltre il 10-15%, mentre per quella maschile, si stima di circa la metà rispetto al sesso femminile. La prevalenza aumenta ulteriormente con l’età sino a superare il 50% dei soggetti anziani.

In Veneto si stima 500 mila pazienti con incontinenza urinaria. Assistiamo qui in Veneto a circa 103 mila soggetti serviti con ausili assorbenti per i quali sosteniamo una spesa di 15,6 milioni di euro” – ha spiegato Rita Mottola, Direzione Farmaceutico-Protesica-Dispositivi Medici, Area Sanità e Sociale, Regione del Veneto. 

Le indicazioni che abbiamo dato per la nuova gara sono quelle di distinguere il costo del bene da quello del servizio e dare il giusto valore alla qualità del prodotto da aggiudicare che incide del 70% rispetto al 30% riservata al prezzo. L’obiettivo è semplificare i processi legati ad esempio all’organizzazione, omogeneità di servizio e far sì che il cittadino venga servito al meglio in base ai suoi reali bisogni.

Le nostre prospettive future sono, oltre quella di portare a termine la gara, di implementare i percorsi PDTA, garantendo la presa in carico totale della persona incontinente ed erogando i necessari interventi multiprofessionali e multidisciplinari all’interno della rete regionale dei centri per l’incontinenza urinaria e fecale, monitorare gli strumenti di governance implementati ed individuare i punti di intervento sul modello attuale e la possibilità di continuare a lavorare sul tavolo nazionale” – ha concluso Mottola

“L’incontinenza urinaria è un problema sociale che interessa, a vari livelli, circa cinque milioni di persone. Nonostante questi numeri le risposte del Sistema Sanitario Nazionale e Regionale non sono adeguate. Modalità di acquisto dei presidi, percorsi di cura non definiti, mancata realizzazione dei centri per l’incontinenza, negazione della libera scelta dei presidi da parte della persona, scarsa informazione, bassa qualità dei presidi, spese dirette e indirette che gravano sulle famiglie, sono solo alcune delle criticità sulle quali bisognerà intervenire per garantire una presa incarico efficace delle persone incontinenti, senza trascurare anche i caregiver.

Le associazioni pazienti possono dare un grande contributo rappresentando i reali bisogni delle persone, lavorando con le istituzioni per definire soluzioni. Migliore assistenza e obiettivi chiari guidano il sistema anche verso il contenimento della spesa”, ha detto Pier Raffaele Spena, Presidente Nazionale FAIS

Progetto Open Way in Regione Toscana: “Grazie al web è possibile realizzare PDTA condivisi con tutto il comparto sanitario regionale”

PDTA condivisi

14 Settembre 2020“Grazie al progetto OPENWAY professionisti, cittadini, decisori del SSR della Toscana potranno essere coinvolti in un processo innovativo per l’ideazione condivisa di strumenti e di servizi che possano rispondere maggiormente alle necessità del sistema. Questa modalità partecipata utilizzerà il massimo potenziale degli apporti, generando un complessivo miglioramento delle risposte e della percezione della dimensione ‘sistema’ e quindi della sua appartenenza.

Tradizionalmente i processi decisionali per lo sviluppo del cambiamento organizzativo o per la definizione di strumenti operativi quali percorsi diagnostici, protocolli, ecc. hanno seguito un percorso di sviluppo che prevedeva un numero più o meno limitato di soggetti coinvolti. In una parte dei casi, ma non sempre, la proposta definita da un gruppo ristretto viene sottoposta alla valutazione di una platea più ampia, ma sempre in una fase conclusiva nella quale il processo ideativo si è in gran parte già sviluppato.

Le motivazioni di questo approccio sono sia di tipo culturale legate ad una sorta di diffidenza atavica verso un coinvolgimento ampio, legata al timore che questo comporti rallentamenti e difficoltà nel raggiungere una posizione comune, ma anche ad una oggettiva complessità organizzativa. È però oramai ampiamente dimostrato che il processo creativo ed ideativo possono beneficiare moltissimo da una disponibilità più ampia di contributi che non solo possono fornire un numero maggiore di spunti, ma anche indicazioni su possibili vincoli o difficoltà nella applicazione in determinati contesti consentendone la valutazione e l’individuazione di possibili soluzioni e quindi facilitando la successiva attuazione.

Un altro aspetto sicuramente da tenere in considerazione è che quanto più ampio è il numero delle persone coinvolte minori saranno le resistenze nell’adozione della proposta in quanto essa sarà sentita maggiormente come propria e condivisa in origine. Con il progetto OPENWAY sviluppato in collaborazione con ARS e Motore Sanità è stata messa a disposizione del SSR una piattaforma innovativa di crowdsourcing che consente un ampio coinvolgimento per comunicare e produrre idee in modo trasparente e facile e che possano essere messe a valore nelle realtà operative di tutti i giorni.

L’obiettivo primario del portale è di connettere un numero ampio di soggetti nella creazione di quesiti che sono posti alla comunità coinvolta, sotto forma di challenge, che sono poi oggetto di proposte dai membri della comunità e che vengono valutate all’interno della stessa comunità ma anche potendo coinvolgere ulteriori soggetti.

I risultati che si possono ottenere con questo nuovo paradigma sono nettamente migliori di quelli ottenibili con qualunque progetto tradizionale che può contare, al massimo su qualche decina di persone contro le migliaia che possono potenzialmente venire messe a fattor comune dalla piattaforma di crowdsourcing e questo offre un’immensa opportunità per ripensare e reinventare i processi convenzionali”, ha dichiarato Maria Teresa Mechi, Responsabile Settore Qualità dei Servizi e Reti Cliniche della Direzione Diritti di cittadinanza e coesione sociale, Regione Toscana 

“Uno dei primi filoni di attività avviato è il progetto PDTA 2.0 che permette lo sviluppo percorsi clinico assistenziali con la collaborazione di un numero elevato di stakeholder e l’engagement con i pazienti. L’iniziativa scaturisce dalla considerazione che in molti casi i PDTA prodotti a livello regionale nonostante l’impegno di risorse impiegate per la loro costruzione risultano poco o parzialmente applicati. Una delle possibili cause è una non adeguata condivisione su base allargata dei contenuti prima che questi vengano approvati. Per questo motivo il documento prodotto viene percepito più come ennesimo atto burocratico non condiviso con il front Office che ogni giorno sul campo incontra e cura i pazienti, piuttosto che come sistema che tende a portare innovazione ed efficienza nel processo di cura.

Si è così pensato di intraprendere una strada innovativa nelle modalità di costruzione e condivisione dei PDTA che prevede una maggiore diffusione del percorso prima del suo completamento, in modo da validare il percorso tracciato dal gruppo tecnico o ottenere idee per implementarlo in termini di efficienza ed applicabilità pratica, per sperimentarne poi a breve i risultati.

Motore Sanità ha scelto di seguire questo percorso mediante 3 eventi in cui descrivere: lo scenario attuale, la presentazione del modello Open Way, obiettivi e risultati attesi, modalità di attuazione e strumenti tecnici scelti per la sua realizzazione, presentazione di alcuni esempi applicativi del modello con lancio di alcuni “challenge” nel sistema ed infine presentazione dei risultati ottenuti.

In questa serie di eventi, in sede istituzionale presso ARS Toscana, è previsto un confronto aperto sulla validità del modello tra stakeholders istituzionali e referenti delle aziende produttrici di tecnologie (farmaci e device). Tutto ciò in ottica di dialogo trasparente tra le parti. Se il modello produrrà i risultati attesi potrebbero essere interessante pensare ad una possibile proposta di sua estensione ad altre regioni con una validazione nazionale”, ha concluso Mechi 

MOTORE SANITÀ ha organizzato l’Evento ‘PROGETTO PDTA: OPEN WAY SCENARIO 2.0’, realizzato grazie al contributo incondizionato di Alfasigma, Boehringer-Ingelheim, Allergan, Ipsen, Menarini, Roche, GSK, Sanofi e Takeda.

TELEMEDICINA e CRONICITÀ: “Impariamo dalla lezione che il Covid ci ha dato”

TELEMEDICINA e CRONICITÀ

Roma, 14 Settembre 2020 – Dopo anni che si parla di telemedicina, ora è il momento di fare un balzo in avanti. Già 8 anni fa la Commissione europea aveva preparato un piano strategico per abbattere le barriere all’utilizzo diffuso della telemedicina nei Sistemi Sanitari Europei ma, almeno in Italia, poco è stato fatto. Il Covid-19 ha fatto emergere il grave ritardo nella riforma dei servizi territoriali mostrando la necessità di spostare l’assistenza dei malati cronici dall’ospedale al territorio. L’uso della telemedicina è fondamentale per la prevenzione, diagnosi, cura, riabilitazione e monitoraggio e bisogna ora considerare la telemedicina come parte integrante del percorso di cura.

Durante il webinar “CRONICITÀ E TELEMEDICINA. LA LEZIONE DI COVID-19”, realizzato da MOTORE SANITÀ, grazie al contributo incondizionato di Daiichi-Sankyo, esperti di tutta Italia si sono confrontati per porre le basi per rendere finalmente concreto l’utilizzo della telemedicina in Italia.

La telemedicina, cioè la prestazione di servizi di assistenza sanitaria mediante le tecnologie informatiche crea una rete telematica fra medico, infermiere, malato e caregiver. La sua diffusione nel contesto clinico ha fatto progressi limitati per molti anni. Oggi le problematiche connesse con COVID-19 hanno posto la telemedicina al centro dell’arena, per la sua capacità di raggiungere pazienti remoti colpiti da COVID-19, offrendo loro supporto, consulenze esperte, ospedalizzazione domiciliare.

Allo stesso tempo offre ai tanti pazienti fragili che devono eseguire controlli o adeguamenti terapeutici la possibilità di essere seguiti appropriatamente evitando spostamenti e il connesso rischio di contagio. COVID-19 ha colpito molto duramente il nostro mondo, ma certamente ha consentito che le possibilità connesse con la medicina digitale emergessero (finalmente!) in tutta la loro potenza operativa, consentendo anche in prospettiva una riformulazione di percorsi e processi di cura che tengano conto di tutto il supporto del digitale, ha dichiarato Gianfranco Gensini, Presidente Onorario della Società Italiana di Salute Digitale e Telemedicina 

“L’emergenza COVID-19 ha costretto pazienti e sanitari a utilizzare moltissimo le tecnologie digitali per improvvisare nuove modalità allo scopo di restare in contatto gli uni con gli altri anche a distanza. In Italia siamo passati da circa 450 esperienze in Telemedicina attivate nel SSN in quattro anni (dal 2014 alla fine del 2017), a un centinaio di nuovi servizi in tre mesi. In pratica abbiamo fatto in quei tre mesi quello che prima veniva fatto in un intero anno.

Tuttavia, l’improvvisazione utile in emergenza non può costituire il modello di riferimento per sviluppare un sistema di servizi in Telemedicina uniformi su tutto il territorio nazionale. La Telemedicina è Medicina e come tale va studiata, applicata e organizzata. In Telemedicina si compiono atti medici e attività assistenziali di cui i sanitari sono pienamente responsabili, anche se a distanza. Il fatto che un software o un dispositivo medico funzionino bene non garantisce affatto l’efficacia clinica e la sicurezza sanitaria della prestazione.

Questo perché non è il singolo oggetto che conta in tale valutazione, ma il modo in cui software e dispositivi digitali sono combinati tra loro all’interno di un’adeguata procedura medica. Con la Telemedicina si possono superare molti limiti dell’attuale sistema sanitario e si possono costruire migliori servizi ora e nuove terapie nel futuro. Occorre farlo senza ingenui entusiasmi, ma con seria ricerca medica”, ha detto Francesco Gabbrielli, Direttore del Centro Nazionale per la Telemedicina e le Nuove Tecnologie Assistenziali Istituto Superiore di Sanità

“La tecnologia di sanità digitale è di grande ausilio rispetto alla prossimalità delle cure, ma non deve essere considerata sostitutiva. Bisogna però fare chiarezza sulla classificazione di ciò che è dispositivo medico e ciò che non lo è, sia che parliamo di software o di device. Uno sforzo molto importante è quello di riprogettazione del flusso organizzativo, dovendo tener conto anche delle capacità dell’utente e non solo più dell’operatore.  Bisogna quindi tenere conto anche della formazione e alfabetizzazione, sia sull’utilizzo delle piattaforme informatiche come anche sull’utilizzo degli strumenti, sia lato operatore sanitario sia lato utente o caregiver dell’utente” – queste le parole di Giovanni Gorgoni, Direttore Generale AReSS Puglia