Scompenso cardiaco: cura salvavita per 1 milione di italiani (di cui 100mila vivono in Toscana)

Occorre adesso mettere in atto modelli assistenziali innovativi che mettano in contatto più stretto sul territorio il medico di famiglia, il cardiologo e l’infermiere.

18 aprile 2023 – Lo scompenso cardiaco, seconda causa di ricovero ospedaliero dopo il parto, rappresenta uno dei problemi più rilevanti dal punto di vista assistenziale che abbiamo da tempo nei nostri ospedali sia perché i pazienti sono tanti – potenzialmente la malattia riguarda 1 milione di italiani, di cui 100mila in regione Toscana – sia perché, essendo una patologia cronica, sono frequenti gli episodi di recidive e di reingresso ospedaliero. Percentualmente i pazienti sono in maggioranza anziani (oltre i 70 anni) e con più patologie e questo complica ulteriormente il quadro clinico. 

SVOLTA NELLA CURA

Fortunatamente, dal punto di vista farmacologico, esistono oggi grandi novità nella cura dello scompenso cardiaco, grazie agli inibitori selettivi del co-trasportatore renale di sodio e glucosio (SGLT2i):farmaco che nasce come anti diabetico, ma che ha dimostrato una grande efficacia anche nel trattamento dello scompenso cardiaco, essendo in grado di ridurre l’andamento della mortalità già dalle prime settimane dall’inizio della somministrazione. Sono farmaci estremamente facili da utilizzare, con dosaggio unico e senza la necessità, nel tempo, di incrementare le dosi, inoltre hanno effetti collaterali molto ridotti. “Potenzialmente garantiscono una gamma di utilizzo su pazienti molto vasta e da parte di specialisti diversi (cardiologo, internista, medico di medicina generale) – spiega Massimo Milli, Direttore SC Cardiologia Firenze 1, Azienda USL Toscana Centro, nel corso de webinar “L’INNOVAZIONE CHE CAMBIA E SALVA LA VITA DEI MALATI CRONICI – SCOMPENSO CARDIACO – Focus on SGLT2i TOSCANA”, promosso da Motore Sanità con il patrocinio di Regione Toscana, Azienda USL Toscana Centro, Azienda USL Toscana nord ovest, Azienda Ospedaliero Universitaria Careggi, Università di Siena e con il contributo incondizionato di Boehringer Ingelheim e Lilly. Si tratterà adesso di capire come utilizzarli al meglio insieme alle altre 3 classi di farmaci per lo scompenso cardiaco (ARNI – betabloccanti e anti aldosteronici), così come raccomandano le linee guida”.

TELEMEDICINA E PROSSIMITÀ DELLA CURA

Otre all’ottimizzazione della terapia, dobbiamo pensare all’ottimizzazione organizzativa per l’inserimento dei pazienti in percorsi assistenziali – continua Milli. Uno degli aspetti che sarà da implementare nel prossimo futuro, inoltre, è l’ascesa in campo della telemedicina: la tecnologia ci offre tante possibilità di cura e di assistenza a domicilio del paziente, ma dobbiamo costruire dei modelli organizzativi, affinché le informazioni raccolte vengano gestite al meglio. Altro aspetto quello della prossimità della cura: sempre di più con la nascita delle case di comunità sul territorio si giocherà la partita di questi pazienti cronici e quindi occorre mettere in atto dei modelli assistenziali innovativi che mettano essenzialmente il medico di famiglia e il cardiologo in contatto più stretto sul territorio per creare un link e una risposta efficace e immediata per il paziente che si rivolge al Servizio sanitario nazionale. Questo in collaborazione con l’infermiere, altra figura professionale fondamentale”. 

PATOLOGIA DESTINATA AD AUMENTARE

La Consigliera Donatella Spadi – Membro della Commissione Sanità del Consiglio Regionale della Toscana –, sottolinea il fatto che, con l’invecchiamento progressivo della popolazione, lo scompenso cardiaco rappresenta una patologia destinata ad aumentare. “Per questo è necessario creare una migliore organizzazione per trovare più qualità ed efficienza nelle cure – aggiunge Spadi. Grazie alla Missione 6 del PNRR ci sarà una riprogrammazione della medicina territoriale che, con l’aiuto delle reti di prossimità, delle strutture intermedie e della telemedicina, permetterà una migliore assistenza. In sanità ormai, dobbiamo pensare a modelli di cure tali da offrire ai malati un supporto personalizzato anche a livello domiciliare. Non possiamo poi dimenticare l’innovazione tecnologica e farmacologica che determinano, a fronte di costi iniziali maggiori, una sopravvivenza più lunga e soprattutto una migliore qualità della vita”.

AFFANNO, AUMENTO DEL PESO E GAMBE GONFIE TRA I SINTOMI

Lo scompenso cardiaco è l’imbuto finale di tutta una serie di patologie cardiache (ipertensione, infarto, problemi valvolari) che, nel proseguo della loro evoluzione nel tempo, contribuiscono nel determinare una riduzione della forza di pompa del cuore. Per questo è così frequente. Non riuscendo più il cuore a smaltire tutti i liquidi che gli arrivano, essi tendono ad accumularsi a livello polmonare e a livello periferico, dando luogo a i tutti sintomi caratteristici dell’insufficienza cardiaco: affanno, gambe gonfie e aumento del peso. “Fondamentale la diagnosi precoce (visita cardiologica ed ecocardiogramma anche con le tecnologie più avanzate), per intervenire in fase iniziale della malattia con l’aiuto dei nuovi farmaci – sottolinea Matteo Cameli, Professore Associato di Cardiologia e Direttore della Scuola di Specializzazione in Cardiologia presso l’Università di Siena. Occorre sensibilizzare la popolazione ad aderire alle attività di screening, dal momento che lo scompenso cardiaco è prevalente ancor prima dello sviluppo dei sintomi”. 

Di Mieloma Multiplo si può guarire

Buone notizie per 30mila italiani che soffrono di questa malattia un tempo fatale ai quali si aggiungono, ogni anno, 600 nuovi pazienti nella sola regione Veneto.

14 aprile 2023Da malattia fatale a malattia cronica, grazie a terapie cellulari avanzate con CAR T, anticorpi Bispecifici e farmaci innovativi. Il Mieloma Multiplo, comunemente conosciuto come tumore del midollo osseo, oggi non fa più paura. Una bella vittoria per i 30mila italiani che ne soffrono, non priva però di nuove sfide sia per i pazienti stessi, in termini di necessità di terapie continuative, sia per la sanità pubblica in termini di costi. Si è parlato di questo nel corso dell’evento “BREAKTHROUGH INNOVATION. L’ESEMPIO PARADIGMATICO DELL’EVOLUZIONE TERAPEUTICA NEL MIELOMA MULTIPLO – FOCUS VENETO”, organizzato da Motore Sanità

TUMORE RARO… NON COSÌ RARO

Patologia tipica dell’età medio avanzata (si manifesta in genere dopo i 55-60 anni), il Mieloma Multiplo è un tumore considerato raro – rappresenta l’1-2% di tutti i tumori e il 10% dei tumori ematologici.

In regione Veneto, secondo i dati dell’ultimo aggiornamento del Registro tumori, si contano 600 nuovi casi all’anno. “Pur essendo una patologia a bassa incidenza ma con un accumulo di pazienti trattati, comporta necessariamente un’adeguata programmazione della spesa sanitaria” commenta Mauro Krampera, Professore Ordinario di Ematologia, Direttore U.O.C. di Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo, Coordinatore CAR T Cell Team – AOUI Verona DAI, Medico Generale Azienda Ospedaliera Universitaria Integrata Verona Policlinico G.B. Rossi. “Circa gli anni di vita guadagnati, per rendere l’idea, fino a ieri si parlava di 3 anni di sopravvivenza dalla diagnosi, mentre oggi anche più di 10 anni. Tutto questo mentre la scienza va avanti e non è escluso che in uno scenario futuro a breve termine si arriverà alla guarigione, soprattutto se queste terapie verranno proposte ai pazienti nella fase iniziale o precoce di malattia – come si sta facendo a livello internazionale – evitando così la cronicizzazione”.

Tanti i vantaggi dei farmaci innovativi nella lotta al Mieloma Multiplo, condivisi anche da Daniel Lovato, Presidente Associazione Italiana contro le Leucemie, linfomi e mieloma Verona Onlus. “Rimane però il fatto che la patologia può presentare svariate comorbidità che possono essere più o meno invalidanti, a seconda del paziente” aggiunge Lovato. “Abbiamo fatto molto, ma non abbiamo ancora risolto tutti i problemi”. 

L’INNOVAZIONE È UN GUADAGNO, NON UN COSTO

Occorre superare l’idea che l’innovazione sia una fonte di spesa, a fronte del fatto che essa rappresenta non solo una fonte di guadagno assistenziale per tutti i pazienti, ma anche di ritorno economico” conclude Claudio Zanon, Direttore Scientifico Motore Sanità. “Pensiamo ai costi diretti generati da una malattia non ben curata e/o da una malattia che comporta disabilità. Sacrosanti quindi i fondi per l’innovazione previsti già da qualche anno, sia oncologici sia non oncologici. Questi fondi non solo vanno mantenuti, ma in qualche modo anche implementati”. 

Si ringraziano Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson e Projectway per il contributo incondizionato

Farmaci innovativi: in Friuli Venezia Giulia investiti oltre 20milioni di euro e procedure di acquisto più snelle perché il paziente non può aspettare

  • L’istituzione del Fondo Regionale per i Farmaci innovativi ha consentito di supportare gli enti del SSR coprendo il 66% della spesa per terapie innovative rivolte nel 2022 a oltre 650 pazienti. Il fondo è stato implementato di un ulteriore milione di euro nel 2023.
  • Le procedure d’acquisto sono state accelerate per garantire tempi di accesso alle nuove tecnologie entro 45 giorni dalla data di immissione in commercio. <<È un segno di sensibilità e di attenzione nei confronti dei pazienti>>.

Udine, 12 aprile 2023 – La Regione Friuli Venezia Giulia, nell’ambito della programmazione regionale, nel 2022 ha istituito il Fondo Regionale dei farmaci innovativi, esperienza unica per una regione a statuto speciale, con l’obiettivo di sostenere le proprie aziende sanitarie nella spesa di medicinali innovativi, farmaci classificati in classe A e H che rientrano nei LEA. Il fondo copre trattamenti innovativi oncologici e non oncologici. All’interno del Fondo non sono inserite le terapie geniche per la cura di malattie come l’atrofia muscolare spinale (SMA) e le terapie Car-T in quanto hanno una linea di finanziamento dedicata che ammonta rispettivamente ad altri 7 e 2,5milioni di euro. Nel 2022 il Fondo Regionale dei Farmaci innovativi ammontava a 14milioni di euro, soldi che hanno consentito di coprire il 66% della spesa dei medicinali innovativi rivolti nel 2022 ad oltre 650 pazienti. Nel 2023 il fondo è stato aumentato di un milione di euro e oggi ammonta a 15milioni di euro. Complessivamente la Regione Friuli-Venezia Giulia per medicinali innovativi investe più di 20milioni di euro. La Regione FVG ha inoltre avviato una revisione dei percorsi per l’individuazione dei Centri prescrittori con il fine di assicurare un accesso omogeneo a tutte le terapie sul territorio e promuovere un’integrazione permanente tra centri Hub&Spoke. È recentissima la revisione del percorso per individuare i Centri prescrittori in Oncologia per allinearlo ai nuovi assetti organizzativi aziendali. Di questo si è parlato ad Udine, presso il Palazzo del Consiglio Regionale, in occasione dell’evento “L’ACCESSO REGIONALE ALLE TERAPIE INNOVATIVE. L’ESEMPIO DELLA REGIONE FRIULI-VENEZIA GIULIA”, organizzato da Motore Sanità, per promuovere con tutti gli attori del sistema e gli steakholders il modello virtuoso del Friuli-Venezia Giulia volto a ridurre l’impatto burocratico legato alle procedure di acquisto e garantire la sostenibilità attraverso l’istituzione di un fondo regionale ad hoc

L’equità di accesso alle terapie farmacologiche di nuova introduzione è un tema molto sentito dai medici e dai pazienti che, spesso, vedono allungare i tempi rispetto al processo autorizzativo di AIFA per ulteriori snodi decisionali inseriti dalle regioni, come i prontuari, le Commissioni, rispetto dei tetti di spesa, procedure di acquisto” ha spiegato Laura Mattioni, Direttore SOC Farmacia Centrale ARCS (Azienda Regionale di Coordinamento della Salute) di Udine, che ha snocciolato dati. Nel 2022 sono stati acquistati 47 farmaci, di cui 36 in classe H (per uso ospedaliero) e 10 in classe A (in regime di distribuzione per conto); di questi: 41 vengono prescritti dai Centri regionali autorizzati, 22 sono sottoposti a Registro di monitoraggio AIFA, 7 sono farmaci innovativi e 8 farmaci orfani

Il paziente è al centro del nostro servizio sanitario regionale – ha rimarcato la Mattioni – e proprio grazie al Fondo intende rispondere ai principi fondamentali e inalienabili di universalità, uguaglianza ed equità. Grande attenzione anche nei confronti delle procedure d’acquisto che sono state accelerate per garantire tempi di accesso alle nuove tecnologie entro 45 giorni dalla data di immissione in commercio. È un segno di sensibilità e di attenzione nei confronti dei pazienti”.

A partire dal 2014 il numero delle molecole ammesse alla rimborsabilità dall’AIFA con il requisito dell’innovatività è cresciuto esponenzialmente, tanto che per l’anno 2021 il Rapporto OSMED conta ben 45 nuove entità terapeutiche con indicazioni innovative, pari al 16% di tutte nuove entità terapeutiche introdotte nell’anno. Per queste nuove opzioni terapeutiche, che secondo i criteri AIFA rispondono a bisogni terapeutici insoddisfatti, apportando un valore terapeutico aggiunto basato sulla qualità delle evidenze scientifiche, i sistemi sanitari regionali sono chiamati ad assicurare una pronta disponibilità nell’ambito dei Livelli essenziali di assistenza – ha spiegato Paola Rossi, Dirigente farmacista Direzione centrale salute, politiche sociali e disabilità, FVG (assistenza farmaceutica) -. La Regione Friuli Venezia Giulia ha adottato da anni un modello organizzativo volto ad assicurare la prescrizione da parte dei centri individuati secondo criteri di appropriatezza, efficacia e sicurezza per il paziente; il modello è stato oggetto di recente revisione in ambito oncologico, in linea con i nuovi assetti organizzativi aziendali previsti dalla LR n. 27/2018: in stretto raccordo con i clinici, i farmacisti e le Direzioni sanitarie il nuovo percorso di individuazione dei centri prescrittori assicura un raccordo permanente tra centri Hub&Spoke, per un accesso omogeneo alle cure sul territorio regionale. Sul versante della sostenibilità economica, l’istituzione del Fondo Regionale per i farmaci innovativi ha consentito di supportare gli enti del SSR coprendo il 66% della spesa per terapie innovative rivolte nel 2022 ad oltre 650 pazienti. Il fondo è stato implementato di un ulteriore milione di euro nel 2023”.

“Oltre a snellire le regole regionali – la modalità con cui si acquisisce il farmaco, la definizione dei centri prescrittori, i centri Hub e i centri Spoke, le Commissioni di valutazione, vale a dire tutti aspetti che fanno parte della burocrazia regionale, che spesso in Italia è molto variegata – è molto importante anche definire bene i percorsi organizzativi di rete, quindi le reti cliniche, i PDTA e le responsabilità professionali, perché a volte non basta soltanto rendere potenzialmente fruibile il farmaco ma poi serve inserirlo in una rete che deve funzionare” così ha commentato Joseph Polimeni, Direttore Generale ARCS Friuli-Venezia Giulia.

INNOVAZIONE IN ONCOLOGIA, IN REUMATOLOGIA E MALATTIE RARE

Dal fronte oncologico è intervenuto Gianpiero Fasola, Direttore del Dipartimento di Oncologia, Azienda Ospedaliero Universitaria Santa Maria della Misericordia, di Udine ASUFC. “Gli ultimi 10 anni hanno visto una accelerazione nella approvazione di nuovi farmaci per i tumori. Su 92 molecole all’esami di EMA (approvazione attesa per il 2023) quasi il 30% sono antitumorali. L’espansione di due aree terapeutiche (immunoterapia e farmaci a bersaglio molecolare) e la frammentazione della casistica in sottogruppi sempre più piccoli, rappresenta una sfida: per gli oncologi, che vedono crescere il volume delle conoscenze da acquisire e mantenere; per il sistema, che deve adeguare modelli organizzativi basati sula sede di partenza della neoplasia. In questo contesto si inserisce la decisione assunta da AIFA alcuni anni fa di vincolare la prescrizione di farmaci innovativi all’identificazione, da parte delle Regioni, dei centri prescrittori. Dopo alcuni anni – ha sottolineato il Professor Fasola – credo che la proposta di nuove modalità di prescrizione, condivisa tra gli oncologi del Friuli Venezia Giulia e la Direzione Centrale salute vada nella direzione giusta. La costituzione dei gruppi di patologia tra ospedali e l’evidenza di procedure di sicurezza, tra cui la discussione dei casi, la presa in carico anche centralizzata delle tossicità con percorsi predefiniti, l’identificazione di referenti iper specialisti, ecc., consentiranno un superamento dei vincoli”.

Da alcuni anni stiamo vivendo una fase di grande cambiamento in campo ematologico” ha commentato Francesco Zaja, Direttore UCO Ematologia dell’Azienda Sanitaria Universitaria Giuliano Isontina Ospedale Maggiore e Professore Associato presso DSM, Università degli Studi di Trieste- “L’inserimento di terapie di nuova generazione basate per lo più su agenti immunoterapici, terapie bersaglio e terapie cellulari offre nuove importanti opportunità terapeutiche in grado di migliorare le aspettative di cura di pazienti affetti da patologie ematologiche benigne e maligne. Spesso queste nuove terapie risultano anche meno tossiche rispetto ai tradizionali trattamenti del passato permettendo il loro impiego anche in pazienti anziani e fragili. Rimane il problema non trascurabile della sostenibilità economica di queste moderne terapie, per il quale la creazione di un fondo dedicato non può che essere visto positivamente”.

Nella Clinica Reumatologica dell’Azienda Sanitaria Universitaria del Friuli Centrale, centro hub identificato dalla regione per la gestione delle malattie reumatiche, 1.247 sono i pazienti afferenti alla Clinica e residenti nella provincia di Udine, in trattamento con farmaci biotecnologici e/o piccole molecole mentre 105 sono in trattamento con terapia off label (pazienti che altrimenti non avrebbero avuto alternative terapeutiche) – ha spiegato Alen Zabotti, Delegato SIR – Società Italiana di Reumatologia, Regione Friuli-Venezia Giulia, Dirigente Medico di Reumatologia, Clinica Reumatologica, ASU FC, Udine -.  La gestione di pazienti affetti da malattie orfane di terapie o non responsivi ai trattamenti convenzionali è una sfida del reumatologo per il presente e per il futuro”. 

Nel campo delle malattie rare, siamo orgogliosi di confermare che la fattiva collaborazione tra Regione, Sistema Farmaceutico Regionale e il Centro di Coordinamento Regionale per le Malattie Rare assicura la tempestiva disponibilità di terapie innovative ai pazienti affetti da malattie rare” ha spiegato Maurizio Scarpa, Direttore del Centro di Coordinamento Regionale Malattie Rare Friuli AOU Udine e Coordinatore METABERN-European Reference Network For Rare Hereditary Metabolic Diseases. “Recentemente l’Azienda sanitaria Universitaria Friuli Centrale di Udine è stata abilitata da AIFA per la sperimentazione di Fase I, tappa fondamentale per accelerare l’accesso ai farmaci innovativi”.

I PAZIENTI CHIEDONO UNA RETE E UNO SPORTELLO INFORMATIVO 

Bruna Scaggiante, Coordinatrice Regionale Friuli Venezia Giulia LILT-Lega italiana per lotta contro i tumori, ha portato all’attenzione “l’obiettivo di istituire una rete di supporto qualificata che possa dare informazioni e aiutare pazienti e caregiver a superare eventuali momenti di disagio e paura. Se da una parte la nostra Regione ha virtuosamente messo in atto l’accesso alle cure innovative e cercato di semplificare la burocrazia, dall’altra rimane ancora da migliorare l’aspetto comunicativo con il paziente: ad esempio, i pazienti e i loro caregivers si sentono poco informati sugli effetti collaterali dei farmaci innovativi; si generano molto spesso preoccupazioni che non sempre trovano adeguato spazio di condivisione con lo specialista. Inoltre – ha aggiunto Scaggiante – appare utile uno sportello informativo o un numero verde che possa rispondere ai quesiti dei pazienti e far comprendere la complessità organizzativa dell’accesso ai farmaci innovativi rispetto ai costi e ai benefici e la loro finalità per casi selezionati, perché i pazienti che si informano attivamente sulle cure e che vengono a conoscenza dell’esistenza di queste opzioni terapeutiche esternamente, spesso si sentono privati di una condivisione completa delle cure con il proprio specialista”.

Ben vengano queste nuove e necessarie iniziative che rivolgono una maggiore attenzione al paziente – è intervenuto Stefano Boscariol, Comunicazione AIL Pordenone -. I tempi e metodi nella sanità regionale hanno talvolta ostacolato un processo di cure più solerte ed efficace. Ora, grazie a questi incontri di informazione per formare e preparare, potremmo veramente guardare al futuro con maggiore fiducia e soprattutto concretezza rivolti al prossimo che durante la pandemia ha ulteriormente sofferto e appesantito lo stato di salute psicofisica. L’impegno finanziario a disposizione è di buona garanzia per l’esito finale della missione ma non è sufficiente se non accompagnato da serio impegno di conoscenza e sottolineo coscienza”. 

Si ringrazia Daiichi-Sankyo, Gilead, Abbvie, Lilly, Takeda, GSK, Chiesi e Servier per il contributo incondizionato. 

In Italia 44mila donne vivono con un tumore al seno metastatico, di cui il 15-20% di tipo HER2 +

  • Nuovi farmaci innovativi hanno reso la malattia sub cronica: un risultato eccezionale e impensabile fino a ieri. Occorre ora accelerare i processi di approvazione da parte di AIFA per rendere i farmaci tumorali, in particolar modo quelli per i tumori metastatici, prescrivibili tramite un early access.
  • Dalle Breast Unit alla riabilitazione oncologica gratuita: fondamentale garantire a queste pazienti – mogli, madri, figlie, colleghe – una buona qualità di vita, per disinnescare il rischio “bomba sociale”. 
  • In Lazio, ogni anno, si contano oltre 5mila nuovi casi di tumore al seno e il 70-80% di questi vengono trattati in una delle 16 Breast Unit presenti sul territorio. 

3 aprile 2023 – In Italia 44mila donne circa hanno un tumore al seno metastatico, di cui il 15-20% di tipo Her2 positivo. Si tratta di un carcinoma particolarmente aggressivo, non suscettibile di guarigione nella maggior parte dei casi, ma che può essere tenuto sotto controllo per lunghi periodi, grazie ai grandi passi avanti della ricerca.  

Per la malattia metastatica disponiamo di nuovi farmaci innovativi (tucatinib, trastuzumab deruxtecan) che, utilizzati in sequenza, sono estremamente efficaci e che hanno dato risposte quasi impensabili fino a poco tempo fa, determinando un aumento della sopravvivenza significativo” – ha spiegato Teresa Gamucci, Coordinatore Regionale CIPOMO Lazio, nel corso dell’evento “ANALISI DELLO SCENARIO ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE NEL TUMORE DELLA MAMMELLA – FOCUS ON HER 2+ LAZIO”, organizzato da Motore Sanità”. 

L’IMPORTANZA DELLE BREAST UNIT

Fino a poco tempo fa il tumore metastatico non dava scampo. Ora, invece, questi farmaci straordinari hanno reso la malattia spesso sub cronica” – conferma Lucio Fortunato, Direttore UOC Senologia AO San Giovanni Addolorata Roma, sottolineando un nuovo spunto su cui riflettere: occorre perciò garantire a queste donne che sono anche mogli, sorelle, madri, lavoratrici, compagne, figlie, una buona qualità di vita. Per rispondere a tale necessità abbiamo bisogno delle Breast Unitstrutture specializzate nella diagnosi, nella cura e nella riabilitazione psicofisica delle donne con la neoplasia mammaria al seno. In Lazio questi Centri sono in tutto 16 e, a fronte degli oltre 5mila nuovi casi di tumore al seno all’anno, sempre in regione Lazio, il 70-80% di questi vengono trattati qui”.  

INSERIRE LA RIABILITAZIONE ONCOLOGICA NEI LEA

Il bisogno di garantire alle pazienti una buona qualità di vita, anche attraverso la riabilitazione oncologica, è stato rimarcato da Silvana Zambrini, Presidente Antea Associazione, Vicepresidente FAVO. “Dobbiamo però constatare – sottolinea – che la riabilitazione non è ancora stata inserita nell’elenco delle prestazioni garantite a tutti dal Servizio Sanitario Nazionale (SSN). Consideriamo ad esempio la sofferenza fisica, psicologica e sociale per la presenza di un linfedema al braccio, con problemi attinenti non solo alla mobilizzazione ma anche estetici, con ripercussioni psicologiche e sociali. Questa paziente sicuramente ha diritto a poter accedere velocemente e gratuitamente alle cure fisioterapiche. Ma perché allora questa necessaria riabilitazione non rientra ancora nei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA)? È vero che con il codice 048 i pazienti oncologici hanno diritto alla esenzione dal ticket, ma non sempre e ovunque l’esenzione viene rispettata. Occorre in verità offrire un percorso riabilitativo integrato, che tenga conto delle particolari esigenze per il singolo paziente, per ridurre al minimo la disabilità fisica e i numerosi deficit funzionali, cognitivi, nutrizionali, psicologici, sociali e professionali. Per un buon risultato occorre un lavoro di squadra ben programmato in anticipo, evitando che i danni si manifestino. Non trascuriamo infine di considerare il forte valore sociale ed economico quando una paziente non grava sullo Stato per i costi derivanti da una disabilità ormai conclamata”.

IL RUOLO CRUCIALE DELLA PREVENZIONE E DEL FATTORE TEMPO

Un richiamo infine alla prevenzione come “migliore arma per governare i tumori” arriva da Elio Rosati, Segretario Regionale Cittadinanzattiva Lazio. “I dati delle prestazioni sanitarie, anche legate alle difficoltà del Covid – dice Rosati – ci dimostrano che l’organizzazione sanitaria non è centrata sulla prevenzione, ma sulla prestazione. Si deve dare una svolta ponendo la prevenzione, in tutte le sue fasi, come elemento centrale, fondante e guida nelle scelte di politica sanitaria”.

E poi c’è il fattore tempo, fondamentale per le pazienti con tumore metastatico, come ricorda Rosanna D’Antona, Presidente di Europa Donna Italia, con queste parole: “L’accesso alle nuove cure e ai farmaci innovativi rientra nei punti del nostro manifesto sul tumore al seno metastatico, redatto grazie all’ascolto di un gruppo di pazienti nell’ambito di una campagna di cui Europa Donna Italia si fa promotrice a sostegno delle pazienti con questo tipo di tumore. Riteniamo fondamentale, per la salute delle pazienti, accelerare i processi di approvazione da parte dell’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA) per rendere i farmaci tumorali, in particolar modo quelli per i tumori metastatici, prescrivibili tramite un early access, così come accade in molti Paesi europei dopo l’approvazione dell’Agenzia Europea dei Farmaci (EMA)”. 

Si ringraziano Daiichi-Sankyo e AstraZeneca per il contributo incondizionato. 

Mieloma multiplo: crescono i malati (+ 126%), ma raddoppia la sopravvivenza (52,1% negli uomini e 53,6% nelle donne)

  • Rocco Palese, Assessore Sanità e al Benessere animale, Regione Puglia: “La ricerca, supportata dall’innovazione tecnologica e dalle biotecnologie, è in grado di diagnosticare la malattia in modo sempre più preciso e di definire le migliori indicazioni terapeutiche per ogni singolo paziente”.
  • La Regione Puglia, inoltre, può contare sulla Rete ematologica per l’indicazione di percorsi terapeutici con presa in carico del paziente a 360 gradi”, aggiunge Vito Montanaro, Direttore Dipartimento Regionale Promozione della salute, del benessere sociale e dello sport per tutti, Regione Puglia.

Bari, 31 marzo 2023In Italia, ogni anno, 5.600 persone si ammalano di Mieloma multiplo, tumore che si sviluppa da alcune cellule del sangue che si trovano nel midollo osseo. È la seconda neoplasia ematologica per frequenza, con un’incidenza in crescita (+ 126%). Fortunatamente, grazie all’introduzione dei nuovi e nuovissimi farmaci nel suo trattamento, la sopravvivenza negli ultimi anni è più che raddoppiata rispetto al passato (52,1% negli uomini e 53,6% nelle donne a 5 anni dalla diagnosi), ma soprattutto si è registrato per la prima volta un miglioramento della sopravvivenza anche nei pazienti con più di 80 anni d’età.

Si è parlato di questo nel corso dell’evento “BREAKTHROUGH INNOVATION – L’ESEMPIO PARADIGMATICO DELL’EVOLUZIONE TERAPEUTICA NEL MIELOMA MULTIPLO”, organizzato da Motore Sanità, in Regione Puglia

A fronte di anni di vita guadagnati, si rende necessaria elasticità di investimento – commenta Francesco Colasuonno, Responsabile PO Registri di Monitoraggio AIFA e Centri Prescrittori Sezione Farmaci, Dispositivi Medici e Assistenza. “A tal proposito, la Regione Puglia ha dato obiettivi precisi per il contenimento della spesa farmaceutica, liberando risorse per i farmaci di nuova commercializzazione per questa patologia”. 

NUOVE OPPORTUNITÀ DI CURE

La ricerca in campo medico-farmaceutico è fondamentale per conoscere e combattere malattie come il Mieloma multiplo di cui parliamo in questo incontro”, spiega Rocco Palese, Assessore Sanità e al Benessere animale, Regione Puglia. La ricerca, supportata dall’innovazione tecnologica e dalle biotecnologie, è in grado di diagnosticare la malattia in modo sempre più preciso e di definire le migliori indicazioni terapeutiche per ogni singolo paziente. E questo è un contributo fondamentale che le tecnologie possono dare alla medicina, per cercare di definire il protocollo di cura ma anche di prevenzione sempre più efficaci, che aiutino i pazienti ad affrontare la malattia con sempre maggiori speranze.

Il mieloma multiplo è, purtroppo, uno dei tumori del sangue più diffusi, ma la ricerca negli ultimi anni ha fatto grandi passi in avanti offrendo nuove possibilità di cura”, conferma Vito Montanaro, Direttore Dipartimento Regionale Promozione della salute, del benessere sociale e dello sport per tutti Regione Puglia. “Opportunità che la Regione Puglia ha fatto proprie, seguendo le indicazioni dell’Agenzia Italiana del Farmaco e garantendo ai pazienti pugliesi percorsi terapeutici efficaci. Inoltre la Regione Puglia può contare sulla Rete ematologica per l’indicazione di percorsi terapeutici con presa in carico del paziente a 360 gradi”.

È importante offrire ai pazienti pugliesi terapie il più innovative possibili, soprattutto quando la malattia recidiva diventa difficile da trattare e/o resistente alle terapie convenzionali. A ribadirlo Angelo Michele Carella, Responsabile della U.O. Ematologia e Centro Trapianto di Midollo Osseo e Terapie Cellulari dell’IRCCS Casa Sollievo della Sofferenza di san Giovanni rotondo: “Il nostro obiettivo è di trattare nei prossimi mesi pazienti con terapie cellulari CAR-T, le cellule del paziente vengono prelevate, modificate per riconoscere e uccidere il bersaglio, e poi reinfuse con un’unica infusione. Il ‘farmaco vivente’ potrà essere impiegato in pazienti con almeno tre terapie precedenti (inclusi un agente immunomodulatore, un inibitore del proteasoma e un anticorpo anti-CD38) e che hanno dimostrato progressione di malattia. Le CAR-T nei pazienti affetti da mieloma multiplo che hanno tentato ed esaurito le numerose opzioni terapeutiche possono offrire nuove opportunità di cura in grado di cambiare la storia naturale della malattia. Ma nel nostro Istituto nell’ultimo anno abbiamo sperimentato e utilizzato farmaci bispecifici di ultima generazione nella terapia delle recidive e, per i pazienti giovani, nuove combinazioni nella terapia di mantenimento post autologo;in conclusione, le sperimentazioni cliniche consentono di offrire ai pazienti farmaci sempre più efficaci e di precedere l’utilizzo degli stessi prima dell’autorizzazione e dell’immissione in commercio”.

INTEGRAZIONE OSPEDALE-TERRITORIO

Gli standard clinici, organizzativi e assistenziali devono puntare sull’integrazione ospedale-territorio, valorizzando i servizi di prossimità; e coniugare l’equità nell’accesso ai servizi sanitari con la qualità e la sicurezza degli utenti e degli operatori. “Pertanto risulta indispensabile ridisegnare i Percorsi Diagnostico Terapeutici Assistenziali (PDTA) alla luce delle nuove evidenze scientifiche e opportunità di cura, definendo percorsi flessibili di cura che prevedono la partecipazione diretta e attiva di tutti i soggetti coinvolti, in ambito territoriale ed ospedaliero, favorire quindi l’attuazione consequenziale e coordinata delle attività del Team multidisciplinare di assistenza, e facilitare la comunicazione con i pazienti e le loro famiglie, anche grazie all’uso degli strumenti di telemedicina”, chiosa Bernardo Rossini, Dirigente medico Unità Operativa Ematologia e Terapie Cellulari IRCCS Giovanni Paolo II, Bari.

L’innovazione tecnologica e di processo in sanità, e nella fattispecie la telemedicina, come noto, consentono l’erogazione di servizi di cura ed assistenza, in situazioni in cui la distanza è un fattore critico. Di recente si sta definendo un modello di assistenza definito Flexible poin of care, che si riferisce alla capacità di fornire cure o test diagnostici in vari setting diversi dall’Ospedale o dalla clinica, ad esempio presso il domicilio del paziente, o presidi medici di comunità in prossimità del domicilio del paziente. Questo modello di assistenza è spesso facilitato dall’uso di tecnologie di Point-of-Care Testing (POCT) che consente di effettuare esami in strutture prossime alla residenza del paziente ma in modo tale che il paziente, il medico e il Team di assistenza dispongano dei risultati degli esami quasi contemporaneamente all’atto della misurazione, con l’obiettivo di muovere le informazioni diagnostiche anziché il paziente. In ultima analisi i tempi sono maturi per pensare ad un servizio sanitario che si pone al servizio di quelle persone che hanno difficoltà a viaggiare e raggiungere il centro ospedaliero, favorendo le visite o la somministrazione di terapie presso il proprio domicilio o un setting di comunità.

Si ringraziano Janssen Pharmaceutical Companies of Johnson & Johnson e Projectway per il contributo incondizionato.   

Tumore del seno metastatico, in Sicilia con Trastuzumab Deruxtecan trattate già 120 pazienti

  • Rivoluzione in Oncologia con terapie innovative: gli esperti fanno il punto in Regione Siciliana e presentano il valore clinico di Trastuzumab Deruxtecan come terapia innovativa break through nel tumore al seno metastatico HER2+. Gli esperti: “Oggi la sfida è garantire la tempestività delle terapie, la loro sostenibilità economica e favorire la gestione territoriale della cronicità, anche in ambito oncologico”.
  • Il ruolo della prevenzione: al Sud l’adesione ai programmi di screening è del 50% rispetto al Nord Italia (84%). Laccoto, Presidente VI Commissione Salute: “Partirà una grande campagna di comunicazione per sensibilizzare le donne siciliane”. CIPOMO Sicilia: “Sulla prevenzione serve attivare un percorso educazionale nelle scuole, negli ambienti lavorativi e affinare il percorso attraverso i medici di medicina generale e le associazioni di volontariato”. 
  • Per rispondere alla carenza dei medici: proposte 250 borse di studio di specializzazione in più per dare risposte alle richieste di salute sempre più crescenti.

Palermo, 29 marzo 2023 – I più recenti dati inerenti Regione Sicilia restituiscono un quadro epidemiologico che registra più di 3.500 nuovi casi di tumore mammario l’anno, che equivalgono ad una incidenza di 134 nuovi casi per 100.000 abitanti con un picco di incidenza compreso tra i 70 ed i 79 anni.  Il tumore della mammella che iperesprime il recettore HER2 rappresenta circa il 15% del totale dei tumori mammari. Nel tumore al seno metastatico HER2+ l’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (ADC) anti-HER2 Trastuzumab Deruxtecan ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 72% rispetto all’attuale gold standard e più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione di malattia. In Sicilia dal 2021 ad oggi con i nuovi anticorpi farmaco coniugati-ADC sono state trattate circa 120 pazienti. Se ne parla nel corso dell’evento ANALISI DELLO SCENARIO ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE NEL TUMORE DELLA MAMMELLA FOCUS ON HER 2+, SICILIA, organizzato da Motore Sanità.

La sopravvivenza e la curabilità del carcinoma mammario sono fortemente correlate allo stadio e alle caratteristiche biomolecolari del tumore – spiega Vincenzo Adamo, Coordinatore della Rete Oncologica Siciliana-Re.O.S. e Molecular Tumor Board Regionale -. Nell’ambito dei sottotipi oggi noti, il carcinoma mammario HER2 +, caratterizzato da iperespressione di questo recettore, se da un lato manifesta aggressività e rapida evolutività, dall’altro lato rientra tra le forme più responsive alla target therapy. Dal 2005 con il trastuzumab, primo agente attivo, ad oggi molti altri farmaci, dagli anticorpi monoclonali alle piccole molecole inbitori tirosinochinasici, hanno cambiato la storia naturale di questo sottotipo con brillanti risultati anche in termini di sopravvivenza. Lo scenario attuale permette inoltre di superare la inevitabile resistenza biologica alle prime linee terapeutiche con l’avvento di nuovi farmaci mirati, gli anticorpi farmaco coniugati ADC, caratterizzati da un meccanismo d’azione innovativo che attraverso l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale come linker-carrier permette al chemioterapico di colpire in maniera diretta e selettiva la cellula che esprime HER2 evitando importanti tossicità di tipo sistemico. In Sicilia dal 2021 ad oggi con i nuovi anticorpi farmaco coniugati-ADC sono state trattate circa 120 pazienti in seconda e linee più avanzate, dapprima in studi clinico-sperimentali e successivamente in programmi di EAP e CNN come importante ed innovativa opportunità”. 

Trastuzumab Deruxtecan è un anticorpo farmaco-coniugato mirato contro HER2 che nello studio Destiny-Breast-03 ha dimostrato efficacia per le pazienti con cancro della mammella avanzato, ricadute dopo una precedente terapia con Trastuzumab e un Taxano o ricadute precocemente dopo trattamento adiuvante, riducendo del 36% il rischio di morte e quadruplicando il tempo mediano di sopravvivenza libero da progressione di malattia rispetto al braccio di controllo – spiega Massimiliano Spada, Coordinatore Regionale AIOM Sicilia -. Nello studio Destiny Breast-04 ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo sia della sopravvivenza libera da progressione che della sopravvivenza globale in pazienti affette da carcinoma mammario avanzato a bassi livelli di HER2, con malattia HR +/- rispetto lo standard di cura”.

La iperespressione di Her2 era originariamente un fattore prognostico sfavorevole, la cui presenza configurava una ridotta aspettativa di vita per le pazienti – prosegue Roberto Bordonaro, Presidente Eletto GOIM (Gruppo Oncologico dell’Italia Meridionale) e Direttore UOC Oncologia Medica ARNAS Garibaldi, Catania -. La disponibilità di agenti diretti verso Her2 ne ha da circa 25 anni modificato radicalmente la prognosi; gli anticorpi monoclonali prima (Trastuzumab e Pertuzumab) e le “Antibodies drug-conjugated (ADC)” (Trastuzumab emtansine prima e Trastuzumab Deruxtecan oggi) hanno contribuito ad aumentare la frazione di guarigione quando utilizzate nelle fasi precoci di malattia come trattamento adiuvante e migliorato sensibilmente l’aspettativa di vita nella malattia metastatica)“.

Francesca Catalano, Direttore Unità di Senologia dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania sottolinea che oggi è ancora più importante il lavoro di squadra, come avviene ormai da tempo nei gruppi multidisciplinari che insistono nelle breast Unit di tutto il paese. “Quando vediamo una paziente già studiata con esami strumentali completi e istologico con assetto immunoistochimico completo, pur avendo in mente il percorso terapeutico da stabilire, abbiamo l’obbligo di confrontarsi in ambito multidisciplinare.  Tumori piccoli possono beneficiare dell’uso di un anticorpo coniugato prima della chirurgia. Dovremmo adesso fare attenzione anche agli Her 2 1+ meglio identificati come Her2 low che possono essere suscettibili di cure innovative con risultati, come si evince dagli studi clinici, sorprendenti. In qualità di presidente della Commissione senologica dell’assessorato della salute della regione Siciliana mi auguro di poter uniformare i trattamenti per le pazienti siciliane in tutte le breast Unit. Questi eventi devono essere utili a sensibilizzare le istituzioni affinché si possa investire sulla salute dei cittadini“. 

Secondo Maria Pia Salanitro, Direttore UOC Farmacia Ospedaliera ASP Ct, “Oggi la sfida è quella di garantire la tempestività delle terapie, la loro sostenibilità economica e favorire la gestione territoriale della cronicità, anche in ambito oncologico. Il DM77 – spiega Salanistro – intende rimodulare il modello di assistenza territoriale, rinnovando i servizi e l’organizzazione in una logica di reale vicinanza al paziente. In questo scenario, il farmacista ospedaliero può essere il punto di collegamento tra pazienti, equipe medica e organizzazione delle cure? Decisamente sì: egli deve inserirsi quale componente del team multidisciplinare della Centrale organizzativa territoriale (COT), assumendosi la responsabilità di essere trait d’union tra ospedali e servizi territoriali, assicurando la governance dei dati sanitari e degli outcome clinici e promuovendo quella che viene definita “pharmaceutical-care”.

Di fronte alla complessità dell’oncologia c’è un bisogno di salute sempre più alto. Così Giuseppe Laccoto, Presidente VI Commissione Salute, Servizi Sociali e Sanitari ARS Assemblea Regionale Siciliana. “Stiamo attivandoci per quanto riguarda l’acquisto di nuovi strumenti diagnostici che possano dare risposte immediate, come la tomografia, la tomosintesi, l’ecografia 3D, e quei mezzi che riescono a dare con certezza le diagnosi che possono salvare le vite umane. Come Commissione daremo inoltre molta attenzione alla prevenzione, puntando soprattutto sul territorio. Un dato su tutti: oggi solo il 50% delle donne aderiscono ai programmi di screening; dobbiamo fare comprendere che sono importanti, l’unico mezzo per salvare vite umane. Stiamo lanciando una grande campagna di comunicazione per sensibilizzare le donne siciliane”. 

Sulla carenza di medici, il Presidente Laccoto ha inoltre aggiunto: “Abbiamo proposto 250 borse di studio di specializzazione in più per quelle specialità che oggi mancano alla sanità, per esempio i radiologi, i radiologi interventisti, gli anestesisti, i cardiologi, figure che devono essere incrementate per dare risposte alle richieste di salute che arrivano sempre di più dai cittadini, in un momento in cui vi è una carenza di medici a livello nazionale ma principalmente a livello regionale”. 

Come è evidente non c’è solo la terapia innovativa interviene Stefano Vitello, Coordinatore Regionale CIPOMO Sicilia -. C’è la promozione dei corretti stili di vita per ridurre le possibilità di sviluppare i tumori (sono in aumento sovrappeso e obesità per colpa di una dieta ricca di zuccheri e grassi e per scarsa attività fisica) e c’è l’attività di screening, appunto, per individuare per tempo i casi di tumore. Al Sud sono ancora poche le donne che aderiscono ai programmi di screening e in generale la popolazione. Se al Nord la percentuale di adesione arriva all’84%, al Sud è solo del 50%; le ragioni sono diverse: dalla lontananza dai centri di screening al timore della popolazione più a rischio (50-69 anni) di sottoporsi ai controlli. Possiamo migliorare notevolmente tutto questo: sollecitando e invogliando le persone ad aderire compiutamente e convintamente agli screening, attivando un percorso educazionale nelle scuole, negli ambienti lavorativi e di aggregazione giovanile e affinando il percorso attraverso i medici e le associazioni di volontariato. La salute è un bene prezioso che richiede responsabilità di tutti, delle istituzioni e dei cittadini”.  

Europa Donna Italia da sempre tutela i diritti delle donne alla prevenzione per la diagnosi precoce e alla cura del tumore al seno nei centri di senologia multidisciplinari. “Oggi le pazienti con tumore al seno early HER 2 + e con tumore al seno metastatico HER 2 + possono usufruire di terapie sempre più efficaci e con modalità di somministrazione sempre più rispettose della qualità di vita e del tempo impiegato nella gestione del proprio percorso terapeutico – spiega Carmela Amato, Referente Europa Donna Sicilia -. Le associazioni di volontariato sono chiamate a nuove sfide, dato che si aprono nuove prospettive anche nell’organizzazione delle strutture sanitarie territoriali che potrebbero essere chiamate a gestire parte del percorso della paziente con tumore al seno early e metastatico. Una donna potrà, così, accedere ai servizi territoriali e usufruire delle migliori terapie, sempre coordinate dal centro di senologia multidisciplinare di riferimento, in ambienti dedicati nelle strutture territoriali o anche al proprio domicilio, ottimizzando il proprio tempo, la risorsa più importante per una donna che si trova ad affrontare un cancro al seno“.   

Secondo Tania Pensabene, Coordinatrice Regionale Tribunale Diritti del Malato – Cittadinanzattiva “appare opportuno un’evoluzione degli aspetti regolatori e una modifica delle condizioni di accessibilità previste dalle norme attuali al fine di garantire l’accesso appropriato ai farmaci mirati. Per dare a tutti i pazienti le medesime opportunità, evitando discriminazioni geografiche o economiche, crediamo che, a fronte di scenari in evoluzione è fondamentale che i cittadini ne siano consapevoli, sappiano far valere i propri diritti e siano vigili e primi attori del cambiamento. Vogliamo prima di tutto informare il paziente sui suoi diritti e consolidare il suo protagonismo attraverso la partecipazione consapevole ed attiva a tutte le decisioni che riguardano il suo percorso di cura, che metta al centro il singolo paziente sia dal punto di vista terapeutico sia dal punto di vista della qualità della vita. Inoltre, oggi possiamo contare fortunatamente anche su “terapie oncologiche mirate” attraverso l’esecuzione di test che individuano la presenza di eventuali alterazioni genetiche che possono essere bersaglio proprio di queste terapie, garantendo allo stesso tempo un importante livello di appropriatezza terapeutica”. 

Si ringrazia Daiichi-Sankyo e AstraZeneca per il contributo incondizionato.   

Psoriasi, ancora molti pazienti non si sottopongono a trattamenti adeguati per scarsa informazione. La Sicilia punta a programmi di intervento per rispondere ai loro bisogni

Palermo, 31 marzo 2023 – Fa tappa in Sicilia la road map “PSORIASI IO LA VIVO SULLA MIA PELLE, MA TU SAI COSA VUOL DIRE?” organizzata da Motore Sanità, con l’obiettivo di fare incontrare clinici, farmacisti, associazioni, istituzioni e fare il punto sulla psoriasi, malattia infiammatoria della pelle, non contagiosa, autoimmune, genetica e recidiva che porta con sé un peso sociale, psicologico ed economico non indifferente. In Sicilia si stimano 140.000-170.000 pazienti con psoriasi (sono circa 2,5 milioni in Italia con una prevalenza del 3-4%) di cui 34mila con psoriasi grave.

L’evento scientifico segna un mirabile collegamento tra l’iniziativa formativa multiregionale giunta a Palermo e i programmi di intervento dell’Assessorato per la Salute in materia di psoriasi – spiegaSalvatore Requirez, Direttore Generale del Dipartimento Attività Sanitarie ed Osservatorio Epidemiologico, Regione Siciliana -. È intenzione del Dipartimento che dirigo, avviare nelle prossime settimane un tavolo tecnico, la cui composizione è in corso. La psoriasi è una patologia importante, dal considerevole impatto sociale, che incide sulla qualità di vita dei pazienti ai quali siamo obbligati ad offrire uguale accessibilità alle cure, di omogeneo livello, puntando sull’allineamento dei servizi alle evidenze scientifiche. Per questo serve un’oculata distribuzione dei presidi specialistici, un efficace programma di formazione degli operatori, un costante aggiornamento sui risultati dei vari approcci terapeutici nonché un’attenta prevenzione delle patologie cronico degenerative (sistema cardiovascolare, osteoarticolare, etc.) che sono collegate alla storia naturale della patologia e rendono più complessi i casi sotto il profilo assistenziale ed economico”.

L’impatto della psoriasi, associata a diverse comorbidità, abbinato al peso dei sintomi e alle implicazioni psicologiche, per dover convivere con una malattia molto visibile e in alcuni casi deturpante, ha un impatto rilevante sulla vita, sulla sua qualità, sugli aspetti sociali dei pazienti e delle loro famiglie. Vengono in aiuto le nuove terapie che cambiano completamente la qualità di vita dei pazienti.  L’efficacia di bimekizumab nel trattamento della psoriasi è dimostrata da vari trial clinici e lo scorso anno, l’Agenzia europea per i medicinali (Ema) ne ha approvato l’uso nei pazienti adulti affetti da psoriasi moderata-grave. La pratica clinica conferma questi risultati e il farmaco è già prescrivibile in Italia. Bimekizumab appartiene ai farmaci biologici anti-IL17, ma si caratterizza rispetto alle altre molecole della stessa classe, per un meccanismo d’azione innovativo.

La psoriasi è una malattia infiammatoria della pelle, eritemato-desquamativa, cronico-recidivante, che può presentare diversi livelli di gravità da lieve a moderata a grave, quest’ultima forma affligge circa il 20% dei pazienti” spiega le caratteristiche della malattiaGiuseppe Micali, Direttore U.O.C. Dermatologia, P.O. G. Rodolico Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico-S. Marco”, Catania. “Numerose evidenze indicano la psoriasi come una malattia sistemica associata a diverse comorbidità (artrite, malattie infiammatorie croniche intestinali, sindrome metabolica, malattie cardiovascolari, disordini psichiatrici). Considerando la popolazione siciliana, si ritiene che i pazienti affetti da forme gravi siano tra i 28 e i 34mila, un numero ben più alto del numero di pazienti sottoposti a trattamenti con farmaci innovativi, confermando come un gran numero di pazienti non si sottoponga a trattamenti adeguati per una scarsa o inadeguata informazione sulla malattia”.

In evidenza i bisogni insoddisfatti delle persone con psoriasi, con Maria Letizia Musumeci, Dirigente Medico U.O.C. Dermatologia, P.O. G. Rodolico Azienda Ospedaliero-Universitaria Policlinico “G. Rodolico-S. Marco”, di Catania. “Nonostante i benefici clinici dei farmaci biologici, esistono ancora molti unmet needs che peraltro vengono percepiti in maniera diversa dai pazienti e dagli operatori sanitari e spesso differiscono da paese a paese. Il raggiungimento di una clearance totale (PASI100) grazie a trattamenti sicuri ed efficaci nel lungo termine dotati di elevata rapidità d’azione rappresenta l’attributo con la maggiore necessità di miglioramento sia per i pazienti che per gli operatori sanitari e i decisori piuttosto che l’utilizzo di trattamenti che mirano al contenimento dei costi. Oggi le terapie biologiche più innovative, come gli inibitori dell’Interleuchina IL17, permettono di attuare cure personalizzate e innovative. Bimekizumab agisce sia sull’IL17A che sull’IL17F – due diverse interleuchine coinvolte nel processo infiammatorio che sottende la patologia – e questo rende ragione di un’ulteriore specificità di azione e di una maggiore efficacia. Questo è il valore aggiunto di bimekizumab: grazie a questo meccanismo di azione è possibile avere infatti una risposta rapida e protratta nel tempo con somministrazioni estremamente dilazionate (ogni 4 settimane per 16 settimane e poi ogni 8 settimane), con un miglioramento della compliance del paziente e dell’aderenza terapeutica”.

Per questo – aggiunge il professor Micali – serve una visione lungimirante da parte delle istituzioni che non sia legata al singolo farmaco ma ad una visione globale di una rivoluzione culturale e terapeutica che interessa le patologie infiammatorie della cute tra le quali sicuramente la psoriasi ha un ruolo primario”.

SecondoMaria Rita Bongiorno, Professore Ordinario di Dermatologia, Responsabile U.O.C. di Dermatologia e MTS A.O.U.P. “Paolo Giaccone” di Palermo, Università degli Studi di Palermo, avere più armi terapeutiche a disposizione così da permettere una personalizzazione delle terapie è importante. E ancora: “Con l’avvento dei farmaci biotecnologici sino a poco tempo fa si considerava soddisfacente un miglioramento del 75% del PASI, ma con l’avvento di terapie sempre più efficaci che raggiungono in maniera selettiva molecole bersaglio il target si è spostato a PASI90/100, cioè remissione clinica totale dei segni e dei sintomi. Nello scenario dei farmaci biologici si è affacciata una nuova molecola, che nel corso delle sperimentazioni sembra in grado di raggiungere la completa clearance della pelle alla settimana 16 e di mantenere questa risposta sino a tre anni. Intervenire tempestivamente con una terapia che mantenga la sua efficacia nel tempo consente di ridurre i costi diretti e indiretti non soltanto al paziente ma anche al servizio sanitario nazionale”.

Come garantire equo accesso alle cure innovative ai pazienti e garantire sostenibilità del servizio sanitario nazionale? La Regione Sicilianasta lavorando su diversi fronti: appropriatezza prescrittiva, quindi garantire il giusto farmaco al paziente giusto non sprecando le risorse; verifiche sui farmaci erogati di prima linea e successivi; inserimento in prontuario delle terapie velocizzando il percorso di inserimento; approvvigionamento del farmaco con la centrale unica di committenza con l’obiettivo di riuscire ad avere un percorso  velocissimo e avere in pochissimo tempo la possibilità di acquistare il farmaco. Vorremmo riuscire ad avere il farmaco acquistabile nel giro di un mese, questo è il nostro obiettivo. Vogliamo essere la prima regione a fare questo. E’ un segno di grande civiltà” ha spiegato Maurizio Pastorello, Direttore Dipartimento Farmaco Asp Palermo, che ha inoltre sottolineato l’importanza di creare reti tra i centri di riferimento ospedalieri e il territorioper garantire il miglior percorso di cura. “Una rete che risponda al concetto di multidisciplinarietà, un percorso realistico di presa in carico del paziente a 360 gradi che parta dalla realtà di ogni singola provincia del territorio”.

Valeria Corazza, Presidente APIAFCO (Associazione Psoriasici Italiani Amici della Fondazione Corazza), porta la sua testimonianza da paziente: “In quanto malattia cronica, la psoriasi richiede un’assistenza continua e permanente, una condizione che evidentemente deteriora la qualità della vita di chi ne soffre; in quanto malattia multifattoriale è spesso accompagnata da comorbidità, ossia dalla presenza contemporanea di altre patologie, e segnatamente: 1 nel 33% dei pazienti psoriasici, 2 nel 19%, 3 nell’8%. È chiaro che il paziente deve avere, da subito, una presa in carico multidisciplinare. Curare, prontamente, le comorbidità significa potere avere una buona qualità di vita e risparmiare sui costi a lungo termine. Eppure, è proprio su questa opportunità che si registrano le maggiori criticità, in primis l’accesso non equo alle cure sullo stesso territorio nazionale – imputabile alla forte eterogeneità tra le Regioni – e il sotto trattamento nonostante la disponibilità di terapie efficaci e innovative che hanno come obiettivo il PASI 100, ovvero la guarigione completa”.

Le persone con psoriasi oggi scontano ancora una scarsa attenzione al livello istituzionale, per questo è urgente inserire la patologia esplicitamente nel Piano Nazionale Cronicità – è l’appello di Sabrina Nardi, Consigliera Nazionale Salutequità -. Ciò spingerebbe le Regioni e le ASL a definire dei percorsi di presa in carico (PDTA), oggi troppo poco presenti e di livello prevalentemente ospedaliero. La Regione Sicilia potrebbe fare da apripista ad una programmazione e organizzazione dei percorsi attenta alle persone con psoriasi, anche per superare le difficoltà regionali nel recuperare i livelli di erogazione delle visite dei tempi pre-Covid, attraverso la leva dell’appropriatezza diagnostica, terapeutica, assistenziale. Salutequità infatti ha rilevato nella sua ultima analisi che nel 2022 mancavano all’appello in Sicilia il 22,46% di prime visite rispetto al 2019 e il 26,17% di visite controllo”.

Secondo Silvana Venezia, Dirigente Farmacista ASP di Trapani, il farmacista ospedaliero deve avere un ruolo attivo nei confronti di tutte le tipologie di pazienti. “Le sue funzioni principali sono cinque – spiega la dottoressa Venezia -. La prima è la valutazione dell’appropriatezza prescrittiva, chiedersi se una prescrizione rientra nelle indicazioni d’uso e cliniche e, in caso di dubbio, contattare il medico. Il secondo compito è proprio instaurare un dialogo con gli specialisti, per esempio per ricordare l’esistenza di nuovi piani terapeutici che garantiscano in potenza una migliore aderenza al trattamento. Noi dobbiamo occuparci anche della spesa farmaceutica e in questo senso è necessario rimarcare le qualità dei farmaci biosimilari. Il quarto ruolo attivo è la ricerca scientifica: in questo periodo sto raccogliendo dati real world nei pazienti con psoriasi e le prime evidenze inducono a ipotizzare che anticipare la prescrizione di farmaci biologici, seppure più costosi, potrebbe far risparmiare nel lungo periodo il Servizio sanitario nazionale (meno assenze al lavoro, migliore qualità della vita). Ma c’è la quinta funzione del farmacista, non meno importante: il rapporto umano con pazienti che soffrono anche per l’impatto psicologico come nel caso dei pazienti con psoriasi. Anche noi possiamo contribuire a dare la sensazione che l’ospedale sia davvero un luogo di cura per il corpo e la mente feriti».

Barbara Busà, Responsabile Farmacia Arnas Garibaldi PO Centro Catania ha aggiunto: “Oltre alla importante novità del PNRR che, attraverso le risorse destinate alla digitalizzazione e alla telemedicina, fornisce una prospettiva di “cura a distanza” di tutte le malattie croniche, esistono altre soluzioni per il miglioramento dei processi di gestione della psoriasi che vanno dalla ottimizzazione dei centri di distribuzione delle terapie, allo sviluppo di una maggiore integrazione con le figure professionali del territorio, per finire a linee guida regionali chiare e strutturate dei PDTA. Proprio i PDTA costituiscono lo strumento più idoneo per la programmazione, l’aggiornamento e la gestione delle patologie croniche. In tale prospettiva, il ruolo del farmacista diventa importante per la definizione di procedure off label condivise, in un contesto di situazioni spesso complesse e scarsamente normate, che lasciano grande spazio alle professionalità dei singoli ed alla integrazione multidisciplinare”.

Si ringrazia UCB Pharma per il contributo incondizionato.  

Tumore del seno metastatico, in Sicilia con Trastuzumab Deruxtecan trattate già 120 pazienti

  • Rivoluzione in Oncologia con terapie innovative: gli esperti fanno il punto in Regione Siciliana e presentano il valore clinico di Trastuzumab Deruxtecan come terapia innovativa break through nel tumore al seno metastatico HER2+. Gli esperti: “Oggi la sfida è garantire la tempestività delle terapie, la loro sostenibilità economica e favorire la gestione territoriale della cronicità, anche in ambito oncologico”.
  • Il ruolo della prevenzione: al Sud l’adesione ai programmi di screening è del 50% rispetto al Nord Italia (84%). Laccoto, Presidente VI Commissione Salute: “Partirà una grande campagna di comunicazione per sensibilizzare le donne siciliane”. CIPOMO Sicilia: “Sulla prevenzione serve attivare un percorso educazionale nelle scuole, negli ambienti lavorativi e affinare il percorso attraverso i medici di medicina generale e le associazioni di volontariato”.
  • Per rispondere alla carenza dei medici: proposte 250 borse di studio di specializzazione in più per dare risposte alle richieste di salute sempre più crescenti.

Palermo, 29 marzo 2023 – I più recenti dati inerenti Regione Sicilia restituiscono un quadro epidemiologico che registra più di 3.500 nuovi casi di tumore mammario l’anno, che equivalgono ad una incidenza di 134 nuovi casi per 100.000 abitanti con un picco di incidenza compreso tra i 70 ed i 79 anni.  Il tumore della mammella che iperesprime il recettore HER2 rappresenta circa il 15% del totale dei tumori mammari. Nel tumore al seno metastatico HER2+ l’anticorpo monoclonale farmaco-coniugato (ADC) anti-HER2 Trastuzumab Deruxtecan ha ridotto il rischio di progressione della malattia o di morte del 72% rispetto all’attuale gold standard e più che triplicato la sopravvivenza libera da progressione di malattia. In Sicilia dal 2021 ad oggi con i nuovi anticorpi farmaco coniugati-ADC sono state trattate circa 120 pazienti. Se ne parla nel corso dell’evento ANALISI DELLO SCENARIO ATTUALE E PROSPETTIVE FUTURE NEL TUMORE DELLA MAMMELLA FOCUS ON HER 2+, SICILIA, organizzato da Motore Sanità.

La sopravvivenza e la curabilità del carcinoma mammario sono fortemente correlate allo stadio e alle caratteristiche biomolecolari del tumore – spiega Vincenzo Adamo, Coordinatore della Rete Oncologica Siciliana-Re.O.S. e Molecular Tumor Board Regionale -. Nell’ambito dei sottotipi oggi noti, il carcinoma mammario HER2 +, caratterizzato da iperespressione di questo recettore, se da un lato manifesta aggressività e rapida evolutività, dall’altro lato rientra tra le forme più responsive alla target therapy. Dal 2005 con il trastuzumab, primo agente attivo, ad oggi molti altri farmaci, dagli anticorpi monoclonali alle piccole molecole inbitori tirosinochinasici, hanno cambiato la storia naturale di questo sottotipo con brillanti risultati anche in termini di sopravvivenza. Lo scenario attuale permette inoltre di superare la inevitabile resistenza biologica alle prime linee terapeutiche con l’avvento di nuovi farmaci mirati, gli anticorpi farmaco coniugati ADC, caratterizzati da un meccanismo d’azione innovativo che attraverso l’utilizzo dell’anticorpo monoclonale come linker-carrier permette al chemioterapico di colpire in maniera diretta e selettiva la cellula che esprime HER2 evitando importanti tossicità di tipo sistemico. In Sicilia dal 2021 ad oggi con i nuovi anticorpi farmaco coniugati-ADC sono state trattate circa 120 pazienti in seconda e linee più avanzate, dapprima in studi clinico-sperimentali e successivamente in programmi di EAP e CNN come importante ed innovativa opportunità”.

Trastuzumab Deruxtecan è un anticorpo farmaco-coniugato mirato contro HER2 che nello studio Destiny-Breast-03 ha dimostrato efficacia per le pazienti con cancro della mammella avanzato, ricadute dopo una precedente terapia con Trastuzumab e un Taxano o ricadute precocemente dopo trattamento adiuvante, riducendo del 36% il rischio di morte e quadruplicando il tempo mediano di sopravvivenza libero da progressione di malattia rispetto al braccio di controllo – spiega Massimiliano Spada, Coordinatore Regionale AIOM Sicilia -. Nello studio Destiny Breast-04 ha dimostrato un miglioramento statisticamente e clinicamente significativo sia della sopravvivenza libera da progressione che della sopravvivenza globale in pazienti affette da carcinoma mammario avanzato a bassi livelli di HER2, con malattia HR +/- rispetto lo standard di cura”.

La iperespressione di Her2 era originariamente un fattore prognostico sfavorevole, la cui presenza configurava una ridotta aspettativa di vita per le pazienti – prosegue Roberto Bordonaro, Presidente Eletto GOIM (Gruppo Oncologico dell’Italia Meridionale) e Direttore UOC Oncologia Medica ARNAS Garibaldi, Catania -. La disponibilità di agenti diretti verso Her2 ne ha da circa 25 anni modificato radicalmente la prognosi; gli anticorpi monoclonali prima (Trastuzumab e Pertuzumab) e le “Antibodies drug-conjugated (ADC)” (Trastuzumab emtansine prima e Trastuzumab Deruxtecan oggi) hanno contribuito ad aumentare la frazione di guarigione quando utilizzate nelle fasi precoci di malattia come trattamento adiuvante e migliorato sensibilmente l’aspettativa di vita nella malattia metastatica)“.

Francesca Catalano, Direttore Unità di Senologia dell’Azienda ospedaliera Cannizzaro di Catania sottolinea che oggi è ancora più importante il lavoro di squadra, come avviene ormai da tempo nei gruppi multidisciplinari che insistono nelle breast Unit di tutto il paese. “Quando vediamo una paziente già studiata con esami strumentali completi e istologico con assetto immunoistochimico completo, pur avendo in mente il percorso terapeutico da stabilire, abbiamo l’obbligo di confrontarsi in ambito multidisciplinare.  Tumori piccoli possono beneficiare dell’uso di un anticorpo coniugato prima della chirurgia. Dovremmo adesso fare attenzione anche agli Her 2 1+ meglio identificati come Her2 low che possono essere suscettibili di cure innovative con risultati, come si evince dagli studi clinici, sorprendenti. In qualità di presidente della Commissione senologica dell’assessorato della salute della regione Siciliana mi auguro di poter uniformare i trattamenti per le pazienti siciliane in tutte le breast Unit. Questi eventi devono essere utili a sensibilizzare le istituzioni affinché si possa investire sulla salute dei cittadini“. 

Secondo Maria Pia Salanitro, Direttore UOC Farmacia Ospedaliera ASP Ct, “Oggi la sfida è quella di garantire la tempestività delle terapie, la loro sostenibilità economica e favorire la gestione territoriale della cronicità, anche in ambito oncologico. Il DM77 – spiega Salanistro – intende rimodulare il modello di assistenza territoriale, rinnovando i servizi e l’organizzazione in una logica di reale vicinanza al paziente. In questo scenario, il farmacista ospedaliero può essere il punto di collegamento tra pazienti, equipe medica e organizzazione delle cure? Decisamente sì: egli deve inserirsi quale componente del team multidisciplinare della Centrale organizzativa territoriale (COT), assumendosi la responsabilità di essere trait d’union tra ospedali e servizi territoriali, assicurando la governance dei dati sanitari e degli outcome clinici e promuovendo quella che viene definita “pharmaceutical-care”.

Di fronte alla complessità dell’oncologia c’è un bisogno di salute sempre più alto. Così Giuseppe Laccoto, Presidente VI Commissione Salute, Servizi Sociali e Sanitari ARS Assemblea Regionale Siciliana. “Stiamo attivandoci per quanto riguarda l’acquisto di nuovi strumenti diagnostici che possano dare risposte immediate, come la tomografia, la tomosintesi, l’ecografia 3D, e quei mezzi che riescono a dare con certezza le diagnosi che possono salvare le vite umane. Come Commissione daremo inoltre molta attenzione alla prevenzione, puntando soprattutto sul territorio. Un dato su tutti: oggi solo il 50% delle donne aderiscono ai programmi di screening; dobbiamo fare comprendere che sono importanti, l’unico mezzo per salvare vite umane.Stiamo lanciando una grande campagna di comunicazione per sensibilizzare le donne siciliane”.

Sulla carenza di medici, il Presidente Laccoto ha inoltre aggiunto: “Abbiamo proposto 250 borse di studio di specializzazione in più per quelle specialità che oggi mancano alla sanità, per esempio i radiologi, i radiologi interventisti, gli anestesisti, i cardiologi, figure che devono essere incrementate per dare risposte alle richieste di salute che arrivano sempre di più dai cittadini, in un momento in cui vi è una carenza di medici a livello nazionale ma principalmente a livello regionale”.

Come è evidente non c’è solo la terapia innovativa interviene Stefano Vitello, Coordinatore Regionale CIPOMO Sicilia -. C’è la promozione dei corretti stili di vita per ridurre le possibilità di sviluppare i tumori (sono in aumento sovrappeso e obesità per colpa di una dieta ricca di zuccheri e grassi e per scarsa attività fisica) e c’è l’attività di screening, appunto, per individuare per tempo i casi di tumore. Al Sud sono ancora poche le donne che aderiscono ai programmi di screening e in generale la popolazione. Se al Nord la percentuale di adesione arriva all’84%, al Sud è solo del 50%; le ragioni sono diverse: dalla lontananza dai centri di screening al timore della popolazione più a rischio (50-69 anni) di sottoporsi ai controlli. Possiamo migliorare notevolmente tutto questo: sollecitando e invogliando le persone ad aderire compiutamente e convintamente agli screening, attivando un percorso educazionale nelle scuole, negli ambienti lavorativi e di aggregazione giovanile e affinando il percorso attraverso i medici e le associazioni di volontariato. La salute è un bene prezioso che richiede responsabilità di tutti, delle istituzioni e dei cittadini”.  

Europa Donna Italia da sempre tutela i diritti delle donne alla prevenzione per la diagnosi precoce e alla cura del tumore al seno nei centri di senologia multidisciplinari. “Oggi le pazienti con tumore al seno early HER 2 + e con tumore al seno metastatico HER 2 + possono usufruire di terapie sempre più efficaci e con modalità di somministrazione sempre più rispettose della qualità di vita e del tempo impiegato nella gestione del proprio percorso terapeutico – spiega Carmela Amato, Referente Europa Donna Sicilia -. Le associazioni di volontariato sono chiamate a nuove sfide, dato che si aprono nuove prospettive anche nell’organizzazione delle strutture sanitarie territoriali che potrebbero essere chiamate a gestire parte del percorso della paziente con tumore al seno early e metastatico. Una donna potrà, così, accedere ai servizi territoriali e usufruire delle migliori terapie, sempre coordinate dal centro di senologia multidisciplinare di riferimento, in ambienti dedicati nelle strutture territoriali o anche al proprio domicilio, ottimizzando il proprio tempo, la risorsa più importante per una donna che si trova ad affrontare un cancro al seno“.   

Secondo Tania Pensabene, Coordinatrice Regionale Tribunale Diritti del Malato – Cittadinanzattiva “appare opportuno un’evoluzione degli aspetti regolatori e una modifica delle condizioni di accessibilità previste dalle norme attuali al fine di garantire l’accesso appropriato ai farmaci mirati. Per dare a tutti i pazienti le medesime opportunità, evitando discriminazioni geografiche o economiche, crediamo che, a fronte di scenari in evoluzione è fondamentale che i cittadini ne siano consapevoli, sappiano far valere i propri diritti e siano vigili e primi attori del cambiamento. Vogliamo prima di tutto informare il paziente sui suoi diritti e consolidare il suo protagonismo attraverso la partecipazione consapevole ed attiva a tutte le decisioni che riguardano il suo percorso di cura, che metta al centro il singolo paziente sia dal punto di vista terapeutico sia dal punto di vista della qualità della vita. Inoltre, oggi possiamo contare fortunatamente anche su “terapie oncologiche mirate” attraverso l’esecuzione di test che individuano la presenza di eventuali alterazioni genetiche che possono essere bersaglio proprio di queste terapie, garantendo allo stesso tempo un importante livello di appropriatezza terapeutica”.

Si ringrazia Daiichi-Sankyo e AstraZeneca per il contributo incondizionato.  

Sulla salute non si risparmia, ma sui farmaci si può

Ammonta a 143 milioni di euro la spesa di compartecipazione farmaceutica nella regione Lazio, tra le più alte d’Italia. Intanto, sono più di 4 milioni e 768mila le famiglie che hanno cercato, nell’ultimo anno, di ridurre le spese sanitarie.

Il monito della nota cantante Iva Zanicchi e di Michele Mirabella, il dottore della televisione italiana: “Una volta che il nostro medico di base ci dice che quel determinato farmaco – equivalente – va bene per noi, allora quello stesso farmaco va acquistato in totale fiducia”.

Roma, 22 marzo 2023 – Secondo il decimo rapporto “Donare per curare – Povertà sanitaria e donazione farmaci” realizzato dall’Osservatorio sulla Povertà Sanitaria, organo di ricerca di Banco Farmaceutico, oltre 4 milioni e 768mila famiglie hanno cercato nell’ultimo anno di ridurre le spese sanitarie.

Solo nella regione Lazio, la spesa per la compartecipazione a carico dei cittadini nel 2022 è stata pari a circa 143 milioni di euro, tra le più alte d’Italia, che corrisponde a una spesa media giornaliera di circa 400mila euro”, rende noto Daniela Ricciardulli Direttore UOSD Farmaceutica Convenzionata ASL Roma 1.

Se è vero che sulla salute non si risparmia, sui farmaci si può, grazie agli equivalenti, come è emerso nel corso dell’evento “IL RUOLO SOCIALE DEL FARMACO EQUIVALENTE – CALL TO ACTION”, realizzato da Motore Sanità.  

 “A questo proposito, la ASL Roma 1 ha avviato un’iniziativa di sensibilizzazione rivolta ai cittadini per l’utilizzo dei farmaci equivalenti, ancora poco utilizzati nel nostro Paese per dubbi, pregiudizi o scarsa consapevolezza”, spiega Roberta Volpini, Direttore Generale FF ASL Roma 1. “In realtà – continua la dottoressa Volpini – si tratta di farmaci che hanno gli stessi requisiti, garantiti dall’AIFA, di efficacia, qualità e sicurezza del medicinale di riferimento brandizzato e un profilo rischio/beneficio molto più definito rispetto a qualsiasi nuovo medicinale, trattandosi di principi attivi utilizzati da almeno 20 anni. Il loro utilizzo indubbiamente favorirà la riduzione della spesa a carico delle persone e miglioramento dell’aderenza alla terapia una ricaduta positiva in termini di salute”.

Sempre in tema di sensibilizzazione, i medici di medicina generale e le farmacie di comunità svolgono un ruolo importante in questo senso, poiché figure di riferimento per i cittadini.

È quanto ribadiscono anche Iva Zanicchi, la nota cantante ed ex politica e Michele Mirabella, il dottore della televisione italiana: “Una volta che il nostro medico di base ci dice che quel determinato farmaco – equivalente – va bene per noi, allora quello stesso farmaco va acquistato in totale fiducia”.

Questo progetto è stato realizzato grazie al contributo incondizionato di Teva Italia S.r.l.

Parte la Rete Epatologica Veneta, il modello italiano per rispondere ai bisogni di cura e per prevenire le malattie epatiche

  • Peggiorano le abitudini degli italiani: obesità, sedentarietà, eccessivo consumo di alcol e dieta ricca di zuccheri e grassi sono responsabili dell’aumento delle malattie del fegato. “Serve individuare tempestivamente i malati perché queste malattie possono evolvere verso un’epatopatia cronica o addirittura in cirrosi”.
  • La Rete Epatologica Veneta prevede strutture e professionisti specializzati nella diagnosi e nella gestione delle patologie epatiche per fornire ai pazienti una cura completa e personalizzata con approcci diagnostici avanzati e terapie innovative e per supportare la prevenzione attraverso la sensibilizzazione pubblica e la promozione di uno stile di vita sano.

Padova, 21 marzo 2023 – Efficace stratificazione della popolazione legata allo stato di salute, innovazione organizzativa e digitale e collegamento tra i principali attori dai centri ad alta specializzazione a quelli di 1° e 2° livello fino alla medicina territoriale attraverso una Rete clinica efficiente. Su questi tre principi si costituisce la Rete Epatologica Veneta con l’obiettivo di migliorare la presa in carico dei pazienti con malattie del fegato, per gestire in modo ottimale i percorsi di cura, per migliorare la qualità di vita dei pazienti e per ridurne la mortalità. Un modello italiano per rispondere ai bisogni di cura dei pazienti e per prevenire le malattie del fegato.

Sono, infatti, peggiorate le abitudini degli italiani: l’obesità in Italia interessa quasi la metà degli adulti e almeno un terzo dei bambini (la quota è pari all’11,5% (maschi 12,3%, femmine 10,8%) mentre nella popolazione adulta la quota di sovrappeso è del 36,1% (maschi 43,9%, femmine 28,8%), evidenziando un trend in costante crescita (dati Istat, 2021); è aumentato il consumo di psicofarmaci (i dati Ocse parlano di un aumento tra il 2000 e il 2019 del 14%) e di bevande alcoliche (oltre 8,6 milioni  di persone sono a rischio di dipendenza, circa 800.000 minorenni e 2,5 milioni di over 65 persone sono a rischio per patologie e problematiche correlate); inoltre si conduce una vita troppo sedentaria; tutto questo a scapito del fegato che presenta il conto: cirrosi (si stimano 14.600 persone in Veneto e 1.000 decessi ogni anno) che può portare a gravi complicanze come ascite, insufficienza renale, encefalopatia epatica, ipertensione portale, varici esofagee, peritonite batterica spontanea, fino ad arrivare all’epatocarcinoma. Inoltre i pazienti con malattie epatiche non vengono riferiti tempestivamente allo specialista con conseguenze importanti: disabilità, ripetute ospedalizzazioni e costi relativi molto più alti di quelli sostenuti per i malati con scompenso cardiaco, con BPCO riacutizzata e con strokeIl quadro è presentato dagli esperti, all’evento “Istituzione Rete Epatologica Veneta. Come consolidare una realtà assistenziale di eccellenza”, organizzato da Motore Sanità.

Così Giuseppe Dal Ben, Direttore Generale AOPD, “Il tema della rete è un tema che dibattiamo da anni, che stiamo realizzando non sempre facilmente nei nostri territori, nelle nostre realtà sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali ed è il modo con cui ci stiamo approcciando con quello che è il concetto di presa in carico del paziente con la logica di mettere la persona al centro. La sfida – spiega Dal Ben – è fare squadra per realizzare questa rete, un progetto che è partito nel 2021 grazie alla volontà dei professionisti del settore, nel 2022 è stato elaborato e poi a fine 2022 approvato; oggi lo stiamo mettendo a terra con la proposta alla Regione di istituire il gruppo di lavoro che lo svilupperà al meglio nelle sue varie dimensioni. Pensiamo di essere tali e bravi da poter essere un esempio a livello nazionale”. 

Come spiega il Professor Paolo Angeli, Direttore della Clinica Medica 5 dell’AOU di Padova e Coordinatore della Rete Epatologica Veneta “la Rete Epatologica Veneta nasce per rispondere a questi bisogni. Si tratta della prima Rete Epatologica in ambito nazionale ad essere deliberata da una regione ed è la prima creata sulle Linee Guida dell’AISF, (Associazione Italiana per lo Studio del Fegato)La rete si propone di garantire ai pazienti con malattia epatica della nostra regione equità, tempestività e continuità nel percorso di diagnosi e cura superando le difficoltà che attualmente esistono nella diagnostica precoce e nelle modalità operative di referral alle strutture specialistiche”.

L’attivazione della Rete Epatologica Veneta costituisce un passo sostanziale per garantire all’utente della sanità la migliore assistenza indipendentemente da dove abiti e da quali siano le sue capacità di muoversi all’interno della Regione – prosegue Fabio Farinati, Direttore Dipartimento di Scienze chirurgiche oncologiche e gastroenterologiche UNIPD -. La rete garantisce, infatti, lo scambio di informazioni e di capacità gestionali fondamentale per mettere a disposizione del paziente il miglior percorso diagnostico terapeutico senza che debba, salvo eccezioni, essere accentrato in strutture Hub. Questo è particolarmente rilevante per le patologie di cui noi ci occupiamo direttamente, quali i tumori del fegato, per i quali l’Azienda Ospedale Università di Padova è centro di riferimento, o il trapianto di fegato. Negli anni sono state messe in atto una serie di iniziative tese a creare collaborazioni tra i vari Centri che garantissero una valutazione concordata delle problematiche epatologiche complesse ma ora, con l’avvio della Rete, queste collaborazioni troveranno una strutturazione che garantisce ai pazienti e agli operatori di Hub, Spoke e sul territorio la certezza di partecipare ad un processo gestionale di alta qualità“.

In Veneto erano già presenti alcune reti assistenziali: quella gastroenterologica per le urgenze endoscopiche di primo livello dal 2010 o le piattaforme “Ottimo” e “Navigatore” per il trattamento delle epatiti virali attive rispettivamente dal 2013 e 2015, nonché il progetto “Referral” per segnalare i pazienti con malattia epatica avanzata al Centro Trapianti di Padova. “Seguendo le suddette caratteristiche, la Rete Epatologica Veneta prevede un insieme di strutture e di professionisti specializzati nella diagnosi, nella cura e nella gestione delle malattie del fegato, con l’obiettivo di fornire ai pazienti una cura completa e personalizzata attraverso l’utilizzo di approcci diagnostici avanzati e terapie innovative, oltre a supportare la prevenzione delle malattie epatiche attraverso la sensibilizzazione pubblica e la promozione di uno stile di vita sano” interviene il Professor Francesco Paolo Russo, UOC Gastroenterologia/UOSD Trapianto Multiviscerale, Azienda Ospedale-Università di Padova, che sul ruolo delle reti clinico-assistenziali aggiunge: “Sono essenziali per realizzare i programmi di equità di accesso ai percorsi diagnostici terapeutici (PDTA) e per contrastare le diseguaglianze assistenziali superando la frammentarietà dell’assistenza ed aumentando l’efficienza del sistema sanitario evitando sprechi di risorse e permettendo ai professionisti di sviluppare competenze distintive appropriate e coerenti con le funzioni svolte e compatibili con le potenzialità del contesto nel quale sono chiamati ad operare. Proprio in questa ottica, il Piano socio sanitario regionale 2019-2023, approvato con l.r. 28 dicembre 2018, n. 48, prevedeva l’istituzione di reti cliniche-assistenziali”.

Gli epatologi della Gastroenterologia e del Trapianto Multiviscerale dell’AOU di Padova si occupano da sempre della diagnosi, assistenza, cura e ricerca riguardanti le malattie acute e croniche del fegato con l’obiettivo di prevenirne l’evoluzione verso gli stadi avanzati e migliorare l’aspettativa e la qualità di vita dei pazienti. Gli specialisti gestiscono soprattutto malattie complesse: complicanze della cirrosi epatica, emorragie gastrointestinali, trombosi e coagulopatie, tumori primitivi del fegato e delle vie biliari e complicanze mediche del trapianto di fegato. Patrizia Burra, Direttore del Trapianto Multiviscerale Azienda Ospedale Università di Padova, spiega: “la gestione dei pazienti è multidisciplinare, vengono coinvolti anestesisti, infettivologi, nefrologi, chirurghi. L’attività di ricerca di base e di ricerca clinica si integrano nell’attività assistenziale a più livelli contribuendo alla realizzazione di un progetto diagnostico-terapeutico innovativo e personalizzato per ogni singolo pazienteDa sempre le nostre unità accolgono malati complessi da qualsiasi reparto della Regione del Veneto ma anche da fuori RegioneÈ stato formalizzato il progetto “Referral” dal 1° ottobre 2017, per regolamentare l’attività di invio dei pazienti da parte di altre Unità, resa tracciabile mediante creazione di un indirizzo e-mail dedicato ([email protected]) a cui poter riferire i pazienti che necessitano di trasferimento o di valutazione ambulatoriale. Si è quindi creata in questi 5 anni, una solida Rete Epatologica che comprende 60 unità di Gastroenterologia, Epatologia, Medicina Interna, Malattie Infettive sparse su tutto il territorio”.

Il territorio è la sentinella dei cambiamenti sociali. I medici di medicina generale ammettono che sono peggiorate le abitudini degli italiani in generale. È aumentato il consumo di psicofarmaci e di bevande alcoliche (vino, birra, superalcolici anche consumati in unica occasione), dilaga la vita sedentaria e aumentano le persone obese e in sovrappeso, tutto questo a scapito del fegato che presenta il conto. I casi vanno individuati precocemente perché possono evolvere verso una epatopatia cronica o addirittura in cirrosi – spiega Maurizio Cancian, Segretario SIMG – Società Italiana di Medicina Generale e delle Cure Primarie di Regione Veneto –C’è bisogno di una educazione al consumo consapevole di alcol e in generale di aumentare la consapevolezza delle persone rispetto alle malattie del fegato. È quanto i medici di famiglia cercano di promuovere nei loro frequenti contatti, con le difficoltà legate al progressivo incremento dei carichi di lavoro e degli adempimenti burocratici, in attesa di una riorganizzazione. Anche la formazione va ripresa, così come vanno facilitati i contatti tra medici di medicina generale e specialisti ad esempio introducendo la possibilità del teleconsulto”.

Il Veneto registra 2.545 casi prevalenti di tumori del fegato accertati e 899 nuovi casi, ogni anno, secondo i dati del Registro Tumori Veneto. Così entra in gioco anche la Rete Oncologica che conta oltre 20 PDTA, il Molecular Tumor Board regionale e il neonato Coordinamento regionale delle attività oncologiche. “È importante che due reti comunichino in maniera attenta nel tempo al fine di garantire al paziente il percorso di cura migliore in setting diversi – spiega Alberto Bortolami, Coordinamento Regionale per le Attività Oncologiche (CRAO). La Rete Oncologica Veneta è legata per prossimità alle altre reti affini, quindi anche alla Rete Epatologica per quel che riguarda il tumore del fegato e i farmaci che possono avere una indicazione oncologica in questo setting specifico di pazienti”.